aprile 2020

Termoscanner per i partecipanti e mascherine anche per il prete. Sono queste alcune delle indicazioni per celebrare i funerali in Italia nella Fase 2 dell’emergenza coronavirus, che inizia il 4 maggio (AGGIORNAMENTI - SPECIALE - GRAFICHE - CALENDARIO). Da quella data, infatti, si potranno tenere le cerimonie funebri ma non altre cerimonie religiose (LE POLEMICHE).

Le indicazioni ai vescovi

Il ministero dell’Interno ha inviato ai vescovi un documento che contiene una serie di indicazioni pratiche sulla celebrazione dei funerali da lunedì. Le cerimonie, si legge, possono tenersi “con l'esclusiva partecipazione di congiunti”, nel numero massimo di 15, “preferibilmente all'aperto” ma anche nel luogo di culto se questo non è possibile. Si chiede la partecipazione ai riti con "le vie respiratorie protette" e evitando "il contatto fisico". Le celebrazioni, poi, dovranno svolgersi in un "tempo contenuto" ed "evitando cortei di accompagnamento del feretro".

Termoscanner e mascherina anche per il prete

Per partecipare a un funerale, comunque, bisognerà sottoporsi a un termoscanner e si verrà bloccati con una temperatura superiore a 37,5. La disposizione vale sia per accedere al luogo di culto sia per le celebrazioni all’aperto. Ci sarà un addetto alla sicurezza che dovrà misurare la temperatura. In ogni caso, l'invito ai parroci è di raccomandare "di non accedere alla chiesa e di non partecipare alle celebrazioni esequiali se sono presenti sintomi di influenza o vi è stato contatto con persone positive a Sars-Cov-2 nei giorni precedenti".

Sì comunione, niente segno della pace

Il protocollo per i funerali è stato inviato in mattinata dal ministero dell’Interno alla Cei (e attraverso i vescovi ai parroci) dopo il confronto di questi giorni con le istituzioni governative e il Comitato Tecnico-Scientifico. In esso si parla sia dei funerali senza messa sia con la messa. In questo secondo caso si chiede di fare in modo che venga evitato qualsiasi "contatto fisico". Resta ferma, quindi, l'indicazione delle distanze di sicurezza e quella di non scambiarsi il segno della pace. Al momento della Comunione, poi, sarà il sacerdote ad andare dai fedeli: indosserà la mascherina e potrà distribuire le ostie sulla mano - rispettando comunque le distanze - dopo avere igienizzato le proprie mani. "Nel momento della distribuzione della Comunione eucaristica si evitino spostamenti", si legge nel documento. Per quanto riguarda i riti dell'Ultima commendatio et valedictio (ultima raccomandazione e commiato), le modalità "sono rimesse alla competente autorità ecclesiastica", nel rispetto di "tradizioni e consuetudini" locali ma con l'indicazione che comunque si devono svolgere nello stesso luogo e tempo in cui si svolge il funerale.

Chiesa igienizzata regolarmente

Per quanto concerne la sanificazione, secondo il protocollo la chiesa dovrà essere igienizzata regolarmente "mediante pulizia delle superfici e degli arredi con idonei detergenti ad azione antisettica". Al termine di ogni celebrazione, inoltre, si dovrà favorire il ricambio dell'aria. Resta da privilegiare, comunque, la celebrazione all'aperto sia in spazi idonei, contigui alla chiesa, sia nelle aree cimiteriali dove è possibile farlo mantenendo un adeguato distanziamento fisico.



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In Italia le persone complessivamente risultate positive al coronavirus, compresi guariti e deceduti, sono 205.463. Di questi, 101.551 sono i contagiati attuali (GLI AGGIORNAMENTI - LO SPECIALE - GRAFICHE - COSA CAMBIA CON LA FASE 2 - DATE E CALENDARIO). Le persone guarite nelle ultime 24 ore sono 4.693, per un totale di 75.945: è l'aumento maggiore dall'inizio dell'emergenza. Il totale delle vittime è di 27.967, 285 in più. Continua il calo dei pazienti in terapia intensiva: sono 1.694, 101 in meno rispetto a ieri. Il dato è in calo per il ventiseiesimo giorno consecutivo. Dei pazienti attualmente positivi, 18.149 sono poi ricoverati con sintomi - 1.061 in meno rispetto a ieri - e 81.708 sono in isolamento domiciliare. I tamponi eseguiti sono 68.456 in più rispetto a ieri, per un totale di 1.979.217. Il numero complessivo di tamponi giornalieri include anche i tamponi fatti "in uscita", ovvero le persone che dopo la malattia o l'isolamento domiciliare vengono sottoposti a uno o più tamponi prima di poter essere definiti "guariti". Sono invece 1.354.901 le persone sottoposte al test, al netto di quanti tamponi abbiano fatto, 41.441 in più rispetto a ieri. Sono questi i dati del bollettino quotidiano della Protezione Civile sulla diffusione del contagio.

I dati regione per regione

Dai dati della Protezione civile emerge che le persone attualmente positive sono:

36.211 in Lombardia
9.563 in Emilia-Romagna
15.493 in Piemonte
8.147 in Veneto
5.584 in Toscana
3.551 in Liguria
3.210 nelle Marche
4.468 nel Lazio
2.773 in Campania
1.370 nella Provincia di Trento
2.949 in Puglia
1.170 in Friuli Venezia Giulia
2.157 in Sicilia
1.915 in Abruzzo
802 nella provincia di Bolzano
233 in Umbria
744 in Sardegna
740 in Calabria
89 in Valle d'Aosta
192 in Basilicata
190 in Molise

Le vittime

Quanto alle vittime, se ne registrano:

13.772 in Lombardia
3.551 in Emilia-Romagna
3.066 in Piemonte
1.459 in Veneto
842 in Toscana
1.167 in Liguria
906 nelle Marche
441 nel Lazio
359 in Campania
418 nella provincia di Trento
415 in Puglia
289 in Friuli Venezia Giulia
235 in Sicilia
320 in Abruzzo
275 nella provincia di Bolzano
67 in Umbria
116 in Sardegna
86 in Calabria
137 in Valle d'Aosta
25 in Basilicata
21 in Molise

Borrelli: "Nuova fase emergenza, stop conferenza stampa"

Quella di oggi è l'ultima conferenza stampa della Protezione Civile sull'emergenza coronavirus, ha annunciato il capo del Dipartimento della Protezione Civile Angelo Borrelli. "Come vedete dai dati - ha detto - ci avviamo verso una nuova fase dell'evoluzione dell'emergenza e quindi abbiamo deciso di interrompere qui la nostra conferenza stampa". "Non mancheremo di fornire aggiornamenti quotidiani - ha aggiunto Borrelli - come abbiamo sempre fatto".

"Rischi da trasporti? No, se rispettiamo regole"

"Ci dobbiamo preoccupare per l'inizio della fase due soprattutto per i trasporti? Assolutamente no - ha risposto Borrelli-. Serve grande senso civico dei nostri connazionali. Bisognerà muoversi in caso di reale esigenza e rispettare il distanziamento tra persone. Se tutti rispetteremo le regole di igiene ed eviteremo assembramenti riusciremo a governare la situazione".

Cts: "Dati molto confortanti"

"I dati di oggi sono molto confortanti, significa che stiamo andando nella direzione giusta", ha detto lo pneumologo del Gemelli e membro del Comitato tecnico-scientifico Luca Richeldi sottolineando che sei regioni non fanno registrare decessi e altre nove ne hanno meno di dieci. "Se guardiamo agli ultimi 15 giorni - ha aggiunto - abbiamo dimezzato il numero dei deceduti, raddoppiato quello dei guariti, ridotto della metà le terapie intensive e ridotto significativamente il numero dei ricoverati".

"Rapporto positivi/tamponi sotto 3%"

"Il sistema sta facendo più tamponi, testare le persone è cruciale per contenere l'epidemia. Il rapporto tra positivi e tamponi fatti è sceso sotto il 3 per cento, che è considerata una soglia cruciale", ha spiegato Richeldi sottolinenando che ciò significa che i tamponi sono sufficienti e il numero dei positivi è contenuto. Poi bisogna isolarli, mettere in quarantena i contatti. Ma la diffusione del virus è stata rallentata, la pressione sul sistema sanitario è ridotta e noi siamo più consapevoli e pronti alla sfida che ci attende nelle prossime settimane e nei prossimi mesi", ha aggiunto.

"Sicuramente ci saranno nuove zone rosse"

Le indicazioni generali a livello nazionale "sono indispensabili" ma "ci saranno sicuramente delle piccole variazioni e ci saranno sicuramente delle zone rosse" a livello locale, ha risposto Richeldi a chi gli chiedeva perché si è deciso di non utilizzare un approccio regionale per le riaperture. "E' una questione molto complessa - ha spiegato - Ci sono da tenere in considerazione vari aspetti legislativi, logistici e anche scientifici". Dunque gli aspetti generali sono fondamentali e poi devono esserci interventi a livello locale.



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L'evento, originariamente previsto per il 9 e 10 maggio, è stato annullato a causa dell'emergenza Coronavirus. Non potendo ammirarli dal vivo, molti manieri sono però accessibili in rete: ecco le immagini più suggestive. LA FOTOGALLERY

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A partire da venerdì 1 maggio, l'anticiclone africano contenente aria molto calda, si avvicinerà gradualmente all'Italia favorendo un rialzo delle temperature. Sul nostro Paese rimarrà una debole instabilità soprattutto sui rilievi durante le ore pomeridiane. Anche nel weekend le uniche note instabili riguarderanno le Alpi e gli Appennini meridionali dove si potranno sviluppare dei temporali. Le temperature saliranno fino a toccare valori massimi attorno ai 23-25 gradi su gran parte delle regioni. La prossima settimana l’alta pressione farà un ulteriore passo verso l’Italia e favorirà temperature quasi estive. Si attendono 27 gradi in Toscana e quasi 30 nelle zone interne della Sardegna. Ma il caldo così intenso sarà di breve durata: già da martedì sarà in arrivo aria più fresca dal Nord Europa. Vediamo nel dettaglio le previsioni di lunedì ricordando di seguire sempre le disposizioni nazionali in tema coronavirus. (CORONAVIRUS ITALIA TUTTI GLI AGGIORNAMENTI)

Le previsioni al Nord

La giornata inizierà con il bel tempo ma dal pomeriggio sono previsti rovesci e temporali sulle Alpi, Prealpi in sconfinamento anche sulle alte pianure del Triveneto. Massime in leggero rialzo con valori compresi tra 18 e 23 gradi.

Le previsioni al Centro

Tempo variabile con maggiore nuvolosità sul versante tirrenico. Possibili piovaschi sui rilievi appenninici. Ventoso lungo le coste. Massime in aumento tra 20 e 25 gradi.

Le previsioni al Sud

Tutto sommato sarà una bella giornata di sole quasi ovunque con maggiore nuvolosità (ma senza piogge significative) sul Tirreno. Temperature stazionarie e miti comprese tra 20 e 25 gradi.



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Il primo maggio si celebra la Festa dei lavoratori, un evento che ricorda le battaglie operaie combattute a metà del 1800 per la conquista di diritti e sicurezza sul luogo di lavoro. In particolare, in questa data si festeggia l'orario di lavoro quotidiano fissato in otto ore: una richiesta oggi normale ma del tutto rivoluzionaria nel 1855 in Australia, quando si propagò il movimento che lanciò lo slogan "8 ore di lavoro, 8 di svago, 8 per dormire".

Le origini della festa e la rivolta di Haymarket

Nonostante vari movimenti a favore di condizioni e orari di lavoro più umani fossero presenti da diversi anni in numerosi Paesi, la vera origine della Festa dei lavoratori risale esattamente a una manifestazione che si tenne negli Stati Uniti, in particolare a New York, il 5 settembre del 1882. A organizzarla fu l’Ordine dei Cavalieri del Lavoro (Knights of Labor), un’associazione che era nata 13 anni prima. A partire dal 1884, lo stesso Ordine propose e approvò una risoluzione per rendere annuale la cadenza della festa, ma l’episodio chiave che diede vita al primo maggio fu quello avvenuto a Chicago nel 1886. Quell’anno, nei primi giorni del mese, avvenne la cosiddetta rivolta di Haymarket. In particolare, il 3 maggio, alcuni lavoratori in sciopero di Chicago si diedero appuntamento ai cancelli della fabbrica di macchine agricole McCormick. Le forze dell’ordine, accorse per disperdere i manifestanti, spararono sugli operai provocando due morti e diversi feriti. Per protestare contro la polizia, gli anarchici locali convocarono una manifestazione nei pressi dell'Haymarket Square per il giorno successivo, il 4 maggio. In questo contesto, fu lanciata una bomba che uccise sei poliziotti e ne ferì oltre cinquanta. La polizia a quel punto reagì sparando nuovamente sulla folla. Nell’agosto del 1887 una sentenza del tribunale condannò a morte diverse persone tra anarchici e manifestanti che furono impiccati l’11 novembre dello stesso anno.

La festa in Europa e in Italia

Per quanto riguarda la festività del primo maggio in Europa, questa venne ufficializzata nel 1889 a Parigi dai delegati socialisti della Seconda Internazionale, in ricordo dei fatti avvenuti a Chicago qualche anno prima, mentre in Italia venne istituita ufficialmente nel 1891. I festeggiamenti in questa data vennero interrotti a partire dal 1924, durante il ventennio fascista, per essere anticipati al 21 aprile, quando diventò il "Natale di Roma - Festa del lavoro" (il Natale di Roma è una festività laica legata alla fondazione della città). L’anno precedente, nel 1923, era stato fissato in otto ore l’orario di lavoro quotidiano con il Regio decreto legge n. 692. Al termine della Seconda guerra mondiale, però, fu riportata la Festa del lavoro in data 1 maggio.

Il concerto di Roma e la strage di Portella della Ginestra

Attualmente, in Italia, la festa del primo maggio è associata all’ormai tradizionale concerto organizzato dai principali sindacati (Cgil, Cisl e Uil) a Roma, in piazza San Giovanni in Laterano (FOTO). Sempre legata a questa data c’è la cosiddetta strage di Portella della Ginestra, avvenuta nel 1947 in provincia di Palermo. Quel giorno circa duemila lavoratori, molti dei quali agricoltori, provenienti da Piana degli Albanesi, San Giuseppe Jato e San Cipirello, si riunirono per manifestare contro il latifondismo a favore dell'occupazione delle terre incolte. Durante il corteo, però, il bandito Salvatore Giuliano e i suoi uomini compirono un vero e proprio eccidio sparando sulla folla. I morti furono 14: 11 sul posto, tre in seguito alle ferite riportate, circa 30 i feriti. Una strage il cui movente non è mai stato definitivamente chiarito.

Dove si festeggia il primo maggio

Il primo maggio è una festa celebrata praticamente in tutto il mondo: sono sette i Paesi in Africa, 17 quelli in America, 25 quelli in Asia, 32 quelli in Europa più due in Oceania che hanno ufficializzato questo giorno. Tra questi Stati, però, ne manca qualcuno piuttosto importante: in Gran Bretagna, per esempio, il May Day è il primo lunedì del mese di maggio ma non è una festa ufficiale e si richiama anche ad antiche tradizioni della festa di inizio della primavera. Negli Stati Uniti e in Canada, invece, la giornata del lavoro ufficiale non è quella del primo maggio ma si festeggia il primo lunedì di settembre ed è chiamato Labor Day, diverso dall’International Workers' Day, che negli Usa è stato riconosciuto ma mai ufficializzato come giorno dei lavoratori. Questo giorno è stato invece proclamato ufficialmente nel 1958 come il Loyalty day, ovvero "giorno della lealtà", inteso come giorno della “lealtà agli Stati Uniti e riconoscimento della libertà americana”.



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Immagini denigranti e revenge porn su tre canali Telegram, una delle applicazioni di chat istantanea tra le più diffuse al mondo. Per questo motivo la polizia postale ha denunciato gli amministratori di tre gruppi che annoverano migliaia di utenti. Tra le vittime c'è anche la conduttrice Diletta Leotta.

Decisiva la querela di Diletta Leotta

La presentatrice televisiva si è esposta in prima persona presentando una querela che ha consentito agli investigatori di avviare l'indagine che ha portato alla denuncia di tre persone, un 29enne di Bergamo, un 17enne di Palermo e un 35enne di Nuoro.

Fondamentale il contributo di Fedez

Uno degli amministratori, il 29enne bergamasco, è stato anche indagato per aver utilizzato i canali per revenge porn nei confronti della sua ex compagna. Inoltre, gli investigatori hanno fatto sapere che è stato fondamentale anche il contributo del rapper Fedez, il quale ha raccolto le segnalazioni avute dai follower e denunciato il tutto alla Postale. Le foto che venivano veicolate sui canali, però, non riguardavano solo personaggi famosi, ma anche ragazze vessate dai propri ex. Le forze dell'ordine hanno effettuato inoltre diverse perquisizioni e sequestri. 



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A sorpresa, la governatrice della Calabria Jole Santelli, anticipa l’apertura di alcune attività commerciali sul territorio regionale. Da giovedì 30 aprile in Calabria sarà "consentita la ripresa delle attività di bar, pasticcerie, ristoranti, pizzerie, agriturismo con somministrazione esclusiva attraverso il servizio e tavoli all'aperto". 

Misure uniche nel panorama nazionale

L'ordinanza  - spiega la Santelli in una nota - prevede "misure nuove, al pari di altre regioni e alcune uniche sul territorio nazionale e che parlano il linguaggio della fiducia”. Poiché in queste settimane i calabresi hanno dimostrato senso civico e rispetto delle regole, è giusto che la Regione ponga in loro fiducia". (GLI AGGIORNAMENTI - LO SPECIALE - IL CALENDARIO DELLE RIAPERTURE



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A partire dal 4 maggio, data in cui entrano in vigore le misure che aprono la fase 2 del contenimento al contagio da coronavirus, saranno consentiti maggiori spostamenti, in particolare quelli per fare visita ai congiunti. Per questi movimenti servirà ancora l'autocertificazione, ma il modulo potrebbe rimanere in linea di massima analogo a quello attuale, con l’aggiunta di uno spazio bianco dove si potrà indicare che ci si trova fuori per visitare un congiunto - probabilmente senza l'obbligo di indicarne il nome - o per rientrare nel proprio domicilio, abitazione o residenza, le nuove motivazioni che rendono legittimo lo spostamento, secondo il Dpcm sulla fase 2. Il Viminale è al lavoro su una circolare da inviare ai prefetti per fornire le indicazioni che varranno fino al 18 maggio (GLI AGGIORNAMENTISPECIALE - IL CALENDARIO DELLE RIAPERTURE -  COME SARANNO I TRASPORTI).

Cosa potrebbe cambiare nella nuova autocertificazione

Per motivi di privacy, l'orientamento è quello di non imporre ai cittadini fermati per i controlli di indicare le generalità dei congiunti che dovranno incontrare. Verrà poi specificato che non è consentito andare nelle seconde case, mentre gli spostamenti tra regioni diverse sono possibili solo per comprovate ragioni di lavoro, assoluta urgenza e salute. Potrebbero poi arrivare dei chiarimenti su passeggiate ed attività motoria. I controlli delle forze dell'ordine nella Fase 2 saranno complicati dal fatto che le città, come le strade, non saranno più semideserte. Al Viminale si punta però a non allentare la presa: da lunedì non ci sarà un "liberi tutti", saranno definite aree dei centri urbani, strade, fasce orarie e periodi della settimana in cui intensificare il monitoraggio per verificare il rispetto delle prescrizioni. Gli assembramenti non saranno tollerati. Ed una circolare potrebbe arrivare anche dal capo della polizia Franco Gabrielli per puntualizzare le novità.



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Sta tornando il bel tempo. Una parte d’Italia è ancora alle prese con il passaggio di alcune perturbazioni atlantiche che provocano rovesci e temporali e vento spesso sostenuto. Giovedì 30 aprile le regioni settentrionali verranno attraversate dall'ultimo fronte perturbato mentre l'alta pressione scalpita per conquistare il nostro Paese. Da venerdì e nel weekend l'anticiclone si estenderà su gran parte del territorio nazionale. Ci attendiamo quindi prevalenza di sole ovunque, soltanto sulle Alpi e sull'Appennino meridionale si potranno sviluppare dei temporali di calore nelle ore pomeridiane. Il clima sarà molto gradevole su tutta l'Italia con temperature massime superiori ai 20-22 gradi su molte città. Vediamo nel dettaglio le previsioni di lunedì ricordando di seguire sempre le disposizioni nazionali in tema coronavirus rimanendo a casa. (CORONAVIRUS ITALIA TUTTI GLI AGGIORNAMENTI)

Le previsioni al Nord

Giovedì è atteso un nuovo peggioramento: la perturbazione concentrerà i suoi effetti su Alpi, Prealpi e pianure circostanti. Tra pomeriggio e sera le piogge potrebbero esser particolarmente abbondanti. Temperature in lieve calo con massime comprese tra 18 e 22 gradi.

Le previsioni al Centro

Il rinforzo dell’alta pressione garantirà una giornata nel complesso soleggiata con il rinforzo dei venti di Libeccio sul versante tirrenico. Isolate piogge sull’alta Toscana nella sera e nella notte. Massime miti e comprese tra 20 e 24 gradi.

Le previsioni al Sud

Tempo soleggiato al Meridione solo con il passaggio di qualche velatura senza conseguenze. Più nuvoloso sulla Campania ma senza piogge. Massime in aumento con punte di 24-25 gradi.



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In Italia le persone complessivamente risultate positive al Coronavirus, compresi guariti e deceduti, sono 203.591. Di questi, 104.657 sono i contagiati attuali (GLI AGGIORNAMENTI - LO SPECIALE - GRAFICHE - COSA CAMBIA CON LA FASE 2 - DATE E CALENDARIO). Le persone guarite nelle ultime 24 ore sono 2.311, per un totale di 71.252. Il totale delle vittime è di 27.682, 323 in più. Continua il calo dei pazienti in terapia intensiva: sono 1.795, 68 in meno rispetto a ieri. Il dato è in calo per il venticinquesimo giorno consecutivo. Dei pazienti attualmente positivi, 19.210 sono poi ricoverati con sintomi - 513 in meno rispetto a ieri - e 83.652 sono in isolamento domiciliare. I tamponi eseguiti sono 63.827 in più rispetto a ieri, per un totale di 1.910.761. Il numero complessivo di tamponi giornalieri include anche i tamponi fatti "in uscita", ovvero le persone che dopo la malattia o l'isolamento domiciliare vengono sottoposti a uno o più tamponi prima di poter essere definiti "guariti". Sono invece 1.313.460 le persone sottoposte al test, al netto di quanti tamponi abbiano fatto, 38.589 in più rispetto a ieri. Sono questi i dati del bollettino quotidiano della Protezione Civile sulla diffusione del contagio.

I dati regione per regione

Dai dati della Protezione civile emerge che le persone attualmente positive sono:

36.122 in Lombardia
15.521 in Piemonte
11.862 in Emilia Romagna
8.369 in Veneto
5.663 in Toscana
3.576 in Liguria
4.535 nel Lazio
3.347 nelle Marche
2.782 in Campania
2.927 in Puglia
1.463 nella Provincia autonoma di Trento
2.145 in Sicilia
1.227 in Friuli Venezia Giulia
1.976 in Abruzzo
845 nella Provincia autonoma di Bolzano
261 in Umbria
761 in Sardegna
135 in Valle d’Aosta
753 in Calabria
194 in Basilicata
193 in Molise.

Le vittime

Quanto alle vittime, se ne registrano:

13.679 in Lombardia
3.512 in Emilia-Romagna
3.003 in Piemonte
1.437 in Veneto
827 in Toscana
1.152 in Liguria
899 nelle Marche
431 nel Lazio
359 in Campania
416 nella provincia di Trento
410 in Puglia
285 in Friuli Venezia Giulia
232 in Sicilia
315 in Abruzzo
274 nella provincia di Bolzano
66 in Umbria
116 in Sardegna
86 in Calabria
137 in Valle d'Aosta
25 in Basilicata
21 in Molise.



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Quando torneremo a sposarci? In Italia già migliaia di matrimoni sono stati posticipati a causa dell'emergenza coronavirus (GLI AGGIORNAMENTI - LO SPECIALE - GRAFICHE). E in attesa che la normativa dia il via libera alle cerimonie, è necessario che i futuri sposi si preparino al piano B. Abbiamo chiesto ad Anna Frascisco, tra le più note wedding planner d'Italia, qualche consiglio pratico per affrontare al meglio il "sì sospeso". 

La data di backup

Se i matrimoni previsti entro giugno sono stati rimandati, "consiglio a chi ha fissato la data da metà luglio in avanti di tenerla in piedi, per il momento, pur con un punto interrogativo", dice l'esperta. "Tutte le cerimonie, comprese quelle di settembre, devono avere già una data di backup o verso dicembre o direttamente per il 2021. Per noi organizzatori significa tenere in piedi due eventi identici contemporaneamente, con gli stessi fornitori, la stessa location...".

Anticipi e caparre

Come evitare di perdere le caparre pagate per location, catering o viaggio di nozze? "Essere affiancati da un professionista in questi casi aiuta a essere tutelati. A chi ha organizzato tutto in autonomia consiglio di prendere in mano i contratti firmati e leggere bene le clausole sulla disdetta. Bisogna poi risentire i fornitori e scegliere un’altra data. Per prima cosa è consigliabile verificare la disponibilità della location".

Le pubblicazioni

Meglio ricontattare anche gli uffici del comune dove è prevista la cerimonia, spiega Anna Frascisco: "In alcuni casi bisogna rifare l’iter delle pubblicazioni, dipende da quando sono state fatte. Alcune amministrazioni, considerata la situazione eccezionale, prolungano automaticamente la scadenza, ma varia da comune a comune".

Il vestito da sposa

Le spose non rischiano di rimanere senza abito bianco, spiega l'esperta: "Per l'estate i grossi atelier hanno garantito che non ci saranno ritardi, anche perché sono più scarichi di lavoro a causa dei rinvii primaverili. Per ripartire, comunque, avranno bisogno del doppio del personale perché dovranno lavorare sia alle vecchie commesse che alle nuove. Per chi ancora non ha scelto l'abito dovrebbe essere possibile fare le prove in negozio da metà maggio, anche se con misure di sicurezza". 

L'atteggiamento

"Tra i miei clienti non ho avuto annullamenti, solo posticipi", ci racconta la wedding planner, "ma voglio dare un consiglio a tutte le coppie: il matrimonio è un momento tanto atteso, è solo posticipato. Quando arriverà il "sì" sarà ancora più carico di enfasi. Non c'è bisogno di abbattersi. Non siete soli, migliaia di futuri sposi sono nella stessa condizione, in tutto il mondo. Concentratevi su quanto sarà emozionante poter finalmente festeggiare". 



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Da piazza dei Miracoli ai Lungarni, dalle mura della città al parco naturale di San Rossore. Si chiama “I love Pisa (in lockdown)” il video postato sui canali Social del Comune di Pisa. Realizzato con le immagini di Massimo Boi e la regia di Tommaso Casigliani, ci regala una visuale insolita della celeberrima città toscana in lockdown (GLI AGGIORNAMENTI - LO SPECIALE CORONAVIRUS - GRAFICHE).

Le immagini della città da un drone

Con il drone del Comune sono state realizzate immagini di piazza dei Miracoli, l’asse cittadino da Corso Italia a Borgo, piazza Santa Caterina, i Lungarni, il Giardino Scotto, le Mura, piazza San Paolo a Ripa d’Arno, nella loro bellezza senza nemmeno una persona, a causa del lockdown. Il viaggio prosegue poi sul Litorale, con immagini del Parco naturale di San Rossore e del litorale. Colpiscono poi le immagini dell’aeroporto Galilei e della stazione centrale completamente deserte, normalmente trafficate ogni giorno da migliaia di turisti e pendolari.

Il commento del sindaco Conti

“Abbiamo realizzato questo video – dice il sindaco di Pisa Michele Conti - in cui si vedono i luoghi della città completamente deserti come mai prima d’ora era accaduto. Per quanto ancora dobbiamo vedere piazza dei Miracoli e il nostro litorale senza turisti, l'aeroporto senza passeggeri in arrivo o partenza o la stazione centrale senza pendolari? Il Governo si decida e aiuti i territori a ripartire! Intanto godiamoci le immagini della nostra Pisa, sempre bellissima, che si farà trovare pronta ad accogliere turisti non appena sarà possibile” (LE TAPPE DELL'EPIDEMIA - LE FOTO SIMBOLO - CALENDARIO DELLE RIAPERTURE).
 



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L’orso M49, “latitante” da 9 mesi, è stato catturato sui monti di Tione, in Trentino, ed è stato trasportato nell’area faunistica di Casteller, a Sud di Trento, la stessa in cui l’animale era stato rinchiuso nel luglio 2019 e da cui era subito scappato. L’orso, come fa sapere la Provincia autonoma, è in buone condizioni. Nelle ultime settimane gli erano state attribuite diverse incursioni in abitazioni ed edifici della zona. La Lav, Lega anti-vivisezione, ne ha chiesto l’immediata liberazione e ha diffidato la Provincia di Trento. Intanto il ministro dell'Ambiente Sergio Costa ha dichiarato di essersi già attivato "con tutti i canali possibili per trovare una nuova casa all'orso M49". (LA FOTO DELL'ORSO IN FUGA - MINISTRO COSTA: NON ABBATTETELO).

Il trasporto da sveglio e sotto controllo veterinario

L’animale, maschio e dal peso di circa 167 chilogrammi, è stato preso nella serata del 28 aprile dagli uomini del Corpo forestale del Trentino nella zona delle Giudicarie. La sua cattura è avvenuta con una “trappola tubo”. Come da prassi, l’orso è stato trasferito al Casteller sveglio e sotto il controllo di un veterinario. Arrivato a destinazione, è stato immesso in un’area con tana e recinto interno per consentire un suo inserimento nel centro faunistico, dove si trova anche l’esemplare femmina DJ3.

Costa: "Stiamo sondando parchi europei"

"Stiamo sondando parchi europei, contattando Paesi dove questo tipo di orso potrebbe vivere bene e senza rischi - ha scritto in un comunicato il ministro dell'Ambiente - attivando anche i canali diplomatici. L'obiettivo è regalare a questo orso, a cui vogliamo bene, la migliore casa possibile". "Dopo 289 giorni di libertà e dopo essere stato avvistato anche in Veneto, era ritornato in Trentino e ieri sera è stato catturato - ha spiegato Costa - Ci hanno assicurato che Papillon sta bene, è seguito h24 da un'equipe di tecnici della Provincia, ma immediatamente ho allertato l'Ispra, che con i propri esperti sta seguendo l'orso per garantire la massima attenzione in queste ore delicate".

"Credo che la cattura non sia una soluzione"

Il ministro ha poi ribadito il suo pensiero sulla vicenda chiedendo che l'animale non venga ammazzato "e credo che la cattura non sia assolutamente una soluzione. Ma è una scelta della Provincia autonoma di Trento a cui la legge assegna piena facoltà di azione. Non mi fa affatto piacere sapere che M49 abbia perso la sua libertà". Costa ha chiarito che l'orso è stato seguito "in queste settimane in tutti i suoi spostamenti, lo abbiamo visto sulla neve, mentre giocava, e nei boschi. Sappiamo che si è introdotto in baite vuote e non ha mai attaccato l'uomo", per questo il ministro auspica che "sia trattato bene, e ci stanno rassicurando su questo. Attualmente si trova nella zona di Casteller, da dove era fuggito, e per gradi sarà inserito nell'area faunistica".

La Provincia: “Pericoloso per l’uomo”

L’operazione è stata pianificata dopo che M49 si era reso protagonista, nelle scorse settimane, di un lungo spostamento che dal Trentino orientale lo aveva portato nelle sue aree d’origine, tra Trentino e Veneto. Durante questi movimenti l’animale ha effettuato numerose intrusioni in abitazioni, baite, rifugi e malghe “confermando il comportamento pericoloso per l’uomo già manifestato chiaramente l’anno precedente”, spiega la Provincia. Il presidente Maurizio Fugatti, che l’estate scorsa aveva emanato due ordinanze di cattura nei confronti dell’esemplare, ha informato dell’operazione il ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, e l’Ispra.

Lav: “Sentenza inutilmente crudele”

Non è d’accordo con l’operazione la Lav, secondo cui l’animale “non ha mai costituito alcun pericolo per l’uomo” e ora invece “sarà condannato all’ergastolo solo per avere mangiato del cibo malamente custodito in alcune baite in alta quota”. Per Massimo Vitturi, responsabile Animali selvatici della Lav, M49 “ha dimostrato eccezionali capacità di adattamento e sopravvivenza, aspetti che ne fanno un individuo particolarmente dotato che dovrebbe essere per questo ancora più rispettato e accettato”. Per l’associazione la scelta della Provincia è “inutilmente crudele” e “colpisce che in un periodo in cui tutta la collettività è impegnata nel contrasto alla pandemia, Fugatti e la provincia di Trento abbiano trovato risorse, tempo e modo per imprigionare M49”. Infine, secondo la Lav Casteller non può assicurare una detenzione “compatibile con le caratteristiche etologiche di questo animale”, motivo per cui “saremo pronti a procedere contro la Provincia di Trento, per il reato di maltrattamento di animali”.

La vicenda

M49 era stato catturato il 15 luglio 2019 e portato al Casteller. Dopo poche ore era però riuscito a fuggire, scavalcando recinzioni elettrificate e un muro alto 4 metri. Inizialmente si era rifugiato sulla Marzola, la montagna sopra Trento. “Se si avvicinerà alle abitazioni dovrà essere abbattuto a vista”, aveva detto Fugatti, ma il ministro Costa aveva preso le parti dell’orso: “Non ammazzatelo, non merita di essere ucciso”. In questi mesi i forestali hanno sempre cercato di monitorare la posizione dell’animale, che nei giorni di Pasqua era stato segnalato sul monte Carega, tra le province di Vicenza, Verona e Trento, mentre negli ultimi giorni era tornato nell’area del parco Adamello Brenta, in Trentino.



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Lella Costa, ospite di Epcc, il programma di Alessandro Cattelan in onda su Sky, porta in scena un monologo sull'emergenza causata dal coronavirus (GLI AGGIORNAMENTI - LO SPECIALE) vista dagli occhi degli anziani. L'attrice, uno dei nomi più apprezzati del nostro teatro, racconta come sta vivendo l'epidemia la fascia più colpita dal Covid19 in un discorso intenso e importante che cerca di sollecitare tutti, anche i più giovani, a fare attenzione. "Adesso cosa dobbiamo fare? Sparire? - dice Costa - Levarci di mezzo, pagare con la vita? Davvero vorreste questo?". Il monologo è stato subito molto condiviso sui social (LE FOTO SIMBOLO DELL'EMERGENZA - LE GRAFICHE).

"Provate a mettervi nei nostri panni"

Dopo un siparietto divertente con Alessandro Cattelan, a cui chiede un leggio perché "sai, noi vecchietti col deambulatore, col leggio ci sentiamo più a nostro agio", Lella Costa inizia a spiegare, sempre con un po' d'ironia, come vengono visti gli anziani da quando è iniziata l'epidemia. "Provate a mettervi nei nostri panni - spiega l'attrice - Siamo passati dal 'non si chiede l'età a una signora' al 'chi non dice l'età non esce di casa". Costa poi prosegue con qualche battuta sulla regina Elisabetta II, 94 anni, che sopravvive probabilmente con la cromoterapia attraverso i colori degli abiti che sfoggia, per poi passare alla descrizione di come cambia la vita con il passare degli anni fino a citare Eugenio Montale. 



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All'iniziativa, che ha visto sia una consegna fisica che una virtuale tramite foto, si sono uniti anche i gestori di altre attività, come parrucchieri e centri estetici, che non potranno riaprire già il 4 maggio nell'ambito della "Fase 2". LA FOTOGALLERY

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L'inchiesta sulla pirateria digitale della Procura di Bari ha avuto un primo effetto concreto: Telegram ha infatti bloccato 20 dei suoi canali attraverso i quali venivano diffuse illecitamente copie pirata di giornali, riviste e libri. Lo ha comunicato la stessa società che gestisce l'applicazione di messaggeria istantanea con una mail inviata alla Procura del capoluogo pugliese in risposta al provvedimento di sequestro preventivo di urgenza notificato in precedenza dalla Guardia di Finanza. “Grazie per la comunicazione - ha replicato la società – abbiamo bloccato tutti i canali della vostra lista”.

Il ruolo di Telegram

In fase di esecuzione del sequestro, la Procura aveva precisato che "non vi sono elementi per poter affermare che i rappresentanti legali di Telegram siano consapevoli dei contenuti illeciti dei canali indicati", ma "dal momento che vi sia stata conoscenza del provvedimento, saranno consapevoli della eventuale prosecuzione dei reati, con le possibili ovvie conseguenze". Un messaggio chiaro, che ha portato a questa tempestiva reazione di Telegram.

Le dimensioni del fenomeno

Stando alle stime della Procura di Bari, questa diffusione illecita dei contenuti avrebbe causato al settore dell'editoria danni per circa 670mila euro al giorno (250 milioni di euro all'anno), con più di 580mila utenti - non identificabili, come gli amministratori dei singoli canali - che quotidianamente scaricavano gratuitamente romanzi, testi universitari, giornali e riviste. L'indagine si è svolta praticamente sotto copertura: per individuare l'elenco dei canali incriminati, infatti, un finanziere si è iscritto all'applicazione Telegram e, spacciandosi per lettore, si è virtualmente unito a 21 canali scoperti dopo una ricerca con parole chiave come "edicola", "riviste" e "libri", accedendo così ai contenuti digitali piratati.



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Una riapertura totale dell'Italia potrebbe portare entro giugno a un picco di 151mila persone ricoverate in terapia intensiva. Far ripartire tutto tranne le scuole provocherebbe invece 110mila posti occupati in rianimazione entro agosto. La sola riapertura del sistema scolastico causerebbe 7.600 contagiati in terapia intensiva. L’indice di contagio R0 si manterrebbe invece sotto la soglia di 1 - cioè ogni positivo al Covid-19 infetta meno di un’altra persona - aprendo solo edilizia, manifattura e commercio. Sono questi alcuni degli scenari ipotizzati dall’Istituto superiore di sanità e dal Comitato tecnico-scientifico per la fase 2 dell’emergenza coronavirus (GLI AGGIORNAMENTI - LO SPECIALE - GRAFICHE) contenuti in una relazione consegnata al governo. Si tratta di 92 possibili contesti (di cui la metà presuppone che il rischio di ammalarsi sia eterogeneo a seconda dell’età e l’altra metà replica gli stessi scenari supponendo che il rischio sia omogeneo) su cui l'esecutivo ha modulato le prime riaperture. La relazione dovrebbe essere approfondita dall’Iss nella prossima conferenza stampa prevista per giovedì 30 aprile (LE TAPPE DELL'EPIDEMIA - LE FOTO SIMBOLO - CALENDARIO DELLE RIAPERTURE).

Riapertura totale, lo scenario peggiore

Lo scenario peggiore è previsto a fronte di una riapertura generalizzata della società, incluse attività lavorative e scuole. In questo caso, secondo i modelli previsionali elaborati dall’Iss con il ministero della Salute, la Fondazione Bruno Kessler e l’Inail, l’indice di contagio R0 tornerebbe a posizionarsi sopra il valore 2 e le terapie intensive raggiungerebbero la saturazione in poco più di un mese, entro l’8 giugno. Numeri insostenibili per il Sistema sanitario nazionale, che complessivamente mette a disposizione circa 10mila posti letto in rianimazione. Anche tenendo a casa dal lavoro gli over 50 e limitando gli spostamenti degli over 60, il rapporto prevede che il tasso di contagio risalirebbe troppo.

Le scuole? Troppo pericolose

Un secondo scenario prevede invece la riapertura delle scuole ma senza una ripartenza dei settori produttivi e con un ridotto uso dei mezzi di trasporto pubblici. In questo caso l’aumento dei casi di contagio da coronavirus consentirebbe alle terapie intensive di reggere fino a ottobre, dopodiché collasserebbero. “Riaprire le scuole innescherebbe una nuova e rapida crescita dell’epidemia”, si legge nella relazione, motivo per cui il governo ha escluso di far ripartire gli istituti il 4 maggio e sembra anzi intenzionati a tenerli chiusi almeno fino a settembre (LO SPECIALE SCUOLA).

Sì al lavoro e no alle scuole: il sistema regge

Al contrario, secondo le previsioni in questione, nella maggior parte degli scenari di riapertura dei soli settori professionali, ma con le scuole chiuse, il numero atteso di terapie intensive occupate al picco risulterebbe inferiore alla disponibilità di posti letto a livello nazionale, “anche qualora la trasmissibilità superi la soglia epidemica”. 

Pochi rischi da edilizia, manifattura e commercio

Gli scenari compatibili con il mantenimento dell’indice di contagio sotto la soglia 1 sono invece quelli che considerano la riapertura dei settori Ateco legati a edilizia, manifattura e commercio, sempre se unita al rispetto di tutte le norme di sicurezza. È questa la strada che ha infatti percorso il governo. Le stime richiedono comunque un “approccio di massima cautela per verificare sul campo il reale impatto”, motivo per cui tra i suggerimenti della relazione tecnica c’è anche quello di “considerare una riapertura parziale delle attività lavorative, ad esempio al 50%”. Questo scenario - il numero 14 tra quelli ipotizzati - prevede che l’indice di riproduzione del virus resterà intorno allo 0,69 e che le terapie intensive registreranno un picco di 144 casi e un totale di 411 da qui alla fine dell’anno.

Le raccomandazioni dei tecnici

Oltre alla cautela e alla gradualità della riapertura, relativamente allo scenario adottato gli scienziati raccomandano anche attenzione nei comportamenti individuali: “L’utilizzo diffuso di misure di precauzione (mascherine, igiene delle mani, distanziamento sociale), il rafforzamento delle attività di tracciamento del contatto e l’ulteriore aumento di consapevolezza dei rischi epidemici nella popolazione - si legge nel documento - potrebbero congiuntamente ridurre in modo sufficiente i rischi di trasmissione” del coronavirus.

I dubbi sulle mascherine

Ciò su cui rimangono ancora dubbi è invece la necessità o meno di indossare le mascherine. Nella relazione si fa infatti riferimento a “incertezze sull’efficacia del loro uso per la popolazione generale” dal momento che su questo aspetto le evidenze scientifiche sono “limitate”. Nonostante ciò, sono comunque considerate una delle “variabili determinanti” per contenere il valore dell’indice di contagio.



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Sperimentazione delle misure di riapertura della Fase 2 "per un arco di tempo di almeno 14 giorni, accompagnata al monitoraggio dell'impatto del rilascio del lockdown sulla trasmissibilità del SarsCov2". È questa la raccomandazione contenuta nella relazione tecnica dell'Istituto superiore di Sanità in attesa del 4 maggio. Nel documento, si sottolinea anche che "è evidente che lo spazio di manovra sulle riaperture non è molto" e si suggerisce quindi di adottare "un approccio a passi progressivi" (AGGIORNAMENTI - LO SPECIALE).

"Approccio di massima cautela"

Le stime che emergono dal modello, si precisa poi nel documento, "richiedono comunque un approccio di massima cautela per verificare suo campo il reale impatto"(LA MAPPA DEL CONTAGIO IN ITALIA - LE GRAFICHE). In particolare, "gli scenari compatibili con il mantenere R0 (l'indice di contagio, ndr) sotto la soglia 1 sono quelli che considerano la riapertura dei settori Ateco legati a edilizia, manifattura e commercio, e assumendo una efficacia della protezione delle prime vie respiratoria nel ridurre la trasmissione del Covid-19 del 25%". Tra i suggerimenti c’è anche quello di "considerare magari una riapertura parziale delle attività lavorative, ad esempio al 50%".



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In Italia le persone complessivamente risultate positive al Coronavirus, compresi guariti e deceduti, sono 201.505. Di questi, 105.205 sono i contagiati attuali (AGGIORNAMENTI - SPECIALE - GRAFICHE - COSA CAMBIA CON LA FASE 2 - DATE E CALENDARIO). Le persone guarite nelle ultime 24 ore sono 2.317, per un totale di 68.941. Il totale delle vittime è di 27.359, 382 in più. Continua il calo dei pazienti in terapia intensiva: sono 1.863, 93 in meno rispetto a ieri. Il dato è in calo per il ventiquattresimo giorno consecutivo. Dei pazienti attualmente positivi, 19.723 sono poi ricoverati con sintomi – 630 in meno rispetto a ieri - e 83.619 sono in isolamento domiciliare. I tamponi eseguiti sono 57.272 in più rispetto a ieri, per un totale di 1.846.934. Il numero complessivo di tamponi giornalieri include anche i tamponi fatti "in uscita", ovvero le persone che dopo la malattia o l'isolamento domiciliare vengono sottoposti a uno o più tamponi prima di poter essere definiti "guariti". Sono invece 1.274.871 le persone sottoposte al test, al netto di quanti tamponi abbiano fatto, 37.554 in più rispetto a ieri. Sono questi i dati del bollettino quotidiano della Protezione Civile sulla diffusione del contagio.

I dati regione per regione

Dai dati della Protezione civile emerge che le persone attualmente positive sono:

35.744 i malati in Lombardia
12.003 in Emilia-Romagna
15.506 in Piemonte
8.601 in Veneto
5.896 in Toscana
3.571 in Liguria
3.334 nelle Marche
4.562 nel Lazio
2.802 in Campania
1.565 nella Provincia di Trento
2.919 in Puglia
1.239 in Friuli Venezia Giulia
2.143 in Sicilia
1.990 in Abruzzo
910 nella provincia di Bolzano
275 in Umbria
772 in Sardegna
764 in Calabria
209 in Valle d'Aosta
205 in Basilicata
195 in Molise.

Le vittime

Quanto alle vittime, se ne registrano:
13.575 in Lombardia
3.472 in Emilia-Romagna
2.936 in Piemonte
1.408 in Veneto
811 in Toscana
1.141 in Liguria
893 nelle Marche
414 nel Lazio
358 in Campania
412 nella provincia di Trento
407 in Puglia
278 in Friuli Venezia Giulia
232 in Sicilia
310 in Abruzzo
272 nella provincia di Bolzano
65 in Umbria
109 in Sardegna
85 in Calabria
135 in Valle d'Aosta
25 in Basilicata
21 in Molise.



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Multa da 56 euro a coloro i quali faranno l’elemosina. Dunque non solo a chi la monetina la chiede, ma anche a chi la dà. È la decisione presa dalla giunta leghista di Sassuolo, in provincia di Modena, del sindaco Gian Francesco Menani che, approvata nel corso di un consiglio comunale in video-conferenza, rientra nel nuovo regolamento di polizia urbana. Il via libera, come riporta la stampa locale, ha suscitato polemiche, soprattutto in relazione alla crisi causata dall’attuale emergenza sanitaria, con il possibile aumento esponenziale di persone in stato di povertà.

“Misure deprimenti e antistoriche“, l’accusa che arriva dal Pd sassolese, di fronte alla quale i leghisti replicano: “Non pensiamo certo di multare la vecchietta che vuole fare la donazione, ma si preserva invece chi è vittima di condotte moleste da parte dei professionisti dell’accattonaggio”. Una posizione che non convince il gruppo consigliare dem, che punta il dito anche contro il poco tempo a disposizione per discutere, da casa, dell’emergenza Coronavirus in atto: “Siamo fuori dalla realtà – accusa il Pd di Sassuolo – siamo stati chiamati a discutere misure come il regolamento del benessere animale e le modifiche al regolamento di polizia locale che sanziona l’elemosina. Il tema dell’emergenza Coronavirus è stato affrontato solo su forte richiesta delle minoranze, lasciando appena dieci minuti di tempo per gruppo consiliare”.

Tutti argomenti che, replica Menani, “la giunta voleva portare avanti. È stato deciso di lasciarli all’ordine del giorno non solo per non rischiare di sovraccaricare i prossimi consigli comunali già calendarizzati fino alla fine di luglio, ma soprattutto perché ‘la macchina comunale’ e l’amministrazione devono andare avanti nonostante il Covid19. Ricordo infatti al Pd che gli argomenti all’ordine del giorno del consiglio erano 8 in totale, a testimonianza proprio del fatto che il nostro dovere è anche quello di dare seguito ad azioni ed atti che diano continuità all’attività amministrativa, nonostante – termina il sindaco di Sassuolo – il Covid-19.”

L'articolo Sassuolo, 56 euro di multa a chi dà l’elemosina: giunta leghista approva il nuovo regolamento dei vigili proviene da Il Fatto Quotidiano.



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Non hanno riaperto le fabbriche lunedì e non lo faranno nemmeno dal 4 maggio. La maggior parte della comunità cinese di Prato, circa 25mila persone e 4.800 aziende di pronto moda , ha deciso di rinviare la “fase due” quando la curva dei contagi sarà sotto controllo, senza seguire gli imprenditori italiani del settore tessile che in città hanno già riaperto da lunedì per la manutenzione delle macchine .“È troppo presto per riaprire – dice a ilfattoquotidiano.it Marco Wong, consigliere italo-cinese eletto con la lista del sindaco Matteo Biffoni – la situazione sanitaria non è ancora sotto controllo”.

La comunità cinese di Prato, la più grande in Europa dopo Londra e Parigi in rapporto alla popolazione, aveva deciso di obbligare i propri cittadini alla quarantena già da metà gennaio, con lo scoppio dell’epidemia. Stessa imposizione per i 2.500 cinesi che a febbraio erano tornati in Toscana dal Capodanno anche se la situazione è sempre stata sotto controllo perché la maggior parte di loro proviene dalla regione dello Zhejiang dove l’incidenza è stata di 2 casi ogni 100mila abitanti.

Anche per la scelta di mettersi in autoquarantena, Prato con i suoi 515 contagi attuali è una delle province meno colpite della Toscana dopo Firenze (3.039), Lucca (1.269), Massa Carrara (987), Pisa (844), Pistoia (621) e Arezzo (620). “La loro scelta fin dall’inizio è stata quella di chiudere ditte e negozi, sono spariti dai radar – commenta il sindaco Biffoni – così facendo hanno dato anche un messaggio ai pratesi quando è scoppiata l’epidemia. E’ stato un monito per gli altri cittadini: ‘Prendete la cosa sul serio’. Per questo capisco la loro scelta di stare chiusi anche adesso”.

“È ancora presto per riaprire: siamo preoccupati” – Da qui la decisione degli imprenditori del settore Pronto Moda di Prato di non riaprire il prossimo 4 maggio, nonostante il decreto del presidente del consiglio. “La preoccupazione sul rischio sanitario è ancora molto forte nella nostra comunità e ci sembra che ci sia troppa voglia di riaprire subito – continua Wong – La Cina ci insegna che bisogna farlo gradualmente e solo quando la situazione è contenuta. Molti di noi continueranno a lavorare in smart working”.

Al consigliere italo-cinese fa eco Lorenzo Wang, rappresentante dei giovani cinesi d’Europa: “Dal punto di vista degli affari, la stagione primaverile e quella estiva sono ormai perse – ha detto al quotidiano La Nazione – La curva dei contagi non è ancora ai livelli di sicurezza e non vogliamo rischiare”.

Le pressioni di Confindustria per riaprire – Lunedì scorso le 2.800 fabbriche del settore tessile di Prato e Santa Croce sull’Arno (Pisa) hanno riaperto per la manutenzione dei macchinari e la conservazione dei tessuti grazie all’ultima ordinanza del governatore della Toscana, Enrico Rossi, anticipando il governo. Che con una circola interministeriale ha incluso i distretti del settore manifatturiero orientati all’export tra quelli di “rilevanza strategica” e quindi autorizzati a riaprire già dal 27 aprile.

La riapertura è arrivata dopo una lunga battaglia degli industriali toscani contro il lockdown. Da inizio aprile Confindustria Toscana Nord ha iniziato a fare pressioni sulla Regione e sul governo per far ripartire il settore manifatturiero: a Pasqua gli imprenditori del tessile erano arrivati persino a issare la bandiera a mezz’asta in segno di lutto e negli ultimi giorni 256 imprenditori di Prato avevano inondato di Pec la prefettura annunciando un’azione di “disobbedienza civile” per riaprire subito.

Proprio Confindustria Toscana Nord è stata tra i primi a esultare per le aperture anticipate concesse ad “almeno 400 aziende” del distretto tessile. Gli imprenditori cinesi di Prato però non seguiranno Confindustria: “Le associazioni di categoria fanno il loro mestiere e lo capisco – conclude Wong – ma noi vogliamo attenerci alle indicazioni degli esperti: secondo loro è ancora troppo presto per riaprire. Non vogliamo mettere in pericolo la nostra salute”.

Twitter: @salvini_giacomo

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Rivedi l’ultima puntata di Sono le Venti, la nuova trasmissione di informazione condotta da Peter Gomez sul Nove.

SONO LE VENTI, il nuovo programma di Peter Gomez, è prodotto da Loft Produzioni per Discovery Italia e sarà disponibile anche su Dplay (sul sito www.it.dplay.com – o scarica l’app su App Store o Google Play) e su sito www.iloft.it e app di Loft. Nove è visibile al canale 9 del Digitale Terrestre, su Sky Canale 149 e Tivùsat Canale 9.

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Ora si dovranno riscrivere tutti i libri sui dinosauri”. Con queste parole Cristiano Dal Sasso, paleontologo del Museo di Storia Naturale di Milano, presenta la nuova scoperta fatta assieme a un team internazionale di ricercatori sostenuto dalla National Geographic Society: hanno trovato le prove inequivocabili che lo Spinosaurus aegyptiacus – il più lungo dinosauro predatore conosciuto, più temibile anche del TRex- nuotava nei fiumi del Cretaceo grazie a una coda lunga, alta e piatta, mai vista prima d’ora in nessun altro dinosauro. Riemersa dal deserto del Sahara marocchino, era dotata di potenti muscoli e articolazioni flessibili e si muoveva lateralmente con un moto ondulatorio come la coda dei coccodrilli. Insomma, lo Spinosauro era un animale acquatico e usava la coda come mezzo propulsivo durante il nuoto per cacciare le prede in un vasto sistema fluviale. È la prima volta che si riscontra un adattamento simile in un dinosauro.

La scoperta è pubblicata su Nature da un gruppo internazionale di paleontologi (guidato da Nizar Ibrahim della National Geographic Explorer e dell’Università di Detroit Mercy), a cui partecipano sette ricercatori italiani. “Questa coda rappresenta la prima inequivocabile prova che i dinosauri invasero anche gli habitat acquatici con un modello anatomico completamente nuovo e originale, che cancella la falsa convinzione che tutti i dinosauri privi di penne fossero costretti ad abitare solo gli ecosistemi di terraferma”, spiega ancora Dal Sasso che ha partecipato agli scavi.

Grazie agli scavi condotti tra il 2015 e il 2019 nel deserto del Kem Kem, i paleontologi hanno estratto da un pendio roccioso quasi 40 vertebre e altre ossa della coda di un grande dinosauro: “Sotto il sole cocente del Sahara e quasi 50 gradi di temperatura, è stata una sfida al limite dell’impossibile“, ricorda Gabriele Bindellini, dottorando dell’Università di Milano.

Le ossa erano racchiuse nello stesso strato da cui, a pochi metri di distanza, era già venuto alla luce lo scheletro incompleto di spinosauro pubblicato su Science nel 2014 come il primo dinosauro semiacquatico. L’analisi paleoistologica ha confermato che le ossa appartenevano tutte allo stesso giovane esemplare di spinosauro, lungo più di 10 metri e pesante più di 3,5 tonnellate. La coda, lunga 5 metri, presentava alla base dei grandi fasci muscolari, mentre lunghe spine (sia sopra che sotto le vertebre) la rendevano alta e piatta come un lungo nastro.

Per capirne il funzionamento, esperti di biomeccanica di Harvard ne hanno realizzato un modello mosso da un braccio robotico all’interno del tunnel dell’acqua. I risultati dei test “dimostrano che in acqua la coda dello spinosauro aveva un’efficienza propulsiva assai più elevata delle code lunghe e sottili dei dinosauri carnivori tipicamente terrestri – spiega Dal Sasso -, molto più simile a quella delle code dei vertebrati acquatici viventi”.

“La coda nastriforme – aggiunge il coautore Simone Maganuco – dava anche maggiore stabilità, riducendo la tendenza al rollio. A questo poteva contribuire anche la grande vela dorsale, che forse funzionava come una chiglia inversa”. Secondo i ricercatori, lo spinosauro aveva difficoltà a camminare come bipede sulla terraferma: probabilmente, all’occorrenza, era costretto a usare le zampe anteriori per puntellarsi, con un’andatura più quadrupede. Questi problemi non si presentavano in acqua, dove poteva lanciarsi in lunghi inseguimenti alle sue prede.

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di Valentina Murino*

* coordinatrice dei progetti di Intesos a Roma, racconta, da mamma a mamma, l’incontro con Mare, una delle superstiti del naufragio di Lampedusa del 23 novembre 2019

Lavoro da tanti anni con le donne e per le donne ma quando arriviamo a questa parte del racconto, perché purtroppo ci si arriva sempre, il respiro si blocca ed ho una sensazione di freddo. Inizio a pensare e faccio fatica a proseguire nel discorso.

È il momento in cui la donna che è di fronte a me inizia a raccontare di quando appena 20enne, di ritorno da un matrimonio, è stata aggredita in strada, violentata da un uomo ubriaco, uno che nel villaggio conoscono tutti, ed è rimasta incinta.

Quando ascolto quella parte del racconto, il filtro di distacco professionale e autocontrollo costruito in anni di lavoro sociale – quel filtro fondamentale per organizzare le informazioni, dare le giuste risposte, assumere le giuste decisioni – il filtro che mi protegge, si incrina. E torno ad essere una donna di fronte ad un’altra donna, una madre vulnerabile di fronte ad un’altra madre.

La donna seduta di fronte a me ha fatto un lungo viaggio, iniziato quasi quattro anni fa, passato dall’Etiopia, dal Sudan e dalla prigionia in Libia, segnato da violenze, e quasi terminato sul fondo del Mar Mediterraneo, il cimitero d’acqua dove ogni anno perdono la vita centinaia, migliaia di esseri umani. È una delle superstiti del naufragio del 23 novembre 2019 al largo di Lampedusa. Per proteggere la sua identità, la chiamerò Mare.

Mare arriva nel Centro Intersos24 in una fredda serata dei primi di gennaio insieme alle sue due bambine, Onda di 1 anno e Vento di 4. Il centro è addobbato a festa ma si respira un’aria triste, l’aria di chi passa le feste lontano dalle proprie famiglie.

Senza la possibilità di studiare, o di lavorare, con il rischio di essere arruolata e con in grembo la bambina generata in seguito alla violenza, una bambina che ha scelto di crescere con amore, Mare decide di lasciare l’Eritrea. Trascorrerà due anni nei campi profughi in Etiopia, attraverserà il Sudan. Poi la Libia.

Inizia a raccontarmi della prigionia in Libia. Ed è sempre lo stesso copione: le ragazze con le quali ho parlato in questi anni sanno descrivere dettagli, sensazioni, sofferenza in un modo così chiaro che quasi la sento sulla pelle. Stimo molto il loro coraggio, la voglia di denuncia, la resilienza, penso che non sarò mai così forte nella vita ma spero di essere in grado di trasmettere questa forza a mio figlio.

Le violenze sessuali nel campo di prigionia sono quotidiane, violenze di gruppo, torture perpetrate a donne e uomini. Mare conosce un connazionale: era diventato papà da poco e Vento gli ricordava la sua bambina. Si accordano di fingersi marito e moglie per scampare alle violenze.

Ma gli aguzzini hanno sempre un Piano B, uno C e uno D. Anche questo l’ho imparato sentendo le loro storie. Quando il racconto arriva al punto di svolta e pensi “geniale amica! Ce l’hai fatta” sottovaluti che quelle menti criminale hanno in serbo sempre atroci sorprese.

“La storia del matrimonio non li ha convinti – mi racconta Mare – Ci hanno spostati in un salone enorme e davanti a tutti gli aguzzini ci hanno costretti a fare sesso più volte. C’era anche la bambina lì, una signora la teneva forte fra le braccia per non farla vedere, riuscivo a distinguere le sue urla nonostante le grida di divertimento degli spettatori”.

Ecco di nuovo quella sensazione di freddo, lo stomaco è arrivato sopra ai polmoni, forse è lui a bloccarmi il fiato. Mare resta incinta per la seconda volta, Onda nasce all’interno del campo.

Non vi racconterò i dettagli dell’uscita dalla prigione (una donna incinta è un peso in un carcere di aguzzini), la pianificazione della fuga verso l’Italia, il tempo che cambia all’improvviso, la tempesta. Ho visto più volte in tv le immagini del naufragio di novembre a Lampedusa, si sentono chiaramente le urla dei bambini. L’ho visto da spettatrice, non sapendo che a breve le nostre vite si sarebbero incrociate.

Ci tengo però a raccontarvi la fine di questa storia: una foto su whatsapp, al numero di telefono del nostro centro: Mare, Onda e Vento sorridono, strette in un abbraccio ai piedi della Tour Eiffel.

Buona vita, piccole donne. Ovunque voi siate, che la terra vi restituisca tutto ciò che vi ha tolto, a partire dalla libertà. Spero di essere in grado di restituire la vostra forza alle ragazze che continuerò ad ascoltare ogni giorno.

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Ivan Cottini in tanti lo ricordano sul palco dell’Ariston durante l’ultimo Festival di Sanremo. Il ballerino, nonostante sia in sedia a rotelle fin da giovanissimo a causa della sclerosi multipla, non si è mai arreso e ha portato un messaggio di grande forza e speranza. Ospite di Storie Italiane ha raccontato a Eleonora Daniele che questo che sta passando è però un momento molto difficile: “Sinceramente se non avessi avuto mia figlia Viola in questo isolamento, un affetto vicino nel quale rifugiarmi e trarre forza, mi sarei lasciato andare“, ha detto, raccontando che la moglie lo ha lasciato pochi giorni dopo Sanremo. “Non è facile per me parlarne ma mi ha lasciato. Quando le storie finiscono purtroppo le colpe sono sempre di entrambi, solo che la cosa è arrivata tutta così veloce, subito con la quarantena e ho avuto poco spazio di manovra. Per me è stato davvero doloroso“, ha raccontato a Eleonora Daniele. La forza, ora, arriva da sua figlia, di cinque anni: “Mi dà tantissima forza, non immagini i casini che combiniamo assieme alla nonna. Mia figlia mi ha salvato per la seconda volta. Guardiamo i cartoni insieme e proviamo a ballare, tutto tra una terapia e l’altra per la mia malattia. L’importante è saper ripartire anche se ci vorrà tempo… Lo devo fare per Viola“.

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E’ da più di un mese che sappiamo, grazie all’evidenza scientifica pubblicata sulle riviste scientifiche internazionali più importanti a livello mondiale, che test di massa uniti a un sistema di tracciamento aggressivo sono strategie efficaci nel contenimento del coronavirus.

La strategia “testing and tracking” ha mostrato notevole successo nel contenimento della pandemia in Sud Corea, Singapore, Taiwan e Hong Kong, come sottolineato da molti articoli peer-reviewed, inclusi uno apparso su Science il 17 marzo e uno su Nature il 23 marzo di quest’anno. Similmente, questi studi sembrano corroborare i buoni risultati ottenuti in Veneto dalla strategia sviluppata dal prof. Andrea Crisanti a Vo’ Euganeo.

Secondo Crisanti il governo italiano per avviare, in sicurezza, la fase 2 deve fare diagnosi via telefono, geolocalizzare i possibili casi e, con software che già esistono, capire se in una certa area si sta formando dei cluster. “Se si ha questo sospetto, si chiude l’area e si fanno tamponi a tutti come a Vo’”, aggiunge Crisanti.

Il Comitato Tecnico Scientifico, nonostante la litania di conferenze stampa alle 18 della sera, si è sempre rifiutato di condividere i documenti e le raccomandazioni governative che ha prodotto. Tuttavia, il report che ha spinto il governo alla cautela rispetto alla riapertura della cosiddetta “Fase 2” è stato pubblicato online.

Il documento, che contiene analisi utili, esorta alla cautela per motivi piuttosto giustificabili. Tuttavia, è singolare come il report non contenga alcuna indicazione rispetto all’eventualità di usare test di massa e tracciare in modo aggressivo i sintomatici e gli asintomatici (il modello Sud Corea e Vo’ Euganeo).

Eppure in una recente intervista basata su un nuovo studio pubblicato su Nature Medicine emerge che “tutte le misure che permettono di identificare precocemente i positivi e interrompere le catene di contagio, oltre a un rispetto ferreo delle regole d’igiene e della distanza fra le persone [eviterebbero gli scenari peggiori]. Non distinguiamo fra app o altri metodi. Ma confidiamo che lo strumento principale resterà il tampone, da fare il prima possibile a tutti i sospetti contagiati e ai loro contatti”.

Il messaggio dello studio è “che solo un tracciamento aggressivo ci permetterà di allentare il lockdown senza conseguenze gravi”. Come si faceva notare in un recente articolo, chiedendo una risposta a uno dei membri del comitato e vice direttore aggiunto dell’Oms, cos’ha fatto il Comitato Tecnico Scientifico al fine di sviluppare una solida strategia di “testing and tracking”?

Il Comitato Tecnico Scientifico ha, anche se molto lentamente e senza ammetterlo apertamente, modificato il proprio approccio iniziando, ad esempio, a consigliare l’uso di tamponi oltre i casi gravi sintomatici. Inoltre, ha fatto sviluppare la app chiamata “Immuni”, che servirà al tracciamento. Tuttavia, queste risposte sembrano “troppo poco e troppo tardi” mentre sulla app “Immuni” Crisanti non usa mezzi termini: “Non serve a niente se non si ha la capacità di fare tamponi a tutti.”

Ricordiamo che Crisanti ha mostrato una lungimiranza strategica che ha sorpreso tutti, anche la stessa Regione Veneto che ora si vanta per i risultati sanitari ottenuti. Il direttore generale della sanità del Veneto, Domenico Mantoan scriveva che “[ogni analisi effettuata su] soggetti asintomatici non rientra tra le prestazioni coperte dal fondo Ssn (Sistema Sanitario Nazionale).” Non sarebbe il caso di coinvolgerlo nel Comitato Tecnico Scientifico?

Sarebbe inoltre necessario fare una seria analisi sull’impatto prospettico delle misure di lockdown e la susseguente crisi economica, psicologica, sociale e civile, sulla salute della popolazione. Le crisi economiche uccidono e causano disturbi mentali, mentre le quarantene hanno costi psicosociali molto pesanti per le popolazioni. Come si sta muovendo il comitato al fine di valutare costi e benefici delle strategie di contenimento del coronavirus oltre all’ambito sanitario?

A dire il vero, questo governo e comitato stanno affrontando dei compiti estremamente difficili e delicati. Sembrano trovarsi di fronte a una situazione che ricorda il paradosso del Comma 22, dal romanzo di Joseph Heller: se “apri tutto” sbagli perché il coronavirus torna a mietere vittime, se “tieni tutto chiuso” sbagli perché affondi l’economia, aumenti la disoccupazione, i suicidi e il disagio civile. Ci dev’essere una via di uscita. Troviamola presto!

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di Federica, una mamma molto preoccupata

Voglio ringraziare quanti, in questo periodo, si sono occupati delle scuole e della condizione delle famiglie in uno Stato che ha completamente messo da parte bambini (e donne). Uno Stato che non ha voluto in alcun modo trovare soluzioni per la riapertura delle strutture scolastiche dopo averle chiuse per ben due mesi, lasciando tutto sulle spalle dei genitori (“Si arrangino pure!”), in particolare delle mamme (“Chiudiamo bambini e donne a casa!”) che poi sono le categorie meno a rischio. Mi sembra di tornare a cent’anni fa.

La situazione nelle case è insostenibile, si devono garantire almeno i servizi essenziali (ad esempio gli asili): non vogliamo il superfluo ma il minimo per assicurare lo sviluppo psicofisico dei bambini, la continuità dell’attività lavorativa dei genitori e la serenità familiare.

Si parla di spiagge, di calcio, di cani e non si cercano soluzioni per i bambini. Ma quali sono le priorità di questo Paese?

I bambini, specie i più piccoli, e noi genitori ci sentiamo completamente abbandonati, e la questione non può certo risolversi con un bonus baby sitter che non è assolutamente una soluzione! Anzi quando si riesce a trovare una baby sitter la sua collaborazione costa almeno il triplo dell’asilo, non sta a contatto con il bambino come lo sarebbe una maestra dell’asilo e offre un servizio che non è neanche un terzo di quello proposto dagli asili (in particolare quelli privati, che rischiano di chiudere) in termini di socialità, stimoli, attività didattiche, musicali, linguistiche e sportive, mensa, orari. Insomma è solo un modo per confinare i bambini a casa senza considerare minimamente le loro esigenze di crescita.

E si vorrebbe giustificare la chiusura delle strutture scolastiche con la difficoltà di rispettare le distanze o con la volontà di non far muovere le persone, in particolare il corpo docente “anziano” (ma abbiamo insegnanti di 80 anni?!).

E’ inconcepibile cancellare valori costituzionali e i diritti dell’infanzia senza sforzarsi di trovare qualche soluzione: è molto più facile non affrontare il problema. Per questo ritengo che alcune argomentazioni siano pretestuose e basate su mere supposizioni: le strutture possono rispettare tutte le norme igieniche e il ricambio d’aria necessari. Inoltre in tutto il mondo è stato dimostrato che i bambini non sono gli untori del virus, ma sono i soggetti con minore probabilità di infezione. Tra l’altro dopo due mesi di isolamento saranno pallidissimi e verosimilmente sani (se pensano il contrario, facciano pure i tamponi/test, anche a pagamento).

A mio avviso si dovrebbe ragionare in modo diverso tra le varie Regioni o anche, ove occorra, tra le singole Province: non si può attendere che in tutta Italia ci siano gli stessi numeri ma bisogna attivarsi per far ripartire quanto prima almeno le zone del Paese in minore emergenza.

Ad esempio in Sardegna, dove vivo, il rapporto tra la popolazione (circa 1.640.000) e i soggetti attualmente positivi (772 – dati aggiornati al 28 aprile) è pari allo 0,047% – di cui si apprende dagli organi di stampa che almeno l’85% dei positivi è connesso a strutture ospedaliere e Rsa, per cui il virus sta circolando pochissimo nel resto della popolazione (0,007%) – percentuale minima che ragionevolmente non può giustificare l’ulteriore sacrificio di bambini e famiglie.

Noto invece che gli altri Stati europei (e qualche regione italiana, ad esempio il Veneto) stanno cercando soluzioni per la cosiddetta Fase 2 pianificando la riapertura degli asili e delle scuole. Si parte proprio dai più piccoli che hanno bisogno di assistenza e supporto psicofisico continuo, non fanno alcuna didattica a distanza e che, con certezza, avranno traumi a vita se non si argina subito il problema.

Questa è ormai la vera emergenza sanitaria, certa, ben più grave ed estesa della mera probabilità di contrarre il virus. Gli “esperti” non ci hanno pensato? Premesso che in questa situazione i cosiddetti esperti hanno evidenziato molte incertezze (dicono tutto e il contrario di tutto e, purtroppo, la cronaca ci dice che commettono pure tanti errori), sono convita che solo chi vive i problemi li conosce veramente e può proporre soluzioni sensate. Mi chiedo se nei gruppi dei cosiddetti “esperti” ci sia qualche mamma, che conosce bene le difficoltà dei bambini e della gestione del ménage familiare.

Il coronavirus passerà ma i disagi infantili e delle famiglie rimarranno e non si può stare ancora fermi ad aspettare!

I bambini devono potersi confrontare con i propri simili, non possono stare per mesi rinchiusi in un appartamento sempre e solo con gli adulti, non possono rinunciare al principale momento evolutivo a causa di scelte politiche disinteressate.

La Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza stabilisce che gli Stati devono garantire lo sviluppo dei bambini (art. 6, comma 2).

Non voglio assolutamente minimizzare la pandemia, in relazione alla quale stiamo tutti facendo grandi sacrifici psicofisici ed economici; ma vorrei che si desse più attenzione ai dati reali e alle esigenze collettive, che diventano ogni giorno più urgenti. I bambini non sono soprammobili e, ormai, le famiglie (non più gli ospedali) sono al collasso!

Ogni situazione eccezionale deve avere una durata limitata, non può essere infinita e basata solo su ipotesi. Cominciamo a ragionare sulla realtà (0,047% e drammatica regressione dei bambini) e a prendere, quanto prima, decisioni che assicurino una vita sostenibile per i bambini e le famiglie, anche convivendo con il virus.

Potrei suggerire, ad esempio, di pensare ad una quarantena “allargata” casa-asilo-casa, in questo modo si avrebbero piccoli gruppi controllati che garantirebbero ai bambini il naturale sviluppo (in termini di linguaggio, alimentazione, sonno, interazione…), ma non isoliamo ulteriormente i bambini – sulla base di un mero sospetto – dagli amici, dalle maestre, dal gioco, dal confronto… dalla crescita!

Tra l’altro il 18 maggio cominceranno anche gli allenamenti sportivi di squadra (e ne sono felice), realizzando quindi delle piccole comunità, per cui sarebbe comprensibile anche concedere di farlo ai bambini.

Inoltre vorrei segnalare che molti degli asili – che con estrema dedizione e professionalità si occupano dei nostri bambini – sono privati e non possiamo rischiare che chiudano per l’inerzia di chi decide: in questo modo non avremo più servizi domani e, senza servizi, non avremo neanche più bambini, con inevitabile ulteriore crollo delle nascite.

I bambini non sono solo i figli dei genitori ma fanno parte della società che deve garantirgli almeno i servizi essenziali per crescere ed avere una vita sostenibile. Quella di queste settimane non lo è. Le famiglie non hanno bisogno di isolamento e piccoli sussidi, ma di servizi e lavoro.

Mi auguro che presto tutta la politica si accorga che la società non può pensare di ripartire senza iniziare dai bambini, che sono il nostro migliore investimento!

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La sgradevole sensazione di pretestuosità, trasmessa dal coro terroristico degli stroncatori anti-governativi, cresce insieme alla ragionata consapevolezza che, senza le scelte di tale governo in materia di emergenza Covid-19, ad oggi l’inventario dei morti sarebbe decuplicato. Anche perché, in una tale gragnuola di sentenze accusatorie, la presenza di spudorati “secondi fini” risulta assolutamente palese.

I due oppositori incarogniti Matteo Salvini e Giorgia Meloni, con l’aggiunta della quinta colonna Matteo Renzi, sollevano turbini di minacce e insulti nella speranza di recuperare il ruolo perduto e contenere crolli verticali di popolarità; di fatto riproponendo la sola modalità espressiva nelle proprie corde: la sparata comiziale da campagna elettorale permanente. In evidente lotta sovreccitata per la sopravvivenza.

Per quanto riguarda la stampa destroide – i Vittorio Feltri, gli Alessandro Sallusti, i Maurizio Belpietro – lo sparare grosso antigovernativo risponde indubbiamente al desiderio di blandire il parco lettori captive, ma soprattutto servire il disegno caro ai propri datori di lavoro: sostituire l’attuale maggioranza giallo-rosa con l’ammucchiata con Lega e Fratelli d’Italia che rimetta in gioco anche l’ultraottantenne tycoon Silvio Berlusconi. Bollito ma sempre autocratico.

Una prospettiva speculare a quella dei boss della stampa cosiddetta moderata – Elkann e Cairo – che inseguono l’ipotesi Mario Draghi premier, nella presunzione che uno scafato banchiere tutelerebbe al meglio i loro interessi padronali (e relative rese dei conti, specie per il clan Agnelli quando la fusione tra Fca e Peugeot creerà mattanze di lavoratori nelle fabbriche italiane del gruppo). Comunque meglio del neo presidente confindustriale – il Carlo Bonomi da Crema – emerso da una ghiacciaia anni Cinquanta, quando i cosiddetti “padroni del vapore” – i Costa, i Pesenti, i Dubini e altri “banal grandi” – pensavano di mettere a tacere i critici della loro totale inadeguatezza, quali leader della categoria, bollando di “pregiudizio anti-industriale” ogni pur sommesso “disturbo del manovratore”.

La drammaticità dei giorni che stiamo vivendo rende palesemente grottesca questa pretesa di remare contro per ragioni da retrobottega. Non meno degli anatemi dei porporati Cei, che addebitano “attacchi alla libertà di culto” a un primo ministro – ahimè – con in tasca l’immaginetta di Padre Pio. Imbarazzante!

Come era imbarazzato l’altra sera dalla Gruber il fido berlusconiano Sallusti quando imputava direttamente a Giuseppe Conte quei blocchi burocratici e quelle distorsioni bancarie che rallentano l’erogazione tempestiva dei sussidi deliberati dal governo per la massa degli italiani ormai alla fame. Vergognosi colli di bottiglia che ci trasciniamo dietro da decenni, che il polemista a tassametro vorrebbe mettere in conto all’ultimo venuto con un perentorio: “se non è in grado di risolvere si faccia da parte!”. Per lasciare la parte a chi? Giulio Tremonti? Mario Monti? Qualche altro accademico, profeta fallimentare di riforme amministrative alla Sabino Cassese?

Questo il quadro desolante di una critica cacofonica. E lo dice chi aveva salutato l’avvento di Conte, proprio in questo blog, imputandogli curricula taroccati e inconsistenze varie. Ma di cui ora registra la crescita, caratteriale e politica, prefigurandogli un ruolo di traghettatore verso lidi più sicuri per un Movimento Cinquestelle ormai allo sbando. Magari una sorta di Aldo Moro del Terzo Millennio in sedicesimo.

Perciò risulta particolarmente irritante la critica a prescindere di chi non avrebbe pregiudizi o altre ansie personali al riguardo. Se non la fregola di impancarsi a Piero Calamandrei redivivo.

Mi riferisco alla sparata di Tomaso Montanari dal titolo “Re Conte e sudditi disorientati”, apparsa su Micromega, in cui lo storico dell’arte fiorentino accusa il premier di ogni nequizia (“azzeccagarbugli, familista nauseante, destrorso”) perché nei suoi interventi (definiti “omelie”) tratterebbe i concittadini con modi paternalistici. Nell’incomprensione grave, per chi sta parlando di politica e non di riccioli barocchi, del contesto e delle sfide in corso: una platea nazionale ormai in avanzata nevrotizzazione da clausura, una compagine governativa altamente instabile: i Cinquestelle spaccati al limite della scissione, un Pd altamente condizionabile e senza leadership. Situazione in cui gli esercizi mediatorii andrebbero capiti e rivalutati.

Del resto, un cultore dei modelli politici impareggiabili come Montanari dovrebbe ricordare che – si parva licet – promettendo “lacrime e sangue” pure Winston Churchill si teneva sul vago per necessità.

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“Resterete senza fiato! Quello che DJ Stile ha fatto è da pelle d’oca… Vedere per credere!”: non esagera Frankie hi nrg a presentare così su Twitter il video realizzato da Federico Ferretti in arte Dj Stile che ha rifatto uno dei suoi brani di maggior successo, “Quelli che benpensano” del 1997 usando frammenti dei discorsi del governatore della Regione Campania Vincenzo De Luca.

Effettivamente il testo della canzone, con passaggi come “tiratissimi, s’infarinano, s’alcolizzano e poi s’impastano su un albero”, sembra davvero uscito da una delle arringhe di De Luca diventate virali sui social. Non solo, il governatore è diventato anche protagonista del videoclip della canzone: il suo viso è stato sostituito a quello di Frankie che nell’originale guidava un taxi per le strade di Roma ora con vari passeggeri.

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