giugno 2019

Dopo Cagliari e Alghero passate al centrodestra al primo turno, il centrosinistra non riesce a conquistare neanche Sassari: al ballottaggio vince Gian Vittorio Campus, alla guida di una coalizione di liste civiche di centrodestra, che ha battuto il magistrato in pensione Mariano Brianda, candidato del Pd, in vantaggio al primo turno. Campus ha ricevuto il 56,22% dei voti, mentre Brianda il 43,78%. Centrodestra vittorioso anche a Monserrato, nella città metropolitana di Cagliari: era l’unico altro comune chiamato domenica a votare per il secondo turno delle elezioni comunali in Sardegna.

A Sassari le liste civiche che hanno sostenuto il nuovo sindaco hanno ottenuto 21 seggi in Consiglio comunale. Nanni Campus, chirurgo e docente universitario, è stato sindaco di Sassari dal 2000 al 2005. Già senatore di Forza Italia dal 1994 al 1996, poi ancora a Palazzo Madama con Alleanza Nazionale dal 1996 al 2000 quando lasciò il parlamento dopo aver vinto le Comunali. Nel 2009 si candida al Consiglio regionale della Sardegna con il Pdl, risultando il terzo più votato in provincia di Sassari e il più votato in città. Nel 2012 lascia il Pdl per aderire al gruppo “Sardegna è già domani” in aperto dissidio con il Pdl fino al termine della legislatura nel 2014.

A Monserrato, comune di quasi 20mila abitanti in provincia di Cagliari, vince Tommaso Locci, primo cittadino uscente, già avanti al primo turno, che ottiene 30 punti percentuali di distacco e il 67,5% dei consensi, mentre l’esponente del Pd Valentina Picciau si ferma al 32,4%. Locci potrà contare su una solida maggioranza di 12 consiglieri comunali su 17 complessivi.

In entrambi i due comuni è crollata l’affluenza: gli elettori di Sassari e Monserrato hanno disertato le urne aperte per il secondo turno. Alla chiusura dei seggi alle 23 a Sassari aveva votato solo il 40,9% degli aventi diritto rispetto al 54,7% del primo turno, con un calo del 14% circa. A Monserrato ha invece votato il 41,1%, 10 punti percentuali in meno rispetto al voto di due settimane fa, quando si erano recati al voto il 51,3%.

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Da circa due settimane sta riempiendo verbali su verbali. E le sue dichiarazioni hanno già portato a due nuovi arresti. Sta collaborando con i pm di Palermo Vito Nicastri, il re dell’eolico, ritenuto tra i finanziatori della latitanza del boss Matteo Messina Denaro, finito al centro di una inchiesta su un giro di mazzette che coinvolge anche il consulente della Lega Paolo Arata. L’ex deputato di Forza Italia è accusato di essere socio acculto proprio di Nicastri, che con le sue dichiarazioni ha portato agli arresti di due nuovi indagati.  Si tratta di Giacomo Causarano, ex funzionario dell’assessorato regionale all’Energia, e dell’imprenditore milanese Antonello Barbieri. Causarano, il cui nome era già venuto fuori nei mesi scorsi, è accusato di corruzione. Barbieri di intestazione fittizia di beni, autoriciclaggio e corruzione: sarebbe socio occulto di Arata e Nicastri. Sia Causarano che Barbieri sono ai domiciliari.

L’indagine, coordinata dal procuratore aggiunto di Palermo Paolo Guido e dal pm Gianluca De Leo e condotta dalla Dia di Trapani, ha svelato un giro di mazzette alla Regione siciliana. Arata e Nicastri avrebbero pagato tangenti a diversi funzionari per avere agevolazioni nei loro affari nel campo delle energie rinnovabili. L’inchiesta, nei mesi scorsi, ha portato all’arresto anche dei figli di Arata e Nicastri, Paolo e Manlio, e di un altro funzionario regionale, Alberto Tinnirello.

Una tranche dell’indagine, che ipotizza il pagamento di una tangente di 30mila euro all’ex sottosegretario leghista alle Infrastrutture Armando Siri per l’approvazione di un emendamento che avrebbe dovuto far ottenere finanziamenti ai due soci, è stata trasmessa a Roma per competenza. ” Siri ci lavora un secondo per guadagnare trentamila euro“, dice Arata intercettato. Una delle tante intercettazioni che hanno portato all’indagine su Siri.  “Guarda che l’ emendamento passa“, dice Arata il 10 settembre dell’ anno scorso, mentre il suo telefonino – trasformato in trojan dalla Dia di Trapani – registrava ogni parola. Il riferimento era per una norma al decreto “rinnovabili” che avrebbe portato milioni di finanziamenti al mini eolico. “L’emendamento è importante. Sono milioni per noi l’emendamento, che cazzo”, dice Arata. Quell’emendamento non passerà mai”

Ora l’inchiesta si allarga. Al momento solo nei palazzi della burocrazia e del potere siciliano. Secondo gli investigatori Causarano sarebbe stato il trait d’union tra Nicastri e Tinnirello, il funzionario che firmava le autorizzazioni necessarie all’imprenditore per la realizzazione di due impianti di biometano. Il progetto era ottenere l’Autorizzazione Unica da parte della Regione. La mazzetta pattuita sarebbe stata di 500mila euro. I primi centomila sarebbero già stati consegnati, il resto doveva essere versato alla firma dell’autorizzazione. Gli impianti dovevano essere costruiti a Francofonte e Calatafimi. In realtà Nicastri aveva intenzione di vendere il progetto, con tutte le autorizzazioni ottenute, a grosse imprese: affare che avrebbe portato al “re dell’eolico” tra 10 e 15 milioni. Barbieri, invece, sarebbe stato socio di Nicastri fino al 2015, poi avrebbe ceduto le sue quote ad Arata per 300mila euro.

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Incendio a Cortina, esplosi residuati bellici, FOTO

Un incendio di vaste proporzioni si è sviluppato nel pomeriggio di domenica 30 giugno a circa 600 metri d'altitudine sopra Cortina d'Ampezzo (Belluno), tra la Croda de R'Ancona e Zuoghi. Gli scoppi sono riconducibili ad alcuni residuati bellici, investiti dal fuoco. 

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Una notte intera di trattative, conclusa senza un accordo. I leader dei 28 Paesi Ue sono ancora alla ricerca di un accordo sul nome del successore di Jean-Claude Juncker alla guida della Commissione europea e per il rinnovo dei titolari delle altre principali poltrone delle istituzioni dell’Unione. La sessione plenaria del Consiglio – più volte interrotta nella notte per dare spazio a negoziati bilaterali – dovrebbe riprendere in mattinata. “Ci siamo quasi…”, scrive su Instagram il presidente Donald Tusk. Molto meno ottimista il premier Giuseppe Conte che ammette come Frans Timmermans, il candidato intorno al quale sembrava esserci un’intesa di massima, “non sembra avere un consenso unanime ed è difficile capire se ha la maggioranza qualificata”. Per questo, spiega Conte, “non è da escludere che saremo costretti ad aggiornarci”.

Nonostante il socialista olandese abbia l’appoggio di Angela Merkel, la sua nomina ha incontrato il no dei popolari – il Ppe si è riunito per ulteriori consultazioni – e la bocciatura dei Paesi di Visegrad. Per uscire dall’impasse, prende quota anche l’ipotesi di procedere alla scelta dei soli candidati alla presidenza di Commissione ed Eurocamera, rimandando a un successivo vertice – probabilmente tra un paio di settimane, forse il 15 luglio – le posizioni di Alto Rappresentante Ue e di presidente del Consiglio Europeo.

La candidatura di Timmermans, voluta dal presidente del Consiglio Tusk, resta al momento l’unica sul tavolo. Merkel ha dato il suo ok per preservare il criterio degli Spitzenkandidat, lasciando a Manfred Weber del Ppe la poltrona di presidente dell’Europarlamento. Ha ottenuto il sostegno di Francia, Olanda e Spagna che però da solo pare non bastare. L’Italia dal canto suo potrebbe preferire Timmermans a Weber: rimarrebbe una personalità fortemente legata alle attuali regole di bilancio, ma sicuramente con posizioni più morbide rispetto al popolare tedesco che di fatto proseguirebbe sulla linea della Commissione Juncker. Il governo spera di ottenere una poltrona importante con un ruolo “economico” nel prossimo esecutivo di Bruxelles, ma sullo sfondo resta aperta anche la trattativa per evitare la procedura d’infrazione, sulla quale filtra ottimismo. In questo momento il voto dell’Italia risulta essere decisivo: stare dalla parte del “vincitore “potrebbe portare dei vantaggi.

“Non dobbiamo legarci a un criterio, solo alla logica delle affiliazioni politiche”, quindi alla logica degli Spitzenkandidat, ribadisce questa mattina il premier Conte. “Dobbiamo tenere conto che stiamo scegliendo un presidente che deve guidare l’Europa per i prossimi cinque anni con una grande strategia e visione e quindi dobbiamo cercare flessibilità nella ricerca del candidato più giusto e che sicuramente raccolga il più ampio consenso“, sottolinea. Il premier conferma ancora una volta che a suo avviso “la logica del pacchetto è la logica migliore perché consente di mantenere un equilibrio generale nella designazione delle varie posizioni. Quindi è quella auspicabile”.

“Non c’è un patto di Osaka, è un malinteso perché è stato deciso il giorno prima. Non c’è un accordo di Osaka. E’ un fatto”. Lo ha dichiarato il presidente del Consiglio Giuseppe Conte rispondendo a chi gli chiedeva se l’Italia fosse contraria al patto di Osaka. Secondo l’accordo negoziato al vertice del G20 ad Osaka, tra Francia, Germania, Olanda e Spagna, la presidenza della Commissione europea sarebbe attribuita ai socialisti, ai liberali andrebbe la presidenza del Consiglio mentre ai popolari spetterebbe la presidenza del Parlamento europeo.

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L’espianto di organi ai detenuti della Falun Gong continua tutt’oggi. E’ la conclusione a cui è giunto il China Tribunal, organo indipendente istituito a Londra lo scorso anno per accertare l’attendibilità delle rassicurazioni con cui dal 2015 Pechino sostiene di aver bandito il prelievo degli organi dai condannati. Il panel di esperti diretto da Sir Geoffrey Nice QC, ex pubblico ministero del Tribunale penale internazionale per l’ex-Jugoslavia, ha dichiarato di aver raccolto sufficienti elementi per confermare all’unanimità l’utilizzo sistematico degli espianti sui prigionieri di coscienza negli ultimi venti anni. Stando alle indagini – supportate a titolo gratuito da medici, testimoni e attivisti – non solo “non vi è alcuna prova che la pratica sia stata interrotta”. Il tribunale è persino convinto che le violazioni “stiano continuando su scala significativa”. Letteralmente: “la conclusione [delle ricerche] mostra che moltissime persone hanno perso la vita in modo indescrivibilmente orribile senza alcuna ragione, che altre potrebbero soffrire allo stesso modo e che tutti noi viviamo su un pianeta in cui estrema malvagità risiede nel potere di coloro che, per il momento, governano un paese con una delle più antiche civiltà a memoria d’uomo”.

Citando in maniera esplicita il coinvolgimento di “organizzazioni e individui sostenuti dal governo” cinese, l’inchiesta individua nelle minoranze etniche e religiose la categoria sociale più colpita. Una menzione particolare viene dedicata alla Falun Gong, setta spirituale che unisce i precetti buddhisti alla meditazione e semplici esercizi di qigong, messa al bando da Pechino negli anni ’90 a causa delle dirompente popolarità riscossa anche tra l’élite comunista. Secondo il tribunale, i praticanti della disciplina costituiscono la principale fonte di organi sul mercato nero. Meno chiara, invece, l’entità del coinvolgimento delle minoranze uigura, tibetana e cristiana, definite nel rapporto “vulnerabili”. Stando alle testimonianze rilasciate da uiguri e membri della Falun Gong, i detenuti vengono frequentemente sottoposti a visite mediche ed esami vari per accertarne lo stato di salute, sebbene non vi siano prove evidenti che i check-up siano funzionali agli espianti.

Il prelievo degli organi è stato per anni associato al sistema dei laogai, campi di lavoro in cui venivano internati condannati per reati minori e prigionieri di coscienza – secondo varie fonti – sottoposti a tortura e rieducazione politica. Pechino ha formalmente abolito la pratica nel 2013, ma le organizzazioni per la difesa dei diritti umani ne denunciano la sopravvivenza sotto nuove forme. Il caso più eclatante è quello delle “scuole di formazione” introdotte in chiave anti-terrorismo nella regione islamica del Xinjiang, dove stime indipendenti ritengono siano rinchiusi oltre 1 milione di uiguri. Pur non disponendo di prove definitive a riguardo, il China Tribunal conferma il “rischio” che anche i musulmani dello Xinjiang finiscano vittima degli espianti. Quello dei prelievi forzati è un problema di vecchia data oltre la Muraglia. Per motivi di carattere religioso e culturale, nella Repubblica popolare, i donatori sono pochissimi, tanto che gli organi provenienti dai detenuti giustiziati hanno supplito per anni a circa due terzi delle operazioni. Sebbene la pratica sia stata ufficialmente vietata nel 2015, ad oggi non esiste ancora nessuna legge o regolamento che permetta di debellare completamente l’usanza.

Secondo stime del tribunale di Londra, ogni anno in Cina avvengono fino a 90.000 trapianti, decisamente più di quanto sostenuto dalle fonti governative, nel 2016 ancora ferme a quota 10.000. Invitato dalla Pontifica Accademia delle Scienze a partecipare al summit contro il traffico di organi, nel febbraio 2017 l’ex ministro della Sanità Huang Jiefu, oggi a capo della Commissione per la Donazione degli Organi cinese, ha ammesso che – nonostante la “tolleranza zero” – la vastità della popolazione cinese è tale da motivare una parziale violazione dei divieti.

Ciononostante, negli ultimi anni, gli sforzi messi in atto dalle autorità hanno portato a un incremento delle donazioni volontarie. Un fenomeno velocizzato dalla rivoluzione digitale intrapresa dal gigante asiatico. Stando al Washington Post, oltre 230mila persone risultano iscritte a un’app che attraverso Alipay mette in contatto donatori e destinatari compatibili. Rispondendo alle accuse del China Tribunal, l’ambasciata cinese oltremanica aveva dichiarato ancora in corso d’indagine che “il governo cinese segue sempre i principi guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità sul trapianto di organi umani e negli ultimi anni ha rafforzato la gestione del sistema. Speriamo che il popolo britannico non si lasci ingannare da voci infondate”.

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Non è la prima volta che si verifica. Si fanno degli scavi e si trovano dei resti antichi. A quel punto si ricopre tutto e si procede all’opera progettata. Ma quel che accade a Pozzuoli, comune del napoletano nel quale le testimonianze archeologiche dell’epoca romana sono numerose, è davvero paradossale. A maggio 2016 il Comitato Interministeriale per la programmazione economica approva il Piano stralcio “Cultura e turismo”, che include l’intervento per il sistema territoriale turistico-culturale del Parco archeologico dei Campi Flegrei con la finalità di valorizzare il sistema dei beni e dei siti archeologici su cui è competente il Parco. Dei 23 milioni messi a disposizione dal Mibac, 3,9 sono destinati a Pozzuoli. Soldi da investire per la riqualificazione dell’area e, soprattutto, la creazione di nuovi parcheggi, tra cui quello di via Luciano per il quale si stanziano 213.334,55 euro.

Ma il parcheggio progettato in quest’area porterebbe alla tombatura (con possibile distruzione), dei resti di tabernae romane, individuate negli scavi. Il via libera è arrivato nel novembre 2018 dal Direttore del parco archeologico dei campi Flegrei. Il consiglio approva in data 20 novembre il progetto di fattibilità tecnico-economica, con soddisfazione del sindaco Pd Vincenzo Figliola, secondo cui la nuova “mobilità sostenibile e diversificata … andrà di pari passo con la valorizzazione e il restauro dei siti archeologici”. Ma certo per il parcheggio di via Luciano qualche perplessità rimane.

“Ma come? Si fanno degli scavi per riportare alla luce delle antiche tabernae, risalenti al I sec. a.C. per poi ricoprirle con il cemento? Eppure in un accordo del 2013 con la Soprintendenza archeologica, il Comune si era anche impegnato ad effettuare la pulizia del sito”. I consiglieri del M5S di Pozzuoli, Antonio Caso e Domenico Critelli proprio non riescono a capire il motivo di questo intervento. Un parcheggio a servizio del vicino Stadio di Antonino Pio, peraltro “visitabile in occasione di aperture straordinarie”. Il sindaco Figliola cerca di rassicurare sostenendo che “Per ora siamo in una fase preliminare della progettazione che è allo studio degli esperti e che … comunque non prevede alcuna copertura con cemento”. Non solo. C’è anche la questione del lungo abbandono dell’area. Infatti nel 2011 dopo anni di incuria, durante i quali vegetazione infestante ed immondizie ne impedivano persino la vista, il sito era tornato fruibile, grazie all’impegno dell’Associazione Angeli Flegrei. Una breve parentesi. Da lì a poco, ancora incuria, nonostante nel 2013 il Comune, insieme a Soprintendenza archeologica e a Regione Campania, avesse sottoscritto un protocollo d’intesa per il recupero e la valorizzazione.

Ma il paradosso è sotto gli occhi di tutti. Con fondi del Mibac si vorrebbero incrementare i servizi di una delle aree archeologiche più importanti di Pozzuoli. Al prezzo però di distruggere un’altra area archeologica. Per la quale non sembra esserci alternativa tra abbandono e tombatura.

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“Bisogna smettere di rappresentare la mafia come una piovra, bensì dovremmo immaginare il fenomeno come un camaleonte, si mimetizza costantemente per provare ad infiltrare l’economia legale”. Queste le parole del Presidente della commissione Antimafia, Nicola Morra, durante la commemorazione della strage di Ciaculli, in cui nel 1963 persero la vita sette uomini delle forze dell’ordine. All’attentato seguì un risveglio (per la verità, momentaneo) dello Stato nella lotta a Cosa nostra che portò all’arresto di quasi duemila persone nei mesi successivi e all’avvio effettivo dei lavori della commissione Antimafia, istituita qualche mese prima. Ed è proprio in commissione, ricorda Morra, “che Salvini è stato convocato” dallo scorso maggio. “La lotta alla mafia passa per la collaborazione fra le istituzioni preposte a combatterla, pertanto spero che il ministro venga prima possibile in commissione”, ha concluso il senatore del M5s. Insieme a Morra, alla commemorazione, erano presenti anche il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, e il pubblico ministero Roberto Tartaglia, sostituto procuratore nel processo trattativa Stato-mafia ed ora consulente della commissione Antimafia.

La strage di Ciaculli
Era la mattina del 30 giugno 1963 quando la questura di Palermo ricevette una telefonata anonima che parlava di un’Alfa Romeo Giulietta sospetta lungo la statale Gibilrossa-Villabate, nei pressi di Ciaculli. Nella notte, vicino a Villabate, era esplosa un’auto davanti alla rimessa del boss di Cosa Nostra Giovanni Di Peri, causando la morte di un meccanico e un macellaio. Venne quindi mandata sul posto una squadra di carabinieri. Appena arrivati, gli agenti videro sul sedile posteriore una bombola a gas agganciata ad una miccia semibruciata e chiamarono gli artificieri, che disinnescarono facilmente l’ordigno. Continuando l’ispezione della macchina però, il tenente Mario Malausa aprì il portabagagli dell’auto, innescando così l’esplosione del tritolo contenuto al suo interno. Morirono in sette. Malausa, il maresciallo Silvio Corrao, il maresciallo Calogero Vaccaro, gli appuntati Eugenio Altomare e Marino Fardelli, il maresciallo dell’esercito Pasquale Nuccio e il soldato Giorgio Ciacci. Tre giorni dopo la strage, oltre 100mila persone parteciparono ai funerali delle vittime: la pressione sulle istituzioni fu tale che, una settimana dopo, furono avviati i lavori della prima commissione parlamentare Antimafia della storia repubblicana, bloccata per anni dai partiti di governo sulla motivazione che non vi era alcun problema legato alla criminalità mafiosa in Sicilia. Nei mesi successivi furono arrestate quasi duemila persone. Molte famiglie mafiose si diedero alla macchia, e parecchi boss fuggirono all’estero. La strage di Ciaculli mise così fine alla Prima guerra di mafia, le indagini portarono a sospettare come autori i mafiosi Pietro TorrettaMichele CavataioTommaso Buscetta Gerlando Alberti. Nessuno dei sospettati venne però rinviato a giudizio. Fu Buscetta, dopo essere diventato colalboratore di giustizia, a dire che Cavataio era l’unico responsabile della strage. Per la strage di Ciaculli non venne condannato alcun esponente di Cosa Nostra.

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“Le leggi ci sono, che piaccia o non piaccia”. Dal G20 di Osaka il premier Giuseppe Conte commenta il caso della Sea Watch, dopo l’attracco della nave nel porto di Lampedusa e l’arresto della capitana, Carola Rackete, da ieri sera ai domiciliari sull’isola siciliana. “Se le decisioni degli inquirenti sono esagerate – aggiunge il presidente del Consiglio – dovete chiederlo a loro, domandate ai magistrati. Da giurista, conoscendo i provvedimenti adottati, si prefiguravano responsabilità penali. Non voglio sostituirmi alla magistratura, a cui spetta applicare le leggi”.

Intanto arrivano le prime dichiarazioni dell’equipaggio della nave, composto da 16 persone provenienti dalla Germania, Olanda, Italia, Spagna e Francia. A cominciare dalla capitana. In un’intervista al Corriere della Sera, Carola Rackete, attraverso i suoi legali, ha raccontato:  “La situazione era disperata. E il mio obiettivo era solo quello di portare a terra persone stremate e ridotte alla disperazione. Avevo paura. Da giorni facevamo i turni, anche di notte, per paura che qualcuno si potesse gettare in mare. E per loro, che non sanno nuotare, significa: suicidio. Temevo il peggio. C’erano stati atti di autolesionismo“.

“Poco dopo la mezzanotte la comandante ci ha riuniti per annunciarci che avremmo raggiunto il porto di Lampedusa perché i 40 migranti a bordo non potevano più continuare a stare in quelle condizioni”, racconta invece Oscar, studente tedesco di 23 anni che fa parte dell’equipaggio della Sea Watch, mentre spiega com’è avvenuta la decisione di forzare il blocco ed entrare nelle acque territoriali italiane. “La situazione – continua il ragazzo – stava sfuggendo di mano: dopo due settimane di attesa bisognava portare in sicurezza quelle persone che erano già sofferenti e non potevano continuare a restare sulla nave”.

Ieri la Guardia di Finanza ha accusato Sea Watch: le manovre della nave della ong hanno schiacciato la motovedetta delle fiamme gialle rischiando speronarli durante le manovre di attracco: “Non volevamo assolutamente fare del male ai finanzieri. La loro imbarcazione all’improvviso si è messa tra noi e la banchina per impedire l’attracco della nave. Io non ho sentito le comunicazioni a bordo con la finanza e non so cosa ha detto la comandante ma so che ci sono state delle incomprensioni. E so che Carola ha chiesto aiuto alla Guardia di Finanza. Posso dire che al cento per cento Carola non avrebbe mai messo in pericolo la vita dei finanzieri. In quel momento le premeva mettere in sicurezza la vita dei 40 migranti a bordo della Sea Watch. Siamo dispiaciuti per i finanzieri che si sono spaventati. Non era nostra intenzione fare del male a nessuno”. Sul fatto è intervenuto questa mattina anche l’avvocato della comandante della nave, Salvatore Tesoriero, che ha dichiarato: “Non c’è stato alcuno speronamento ma una manovra fatta in condizione di estrema difficoltà, senza alcuna volontà di uccidere. Una manovra nella quale ci si è avvicinato forse un po’ troppo alla barca della Gdf ma non c’è stato alcun contatto o volontà di speronare la nave”.

La Sea Watch 3 è stata sequestrata dalla Guardia di Finanza dopo lo sbarco dei 42 migranti e si trova ora a circa 3 miglia da Lampedusa, in attesa di essere trasferita nel porto di Licata, in provincia di Agrigento. Oscar, che è ancora a bordo della nave, continua: “Siamo ancora sotto choc per quello che è accaduto la notte dello sbarco sul molo di Lampedusa. Non ci aspettavamo quelle reazioni scomposte da parte delle persone che stavano sulla banchina. Non capivamo cosa dicessero ma avevamo capito che erano insulti nei confronti di Carola, eravamo preoccupati per la nostra comandante. È stato terribile”. Parlando poi di Carola Rackete, racconta: “Siamo tutti molto orgogliosi di lei, è la donna più coraggiosa che io abbia mai incontrato in tutta la mia vita. Siamo preoccupati per lei per le conseguenze a cui potrà andare incontro. Mi auguro che la giustizia italiana faccia il suo corso, sono molto fiducioso anche se siamo preoccupati per quello che potrà accadere”. La capitana della nave della ong tedesca rischia fino a 22 anni di carcere per resistenza o violenza contro nave da guerra e di tentato naufragio.

Matteo Salvini aveva parlato di “capitana fuorilegge” e di “nave pirata”. “Non abbiamo seguito quello che ha detto il ministro Salvini in questo giorni – conclude il 23enne tedesco – eravamo occupati a seguire i migranti a bordo. Io capisco che Salvini deve fare politica ma prima vengono le persone, e non si può fare politica sulle spalle dei più deboli. È sbagliato il punto di vista. Anche l’Europa deve fare la sua parte e deve aiutare l’Italia. Posso anche capire la reazione dell’Italia ma non è questa la soluzione”.

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Negli ultimi 40 anni, nella maggior parte dei paesi dell’Ocse, le disuguaglianze economiche sono aumentate, dopo un periodo storico, il Dopoguerra, durante il quale diminuivano. La crisi economica del 2008 ha ulteriormente incrementato la forbice socioeconomica tra le classi sociali: in Italia, il coefficiente di Gini, una misura di disuguaglianza economica che va da un minimo di 0 a un massimo di 1, è aumentato da 0,329 nel 2007 a 0,354 nel 2015. Questo coefficiente è pari a 0,275 in Norvegia, mentre negli Usa è uguale a 0,415.

Per alcuni economisti, tali incrementi di disuguaglianze economiche non sono un problema. Altri invece sono molto preoccupati. Cosa dice l’evidenza? Analisi pubblicate su riviste scientifiche internazionali peer-reviewed affermano che le disuguaglianze eccessive sono un ostacolo al benessere per almeno cinque motivi:

1. Le società più diseguali hanno peggiori indicatori di salute: hanno più bassa longevità, più alta mortalità infantile, maggiore prevalenza di malattie mentali, ansia da status, narcisismo e schizofrenia. Le società più diseguali hanno anche peggiori indicatori per quanto riguarda l’abuso di sostanze, l’obesità, il benessere dei bambini, le gravidanze adolescenziali e l’abbandono precoce della scuola.

2. Il secondo tipo di effetti riguarda le relazioni sociali. La letteratura internazionale ha concluso che le società più diseguali sono caratterizzate da più bassi livelli di fiducia interpersonale, partecipazione agli affari pubblici e coesione sociale, e soffrono inoltre di alti tassi di criminalità e violenza, in particolare gli omicidi.

3. Il terzo aspetto concerne la democrazia. La concentrazione di ricchezza all’apice della gerarchia economica si traduce in una maggiore capacità delle classi sociali più abbienti di proteggere i loro interessi, osteggiando l’adozione di politiche fiscali progressive e gli investimenti nel welfare. Questo potere è spesso esercitato attraverso il finanziamento di campagne elettorali, il reclutamento di lobbisti e l’occupazione di spazi mediatici. In altre parole, eccessive disuguaglianze economiche rischiano di trasformare i governi nelle “migliori democrazie che i soldi possono comprare”.

4. Il quarto motivo che rende preferibile una società più equa riguarda l’economia: secondo l’Fmi un coefficiente di Gini superiore a 0,27 è un ostacolo non solo alla crescita economica e alla lotta contro la povertà, ma anche alla prevenzione di crisi finanziarie. Inoltre, nelle società più diseguali la mobilità sociale è limitata. Molti immaginano gli Usa come la terra del “sogno americano” dove qualsiasi persona può ambire a diventare miliardaria. In realtà, gli americani hanno il più basso livello di mobilità sociale tra i paesi dell’Ocse (dopo l’Italia!), valore molto inferiore a quello dei paesi nordeuropei. Qualcuno ha sarcasticamente sostenuto che “per vivere davvero il sogno americano, è meglio trasferirsi in Danimarca.”

5. La quinta e ultima ragione per sostenere una distribuzione del reddito più equa riguarda il rispetto dell’ambiente: i paesi con più alta disuguaglianza di reddito sono più consumisti e meno disposti ad aderire a norme comportamentali compatibili con la sostenibilità. Le eccessive disuguaglianze tra paesi compromettono inoltre la cooperazione internazionale e l’attuazione di efficaci trattati sul cambiamento climatico, la minaccia principale alla salute globale nei prossimi decenni.

Esistono diverse riforme capaci di ridurre il gap economico, come l’investimento in effettive protezioni sociali e l’introduzione di meccanismi di azionariato tra i dipendenti. Tuttavia, la riforma probabilmente più urgente è di tipo fiscale. La tassazione delle classi sociali più abbienti nei paesi dell’Ocse è ai minimi storici dal Dopoguerra. In Italia, mentre le piccole imprese e i redditi medio-bassi sono sovratassati, l’aliquota massima Irpef per redditi comparabili a 258mila euro l’anno e oltre è scesa dal 72% del 1974 al 43% di oggi.

Sfortunatamente le politiche neoliberiste che hanno guidato la globalizzazione, come la deregolamentazione finanziaria e lo smantellamento dei controlli sul movimento di capitali, hanno limitato la capacità dei governi di far pagare ai super ricchi e alle multinazionali la loro equa quota d’imposta. Tali riforme hanno inoltre facilitato la diffusione di paradisi fiscali, dove si trova nascosta una ricchezza pari al 10% del Pil mondiale. Nel 2018, la presenza dei paradisi fiscali ha permesso a 60 multinazionali come Amazon, Netflix, Ibm e General Motors di non pagare tasse!

L’evidenza parla chiaro. Al fine di promuovere la salute, le relazioni sociali, la democrazia, la stabilità economica e la sostenibilità ambientale, è necessaria maggiore equità. Non solo sono necessarie riforme fiscali progressive, ma anche l’adozione di accordi internazionali finalizzati a limitare l’uso dei paradisi fiscali e la fuga dei capitali.

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C’è in onda su Sky Sport un programma che ci può consolare delle molte tristezze che il calcio visto in tv ci ha riservato nell’ultima stagione. Non sono, infatti, bastate due serate strabilianti, quelle delle semifinali di ritorno di Champions, per cancellare tutta la malinconia di un campionato finito prima di Natale, di pomeriggi di domenica vuoti, affidati alle imprese (absit iniuria…) di Udinese, Empoli o Frosinone.

Poi è arrivata l’estate e di colpo è cambiato tutto, siamo tornati a divertirci. Non mi riferisco al Mondiale femminile che pure tante soddisfazioni ci ha regalato. Ma lì il merito è stato soprattutto di chi l’ha giocato, senza nulla togliere al buon lavoro di chi l’ha seguito e mostrato dagli studi televisivi. Mi riferisco a Calciomercato l’originale, perché, a differenza di chi ha messo in onda il Mondiale femminile, quei simpatici burloni di Calciomercato da mostrarci non hanno proprio nulla.

Si sono inventati, qualche anno fa, un programma basato su una contraddizione, su un assurdo, un programma televisivo il cui oggetto è qualcosa che non si può vedere né mostrare: le trattative per l’acquisto o la cessione di un calciatore che per natura e definizione sono segrete, invisibili. Ma a differenza di molti loro imitatori (di qui la puntualizzazione L’originale), che hanno sostituito l’invisibile con delle chiacchiere, quelli di Calciomercato hanno puntato molto sull’immagine, sulla sua bellezza e sulla sua capacità evocativa.

Quest’anno hanno davvero raggiunto il sublime. Lo studio ricorda lo scorcio di un villaggio turistico: al centro, appoggiata a terra, una piscina che è anche maxischermo, sullo sfondo palme e bambù. “E’ un luogo pieno di virtù” direbbe il poeta, ma soprattutto di colori. E’ raro vedere nella tv di oggi, sempre un po’ sciatta, scelte cromatiche così vivaci, significative. Le ultime notizie le fornisce Gianluca Di Marzio seduto su un pattìno, che è certamente quello cantato tanti anni fa da Piero Focaccia, mentre lì accanto è parcheggiato un carretto dei gelati (“il carretto passava e quell’uomo….”, sempre per citare i nostri più grandi poeti). Mentre Fayna se ne sta in disparte con il suo tablet e ogni tanto qualcuno si affaccia da un oblò, Alessandro Bonan conversa con gli ospiti, alcuni quasi fissi, previsti ma non prevedibili nelle loro osservazioni, come Orrico o Peterson, altri inattesi, a volte un po’ impacciati ma mai insignificanti.

Intanto la regia si sbizzarrisce in inquadrature inconsuete, dettagli, particolari, così per ricordarci che la tv è una faccenda anche da registi, non solo di autori e produttori. Poi c’è la novità assoluta di quest’anno, il tocco di classe: una bella arpista accenna le note del brano musicale che, nel palinsesto della Rai del tempo che fu, accompagnava l’intervallo. All’epoca in questi casi comparivano sullo schermo immagini-cartolina di borghi italiani ai più sconosciuti: Arcidosso, Mercato Saraceno…. A Calciomercato ti mettono la cartolina di Palazzo Diamanti di Ferrara se devono parlare di una trattativa che riguarda la Spal, quella di Santorini se si tratta di un calciatore che su trova lì in vacanza. L’effetto è in ogni caso straniante ed esilarante. Insomma, metatelevisione, parodia, citazione ironica che sottolinea la presa di distanza dall’oggetto del proprio discorso, quel saggio non prendersi troppo sul serio che è proprio delle persone davvero spiritose. Questo è il clima, più unico che raro nella tv di oggi, che riescono a creare quelli di Calciomercato.

Qualche anno fa sono stato ospite della trasmissione, nella serata finale dell’edizione invernale, quella dedicata al mercato di gennaio, invitato un po’ come studioso di televisione, un po’ come tifoso. Al conduttore che mi chiese cosa pensassi del suo programma risposi che ne ero entusiasta, che era dai tempi di Renzo Arbore e della sua banda che non vedevo una seconda serata così piacevole. Applausi e ringraziamenti. Ho ripensato spesso a quella risposta, chiedendomi se non avessi esagerato nei complimenti, se non avessi manifestato un’eccessiva condiscendenza verso il padrone di casa. Ebbene vedendo l’edizione di questa estate, non mi pento di quei complimenti: a Calciomercato l’originale hanno proprio quel tocco arboriano, quella capacità di mandarti a dormire allegro come sapevano fare solo Quelli della notte.

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Due ragazzi di 20 e 22 anni sono morti questa notte vicino a Piacenza dopo essere stati travolti da un’auto. I due amici stavano camminando lungo la strada, a pochi metri da una discoteca, e sono deceduti sul colpo. Alla guida dell’auto che li ha investiti c’era una ragazza di trent’anni: l’utilitaria, è poi finita fuori strada a oltre cento metri di distanza, distrutta a causa dell’impatto. La polizia stradale di Piacenza sta accertando se la donna avesse assunto alcol o droghe. L’incidente è avvenuto intorno alle 3 di notte sulla Statale 45. Quando è successo diversi amici, usciti dal locale poco distante non appena si sono accorti della tragedia, hanno soccorso le vittime, ma i due ragazzi, di origini albanesi, erano già morti.

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Io al Pride, quest’anno, non ci vado. Lo so, si tratta del Pride di New York, il World Pride del 50esimo anniversario della rivolta di Stonewall. Non ho mai saltato un Pride, anzi se possibile ho preso aerei per andare a Pride ben meno noti, e ora che vivo nell’East Coast rinuncio a un così grande evento?

Il fatto è che l’arcobaleno, qui negli Stati Uniti, mi ha stancato. È dappertutto. Sulle magliette più tamarre che ci si possa immaginare. Nei loghi di aziende che sfruttano lavoratori o che lo ripongono nell’armadio prima di trattare con governi repressivi. In quegli slogan melensi come Love is love. Nei sorrisi di coppiette bianche, ricche, giovani, atletiche e sorridenti, scelte dalle campagne di comunicazione che puntano a suscitare empatia e tenerezza verso i gay.

E dietro questo riverbero di arcobaleni la tacita compiacenza di chi si ritiene dalla parte giusta e pensa che ormai la battaglia sia vinta, l’America sia la terra della libertà e Mayor Pete Buttigieg il suo profeta.

Quanta cecità di fronte alle questioni irrisolte! Alle discriminazioni razziali che separano gli Stati Uniti in due sfere incapaci di comunicazione se non attraverso la sacrosanta rabbia, da un lato, e la repressione dall’altro, o quando va bene la carità pelosa offerta dagli attivisti progressisti che fanno il fioretto di rinunciare all'”appropriazione culturale”. Cecità di fronte al problema del costo delle case, che colpisce senzatetto poveri, molto spesso di colore, e spesso gay, lesbiche, bisex o transgender. Cecità di fronte ai diritti dei gay non come coppie ma come individui e come lavoratori. L’importante è potersi permettere una famiglia favolosa e l’istruzione per i bambini. Le lamentele degli altri potrebbero turbare la nostra colazione alla Mulino Bianco.

Ma il nostro arcobaleno non è questo. È la celebrazione di chi non si fa intimidire, afferma se stesso liberamente dalle convenzioni borghesi, sputa in faccia a chi gli impone o (peggio) suggerisce come essere e come vestirsi. Il nostro arcobaleno è il simbolo di unione di chi, con esperienze e bagagli di discriminazione diversi, si riconosce in una stessa umanità e lotta per se stesso e per gli altri.

L’arcobaleno delle corporation è il punto che conclude una frase bella: “L’amore è amore. Bene, l’abbiamo detto, ora torna a comprare il nostro prodotto, abbonarti al nostro servizio, votare il nostro partito“. Il nostro arcobaleno è una virgola: aggiunge costantemente gruppi e persone, li include in un discorso politico più grande, unisce chi è ai margini e gli ricorda che in quanto essere umano ha potere. il nostro arcobaleno dà quella forza e quel coraggio che sono serviti a non farci intimidire dalla polizia dello Stonewall Inn 50 anni fa e ci hanno fatto ribellare a leggi ingiuste. 

Il loro arcobaleno rassicura. Il nostro non sempre e non necessariamente, perché la nostra esistenza, la nostra identità e il nostro erotismo non devono chiedere permessi.

Allora quest’anno, anche se con un pizzico di dispiacere, il World Pride di New York lo lascio da parte e me lo farò raccontare. Eviterò la parata delle multinazionali. Il nostro arcobaleno, per citare quello che dovrebbe essere un inno, splende più giù, “fra stracci e amore”.

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“Per spararsi addosso ci vogliono cinque secondi, ma per guarire le ferite spesso non bastano cinquant’anni”. A dirlo è Gino Strada, fondatore di Emergency in occasione della festa per i 25 anni dell’organizzazione. Un lavoro che viene portato avanti dal 1994 costruendo ospedali aperti a chiunque in tutto il mondo . Il bilancio è di oltre dieci milioni di persone curate in questi primi venticinque anni di attività. Così, per festeggiare l’anniversario, Emergency è tornata nel luogo in cui è nata, a Milano dove si sta svolgendo l’incontro nazionale #diguerraedipace. Tre giorni di dibattiti, concerti e spettacoli per celebrare e rinnovare l’impegno dell’associazione: “Oggi viviamo un momento difficile, dove si criminalizza la solidarietà, ma sento che il vento sta tornado a sibilare, non dico a fischiare, sono ottimista”

 

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Alla festa per i 25 anni di Emergency, il sindaco di Milano Giuseppe Sala, intervistato dal Terzo Segreto di Satira, ha ricevuto una consulenza particolare per la gestione dell’aumento del prezzo della metro dal “Milanese Imbruttito”.

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Piacenza, morti due ragazzi investiti fuori dalla discoteca

Le vittime sono due amici di 20 e 22 anni. Sono stati travolti da un’utilitaria mentre camminavano fuori dal locale 



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Da quando era morto il padre tredici anni fa litigavano per l’eredità. È questo secondo gli inquirenti il motivo per cui Massimiliano Mallus ha ucciso la sorella Susanna nella notte tra venerdì e sabato, dopo l’ennesima lite. La donna è stata uccisa da diciotto coltellate, tre delle quali mortali, nella sua casa a Quartu, in provincia di Cagliari. Il fratello è stato fermato, a ventiquattro ore dall’omicidio, nella serata di sabato, mentre si aggirava in stato confusionale per le strade della cittàdina.

I due fratelli vivevano in due case confinanti. Da un lato Massimiliano Mallus, di 52 anni, con la moglie, e nell’altra abitazione la sorella di 55 anni insieme alla madre di 84 anni, che ha difficoltà a deambulare. La figlia si prendeva cura di lei. Secondo le prime ricostruzioni, fratello e sorella intorno alle 21 e 30 di venerdì hanno avuto una prima violenta discussione, poi intorno a mezzanotte l’uomo è tornato dalla donna e l’ha uccisa, per poi allontanarsi a piedi. A dare l’allarme è stato il compagno della vittima, che sapeva dei continui litigi e in una delle ultime telefonate aveva sentito urlare l’uomo. A sapere delle discussioni erano anche i vicini, abituati a sentire le liti: “Li sentivamo spesso urlare, ormai non ci facevamo più caso”, dicono.

Per trovare il fratello accusato dell’omicidio erano stati attivati decine di uomini, unità cinofile, un elicottero, lo Squadrone eliportato cacciatori di Sardegna, il Battaglione Sardegna e la Sezione Anticrimine del Ros.

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Elisa Pardini, cinque anni, cerca un (altro) donatore di midollo osseo per combattere la leucemia che l’ha colpita più di due anni fa. Il primo trapianto, compiuto a gennaio del 2018, non ha infatti dato l’esito sperato a causa della gravità della malattia, che colpisce un bambino sotto i cinque anni su un milione, e della non perfetta compatibilità del precedente donatore. Ora la piccola viene tenuta “in equilibrio” da diverse chemioterapie preparatorie, sperando di trovare al più presto un donatore per l’operazione. Il donatore è da scovare nella banca dati mondiale dell’Associazione Donatori di Midollo Osseo che raccoglie tutti coloro – “ad oggi 30 milioni di persone nel mondo”, racconta Fabio Pardini, il padre di Elisa – che si sono finora offerti per “tipizzarsi” con gli esami del sangue. Tipizzazione possibile per chi ha tra i 18 e i 35 anni, pesa almeno 50 kg e non ha malattie trasmissibili. Un piccolo gesto che può salvare la vita a Elisa e a tanti altri attraverso un prelievo di cellule staminali, che dura tre o quattro ore.

La vicenda della famiglia di Fabio, della compagna Sabina e della piccola Elisa comincia due anni fa, quando cercano la diagnosi per la malattia della bambina: “In due ospedali del Friuli la scambiarono per una gastroenterite, in Veneto poi scoprirono che era una particolare forma di leucemia. Abbiamo deciso di spostarci al Bambino Gesù del Vaticano dove abbiamo trovato il professor Franco Locatelli che studia questo tipo di malattie rare”. Ma non solo, la coppia ha trovato uno staff che si è preso cura di Elisa: “I medici stanno facendo l’impossibile. Due anni fa mia figlia stava per morire”, racconta il papà.

E anche Fabio e Sabina stanno facendo l’impossibile. “Ho chiuso l’attività a fine aprile 2017 – spiega Fabio – e ci siamo trasferiti a Roma. La mia compagna faceva l’infermiera e ha avuto due anni di aspettativa”. Due anni che sono finiti il 27 giugno: proprio il giorno del quinto compleanno di Elisa. Una nuova speranza è però arrivata: “I colleghi hanno deciso di devolvere dei giorni delle ferie di solidarietà a Sabina”. E l’appartamento a Roma? “Per un anno l’associazione Luca Onlus di Udine ci ha dato una mano a pagarlo: a fine giugno dovrò però iniziare ad arrangiarmi da solo perché hanno fondi limitati”. Fortunatamente, la solidarietà non è mancata: “Abbiamo ricevuto tre volte la visita di Francesco Totti. Lui e la sua famiglia sono eccezionali”. Ma tanti altri personaggi famosi hanno fatto visita a Elisa in ospedale. Da Fiorello a Fausto Leali, da Carmen Consoli al campione di sci Max Blardone. Fino alla cantante Elisa e al ministro Matteo Salvini.

Tutti in campo per Elisa, insomma. E ciascuno può dare una mano: basta recarsi ad una delle sedi dell’Associazione Donatori di Midollo Osseo. O a un centro trasfusionale dell’ospedale più vicino chiedendo un prelievo per farsi inserire nella banca dati dell’Admo. Anche chi è già donatore di sangue all’Avis deve fare la stessa procedura. Se contattati, si potranno cedere cellule staminali attraverso l’aferesi. “Non è pericoloso, né invasivo”, assicura Fabio, che è contattabile per informazioni sulla donazione sulla sua pagina Facebook “Pardini Fabio per Elisa”. E se non ci sarà la compatibilità con Elisa, si potrebbe salvare la vita a qualcun altro. Donando un futuro sulla terra a chi sta lottando per averlo.

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Donald Trump, ha attraversato da solo il confine intercoreano al villaggio di Panmunjom, come primo presidente Usa ad averlo mai fatto. “Mi sento benissimo”, ha commentato subito dopo, mentre il leader Kim Jong-un gli andava incontro. La stretta di mano tra i due è avvenuta quindi in Corea del Nord. “E’ un piacere vederti di nuovo”, ha detto il tycoon. Il supremo comandante ha ricambiato, dicendo che “non si sarebbe mai aspettato” che si sarebbero potuti incontrare qui, a Panmunjom.

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Sea Watch, Rackete: "Manovra sbagliata, ma era solo disobbedienza"

"Non è stato un atto di violenza", spiega la comandante sulla sua scelta di entrare nel porto di Lampedusa senza autorizzazione. E definisce l'urto con la motovedetta della Gdf "un errore". L'Olanda: "Poteva andare in Tunisia". La Ong la difende



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E’ vero, come dice il segretario della Cgil Maurizio Landini, che nonostante il reddito di cittadinanza, la povertà in Italia è aumentata? E’ vero che, nell’ordine, le Olimpiadi invernali di Milano e Cortina 2026 saranno un affarone a costo quasi zero; che a mordersi le mani sono Roma e Torino che hanno rinunciato e che questo evento così benefico e balsamico come i Giochi invernali saranno senza oneri per lo Stato perché pagheranno tutto la Lombardia e il Veneto?

Questa settimana Marco Travaglio smonta due fake news per il 40esimo appuntamento della seconda stagione di ‘Balle Spaziali’, un programma realizzato in esclusiva per la piattaforma tv Loft (www.iloft.it e app Loft). Su piattaforma e app di Loft sono disponibili, sempre in abbonamento, anche le altre puntate.

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“Non si può più stare zitti di fronte alla criminalizzazione di chi aiuta le persone in difficoltà”. Con queste parole il cantante Elio, che ieri sera a Milano ha messo in scena “Il Flauto Magico” in occasione del venticinquesimo anniversario di Emergency (qui la diretta dell’evento), ha commentato la vicenda della nave Sea Watch: “Se mi avessero detto 25 anni fa che chi aiuta le persone in difficoltà sarebbe stato perseguibile, avrei risposto ‘ma tu sei scemo’ e invece lo scemo forse sono io perché è accaduto proprio questo”.

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“Non mi piace l’idea che la società sia come una giungla, l’idea del prima gli italiani o dell’America first è come quella di Hitler”. Dal palco del teatro del Verme di Milano dove si stanno celebrando i 25 anni di Emergency (qui la diretta dell’evento), il fondatore Gino Strada attacca la Lega e il suo leader Matteo Salvini: “La soluzione è fare piazza pulita di questo coacervo di fascisti e di coglioni di Salvini and company dunque spero che questo perché continuo a credere che gli italiani non siano così coglioni e così fascisti”.

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Una stretta all’evasione per gli affitti brevi e l’istituzione di un registro nazionale di tutte le strutture ricettive, comprese le case vacanza. Sono le novità introdotte da un pacchetto di emendamenti della maggioranza al Decreto Crescita per fermare i cosiddetti “furbetti” degli affitti brevi. Sono migliaia infatti i locatari che ogni anno affittano, in proprio o attraverso le piattaforme online come Airbnb o Homeaway, le loro seconde case o appartamenti senza però rispettare le regole. E l’estate, con il boom della locazione di breve e lungo periodo, è ovviamente la stagione in cui il fenomeno si verifica maggiormente. Il business secondo gli esperti del settore è in continua crescita. Sebbene alcune piattaforme prevedano il pagamento delle tasse già direttamente online al momento della prenotazione, in realtà sono ancora molti quelli che non corrispondono la cedolare secca all’Erario o l’imposta di soggiorno al Comune. Ma vediamo nel dettaglio quali sono le vecchie e le nuove regole per l’affitto di una casa vacanza.

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Milano, Gay Pride 2019: Palazzo Marino si illumina con i colori dell’arcobaleno

Oggi è il giorno della settima edizione del Pride nel capoluogo milanese: prevista la tradizionale parata per le vie del centro e un concerto finale in Corso Buenos Aires. Per celebrare l’evento, il palazzo sede dell’amministrazione si è trasformato



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La capitana della Sea Watch 3, Carola Rackete, ha deciso di entrare nel porto di Lampedusa nonostante la mancanza di autorizzazioni da parte delle autorità ed è stata arrestata per violazione dell’Articolo 1100 del codice della navigazione: resistenza o violenza contro nave da guerra, un reato che prevede una pena dai tre ai 10 anni di reclusione

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Terremoto Colle Val d'Elsa, due scosse avvertite nella notte

Poco dopo mezzanotte una prima scossa di magnitudo 2.6, seguita da un'altra un'ora dopo, di 3.2. Non sono arrivate segnalazioni di danni



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Sea Watch attracca a Lampedusa, arrestata la comandante Carola Rackete. FOTO

La nave della Ong ha violato di nuovo l'alt della Guardia di Finanza ed è entrata nel porto siciliano. La capitana è stata arrestata e messa ai domiciliari. I 40 migranti che si trovavano a bordo sono stati fatti sbarcare. GLI AGGIORNAMENTI



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Le Elite 85h sono l’ultimo modello arrivato nella line-up consumer di Jabra, andando ad ampliare una gamma dove tra auricolari true wireless e cuffie ad archetto mancava un modello bluetooth OverEar, e lo fanno portando un elaborato sistema di active noise cancellation.

Le ammiraglie di Jabra si presentano con un design che si distingue dai principali concorrenti, vedendo l’utilizzo di tessuto mesh per ricoprire le superfici esterne della parte flessibile dell’archetto e dei padiglioni auricolari, a contrasto con la copertura in similpelle delle parti interne (cuscinetti e interno dell’archetto) a contatto con il corpo dell’utilizzatore; la struttura estendibile rigida ed il supporto dei padiglioni si mostrano ben solidi in contrasto con quanto all’apparenza la plastica possa far pensare.

Durante l’utilizzo si sono rivelate molto comode, riuscendo a non pesare eccessivamente sulla testa ne a schiacciare troppo sulle orecchie; come tutte le cuffie over-ear simili però, con l’arrivare delle temperatura estive, causano un po di sudorazione nell’area a contatto con i cuscinetti.

Per le loro nuove cuffie Jabra ha studiato un avanzato sistema di cancellazione del rumore attiva supportato, tramite l’app,  dalla tecnologia SmartSound che permette di alternare automaticamente tra i tre settaggi che l’utilizzatore può preimpostare -chiamati Momenti- in base ai suoni circostanti (in privato, in pubblico, in viaggio), e da 4 microfoni (su un totale di 8 presenti sulle cuffie). Di per se durante la prova l’ANC si è comportanto abbastanza bene, filtrando in modo ottimo i rumori esterni, anche se ogni tanto il sistema automatico di SmartSound tende a farsi ingannare da alcuni  “falsi positivi” tra i suoni che percepisce.

Buona la qualità d’ascolto sia in Bluetooth sia usando il cavetto, anche se avremmo preferito dei bassi un po’ più marcati; l‘assenza di supporto ad aptX o LDAC non permette di fruire alla massima qualità tracce HiRes, ma se utilizzate i servizi di streaming musicale più comuni come Spotify, Apple Music o Google Play Music, che usano tracce molto più compresse, non incapperete in questo problema.

Le Jabra Elite 85h offrono una delle migliori esperienze di chiamata nel proprio segmento, sfruttando 6 degli 8 microfoni a bordo, con un’ottima qualità dell’audio in arrivo dal proprio interlocutore ed al contempo riuscendo a garantire una buona qualità della propria in uscita, riuscendo a filtrare parte dei rumori esterni (ad esempio del traffico). In chiamata è possibile attivare (e regolare) la riproduzione del suono esterno e della propria voce all’interno della cuffia, per combattere l’attenuazione della propria voce dovuto dall’indossare le cuffie.

Abbastanza semplici i controlli “standard” presenti sull’esterno del padiglione destro, che vede due pulsanti dedicati al volume/cambio brano – anche se avremmo preferito pulsanti separati onde evitare nel tenerli premuti per cambiare brano di alzare/abbassare il volume – ed uno alle azioni (rispondere/chiudere chiamate, mettere in pausa il brano etc). Sulla cornice posteriore del padiglione destro troviamo un pulsante dedicato a mutare il microfono o attivare l’assistente vocale, mentre su quella del padiglione sinistro trova posto un tasto che permette di attivare e disattivare l’ANC o di cambiare tra i “Momenti” di SmartSound. Ottimo plus il meccanismo che rileva se state indossando le cuffie, meccanismo che permette di mettere in pausa il brano in ascolto togliendo le cuffie e di riprenderlo semplicemente reindossandole.

Per migliorare la durata della batteria – già di per sé ottima ed in grado di ottenere prestazioni vicino alle 36h indicate dal produttore – Jabra ha reso molto semplice spegnere e accendere le cuffie, per farlo basta semplicemente ruotare i padiglioni tra la posizione utilizzata per l’ascolto e quella per tenerle appoggiate quando non in uso. Le Elite 85h per ricaricarsi utilizzano un cavetto USB-C, offrendo il supporto alla ricarica rapida (circa 15 minuti di ricarica offrono 1h di utilizzo), ed è possibile utilizzarle (anche connesse in bluetooth) durante la ricarica. Unico punto negativo, una volta scariche non è possibile utilizzarle nemmeno con il cavetto da 3,5mm.

Con le Elite 85h Jabra ha fatto un ottimo lavoro, avvicinandosi abbastanza ai principali competitor per quanto riguarda l’ascolto di musica ed offrendo una qualità di chiamata da prima della classe. Sono arrivate sul mercato con un prezzo di 299€, offrendo 3 colorazioni diverse (Beige/Gold, Blue Navy e Black/Titanium) ed una comodo custodia in tinta; il prezzo di lancio è inferiore a quello medio dei più recenti modelli di cuffie del medesimo segmento di altri produttori, ma pari al loro prezzo medio attuale.

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Un mese fa lo scandalo Csm: da Palamara all'autosospensione di Lotti

Il 29 maggio la notizia dell'indagine della procura di Perugia nei confronti dell'ex presidente dell'Anm Luca Palamara sollevava il velo su veleni e guerre nella magistratura italiana, innescando dimissioni a catena. E lasciando aperto il quesito su una riforma del Csm 



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組合は強さ, che sarebbe “l’unione fa la forza” in lingua giapponese. I colossi dell’auto nipponica hanno deciso di unire le forze per una nuova alleanza volta a sviluppare le tecnologie di guida autonoma ed i servizi di mobilità.

Una joint venture da 23 milioni di euro a cui avevano dato vita, lo scorso autunno, Toyota e il gigante dell’hi-tech Softbank: prende il nome di “Monet Technologies” e ora annovera sotto il suo cappello anche Mazda, Suzuki, Subaru, Daihatsu e Isuzu. Va detto, però, che quasi tutti questi costruttori ruotano attorno a Toyota (è il caso di Subaru) o hanno già degli accordi commerciali in essere con l’azienda (Mazda e Suzuki), la principale del paese per quanto concerne la produzione automotive.

Nell’elenco di Monet Technologies, che rimane aperta a chiunque voglia farne parte, rientra anche la Honda – che detiene il 10% del capitale – e la Hino Motors (opera nel campo dei mezzi industriali), proprietaria di un altro 10% grazie a una quota da 2,32 milioni di euro. I nuovi soci, invece, investiranno ciascuno circa 465 mila euro in cambio di circa il 2% del capitale, mentre Softbank e Toyota rimarranno i principali azionisti, con fette rispettivamente del 35,2% (pari a 8,2 milioni di euro) e del 34,8% (8,11 milioni di euro).

Quindi, la joint-venture in questione rappresenta 8 produttori che insieme fabbricano il 75% delle auto vendute in Giappone. Già nel 2017 la Toyota aveva iniziato a tessere la tela delle sue partnership tecnologiche per lo sviluppo dell’elettromobilità, a cominciare con Mazda e Denso, uno dei principali produttori della componentistica made in Japan.

Grandi assenti in Monet sono, invece, Nissan e la sua controllata Mitsubishi, che fanno parte dell’Alleanza con i transalpini di Renault e hanno avviato una collaborazione con Waymo, subordinata di Alphabet (la holding che possiede pure Google) dedita allo sviluppo delle auto col pilota automatico. In compenso, lo scorso anno sempre la Toyota aveva creato un consorzio insieme a Nissan e Honda per la distribuzione di idrogeno alle auto con pile a combustibile. E in essere ci sono anche gli accordi con i “gaijin” (gli stranieri) di BMW, gruppo PSA, Uber e Amazon.

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Dopo due settimane in mare, dopo il salvataggio di 15 giorni fa, i migranti recuperati dalla Sea Watch sono stati fatti sbarcare a Lampedusa. Ma l’attracco in banchina dopo tre giorni al largo dell’isola è è avvenuto di nuovo con la forzatura del divieto, uno sfondamento del blocco che le autorità italiane mantenevano anche dopo l’accordo con 5 Paesi europei per la redistribuzione dei 40 migranti. Così l’attracco è coinciso non solo con il sequestro dell’imbarcazione da parte di Finanza e polizia, ma anche con l’arresto della comandante della nave gestita dalla ong tedesca, la 31enne Carola Rackete, accusata di resistenza o violenza contro nave da guerra, reato che prevede una pena dai 3 ai 10 anni di reclusione. Si tratta della violazione dell’articolo 1100 del codice della navigazione, contestata dalla Guardia di Finanza. Già due giorni fa, quando la Sea Watch era entrata in acque territoriali diretta a Lampedusa, aveva “disobbedito” all’ordine della Finanza di fermarsi. L’arresto, tecnicamente, è in flagranza e quindi potrebbe essere trasferita prima nel carcere di Agrigento e poi processata per direttissima. Secondo l’Ansa alla Rackete potrebbe essere contestato anche il tentato naufragio proprio della motovedetta dei finanzieri, speronata dalla nave durante la manovra di attracco.

Il ministro dell’Interno Matteo Salvini ha commentato: “Comportamento criminale della comandante della Sea Watch, che ha messo a rischio la vita degli agenti della Guardia di Finanza. Ha fatto tutto questo con dei parlamentari a bordo tra cui l’ex ministro dei trasporti: incredibile”.

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Viareggio, 10 anni fa la strage nella quale morirono 32 persone. LA FOTOSTORIA

Intorno alle 23.50 del 29 giugno del 2009 un treno merci con 14 vagoni carichi di cisterne di gpl esplode dopo essere deragliato nei pressi della stazione toscana. Nell’incidente perdono la vita 14 persone subito e 18 nei giorni successivi. VIDEO



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Sea Watch a Lampedusa, sbarcati i migranti. Arrestata capitana. LIVE

Carola Rackete deve rispondere per violazione dell'articolo 1100 del codice della navigazione. GLI AGGIORNAMENTI IN TEMPO REALE 

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Lo scoppio

Il Ponte Morandi non c’è più. Ore 9.37: esplose le pile 10 e 11

500 chili di dinamite – 3.400 le persone evacuate Ci sono il sindaco Bucci e il governatore Toti Tra i due vicepremier è il gelo, ma “oggi siamo qui per la città”

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La Sacra Famiglia di

E niente, in questa valle di lacrime non si fa che piangere a dirotto. Avevamo appena finito di commuoverci per i caldi abbracci e i teneri petting dei vincitori olimpici a Losanna, sublimati in liriche corali da Francesco Merlo, il Pindaro di Repubblica. E, quando i cigli erano ormai asciutti, ci siamo ricascati. È stato […]

Sea Watch

La capitana sarà interrogata. 5 Paesi Ue per l’accoglienza

I 40 profughi ancora a bordo della nave davanti a Lampedusa Carola indagata per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina

La provocazione

Un’idea per zittire Salvini: quotare in Borsa SeaWatch

I 43 morti di Genova e i 42 migranti

l’intervista – L’ex ministro Minniti

“Emergenza creata ad arte, io l’avrei risolta in 5 minuti”

“I flussi si governano con corridoi e quote, non con la faccia feroce”

Commenti

the winner is

Morgan rifugiato di Sgarbi: quando lo sfratto è benefico

Non tutti gli sfratti vengono per nuocere. Quello di Morgan dalla sua villetta oltre a rappresentare un caso limite di quanto poco la legge italiana tuteli i padri separati (si crede così di preservare la sacra famiglia, ma spesso si ottiene l’effetto contrario), ha prodotto un fatto nuovo, italianissimo. Siamo pur sempre nel Paese dove […]

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È alle porte la grande invasione degli invisibili

“Il futuro dell’Europa sarà nei prossimi decenni un futuro d’immigrazione” (da “Aiutateci a casa nostra” di Nicola Daniele Coniglio – Laterza, 2019 – pag. 12) Nello “scontro mediatico” sull’immigrazione – come lo chiama il sindaco di Lampedusa, Totò Martello, segnalando il fatto che si parla della questione quando si tratta delle navi delle Ong mentre gli sbarchi […]

Carola-Antigone è nel torto, ma ha ragione

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