L'inchiesta sulla pirateria digitale della Procura di Bari ha avuto un primo effetto concreto: Telegram ha infatti bloccato 20 dei suoi canali attraverso i quali venivano diffuse illecitamente copie pirata di giornali, riviste e libri. Lo ha comunicato la stessa società che gestisce l'applicazione di messaggeria istantanea con una mail inviata alla Procura del capoluogo pugliese in risposta al provvedimento di sequestro preventivo di urgenza notificato in precedenza dalla Guardia di Finanza. “Grazie per la comunicazione - ha replicato la società – abbiamo bloccato tutti i canali della vostra lista”.
Il ruolo di Telegram
In fase di esecuzione del sequestro, la Procura aveva precisato che "non vi sono elementi per poter affermare che i rappresentanti legali di Telegram siano consapevoli dei contenuti illeciti dei canali indicati", ma "dal momento che vi sia stata conoscenza del provvedimento, saranno consapevoli della eventuale prosecuzione dei reati, con le possibili ovvie conseguenze". Un messaggio chiaro, che ha portato a questa tempestiva reazione di Telegram.
Le dimensioni del fenomeno
Stando alle stime della Procura di Bari, questa diffusione illecita dei contenuti avrebbe causato al settore dell'editoria danni per circa 670mila euro al giorno (250 milioni di euro all'anno), con più di 580mila utenti - non identificabili, come gli amministratori dei singoli canali - che quotidianamente scaricavano gratuitamente romanzi, testi universitari, giornali e riviste. L'indagine si è svolta praticamente sotto copertura: per individuare l'elenco dei canali incriminati, infatti, un finanziere si è iscritto all'applicazione Telegram e, spacciandosi per lettore, si è virtualmente unito a 21 canali scoperti dopo una ricerca con parole chiave come "edicola", "riviste" e "libri", accedendo così ai contenuti digitali piratati.
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