aprile 2019

Il gup di Bari Francesco Agnino ha condannato a pene comprese tra i 20 anni e i 3 anni di reclusione, accogliendo interamente le richieste dell’accusa, i nove imputati ritenuti responsabili dei quattro agguati, tutti aggravati dal metodo e dalle finalità mafiose, commessi a Bitonto il 30 dicembre 2017 nella guerra tra i clan Conte e Cipriano. Tra questi anche quello che costò la vita, per errore, alla 84enne Anna Rosa Tarantino che si trovò casualmente per strada sulla linea di fuoco dei sicari.

“Penso che oggi sia stata fatta giustizia, ma un giorno pagheranno anche la giustizia di Dio” ha detto Francesco Calamita, nipote della signora Tarantino, lasciando il Tribunale dopo la lettura del dispositivo, le cui motivazioni si conosceranno tra 60 giorni. Sconteranno 20 anni il presunto boss Domenico Conte, ritenuto il mandante del delitto in cui venne uccisa Tarantino, e i suoi affiliati Alessandro D’Elia e Cosimo Liso. Gli esecutori materiali, Michele Sabba e Rocco Papaleo, entrambi divenuti collaboratori di giustizia, sono stati condannati a 14 anni di reclusione. Condanne tra i 6 e 8 mesi e i 5 anni e 8 mesi sono state inflitte a Francesco Colasuonno, Benito Ruggiero e Rocco Mena, esponenti del clan rivale dei Cipriano. Infine Michele Rizzo, accusato di aver minacciato i familiari di un pregiudicato perché non collaborasse con gli inquirenti, è stato condannato a 3 anni di reclusione. Il giudice ha riconosciuto i risarcimenti danni alle parti civili, il Comune di Bitonto, l’associazione Antiracket e i familiari della signora Anna Rosa Tarantino, concedendo provvisionali immediatamente esecutive tra i 20mila e i 100mila euro.

Alla lettura del dispositivo, nell’aula bunker di Bitonto al termine di un processo celebrato con il rito abbreviato, hanno assistito tutti gli imputati, tra i quali anche  Conte, alcuni familiari della vittima e i tre magistrati della Dda di Bari che hanno coordinato le indagini, l’aggiunto Francesco Giannella e i sostituti Ettore Cardinali e Marco D’Agostino. All’origine dello scontro ci fu la rivalità per la gestione delle piazze di spaccio e il tradimento di alcuni sodali passati al clan rivale.

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Joe Biden domina i sondaggi tra i democratici. Secondo l’ultima rilevazione della Cnn, l’ex vicepresidente – candidatosi qualche giorno fa per le presidenziali 2020 –  raccoglie il 39% delle preferenze staccando di oltre 20 punti l’avversario più diretto, il senatore Bernie Sanders, fermo al 15%. Il consenso di Biden cala però tra i giovani (31%) e i bianchi (29%). Terza è la senatrice Elizabeth Warren (8%).

Tra gli outsider il migliore è Pete Buttigieg (7%), gay e cristiano sindaco di South Bend, Indiana. A seguire il texano Beto O’Rourke (6%) – membro della Camera dei rappresentanti – e la senatrice Kamala Harris (5%). Il 64% delle persone intervistate afferma tuttavia che potrà ancora cambiare idea su chi votare.
Intanto nelle ultime settimane è stata ventilata anche l’ipotesi di un ticket tra Joe Biden Stacey Abrams, pasionaria democratica che nelle elezioni Usa di metà mandato in Georgia ha sfiorato l’impresa di diventare la prima governatrice nera dello stato del sud-est. L’avvocato georgiano ha annunciato intanto che nel 2020 non correrà per il Senato.

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Da ormai sei anni, a Taranto, è tradizione festeggiare il primo maggio con il “contro-concertone”. Anche quest’anno il palco del Parco Archeologico delle Mura Greche farà da megafono a idee, riflessioni e battaglie sociali. “Chi pensa di averci in pugno sappia che i pugni abbiamo appena cominciato a stringerli” è il titolo di questa edizione, organizzata dal Comitato Cittadini e Lavoratori Liberi e Pensanti con la collaborazione dei direttori artistici Diodato e Roy Paci.

Sarà data voce alle realtà impegnate nella difesa dei territori e in prima fila per la tutela dei diritti universali, ma senza dibattiti politici. Per questo saliranno sul palco i rappresentanti di No Tav e No Tap, i ragazzi di Stop Biciodio che si battono contro la devastazione ambientale della terra dei fuochi, gli organizzatori della manifestazione che chiede la chiusura dell’ex Ilva con la riconversione economica del territorio di Taranto, le mamme No Pfas del Veneto che si battono contro l’inquinamento delle falde acquifere.

Seppur in collegamento, interverrà anche Ilaria Cucchi: spetterà a lei raccontare gli anni difficili vissuti per rendere giustizia a suo fratello Stefano. Si collegherà da Riace il sindaco Mimmo Lucano, diventato il simbolo dell’accoglienza dei migranti, mentre dalla Sicilia arriverà la testimonianza di Pietro Marrone, il pescatore della nave Mare Jonio della Ong Mediterranea che ha soccorso e salvato 49 migranti in acque libiche finendo per essere indagato per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

Ma sarà la musica a fare da collante durante alla lunga giornata condotta dalla giornalista Valentina Petrini con Valentina Correani e Andrea Rivera. Saranno sul palco, a partire dalle 14 e fino a mezzanotte: Max Gazzè, Elio, Malika Ayane, Vinicio Caposela, ma anche Bobo Rondelli, Bugo, Cor Veleno, Colle der fomento, Andrea Laszlo De Simone, Dimartino, Epo, Tre Allegri Ragazzi Morti. Se a Roma ci sarà Noel Gallagher, a Taranto ecco gli Oesais, ovvero il duo – rigorosamente in dialetto – composto da Emilio Solfrizzi e Antonio Stornaiolo che proporrà la parodia dei fratelli Gallagher.  “La scaletta? Non l’avrete mai”, dicono gli organizzatori. A trasmettere l’evento saranno le emittenti locali Canale 85 e Antenna Sud (al canale 13), oltre alle pagine Facebook delle rispettive emittenti.

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Cancrus“. Questa la maledizione lanciata dal presidente del Molise Donato Toma (Forza Italia) al consigliere M5s Andrea Greco durante la discussione sul bilancio, nella seduta del consiglio regionale del 29 aprile. Il video dell’episodio è stato postato sulla pagina facebook dello stesso consigliere pentastellato, che ha commentato così: “Oggi in aula è accaduto un episodio davvero spiacevole, fuori da ogni forma di buon senso e di rispetto. In questo video potete ascoltare cosa mi ha detto il presidente Toma e come ho replicato. Solo dopo qualche ora sono riuscito a rispondere, perché ci sono parole che non ti aspetti da nessun essere umano e che non penseresti mai di dire, nemmeno al peggior nemico. Non aggiungo altro perché in questo video, che deve servire solo a capire come sono andate le cose e a evitare strumentalizzazioni, è tutto molto chiaro. Intanto ringrazio tanti di voi che in queste ore mi hanno scritto parole di vicinanza”.

Dopo il siparietto il consigliere del Pd Vittorino Facciolla ha chiesto una sospensione per consentire di chiarire la questione in conferenza dei capigruppo. Toma, a porte chiuse, avrebbe chiesto scusa a Greco parlando di fraintendimento.

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“Ancora uno stupro, il carcere non basta. Sabato e domenica in tutte le piazze d’Italia la Lega raccoglierà firme a sostegno della sua proposta di legge per introdurre la castrazione chimica (oltre al carcere) per curare pedofili e stupratori“. Questo l’annuncio del segretario della Lega e vicepremier Mattero Salvini dopo l’arresto di due esponenti di CasaPound per la violenza sessuale ai danni di una donna di 36 anni. 

Cos’è la castrazione chimica e quali paesi la usano
La proposta di legge della Lega prevede di modificare l’articolo 165 del codice penale, prevedendo la possibilità di ottenere una sospensione condizionale della pena a patto che il condannato si sottoponga a trattamenti farmacologici inibitori della libido. La somministrazione non sarebbe quindi obbligatoria ma volontaria, tramite consenso informato. L’obbligatorietà di un simile trattamento sarebbe contraria all’articolo 27 della Costituzione, che afferma che “le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”. I farmaci in questione inibiscono la produzione del testosterone e ci sono dubbi sulla loro reversibilità. Attualmente, la castrazione chimica è prevista  – seppur con notevoli limitazioni e vincoli – in 13 paesi europei, per lo più in Europa del nord. Nonché in otto stati statunitensi, in Argentina, Australia, Nuova Zelanda e Israele. In Europa, la pratica è intesa come un’opzione per i condannati, piuttosto che una pena. Soltanto in Polonia la castrazione chimica è obbligatoria, ma esclusivamente per i colpevoli di stupro di minorenni e di parenti.

Le reazioni politiche in Italia
Sul tema, un cavallo di battaglia del Carroccio da anni, le forze politiche hanno ribadito la loro posizione. “Il vicepremier Salvini sta alzando la solita cortina fumogena per coprire il nulla di fatto come ministro dell’Interno”, ha detto la senatrice del Partito democratico Valeria Valente, presidente della Commissione sul femminicidio, che aggiunge: “Questa volta si tratta di un’iniziativa sbagliata, tutta ai danni delle donne. La castrazione chimica, che peraltro non potrebbe che essere volontaria, non è lo strumento per reprimere e prevenire la violenza di genere e il leader del Carroccio lo sa benissimo”. Diversa la posizione di Daniela Santanchè di Fratelli d’Italia: “Finora da Matteo Salvini sono giunte soltanto chiacchiere buone per la campagna elettorale. Infatti, se la Lega non avesse bocciato i nostri emendamenti al decreto sicurezza sulla castrazione chimica, avremmo da tempo nel nostro ordinamento questa pena”. Anche la ministra della Difesa Elisabetta Trenta, è critica: “Trovo inadeguato che si usi una delle paure più grandi che una donna può avere per fare campagna elettorale, anche perché la misura sulla castrazione chimica proposta dalla Lega non andrebbe a colpire gli stupratori visto che sarebbe su base volontaria”.

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Sperava di partecipare alla manifestazione di Forza Italia con i candidati alle elezioni europee prevista per il pomeriggio a Villa Gernetto, ma Silvio Berlusconi rimarrà ricoverato al San Raffaele anche per la notte. L’ex Cavaliere è stato portato nell’ospedale milanese in ambulanza questa mattina a causa di una colica renale acuta, ed “è stato sottoposto a terapia antalgica”. A riferirlo è stata la senatrice Licia Ronzulli, proprio a margine dell’incontro a Villa Gernetto. “Sta benissimo, parla al telefono e coordina. Ha provato a venire qui, ma Alberto Zangrillo (suo medico personale e primario di Terapia intensiva cardiochirurgica dell’ospedale, ndr) è stato categorico”, ha aggiunto. A quanto apprende l’AdnKronos, è stato sottoposto a esami diagnostici, le sue condizioni non sono preoccupanti, ma per lui si prospetta un Primo maggio da ricoverato.

Berlusconi, fanno sapere da Forza Italia, ha telefonato al vicepresidente Antonio Tajani e lo ha rassicurato sulle sue condizioni di salute ma lo ha informato che i medici gli hanno impedito di presenziare alla presentazione dei candidati “nonostante lui abbia insistito”. Il leader di Fi, nell’intervento che intendeva fare alla presentazione dei candidati azzurri poi distribuito ai giornalisti, sottolinea che “i sovranisti, a cominciare dalla Lega, anche se in Italia avranno un buon risultato elettorale in Europa saranno isolati e conteranno poco o nulla. Il voto a loro non è un voto utile, come non lo è quello al Pd, che ha dimostrato di non saper o voler interpretare il cambiamento e in tutti questi anni è stato il difensore dello status quo europeo”. Le prossime ore al San Raffaele saranno di riposo totale per Berlusconi, che ha ricevuto la visita del fratello Paolo.

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Dopo ritardi e rinvii, l’Aula della Camera ha approvato l’istituzione di una Commissione monocamerale di inchiesta sulla morte di Giulio Regeni. In favore del varo della Commissione hanno votato tutti i gruppi tranne Forza Italia che si è astenuta, dopo la bocciatura di un proprio emendamento. I sì sono stati 379, gli astenuti 54. Un lungo applauso dell’Aula ha salutato l’approvazione. Ieri, al momento dell’inizio della discussione sul tema, erano presenti appena 19 deputati.

La Commissione, composta da 20 deputati, ha il compito di “raccogliere tutti gli elementi utili per l’identificazione dei responsabili della morte di Giulio Regeni nonché delle circostanze del suo assassinio”. Sulla definizione dei compiti ci sono state varie riscritture del testo: la proposta di Leu affermava che esso consisteva nell’”accertare le responsabilità relative alla morte di Giulio Regeni nonché i moventi e le circostanze del suo assassinio”; poi il testo portato in Aula parlava di “chiarire le responsabilità e le circostanze che hanno portato alla morte di Giulio Regeni”; in Aula è stato approvato un emendamento di Forza Italia (prima firma Pierantonio Zanettin) con la dicitura definitiva. Respinto invece un altro emendamento di Fi che esplicitava tra i compiti quello di indagare anche “le possibili connessioni” tra la morte del ricercatore italiano “con l’attività di ricerca in ambito accademico effettuata dallo stesso”. La bocciatura dell’emendamento ha spinto Forza Italia ad astenersi nel voto finale.

La Commissione di inchiesta in ogni caso dovrà “verificare fatti, atti e condotte commissive e omissive che abbiano costituito o costituiscano ostacolo, ritardo o difficoltà per l’accertamento giurisdizionale delle responsabilità relative alla morte di Giulio Regeni, anche al fine di valutare eventuali iniziative normative per superare, nel caso di specie e per il futuro, simili impedimenti, nonché per incrementare i livelli di protezione delle persone impegnate in progetti di studio e di ricerca all’estero, in funzione di prevenzione dei rischi per la loro sicurezza e incolumità”.

La Commissione, che avrà gli stessi poteri della magistratura dovrà concludere entro 12 mesi la propria inchiesta, con una relazione, ma essa potrà riferire alla Camera “anche nel corso dei propri lavori, ove ne ravvisi la necessità o l’opportunità”.

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“Un’associazione in grado di sostituirsi alla pubblica amministrazione, sottraendo alla stessa il controllo del commercio ambulante di Roma“. Viene definita così nell’informativa agli atti quella messa in piedi dalle 40 persone finite nell’inchiesta sul racket delle postazioni dei camion bar e degli ambulanti coordinata dal pm Antonio Clemente, indagate per associazione per delinquere finalizzata all’induzione a dare o promettere utilità, falso ideologico ed estorsione. Tra queste Dino e Mario Tredicine, esponenti dell’omonima stirpe di ambulanti, che avevano messo nel mirino il bersaglio grosso: il Capodanno 2019 al Circo Massimo. A decidere l’assegnazione delle postazioni all’interno del Comune, secondo gli inquirenti, erano un funzionario e dell’VIII dipartimento Alberto Bellucci e un dipendente, Fabio Magozzi.

La vicenda ruota attorno al bando pubblicato il 14 dicembre dal Campidoglio per la gestione delle attività di ristoro in occasione della festa di fine anno organizzata al Circo Massimo. L’avviso pubblico – si legge nell’informativa del Nucleo di polizia valutaria della Finanza e del X gruppo della Muncipale – suscita presso la famiglia di ambulanti abruzzesi elevato interesse”. Alfiero Tredicine, che non risulta indagato, pretende che Bellucci si adoperi per permettergli di entrare con i suoi camion nell’area ai piedi del Palatino. Il funzionario dice di non poter fare nulla e Tredicine si spiega con maggiore chiarezza: “Io voglio l’ordinanza, te l’ho spiegato già l’altra volta”.

Il 19 dicembre il capo degli ambulanti diventa ancora più esplicito: “Tredicine rivolgendosi a Bellucci – si legge nell’informativa – arriva a minacciarlo qualora il dipartimento VIII avesse dato seguito al bando pubblico”. Occorre “trovare una soluzione, che la cosa non finisce qui, perché – prosegue – c’è gente che ha pagato 3mila euro a postazione“. Alfiero, infuriato, si dice pronto a “inviare una diffida con richiesta di danni” e sostiene anche che avrebbe denunciato in procura il racket delle licenze. “Vai vai! – urla – Adesso il direttore blocca ‘sta roba se no succede una guerra di Dio… basta, ho detto che blocca tutto“.

La situazione sembra risolversi, ma non in favore di Alfiero bensì di suo fratello Dino, che ha vinto il bando e il 27 dicembre telefona a Bellucci per comunicargli, intercettato, di essere riuscito ad avere i posti: “Dentro al Circo Massimo, Albe’, ce stanno tutti i camion mia“.

Ma i Tredicine, a quanto emerge dalle intercettazioni, non si accontentano delle piazzole: puntano alla politica. Almeno a quanto racconta Dino Tredicine allo stesso Bellucci: “Io tanto me
candido, adesso ho fatto un partito, io c’ho un partito costruito, civico, romano e anche europeo dal 2008. Ce lo abbiamo costruito, mo lo tiriamo fuori. Stiamo a fa’ i post, tanto uno spende i soldi,
una cinquantina de mila euro: movimento civico romano“.

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Bisogna concentrarsi “sui dati e sulle nostre misure“, che “sono più importanti delle singole dichiarazioni“. Da Tunisi, durante la conferenza congiunta con il premier Youssef Chahed, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte commenta i dati incoraggianti sulla crescita del Pil italiano nel primo trimestre 2019. Ma è l’occasione anche per invitare i colleghi del governo e i due partiti di maggioranza a cambiare in parte atteggiamento, al di là della “dialettica” che è “normale tra due diverse forze politiche”. Allo stesso tempo il premier ricorda che “il governo è assolutamente compatto e determinato per evitare l’incremento dell’Iva“.

“L’Italia torna a crescere e questo ci conforta molto, per la manovra economica realizzata e la bontà delle misure adottate. Inoltre, va considerato che le difficoltà del contesto internazionale e il fatto che non siano ancora considerati gli effetti delle nuove misure. Questo ci fa essere ottimisti“, esordisce Conte. Che poi aggiunge: “Dispiace quando il dibattito politico, trascurando 45 capitoli molto importanti, si concentra su una singola misura di un provvedimento, nello specifico il cosiddetto ‘Salva Roma‘”. In questo senso il premier invita a concentrarsi “sui dati e sulle nostre misure”, piuttosto che sulle “singole dichiarazioni”.

Il presidente del Consiglio commenta anche l’Atto di indirizzo per le politiche fiscali 2019-2021 firmato oggi dal ministro Giovanni Tria, condividendo quello che è stato indicato come obiettivo principale: “Dobbiamo in prospettiva aumentare il livello di contrasto a evasione ed elusione fiscale”, ha ribadito in conferenza da Tunisi. Stoppando invece sul nascere un eventuale dibattito sulla flat tax, rilanciato dal vicepremier Matteo Salvini: “Non è il momento di parlare di riforma fiscale, la vogliamo fare ma nei prossimi mesi abbiamo una manovra da affrontare”, ha risposto Conte.

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“L’aitante giovane che aveva conquistato il mio cuore si chiamava Lorenzo Coppi. Anche io sono stato ‘Pamela Prati’“. A rivelarlo a sorpresa è Alfonso Signorini al Maurizio Costanzo Show che andrà in onda giovedì in seconda serata. Il direttore di “Chi” ha confessato di esser stato ingannato anche lui da Pamela Perricciolo, manager dell’ex star del Bagaglino ora al centro dei gossip per il suo matrimonio con il controverso Mark Caltagirone, che molti sospettano non esistere. “Diceva di vivere e lavorare ad Haiti. Io mi sono lasciato andare. Ho abbandonato le mie difese. In un secondo momento, quando ero disposto a raggiungerlo, lo volevo vedere, sul mio Facebook arriva il messaggio di tale Donna Pamela….che oggi è la manager della Prati. Cerco Lorenzo e lei mi fa parlare con lui ma era una voce da donna. Ci sono cascato anche io. E lo dico a malincuore”, ha spiegato Signorini.

Lorenzo Coppi si chiamava anche il fidanzato “fantasma” di Sara Varone, ex soubrette di “Buona Domenica“, che in un’intervista al settimana Oggi aveva raccontato di essersi innamorata di quest’uomo inesistente dietro al quale si celavano in realtà le due manager Pamela Perricciolo e Eliana Michelazzo.

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Botta e risposta serrato a 24 Mattino (Radio24) tra i conduttori della trasmissione, Maria Latella e Oscar Giannino, e il vicepresidente di Casapound, Simone Di Stefano, sulla vicenda dei due militanti del movimento di estrema destra, arrestati con l’accusa di violenza sessuale di gruppo di cui è stata vittima una donna di 36 anni. I due, di cui uno consigliere comunale di Vallerano (Viterbo), sono stati espulsi dal movimento.

Latella chiede al politico il motivo per cui il consigliere comunale di Casapound, Francesco Chiricozzi, rinviato a giudizio per il pestaggio di un giovane di Vallerano Paolo Evangelistella, che aveva postato su Facebook una vignetta ironica su Casapound, non era stato a suo tempo mandato via dal movimento.

“Purtroppo di episodi di violenza spicciola sul territorio ne capitano tanti – risponde Di Stefano – “Ieri c’è stata una manifestazione a Milano in cui si è permesso a delle persone di andare in giro con caschi e mazze al fine di impedire la commemorazione di un ragazzo ucciso a colpi di chiave inglese dai comunisti della Milano degli anni ’70”.

Latella ribatte: “Io le ho chiesto un’altra cosa. E’ molto semplice buttare la palla dall’altra parte del campo“. La giornalista ripete la domanda, insistendo sul senso di impunità di Chiricozzi, che nel 2017, nonostante il violento pestaggio di gruppo a cui partecipò ai danni di Evangelistella, non fu espulso da Casapound.
Di Stefano insiste: “Non può mettere sullo stesso piano quei due episodi, uno di una gravità estrema come lo stupro e un altro che è una scaramuccia sul territorio”.
“Infatti non li metto sullo stesso piano”, replica Latella.

Il segretario di Casapound continua: “Il pestaggio è ancora in attesa di giudizio, per cui non rientra nella nostra responsabilità. I due sono stati immediatamente allontanati e il consigliere comunale è stato costretto alle dimissioni. Quello che Casapound poteva fare lo ha fatto. Di episodi di scaramucce sul territorio è piena l’Italia, perché, ahimè, esiste anche una controparte politica violenta che con mazze, caschi e bastoni pensa di poter sopprimere la voce di un partito che, invece, si candida regolarmente alle elezioni, mentre gli altri non lo fanno”.
E ribadisce: “Il nostro è stato fatto nella maniera più rapida e più giusta, anche magari rispetto ad altri partiti che invece tentennano un pochettino. Ricordo che 10 anni fa Roma fu funestata da uno stupratore seriale, che andava a violentare le ragazze nei garage. E poi si scoprì che era un dirigente del Pd, addirittura responsabile di una sede di partito. Non ricordo che all’epoca ci fu la stessa solerzia che si ha con noi”.
Giannino e Latella controbattono: “Questo non significa che, in questo caso, non bisogna averla”.

Il conduttore poi elenca alcuni dati relativi a Casapound: “Dal 2011 al 2016, sulla base di una relazione del ministero dell’Interno sulla vostra organizzazione, risultano 20 arrestati e 359 denunciati per violenze, rapine, detenzione illegali di armi, attentati incendiari, lesioni a pubblico ufficiale. Qualcuno è indagato per rapina a banda armata“.

Di Stefano smentisce quei dati e aggiunge: “Tra tutte quelle denunce bisogna poi vedere cosa si tramuta in condanna. La verità è che noi operiamo sui territori, mentre dall’altra parte c’è un nemico che non ha volto, è impunito e può fare quello che vuole. Parlo ovviamente del mondo dei centri sociali, dell’antagonismo, dell’antifascismo militante, di tutta questa bella gente qua, che, ogni volta che Casapound apre una sede e prova a fare politica secondo le regole, pensa che con la violenza possa chiudere le nostre sedi e sopprimente i nostri militanti. Purtroppo viviamo uno scontro che noi non vorremmo, ma poi ben sapete che cosa è il mondo dei No Tav e dei centri sociali. Sono abbastanza famosi per quello che fanno. E comunque abbiamo sempre meno condanne e meno indagati del Pd“.

Si scatena una nuova polemica con Maria Latella, che rimprovera al politico lo svicolare dall’argomento principale.
Nel prosieguo dell’intervista, Di Stefano auspica castrazione chimica e lavori forzati per i due militanti di Casapound, in caso di condanna.

Terminato il collegamento telefonico con il segretario di Casapound e dopo la pausa pubblicitaria, Giannino commenta amaramente: “Non è un grande divertimento fare queste interviste. Uno cita la relazione del Viminale e tu mi rispondi che quei numeri non valgono. Poi mi dici che c’è una guerra col nemico. Ma cosa c’entra con tutto questo? A volte, mi vien voglia di prendere l’astronave. Lo so, è sbagliato. Quindi, bisogna incalzare, incalzare, incalzare. Il problema, però, è il rimbalzare”.

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Hanno contestato la versione della vittima e spiegato che il rapporto sessuale era consenziente e non si è trattato di stupro. Francesco ChiricozziRiccardo Licci, i due militanti di CasaPound – che ieri sono stati espulsi dal movimento di estrema destra – hanno risposto alle domande del gip durante gli interrogatori di garanzia, dopo essere stati sottoposti ieri a misure cautelari per la violenza sessuale avvenuta la notte del 12 aprile al pub Old Manners. Il giudice ha ora cinque giorni di tempo per decidere se convalidare o meno l’ordinanza di custodia in carcere.

Sono stati incastrati dai video girati col cellulare dagli stessi arrestati, che testimoniano gli abusi nei confronti di una 36enne anche lei simpatizzante di destra. Filmati che, ha spiegato il procuratore capo di Viterbo Paolo Auriemma, “ci hanno dato elementi di prova sufficienti”. Inoltre, ha specificato che “gli elementi di prova sono solidi” e ha parlato di “aggressività” verso la vittima visto che si contestano “anche “le lesioni oltre che la violenza sessuale”. Per quanto riguarda le indagini il procuratore sottolinea la “rapidità coniugata all’essenzialità” – che ha portato agli arresti – oltre al rispetto della vittima. Per gli avvocati dei due però (Marco Mazzatosta, avvocato di Licci, insieme a Giovanni Labate, legale di Francesco Chiricozzi e a Domenico Gorziglia, difensore di entrambi), gli arrestati “non hanno filmato tutto” e “i filmati non sono esplicativi di tutto quello che è successo”.

“I nostri assistiti – hanno proseguito – non sono i mostri che vengono descritti. Sono addolorati per quello che è avvenuto. Sicuramente hanno valutato in maniera errata una situazione”, dicono gli avvocati, ribadendo che la ricostruzione degli accusati “è divergente da quella proposta dalla procura. Abbiamo dato spunti probatori alla procura e ora aspettiamo con fiducia la decisione”, aggiungono i difensori, secondo cui la 36enne nella denuncia ha fornito “una versione generica e confusa”. A fronte dei referti medici che attestano le violenze, il legale ha poi aggiunto che “possono essere giudicati con la versione che abbiamo dato oggi”.

In seguito Mazzatosta ha anche sottolineato che le “lesioni non sono compatibili solo con un’eventuale violenza, sono lesioni compatibili anche con un rapporto ad esempio su una superficie rigida”.  Pur ammettendo che “ci sono delle prove che c’è stato un rapporto”, i legali hanno aggiunto: “Sicuramente vi è stata una situazione particolare, con due ragazzi di 19 e 20 anni che hanno avuto un rapporto che hanno interpretato come consenziente da parte della persona offesa per una serie di tanti elementi che oggi non possiamo spiegare perché le indagini sono in corso”.

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Mia nonna mi ha insegnato l’autoerotismo perché voleva farmi capire che quel piacere era per me. Non voleva che cadessi nelle mani di un uomo e, se mi dava piacere, pensare che fosse lui a darmelo. Me l’ha insegnato a nove anni!”. A rivelarlo è Jada Pinkett Smith, la moglie dell’attore americano Will Smith, che ha deciso di raccontare alcuni dettagli molto intimi del suo passato nell’ultimo episodio del suo Facebook Watch series, “Red Table Talk”. “Penso di aver avuto una vera e propria dipendenza da sesso quando ero più giovane. Come se tutto potesse essere sistemato con il sesso”, ha confessato l’attrice.

A 17 anni ho iniziato ad avere orgasmi multipli – ha continuato a raccontare. Era un periodo di esplorazione per me e di astensione dagli uomini. In realtà credo di aver vissuto una specie di dipendenza. Poi un giorno mi sono fermata e mi sono detta: ‘Basta. Stai avendo cinque orgasmi al giorno. Se vuoi fare un sacco di sesso, va bene, ma chiediti perché fai tutto quel sesso”. Ma non c’è stata solo la dipendenza dal sesso nella vita di Pinkett: l’attrice ha detto infatti di aver dovuto combattere anche contro l’alcolismo. “Ricordo di aver raggiunto il fondo quando ero in casa da sola e avevo queste due bottiglie di vino. Stavo per aprire la terza e mi sono detta: ok, sei alla terza bottiglia, potresti avere un problema”.

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Per “realizzare un sistema fiscale più equo e favorevole alla crescita” bisogna migliorare la lotta all’evasione, in modo da ridurre la perdita di gettito e abbassare così la pressione fiscale sui contribuenti che adempiono spontaneamente agli obblighi. Sono questi gli obiettivi chiave dell’Atto di indirizzo per le politiche fiscali 2019-2021 che determina gli sviluppi della politica fiscale, le linee generali e gli obiettivi della gestione tributaria, firmato dal ministro dell’Economia e delle Finanze, Giovanni Tria, e pubblicato sul sito del Mef. Politica fiscale che sarà al centro della discussione in vista della prossima legge di bilancio, con il vicepremier Matteo Salvini che anche questa mattina, di fronti ai dati incoraggianti sul Pil italiano diffusi dall’Istat, ha rilanciato: “È obbligatorio realizzare al più presto la flat tax per imprese, lavoratori e famiglie, come da contratto di governo, senza dubbi o ritardi”.

Il documento firmato da Tria mette intanto al primo posto la lotta all’evasione, ricordando come sia la via per ridurre la pressione fiscale. Il punto principale è quindi il consolidamento della governance dell’amministrazione fiscale, con un maggiore e più efficace coordinamento generale, il potenziamento delle sinergie con le altre Autorità nazionali ed internazionali ed il miglioramento del sistema informativo della fiscalità, anche attraverso l’attuazione di misure di cybersecurity.

Viene posto l’accento anche sulla compliance volontaria, ovvero modernizzare il rapporto Fisco-contribuente per stimolare l’assolvimento spontaneo degli obblighi. Ma anche sul sostegno della competitività delle imprese e sulle attività volte a migliorare l’attrattività degli investimenti per gli operatori economici. Inoltre, il Mef sottolinea l’importanza delle misure necessarie alla prevenzione degli inadempimenti tributari, con il miglioramento della qualità dei controlli ed il rafforzamento dell’efficacia della riscossione, mentre si sottolinea l’importanza della legalità negli ambiti di competenza, per proteggere cittadini, imprese e territorio. Si vuole elevare la qualità dell’offerta dei giochi pubblici, proteggendo i soggetti vulnerabili e combattendo il gioco illegale. Infine, il patrimonio immobiliare statale verrà amministrato secondo criteri di economicità ed efficienza, da un lato per ridurne i costi di gestione e dall’altro per valorizzare gli immobili in una prospettiva di vendita.

Il ministero ricorda anche di aver avviato negli ultimi anni, anche tenendo conto dei rapporti richiesti e predisposti dall’Ocse e dal Fmi, una revisione della struttura organizzativa e funzionale dell’amministrazione fiscale, in modo da razionalizzare le risorse, fornire servizi di alta qualità e assicurare una maggiore compliance volontaria da parte dei contribuenti, nonché un maggiore coordinamento tra i diversi enti della fiscalità.

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Attenti allo yeti. Dalla catena montuosa dell’Himalaya ecco le prove provate dell’esistenza dell’uomo delle nevi. Sono orme fotografate sulla neve lunghe un metro e larghe mezzo. La scoperta però non è un lancio di Lercio, bensì un tweet entusiastico dell’esercito indiano della montagna. “Per la prima volta un team dell’esercito ha pubblicato la foto delle misteriose impronte della mitica bestia chiamata Yeti”. Seguono misura dell’impronta e il luogo del ritrovamento, vicino al campo base di Makalu, il 9 aprile 2019. E come se non bastasse il social media manager dell’esercito indiano rincara la dose: “L’inafferrabile uomo delle nevi era stato avvistato in passato nel parco nazionale Makalu-Barun”. Ma non finisce qui. Secondo il Times of India l’esercito ha atteso una ventina di giorni prima di pubblicare la foto online dopo aver deciso che la straordinaria scoperta corrispondeva “alle precedenti teorie sullo yeti”.

Il mitico “uomo delle nevi”, o altresì definito “quella cosa là” dagli sherpa locali, è apparso per la prima volta nei racconti popolari e leggendari di esploratori e abitanti della catena montuosa tra India, Nepal, Pakistan, Cina e Buthan, nel 1407. Ma è soltanto tra la fine dell’800 e gli inizi del ‘900 che con l’afflusso di guide britanniche ed europee sull’Himalaya sono cominciati a circolare avvistamenti strani e ricorrenti, ma soprattutto fotografie più o meno chiare di impronte gigantesche. La leggenda dello yeti si colloca narrativamente tra il mistero visivo dei “crop circle” inglesi e la bestialità irregolare e incatalogabile del celebre mostro di Lochness scozzese.

Tanto che sui social incredulità e ilarità hanno accompagnato il tweet dell’esercito indiano. “Prima di dichiarare cose del genere dovreste esaminare molto accuratamente le cosiddette ‘prove’ evitando di essere ridicoli”, ha scritto un utente. “Sono seriamente deluso dal vedere che l’esercito di un paese propaganda mitologie folli e insensate per realtà”, gli ha fatto eco un altro. O invece c’è chi scherzando, ma osservando bene la foto dove si individua nel raggio di diversi metri soltanto un’impronta sulla neve, ha dato scacco matto all’esercito: “A meno che voi sappiate già che il vostro yeti cammina con un piede solo, è evidente che viaggerà tra le rocce e le montagne saltando”.

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Almirante e Berlinguer sono sempre stati agli estremi opposti del parlamento e della lotta politica. Due uomini divisi da tutto ma vicini, forse, nella stima reciproca. Un rapporto che non doveva esserci, e che invece viene svelato dal libro di Antonio Padellaro, “Il gesto di Almirante e Berlinguer”. Rivelazioni inedite, raccontate attraverso i fatti. Di seguito, un estratto.

“È accaduto per davvero. Conosciamo i loro nomi: Giorgio Almirante ed Enrico Berlinguer. Ora sappiamo che s’incontrarono per quattro o sei volte tra il 1978 e il 1979. Sappiamo che il luogo prescelto era una stanza, accanto alla commissione Lavoro, all’ultimo piano di Montecitorio. Sappiamo che si vedevano preferibilmente nel deserto parlamentare del venerdì pomeriggio. Sappiamo che soltanto quattro uomini ne erano a conoscenza, di cui tre sono morti. È rimasto un solo testimone. Si chiama Massimo Magliaro. All’epoca era il portavoce di Almirante e il capo ufficio stampa del Movimento sociale italiano. Almirante e Berlinguer avevano deciso di scambiarsi informazioni riservate. Ma i colloqui tra i due leader rappresentano anche un gesto, un modo nobile di intendere la politica di cui oggi, nell’era dei social e dell’insulto mediatico, non rimane più traccia”.

Edito da PaperFIRST, 96 pagine, il libro sarà in vendita in edicola il 1 maggio insieme al Fatto Quotidiano al prezzo di 6,5o euro e dal 2 maggio in tutte le librerie a 8 euro (anche in versione e-book).

Antonio Padellaro ha cominciato nel 1968 il lavoro di giornalista all’Ansa e, dal 1971, per quasi vent’anni è stato al Corriere della Sera. Vicedirettore dell’Espresso, dal 2000 è stato condirettore e poi direttore dell’Unità. Nel 2009 ha partecipato alla fondazione del Fatto Quotidiano di cui è stato direttore fino al gennaio 2015. Tra i libri pubblicati: “Senza cuore”, autobiografia di una generazione al potere (Dalai editore, 2000) e “Io gioco pulito” (Dalai editore 2009). Per PaperFIRST ha dato alle stampe “Il Fatto Personale” (2016) e ha curato con Silvia Truzzi il volume “C’era una volta la sinistra” (2019).

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“Il gesto di Almirante e Berlinguer’. Antonio Padellaro presenta il suo ultimo libro assieme a Marco Travaglio negli studi di Loft. A condurre Luca Sommi

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La regista Alice Rohrwacher è nella giuria del Festival di Cannes 2019 che assegnerà la Palma d’oro (14-25 maggio). Presieduta dal regista, sceneggiatore, produttore messicano Alejandro Gonzalez Iñarritu la giuria è ora al completo: ad assegnare i premi l’attrice americana Elle Fanning, l’attrice e regista del Burkina Faso Maimouna N’Diaye, la regista americana Kelly Reichardt, il regista, sceneggiatore e montatore francese Robin Campillo, il regista greco Yorgos Lanthimos, quello polacco Pawel Pawlikowski, oltre al cineasta e fumettista francese Enki Bilal.

In concorso Il Traditore di Marco Bellocchio accanto a grandi “senatori”: Malick, Loach, Dolan, Almodovar, i fratelli Dardenne e naturalmente Jarmusch (Qui tutto il programma). Ed è per questo che il presidente Pierre Lescure e il delegato generale Thierry Frémaux possono dire: “La giuria di Cannes è invitata a vedere i film diretti dai più grandi registi del nostro tempo – come è il caso quest’anno. Anche tutti i registi che selezionati nel concorso devono sapere che saranno considerati da colleghi altrettanto forti!”.

Alice Rohrwacher è una ‘pupilla’ sin dal suo primo film Corpo Celeste proiettato nel 2011 alla la Quinzaine des Réalisateurs. Poi nel 2014 il secondo film, Le Meraviglie, con la sorella Alba e Monica Bellucci presentato in concorso e vincitore del Grand Prix. Anche il terzo film è andato con onore a Cannes: Lazzaro Felice, 2018, vincitore del premio per la migliore sceneggiatura.

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Attimi di apprensione a Vieni da me quando, nello scendere la scala per entrare in studio, Pino Strabioli è inciampato e caduto, spaventando la conduttrice Caterina Balivo. Fortunatamente l’ospite non si è fatto nulla ma ha rischiato una brutta caduta. Superati la paura e l’imbarazzo per l’incidente, la Balivo e Strabioli hanno incominciato l’intervista come da programma e lui ha commentato la presenza di suor Cristina Scuccia a Ballando con le stelle 2019: “Provo grande stima e ammirazione per Suor Cristina, con la quale ho lavorato per due stagioni, portando in scena il musical di Sister Act. Avevamo anche i camerini vicini”.

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Quando si decide di vendere un immobile oggetto di ristrutturazione è bene aver presente ciò che prevedono le normative in materia di agevolazioni fiscali. Come riportato in un articolo di Immobiliare.it, le detrazioni fiscali in seguito ai lavori di ristrutturazione sono legate all’immobile, non al soggetto.

Fa sempre fede l’atto di compravendita

In caso di compravendita di un immobile oggetto di ristrutturazione, la detrazione si trasferisce all’acquirente nella quota non ancora utilizzata dal soggetto che aveva sostenuto la spesa iniziale. Le due parti possono anche decidere che sia il precedente proprietario a beneficiarne, purché tale accordo venga indicato nell’atto di compravendita o in una scrittura privata autenticata. In altre parole, non basta specificarlo sul preliminare di compravendita, ma è necessario che lo riporti l’atto definitivo. All’acquirente, invece, non spetta la detrazione se la vendita riguarda solo una quota dell’immobile.

Affitto, usufrutto o donazione

L’atto di compravendita non è l’unica opzione da esaminare. Qualora siano stati l’inquilino o il comodatario a pagare i lavori di ristrutturazione, le detrazioni spetteranno a loro anche dopo lo scioglimento del contratto che li lega all’immobile. Per donazioni a titolo gratuito o permute, invece, le regole sono le stesse della compravendita. Il contratto di usufrutto, al contrario, non prevede la possibilità che le quote di detrazione fiscale non utilizzate dal proprietario passino al beneficiario.

Uno o più eredi? Divisione o congelamento

Anche in caso di successione, le possibilità sono molteplici. L’eventualità più semplice è che l’immobile spetti a un solo erede, che ne deterrà sia il possesso sia la disponibilità: in questo caso avrà diritto anche a usufruire delle detrazioni fiscali relative agli eventuali lavori di ristrutturazione. Se invece gli eredi sono più di uno, la detrazione verrà divisa in parti uguali solo nel caso in cui nessuno usufruisca effettivamente dell’abitazione. Qualora poi l’immobile venga dato in affitto o venduto a terzi, le quote rimanenti saranno rispettivamente “congelate” fino al termine del contratto oppure perse. Infine, l’ultimo scenario prevede che sia l’affittuario a beneficiare delle detrazioni: in tal caso, le detrazioni possono passare al suo eventuale erede solo se subentrerà nel contratto di locazione.

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Trasmutazione antropologica, siamo al bivio. Il tramonto dell’umanità coinciderebbe con l’alba del transumanesimo. Trapassata l’etica, la deriva di forze sovranazionali farebbe di scienza estremizzata e tecnologie d’avanguardia la pratica teoretica con cui sconfiggere natura e tutto ciò che è naturale, capitolata la specie nell’Era tecnognostica del postumanesimo. Fantascienza in bibliografia, letteratura distopica e realtà digitale a metà tra 5G e 6G si alternano tra citazioni di ricerche, studi e avvenimenti reali nel libro Cyber Uomo, dall’intelligenza artificiale all’ibrido uomo-macchina (Arianna Editrice), il dischiudersi di uno scenario d’evoluzione apocalittica disegnato da chip dermali sottocutanei, nanorobotica, clonazione, tecnosesso e rivoluzione digitale.

La nuova società del controllo passerebbe per l’intelligenza artificiale. “Quale futuro ci aspetta?”, si chiede la scrittrice Enrica Perucchietti, autrice del saggio sui retroscena della contemporaneità. “Continuando di questo passo ci attende un futuro distopico che verrà accolto come il migliore dei mondi possibili perché desiderato come un vessillo di libertà. Ma è in gioco la nostra sopravvivenza: conoscere le ricerche e gli obiettivi del campo del post-umano può aiutarci a fermare questa deriva prima che siano le macchine a ribellarsi ai propri inventori”.

Mimetizzata nelle sembianze dell’ineluttabile progresso, l’ossessiva rincorsa verso il futuro ci impedirebbe di comprendere il fine di un destino manipolato nello smantellamento dell’essenza ontologica dell’essere umano, dove titanismo e dislivello prometeico nell’esaltazione acritica di illuminismo, positivismo e darwinismo si spingerebbero fin dove nessuno era mai riuscito prima d’ora, spezzando nella biorobotica i limiti della genetica per fonderci definitivamente in cyborg. Algoritmi nel cervello, banca dati in cloud. L’ibrido uomo-macchina è dietro l’angolo. “Sembrerebbe fantascienza, eppure si tratta delle più moderne innovazioni nel campo della scienza e della tecnologia”.

Le teorie del transumanesimo s’amalgamano nelle sperimentazioni di xenotrapianti (trapianti transgenici), utero artificiale (il biobag nel centro di medicina riproduttiva della New York Cornell University) e spermatozoi in provetta (ricerca condotta da biologi cinesi pubblicata sulla rivista Cell Sterm Cell), se è vero che l’intelligenza artificiale ha già sostituito i mezzibusti televisivi nei telegiornali di Cina e Giappone, mentre a Torino è stata chiusa la prima casa per appuntamenti con bambole in silicone: nel 2016 l’Europarlamento s’è interrogato sulla possibilità di far pagare le tasse ai robot e uno studio dell’Ocse afferma che in Italia un posto di lavoro su due sarà sostituito da macchine pensanti. E’ questo il futuro che ci aspetta? Pare così, superficialità di un’opinione pubblica distratta, malata di tecnostress nell’indissolubile legame con smartphone e telefoni cellulari (“sono già un’estensione del nostro corpo“).

Il libro, scevro da mire allarmistico-complottistiche, prefigura l’instaurazione di una nuova dittatura dolce, tecnologicamente camuffata sotto mentite spoglie. L’epilogo nella fine. Ma non è ancora detta l’ultima parola: la consapevolezza è il primo passo per una tecnoribellione contraria al post-umano. Ora o mai più: “Finché l’uomo conserverà la propria umanità dovrà rivendicare il proprio diritto alla libertà e scegliere di costruirsi il proprio futuro. Non importa quali ostacoli dovrà superare. Non scegliere sarà di per sé una scelta”.

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“Meglio soli che male accompagnati” recita il detto popolare. Sicuramente ne traggono giovamento le tantissime app che negli ultimi anni stanno avendo molto successo, facendo leva sulla “singletudine”. In primis chiediamoci se il termine “single” sia ancora di moda. Secondo l’autorevole enciclopedia Treccani si definiscono così coloro che non sono sposati o che comunque vivono soli, senza un legame sentimentale, perlopiù per libera scelta. A mio avviso il termine inizia ad essere un po’ antico e dovrebbe essere sostituito con “libera” o “libero”.

Interessanti i dati dell’Istat relativi al 2016, che già tre anni fa vedevano aumentare le famiglie composte da una sola persona (dal 20,5% al 31,6%). Chissà come andranno le cose negli anni a seguire? Negli Stati Uniti, pensate, il numero delle persone che vive senza un partner è salito del 42% secondo un rapporto del Census Bureau.

I single sono persone felici o vengono percepite come irrisolte, lamentose e poco gratificate? Intanto dipende da tanti fattori, tra cui l’età; poi ci sono periodi della vita in cui non si hanno relazioni sentimentali stabili o in cui si ha voglia di stare da soli, oppure si finisce una relazione lunga e si preferisce una pausa. Come tutto nella vita, ci sono i pro e i contro, e bisogna innanzitutto volersi bene per apprezzare anche i momenti in cui non si ha, appunto, un legame fisso. Oggi mi sento tanto Donna Letizia, nevvero?

E’ vero che si vuole tutto e subito, quindi perché non divertirsi con app per cuori, vulve e scettri solitari? Vediamo quali sono quelle più accattivanti e bizzarre per trovare l’altra metà della mela o semplicemente per un fugace espletamento dell’ormone che scalpita.

1. Quante volte una voce ci ha fatto intrigare? Ebbene, se l’avete calda come quella di Alberto Lupo o sensuale come quella di Amanda Lear, potete andare su Waving. Il motto è “Meet people with your voice”. Parte tutto da lì.

2. Se amate i cani o se ne possedete uno, potete combinare su Dig, citata anche da riviste come Forbes. Qui vengono segnalati anche i luoghi in cui, non troppo lontano da casa, avete la possibilità di fare incontri con chi ama gli animali a quattro zampe e scambiarvi novità sui guinzagli alla moda. Detta così sembra già di essere sul set di Histoire d’ O.

3. In questo periodo storico va di moda – ahimè – l’odio. Perchè non trovare il lato positivo e unire ciò che non si sopporta? Ovviamente nei limiti, tipo la musica troppo alta, i vicini chiassosi, lo sporco nei parchi, passeggiare sulla spiaggia, bere super alcolici e altri tremila argomenti. Basta scaricare HaterDater.

4. Interessante è Taffy: le foto del profilo sono sfocate fino a che non inizi a chattare e a “conoscere” chi c’è dall’altra parte. Piano piano l’immagine appare e… l’intrigo pare stia proprio qui. L’apparenza inganna, quindi il senso è che ti puoi innamorare anche senza vedere l’altro/l’altra.

5. Per gli appassionati di musica c’è Tastebuds, dove si può anche rimanere aggiornati sui concerti dei propri beniamini e magari andare a cantare, a scatenarsi insieme e limonare come ragazzini.

Breve considerazione. Avete mai provato a non cercare on line e a lasciarvi guidare dal destino ma soprattutto dall’autostima? Susan Kennedy, in arte Sark, artista e scrittrice di numerosi libri sul self love, afferma che “il sì è contagioso a livello subliminale. Esso incide su tutto ciò che fai”. Quindi dite sì a qualsiasi stato d’animo, di relazione o di non relazione, senza avere la frenesia di trovare per forza l’anima gemella o la passera scopaiola. Francamente, non vedo tutta questa soddisfazione nelle persone che usano queste modalità mordi e fuggi. Il vecchio detto popolare di cui sopra, che spesso è solo una pacca sulla spalla per chi soffre in amore, potrebbe essere cambiato in “Meglio ben accompagnati, che soli”. Siete d’accordo?

Infine, trovo che le dinamiche vintage siano paradossalmente di moda e più eccitanti: esco, vado in bus, al mercato, all’ufficio postale, quindi incontro. Senza fame d’amore, lasciando che la legge dell’attrazione faccia il suo lavoro.

Potete seguirmi su Instagram e sul sito www.sensualcoach.it

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Primo maggio fa rima con Concertone. Anche quest’anno piazza San Giovanni a Roma ospiterà il tradizionale concerto promosso da CGIL, CISL e UIL nel giorno della festa dei lavoratori. “Lavoro – Diritti – Stato Sociale – La Nostra Europa” è il claim di questa edizione molto attesa, anche grazie a un cartellone di artisti davvero prestigioso e al passo coi tempi. Il nome di spicco è senz’altro Noel Gallagher, alla prima apparizione italiana del 2019 in Italia: l’ex Oasis si esibirà con la sua band, gli High Flying Birds.

Spazio anche a tanta musica italiana, emergente e non. Ci sarà (inaspettatamente) tanto Sanremo sul palco: ben undici artisti arrivano dall’ultimo Festival targato Baglioni. Ecco Daniele Silvestri, Achille Lauro, Ex-Otago, Ghemon, Rancore, Motta, Negrita, The Zen Circus, La Rua, Anastasio (visto come ospite) e Manuel Agnelli (in riviera nella serata dei duetti). “Questa piazza è l’approdo che ha dato un’impronta nazionalpopolare ai poco noti al pubblico tv. Sanremo se ne è accorto. Viviamo la rivoluzione in cui gli artisti si rivolgono alla gente, senza intermediari. Hanno un linguaggio che non insegue quello radiotelevisivo. Sono cadute le barriere fra musica indipendente e mainstream, finalmente la vera differenza è fra canzoni belle e brutte”, ha spiegato con orgoglio l’organizzatore Massimo Bonelli di iCompany.

Ma non mancheranno gli idoli delle nuove generazioni (come i Coma Cose, Carl Brave, Ghali, Gazzelle, Izi, Eugenio in via di gioia, Fast Animals and Slow Kids) e le scommesse del contest 1MaggioNext ovvero I Tristi, Giuliio Wilson e Margherita Zanin. Piuttosto, a mancare saranno le donne: sono pochissime in line-up (sette in totali) e neppure una solista. Questo ha già scatenato le polemiche e addirittura un contro-concerto, ideato da Angela Baraldi e che vedrà come protagoniste 25 cantautrici all’Angelo Mai di Roma. “Il tema della presenza delle donne nella musica italiana esiste. A livello organizzativo il Concertone è molto femminile, ci sono moltissime donne dietro le quinte”, si è giustificato Bonelli.

La musica in piazza San Giovanni comincerà a suonare sin dalle prime ore del pomeriggio: su Rai3 (e Rai Radio2) le danze inizieranno alle ore 15 con un’anteprima di un’ora per poi proseguire fino a mezzanotte con un’interruzione tra le 17.55 e le 20. A tenere le fila della lunga maratona musicale, per il secondo anno consecutivo, saranno Ambra Angiolini e Lodo Guenzi de Lo Stato Sociale: insieme canteranno una canzone al momento top secret. Tra i momenti più attesi anche un omaggio per i 20 anni dalla morte di De Andrè.

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Morto impiccato ieri sera don Pierluigi Lia, scrittore e docente di Teologia dell’Università Cattolica. Come scrive il Corriere della Sera, secondo le prime ricostruzioni il sacerdote aveva approntato un’imbracatura per garantirgli sicurezza nel liberare dalle foglie una grondaia e risolvere un problema di infiltrazioni interno alla casa parrocchiale. L’accorgimento però potrebbe essersi rivelato letale. A dare l’allarme, secondo Il Giorno, è stato il responsabile di uno dei servizi della parrocchia che ha raccontato: “Ho visto il suo corpo penzolare dalla finestra di fronte e ho subito chiamato il 118″. “Don Pierluigi – continua il testimone – aveva addosso l’imbragatura e i guanti da lavoro: era chiaro fosse salito là sopra per lavorare, per pulire”.

Don Pierluigi era anche insegnante di Teologia all’Università Cattolica. Racconta Luca Mombellardo, studente del I anno quando lo ha conosciuto: “Non lo vedevo da mesi ma lo ricordo benissimo. Il giorno del preappello d’esame ha chiesto a me e ad altri studenti se volevamo andare ad una presentazione per la riscoperta di un affresco a San Cristoforo. Dopo la conferenza ci ha invitato a cena, anche se eravamo perfetti sconosciuti. E non è la prima volta che lo fa con degli studenti”. Il racconto di Luca Mombellardo prosegue: “Era un grande appassionato di arte. Sul soffitto del suo studio c’era il dipinto della creazione di Adamo di Michelangelo. Diceva di averlo realizzato lui”. Infine un altro aneddoto: “Non sono parole di circostanza: era davvero il centro della comunità. Prima del nostro esame, aveva salutato dei senzatetto fuori dalla chiesa promettendo di andare a bere un caffè con loro”.

Il pm di turno di Milano Luigi Luzi ha disposto l’autopsia per accertare le cause esatte della morte. Don Pierluigi era originario di Induno Olona, comune a nord di Varese. E il sindaco Marco Cavallin ha commentato a VareseNews: “Un evento tragico. Sono vicino alla famiglia, che è molto presente nella comunità. È un momento di lutto per tutti”.

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di Giovanni Vetritto

È giunto quindi il momento, dopo diversi commenti, analisi, auspici e inviti, di formulare un orientamento politico e culturale a beneficio di chi ha ritenuto di seguirci in questi mesi. Se davvero i barbari sono alle porte, ma ben lungi dal trionfare, ogni invito al cosiddetto (e mai abbastanza deprecato) “voto utile” suona del tutto stonato. La maggioranza europeista che verrà, se davvero verrà, avrà certamente nuova linfa da una ripresa di voto per partiti come quello Verde e quello Liberale, e non certo per la fiacca tenuta dei Socialisti e dei Popolari.

Sono quello verde e quello liberale i partiti europei più vivacemente attaccati alla “ragion politica” dell’Europa, meno coinvolti nel triste trantran socialista e popolare che ha dato fiato ai mostri all’orizzonte. Il momento più alto di tenuta democratica del Parlamento europeo, verificatasi con la mozione contro la “democratura illiberale” di Viktor Orban, si è raggiunto per l’ostinato lavoro di una parlamentare europea verde come Judith Sargentini, che in questa rivista abbiamo intervistato. Difesa del costituzionalismo classico, della democrazia non formale, della rule of law, inedita convergenza su principi di libero commercio, mercato regolato e innovazione produttiva, nel segno della sostenibilità ambientale, hanno avvicinato queste due famiglie politiche europee un tempo fortemente sospettose l’una dell’altra.

Solo il sesquipedale dilettantismo e opportunismo della politica politicante di casa nostra ha impedito una convergenza anche elettorale delle due liste che da noi fanno riferimento alle due famiglie europee più proattive. Dopo alcune promesse, molta tattica e qualche comportamento francamente indecente (quello di “Italia in Comune” di Federico Pizzarotti e dei giovani – ahimè quanto vecchi – sindaci arancioni) si è giunti a due liste comunque spurie. Da una parte la lista composta da radicali e componente ex Dc di Bruno Tabacci, che ha aggregato per l’occasione anche il nuovo Psi e sindaci anche piuttosto “radical” (come quello di Cerveteri); dall’altra una lista verde che ha saputo rinnovare abbastanza le candidature, aprendo anche al movimento democratico di Pippo Civati e a indipendenti di matrice liberalsocialista di assoluto prestigio come Antonio Caputo (Presidente della Federazione dei circoli di Giustizia e Libertà e grande amico di questa rivista, addirittura in testa di lista, al n. 4, nel Nordovest).

Stando ai sondaggi, né l’una lista né l’altra paiono in condizione di ottenere il quorum del 4%, mentre assieme c’è da credere lo avrebbero potuto superare di slancio. E lo scorno di chi, come questa rivista, ha esplicitamente sostenuto le ragioni di una lista unica delle “culture del limite” (giuridico, costituzionale, culturale, ambientale) è ovviamente grande. Ciononostante, occorre dire con grande chiarezza che il richiamo al “voto utile”, che proviene soprattutto da Forza Italia e dal Pd, contro queste due liste è del tutto irricevibile. Primo, per le ragioni di politica europea su esposte. Secondo, perché rischia di dare l’impressione che ogni voto a liste incapaci di ottenere il quorum sia senza frutto dal punto di vista della difesa dell’Europa; laddove, se anche entrambe fallissero di un quarto l’obiettivo, assommerebbero comunque un interessante 6% che avrebbe il duplice effetto di sostenere una posizione ben più convintamente europeista e di abbassare drasticamente il quorum della Lega sovranista; partito, quest’ultimo, che è arduo immaginare a un posto diverso dal primo, ma che potrebbe andare percentualmente sotto le aspettative restando almeno parzialmente insoddisfatto.

Il battage contro una fantomatica “dispersione del voto” rischia poi, ed è il terzo aspetto, di spingere tanti a disertare le urne, laddove siano indisponibili a votare per un Pd francamente bollito, incapace di vero rinnovamento, e apparentato a una finta “lista” di suoi ministri come Carlo Calenda; la cui posizione sull’immigrazione, per fare un solo esempio, nei recenti dibattiti televisivi non si è dimostrata diversa da quella di un Marco Minniti, e dunque copia sbiadita di quella di Matteo Salvini. Non c’è, insomma, voto più inutile in queste Europee del “voto utile”.

Chi scrive, e la redazione ancor più, raccomandano il voto alla lista dei Verdi e di Possibile, ricca di giovani in posizioni utili, di personalità indipendenti come il nostro già citato Caputo, di soggetti protagonisti della significativa evoluzione dei Verdi europei come Monica Frassoni, dei compagni di strada civatiani distintisi nel referendum contro l’obbrobrio costituzionale renziano del 2016 (combattuto, inizialmente, da Civati quasi da solo, a renzismo trionfante; tanto per tornare alla rule of law).

Come nella splendida poesia di Kostantin Kavafis, gli eunuchi del “voto utile” paiono quasi sperare nel testa a testa con “barbari” agguerriti, confidando, nella propria debolezza, che “quella gente” sia “una soluzione”. Il nostro futuro sta nell’Europa. Il momento è adesso.

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È apparsa recentemente la notizia di un’indagine svolta dal Center for the Governance of Change dell’università IE di Madrid (un’università privata in area economico-finanziaria e giuridica), che ha investigato l’atteggiamento dei cittadini europei nei confronti dei cambiamenti tecnologici e come pensano i loro governanti debbano gestire queste trasformazioni. Il rilevamento, condotto su 2.576 cittadini di otto nazioni europee, ha riscontrato che tre cittadini su quattro ritengono che, se non adeguatamente controllate, le nuove tecnologie causeranno più danni che benefici nel prossimo decennio. E si aspettano quindi che i governi approvino leggi per evitare che la crescente automazione sia causa di perdita di posti di lavoro. In aggiunta, sette cittadini europei su dieci sono preoccupati che in futuro le persone spendano più tempo socializzando online invece che di persona e ritengono che il sistema educativo non li prepari adeguatamente alle sfide delle nuove tecnologie.

Viene inoltre riportata una certa disillusione verso l’attuale classe politica, tant’è che un cittadino europeo su quattro dichiara che preferirebbe essere governato da un’intelligenza artificiale invece che da politici in carne ed ossa. Quest’ultimo elemento in sé mi fa un po’ rabbrividire: l’idea che qualcuno pensi che le macchine siano meglio degli esseri umani indica quanto poco le persone in generale siano non dico educate, ma almeno informate su cosa sia l’informatica, la disciplina scientifica che è dietro la trasformazione digitale e cosa sia realistico aspettarsi dai sistemi di intelligenza artificiale, uno dei settori dell’informatica in cui in questo momento è concentrata l’attenzione di tutti.

Ed è ancora più rabbrividente il fatto che i laureati siano più favorevoli a questa soluzione rispetto a chi una laurea non ce l’ha. A mio avviso questo può essere spiegato dai recenti risultati della psicologia sociale sulla relazione inversa tra livello culturale e capacità di valutare in modo oggettivo temi politicamente controversi. Tale ricerca ha infatti evidenziato che, mentre persone culturalmente più preparate sono meglio in grado di valutare fatti oggettivi presentati in maniera neutra (per esempio il risultato di un trattamento dermatologico), quando invece le stesse evidenze sperimentali sono presentate in un contesto caratterizzato da un punto di vista politico-sociale (per esempio il risultato di una politica di controllo delle armi private) allora lo stesso gruppo di persone valuta la situazione in maniera peggiore di chi è meno preparato culturalmente.

Da scienziato, ho poi delle perplessità su come sono stati riportati i risultati di questa specifica domanda. È stata infatti formulata come “Che ne pensi di consentire a un’intelligenza artificiale di prendere importanti decisioni su come governare il Paese?” (How do you feel about letting an artificial intelligence make important decisions about the running of the country?) ma si riportano in modo aggregato le risposte: “in qualche modo favorevole” (somewhat in favor) e “completamente favorevole” (totally in favor), senza fornirne i valori separati e senza sapere quali siano le altre possibili risposte e con quale frequenza media siano state scelte. Siamo tutti d’accordo, penso, che tra “in qualche modo” e “completamente” c’è una bella differenza.

Ho infine una riflessione importante relativa al pensiero critico e all’educazione ai media, temi che dovrebbero far parte dello studio dell’educazione civica recentemente reintrodotta nelle scuole e che sarà discussa in questi giorni alla Camera. Se si riflette con calma prestando attenzione al punto di vista complementare, si nota infatti che il dato riportato implica che tre cittadini europei su quattro si oppongono a quest’idea di essere governati da “macchine intelligenti”. Al contrario, il comunicato stampa e il lancio della notizia si sono concentrati su quel cittadino su quattro che vuole essere governato dalle macchine, come a voler suggerire – a pensar male si fa peccato, ma… – che invece di una democrazia a suffragio universale che elegge “politici incapaci” siano meglio asettiche “macchine intelligenti” che non sbagliano mai. Mi sembra un’osservazione rilevante sul piano politico e mediatico. Cui prodest?Quis custodiet ipsos custodes?, si studiava un tempo al liceo.

Il dialogo con i lettori interessati proseguirà, trascorso il tempo qui disponibile per i commenti, su questo blog interdisciplinare.

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L’umanità edifica muri e costruisce ponti da quando Homo Erectus si è fatto Homo Sapiens. Per alcuni, i ponti sono il simbolo salvifico dell’unione o dell’eterno passaggio. Per altri, numerosi nell’antica mitologia e nel Medioevo, uno strumento diabolico e si contano forse un centinaio di ponti del diavolo in Europa. Allo stesso modo, i muri non sono sempre e soltanto un maligno artifizio che difende un confine e stabilisce una frattura, ma si possono anche interpretare come un margine di sutura, un mezzo per evitare i conflitti. E, come scrive Claude Quétel in Muri: un’altra storia fatta dagli uomini, i muri “non pretendono di essere soluzioni. Sono risposte”.

Non parlo qui del muro di Berlino né della sua edizione contemporanea, tanto cara alle amministrazioni statunitensi di ieri e di oggi, ma di un muro diverso e, possibilmente, una risposta concreta al clima che cambia. The Great Green Wall è un movimento a guida africana con l’ambizione epica di far crescere la Grande Muraglia Verde, una meraviglia naturale lunga quasi 8mila chilometri attraverso l’Africa in tutta la sua larghezza. Dopo dieci anni, circa il 15% della foresta è già stata piantata e sta riportando in vita i paesaggi degradati dell’Africa subsahariana, poiché garantisce a milioni di persone che vivono lungo il suo tracciato sia una sicurezza alimentare prima neppure immaginabile, sia posti di lavoro – e un motivo concreto per rimanere.

La Grande Muraglia Verde viene costruita nella regione del Sahel, sul margine meridionale del deserto del Sahara, uno dei luoghi più poveri della Terra. Più di altre regioni del pianeta, il Sahel è sensibile al cambiamento climatico e milioni di nativi ne stanno già affrontando l’impatto devastante. Persistenti siccità e una inesorabile crisi alimentare producono conflitti diffusi, innescati dalla riduzione delle risorse naturali, e una migrazione di massa verso l’Europa. Per rispondere in modo credibile alle istanze delle comunità locali, più di venti Paesi – dal Senegal in Occidente a Gibuti in Oriente – hanno deciso di combattere il destino, in apparenza ineluttabile. E l’iniziativa guidata dall’Unione africana – nata durante la Conferenza dei capi di Stato e di Governo della Comunità degli stati del Sahel e del Sahara di Ouagadougou del 2005 e avviata nel 2007 – sta iniziando a dare qualche frutto concreto.

La forestazione ha una reale consistenza scientifica. Un articolo pubblicato da poco su Theoretical and Applied Climatology dimostra come l’iniziativa possa portare a un aumento delle precipitazioni tra 2 e 4 millimetri al giorno sulle aree boschive, se fosse estesa ancora a nord. Se mantenuto più a sud, come sta accadendo per ora, l’aumento delle precipitazioni sarebbe più debole e non necessariamente sulle aree boschive. Il raffreddamento della temperatura che si osserva nell’area afforestata si spiega con una diminuzione del flusso di calore terrestre, legato alla riduzione dell’albedo (potere riflettente) superficiale. Poiché l’impatto sulle precipitazioni è positivo nel Sahel ma non sulla costa della Guinea, l’efficacia della forestazione potrebbe essere ancora migliorata senza troppo sforzo.

Una volta completata, la Grande Muraglia Verde – frutto dell’intuizione di Richard St. Barbe Baker nel lontano 1952 – sarà la più grande infrastruttura vivente del pianeta, tre volte più estesa della Grande barriera corallina. Una soluzione convincente per molte delle minacce urgenti che incombono non solo sull’Africa, ma sull’umanità intera. Può aiutare a mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici, le siccità, le carestie, i conflitti e le migrazioni.

Un sistema grande scala è diverso dalla somma dei suoi componenti individuali e una foresta non è solo una collezione di alberi. Anche se si tratta di un’intuizione già presente nelle Odi di Orazio, spesso lo dimentichiamo. La Grande Muraglia Verde non è soltanto una misura regionale, limitata al Sahel, ma un simbolo globale per l’umanità se vuole affrontare il degrado sempre più rapido e apparentemente inesorabile dell’ambiente. Dimostra che se riusciremo a lavorare con la natura, anche in regioni marginali ed estreme come il Sahel, ai confini dell’impossibile, potremo superare le avversità e costruire un mondo migliore per le future generazioni.

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