luglio 2019

Uno agosto, rifugio Grande Pirovano, 3mila metri e spicci sul livello del mare. Dopo le 12 è uno sciamare di tute colorate, dentro e fuori dalla porta d’ingresso. Gli sci sono parcheggiati nello spiazzo davanti all’albergo e i bambini, accompagnati dai genitori, escono dal bar al piano terra con panini e lattine di Coca-Cola tra le mani. A pochi metri si snoda la fila di chi attende con impazienza il proprio turno all’impianto di risalita, la cosiddetta àncora, sul lato destra della pista Nagler. “Di tutto questo, oggi, non è rimasto più niente” racconta Floriano Zampatti, classe ’49, da 40 insegnante di sci alpino. Già, perché quella della famiglia che trascorre la settimana bianca sul ghiacciaio dello Stelvio è una fotografia, ora sbiadita, di fine anni Novanta. Il rifugio Grande Pirovano, oggi, è dismesso, l’àncora della Nagler è stata smantellata e di mamme e papà con figli non si vede nemmeno l’ombra. 

Il passaggio da stazione invernale, negli anni ’70-’80-’90, a lingua di neve circondata da rocce scure su cui filano a gran velocità soltanto agonisti e addetti al settore, vive nei ricordi e nell’esperienza di Zampatti. “Andai allo Stelvio, la prima volta, nel ’76, per diventare istruttore nazionale di sci. Dal 1987 al 2000 ho trascorso tutte le estati sul ghiaccio, facevo parte della scuola sci Pirovano, che aveva 40 maestri, e lavoravamo mattina e pomeriggio a giugno, luglio e agosto. A Ferragosto i clienti non sapevamo dove metterli. Erano troppi”. Quaranta maestri, impegnati a pieno regime, a cui si aggiungevano i 50 della scuola Livrio più quelli degli hotel del Passo (Perego, Folgore, Sertorelli, Cristallo), ciascuno dei quali aveva dai sette ai dieci insegnanti.

Oggi sono spariti – continua Zampatti – l’afflusso turistico è totalmente cambiato. Ed è successo, verso la fine degli anni Novanta, non per i costi di skipass e attrezzatura, ma per le condizioni ambientali che iniziavano a presentare già grandi criticità”. Lo Stelvio, 25 anni fa, si fregiava del titolo di “unico ghiacciaio sciabile tutto il giorno”. Eppure a metà anni Novanta qualcosa cambia: “Alle 13, a volte, si sciava nell’acqua. I clienti si lamentavano e così anche noi maestri ci siamo adatti: il pomeriggio li accompagnavamo ai Bagni Vecchi di Bormio, a Livigno, oppure lungo i percorsi della Grande Guerra“.

Col tempo, piano piano, gli impianti di risalita sono stati tolti: la Nagler, gli skilift Tuckett 1 e Tuckett 2. Per non parlare delle discese dalla prima cabinovia al Passo diventate impraticabili e, per le nuove generazioni, nemmeno immaginabili. “Due anni fa, dal 6 al 17 di agosto, il ghiacciaio è stato chiuso per il caldo eccessivo. In quel periodo avevamo il boom di richieste” ricorda Zampatti. “Mi viene il magone se penso a come sono ridotti i nostri ghiacciai. Vivo a Ponte di Legno, di fronte ho il Presena: è un disastro. Il cambiamento climatico è sotto gli occhi di tutti”.

L'articolo “I cambiamenti climatici hanno cancellato i miei ghiacciai”: lo Stelvio nel ricordo del maestro di sci Zampatti proviene da Il Fatto Quotidiano.



from Il Fatto Quotidiano https://ift.tt/333tylY
via IFTTT https://ift.tt/eA8V8J

La notte del 3 giugno 1917 cinque soldati scelti guidati dal sergente degli Alpini Giuseppe Tuana Franguel arrivarono in cima al ghiacciaio dopo aver scalato nell’oscurità una via di neve perenne e roccia per riprendersi la vetta del Gran Zebrù, a quasi 4mila metri di quota, occupata due settimane prima dagli Schützen di Nauders. Un’impresa che a un secolo di distanza sarebbe assai più semplice, perché quell’ascesa di 700 metri è composta sempre più da roccia e meno di ghiaccio, ridotto a una “pappa” marroncina in un’area più ampia anno dopo anno. Una condizione simile a quella del ghiacciaio dei Forni, sempre del gruppo dell’Ortles-Cevedale, nel Parco Nazionale dello Stelvio.

Lo studio sui detriti: così il ghiaccio diventa nero
La situazione drammatica è cristallizzata in uno studio dell’Università Statale di Milano, condotto da un team di 4 persone coordinato dal ricercatore Davide Fugazza, che ha elaborato i dati dei satelliti negli ultimi 40 anni. Le cose vanno più o meno così: i detriti si staccano dalla parte rocciosa a causa dell’aumento delle temperature che provoca la maggiore instabilità dei versanti e si riversano sui ghiacciai, rendendoli marroni. Un fenomeno, quello della dark snow, che negli scorsi anni è stato registrato anche in Groenlandia.

“Meno raggi solari riflessi, fusione più veloce”
Il danno è importante perché il ghiaccio nero diminuisce il valore di albedo, ovvero la riflettività della superficie: quando quest’ultima è chiara, come nei momenti in cui c’è neve fresca, riflette la maggior parte della radiazione solare, mentre se è scura ne assorbe una quantità più grande. “Un albedo minore implica quindi un maggior assorbimento di radiazione solare da parte del ghiacciaio e una maggiore fusione, con importanti ricadute sullo stato di salute del ghiacciaio”, spiega Fugazza che in due anni ha analizzato l’archivio delle immagini Landsat dall’inizio degli anni Ottanta ai giorni nostri verificando un “sensibile decremento” dell’albedo. E contestualmente di una fusione più rapida: “Si è passati – aggiunge il ricercatore a Ilfattoquotidiano.it – da una perdita media annua dell’estensione dello 0,5% tra gli anni Cinquanta e gli anni Ottanta, a ben oltre il 2% annuo nell’ultimo decennio”.

L’incidenza dei motori diesel e delle industrie
“Si tratta del primo studio in cui l’entità dell’annerimento viene valutata su ghiacciai dell’arco alpino in un periodo di tempo così ampio – spiega – Conoscere l’intensità di questo fenomeno permette di stimare la fusione del ghiaccio in maniera più accurata, valutare gli effetti dell’annerimento sul regresso dei ghiacciai e sviluppare modelli previsionali per ottenere indicazioni sulla loro sensibilità ai cambiamenti climatici”. Di certo, spiegano i ricercatori, all’annerimento delle nevi perenni stanno contribuendo anche le polveri trasportate attraverso l’atmosfera. Sia quelle di origine naturale, in arrivo dai deserti, che quelle antropiche come il particolato fine frutto della combustione dei motori diesel e delle attività industriali della Pianura Padana, nonché il black carbon, ovvero le polveri generate dagli incendi boschivi

In 65 anni perso il 49% dell’estensione
Il ghiacciaio dello Zebrù, da millenni incastonato ben oltre i 3mila metri di altitudine, e quello dei Forni, il più esteso dell’Ortles-Cevedale che da sopra Santa Caterina Valfurva risale fino ai 3670 metri, sono tra i “grandi malati” dell’arco alpino, dove dal 1960 al 2015 si è registrata una perdita di superficie ghiacciata del 30%. In poco più di cinquanta anni si sono sciolti, insomma, 137 km quadrati di nevi perenni, sostanzialmente pari all’estensione del lago di Como. Solo sul versante lombardo del gruppo Ortles-Cevedale la fusione ha interessato un’area di 25 km quadrati, pari al 49% della superficie ghiacciata che nel 1954 era di 50,03 km2. Il 34 per cento è scomparso tra il 1990 e il 2012, a dimostrazione di un’accelerazione negli ultimi decenni.

Perso il 13% in appena in quinquennio
“Basti pensare che tra il 2007 e il 2012 il ghiacciaio ha perso il 13% della sua estensione – osserva Fugazza – Siamo ormai assestati a un ritmo di regresso del 2,6% all’anno. Tra il 1954 e gli anni Ottanta era dello 0,5″. Gli ultimi dati sono aggiornati al 2012 e tutto lascia supporre che la velocità di fusione sta aumentando. “Stiamo realizzando in questo periodo un nuovo catasto dei ghiacciai italiani per poterli aggiornare”, aggiunge il ricercatore dell’Università Statale. Secondo gli studi più recenti, il Forni negli ultimi anni ha accelerato la sua fusione arretrando mediamente di 50 metri ogni anno e assottigliando il suo spessore di 5. E c’è un’altra contaminazione sotto la lente del gruppo di ricerca delle università milanesi: le microsplatiche. Stando alle stime più fresche, nella lingua del ghiacciaio dei Forni potrebbero trovarsi 162 milioni di particelle di plastica. “Una quantità paragonabile – dice Fugazza – a quella che si trova nelle acque del Mediterraneo e sui litorali marini dell’Italia”.

L'articolo Clima, “i ghiacciai dello Stelvio sono sempre più neri e fragili: l’aumento delle temperature fa cadere i detriti e scioglie prima la neve” proviene da Il Fatto Quotidiano.



from Il Fatto Quotidiano https://ift.tt/2KgCUCr
via IFTTT https://ift.tt/316pS18

Carabiniere ucciso, il padre di Hjorth: “Non sapeva del coltello”

L’uomo ha incontrato il figlio in carcere e ha detto di essere convinto della sua innocenza: “Non riesce a darsi pace per quello che è successo”. Intanto anche il padre dell’altro americano, reo confesso dell’omicidio, vedrà il figlio tra oggi e domani



from Sky News Tg24 - tg24 cronaca https://ift.tt/2M0gcSz
via IFTTT https://ift.tt/316NnHh

Dopo oltre otto ore di scontri e tensioni sulla giustizia, in una giornata andata avanti tra vertici ristretti e allargati a Palazzo Chigi, prima e durante un Consiglio dei ministri due volte sospeso e poi terminato oltre la mezzanotte, M5s Lega trovano l’escamotage giuridico per tentare almeno di rinviare la faida. Certo, non basta per sbloccare lo stallo sulla riforma penale, approvata soltanto ‘salvo intese’. Né per rendere meno evidente la spaccatura. “La riforma è stata approvata. Sul processo civile e sul Csm l’accordo c’è, mentre manca sul penale, con il provvedimento passato salvo intese”, spiega lo stesso ministro Alfonso Bonafede, al termine del Consiglio dei ministri. Tradotto, la solita formula per permettere a pentastellati e leghisti di mostrarsi comunque vittoriosi al termine del vertice fiume, nonostante l’intesa sia ancora lontana.

Eppure, i nodi restano tutti. Certificati dallo stesso Bonafede, che si è presentato visibilmente stanco di fronte ai pochi cronisti rimasti fuori da Palazzo Chigi fino a notte: “Stasera ho sentito tanti ‘no’ dalla Lega”, ha attaccato, ribaltando le accuse di solito lanciate da Salvini ai pentastellati. “Assoluta disponibilità da parte mia, ma non posso immaginare che si possa bloccare con dei giochetti una riforma che tutti attendono”. Per questo, ha insistito il Guardasigilli, si aspetta ora che la Lega presenti “proposte per migliorare il testo”. E non ci sia soltanto ostruzionismo.

Perché, considerato che dai tecnici era arrivato un sostanziale via libera, il pericolo per il M5s è che dietro i niet leghisti la partita sia in realtà tutta politica: con la volontà di passare all’incasso e blindare altri provvedimenti, decreto Sicurezza bis su tutti. Ma soprattutto il dubbio è che si tratti di una strategia per affossare la riforma della prescrizione, in vigore da gennaio 2020, ma collegata alla stessa riforma penale: “Non vorrei che il vero problema fosse la prescrizione, come nodo che non viene portato al tavolo”, provoca lo stesso ministro della Giustizia, che già nel corso della trattative della giornata si era scontrato con la ministra leghista Giulia Bongiorno, alla quale Salvini ha delegato per il Carroccio il dossier giustizia. Un capitolo che resta irrisolto per il governo. Tanto che la stessa conferenza stampa annunciata nel pomeriggio finisce alla fine per saltare, al termine di una giornata convulsa. Passa, si fa per dire, soltanto la delega. Ma con le intese tra Lega e M5s ancora tutte da trovare.

L'articolo Riforma della Giustizia, Bonafede: “Tanti ‘no’ della Lega. Il vero problema è la prescrizione?” proviene da Il Fatto Quotidiano.



from Il Fatto Quotidiano https://ift.tt/2OvImXv
via IFTTT https://ift.tt/eA8V8J
Reggio Calabria

Politici e ‘ndrine: 17 arresti. “Io sono peggio di Riina”

L’inchiesta – Smantellata la rete della cosca Libri: manette al consigliere regionale di FdI Nicolò, ai domiciliari il capogruppo Pd Romeo e il capo dei costruttori

Vieni avanti, gretino di

Sollevando per un attimo il capino dai dati elettorali, che segnalano cinque anni di spaventosa e ininterrotta emorragia di voti, gli strateghi del Pd devono essersi accorti che le pochissime sinistre vincenti in Europa sono quelle ambientaliste: di nome (tutti i Verdi tranne quelli italiani) o di fatto. Così, astuti come volpi, si sono domandati […]

Il dossier

L’uomo dei soldi a Savoini a pranzo con Salvini a Milano

Il “plenipotenziario” marocchino Khabbachi, che diede i 150 mila euro cascati nella turca, nel novembre 2015 al ristorante “Gli Orti di Leonardo” con il leghista

Retromarcia su Formigoni: “Deve tornare in carcere”

La Procura generale fa ricorso in Cassazione sui domiciliari al “Celeste”

l’inchiesta

Autoriciclaggio, Siri indagato. I pm: “Gli sequestriamo il pc”

L’ex sottosegretario – L’iscrizione e la richiesta inviata alla Camera dopo il blitz a Tf Holding, destinataria del secondo dei due prestiti “anomali” a San Marino

Commenti

Rimasugli

Fincantieri e Sandro Gozi, ovvero l’afflato della coscienza

Noi avevamo sempre sottovalutato Sandro Gozi. Ai tempi in cui era l’ombra di Prodi, Umberto Bossi lo liquidò in tre minuti: “Ma chi m’ha mandato Romano? El fioeu de l’oratori?”. E invece, oggi, l’uomo che fu sottosegretario agli Affari Ue con Renzi e Gentiloni occupa lo stesso incarico nel governo francese e s’impegna a dimostrarci […]

Lo dico al Fatto

Religioni. Tutti i monoteismi si sono macchiati di fanatismo e razzismo

  A dir poco stupito, ho fatto un salto sulla sedia quando ho letto su Il Fatto di martedì una notizia “storica”. Paolo Isotta, commentando una cronaca legata all’Aida all’Arena di Verona, mia bellissima città, mi ha ricordato che la mia stirpe ebraica ha inventato pure il razzismo. Ho 72 anni e ancora vado in […]

di

Salvini e la cupidigia di servilismo (marino)

Non crediamo nemmeno per un secondo che Matteo Salvini abbia chiesto o imposto agli uomini della Polizia di Stato di scorrazzare sulla moto d’acqua il figlio sedicenne. Secondo noi è molto peggio di così. Guardando il video dei poliziotti che intimano “gentilmente” al cronista di Repubblica di non fare riprese video dell’augusto figlio intrattenuto da […]

Politica

Verso il 6 agosto

Tav, ogni partito avrà la sua mozione. Il Pd: “Resteremo in Aula”

Le mozioni sul Tav verranno discusse in Senato tra il 6 e il 7 agosto. Ieri la riunione dei capigruppo di Palazzo Madama ha stabilito che il giorno prima della pausa estiva arriveranno in Parlamento i testi sul futuro dell’opera: da una parte quello del Movimento 5 Stelle che chiede di bloccare il progetto, dall’altra […]

Senato

Seggio in più ai 5S, Casellati chiede lumi

Lettera alla Consulta – Assegnato alla grillina Pavanelli, eletta in Umbria, il posto vacante in Sicilia

messaggio “all’altra italia”

Berlusconi pensiona FI: “Serve un nuovo soggetto politico”

Una federazione dei moderati per dare rappresentanza “all’altra Italia”. Silvio Berlusconi torna su un vecchio pallino, quell’idea di un soggetto politico di centrodestra per arginare l’avanzata sovranista: “Chiamo a raccolta tutti i singoli cittadini che fanno parte dell’altra Italia. Non si tratta di fondare un nuovo partito, ma di creare una federazione fra i soggetti […]

Cronaca

La dinastia di al Qaeda

Fonte Nbc: “È morto Hamza, figlio ed erede di Osama bin Laden”

Secondo l’emittente americana Nbc gli Stati Uniti avrebbero ottenuto informazioni di intelligence secondo cui Hamza bin Laden, il figlio di Osama bin Laden ed erede del padre nella gestione di al Qaeda, sarebbe morto. La Nbc cita tre funzionari americani, che però non hanno fornito dettagli su dove o quando sarebbe morto né hanno chiarito […]

sul settimanale “oggi”

Amanda Knox, colletta per le nozze “Ma è già sposata”

Un crowdfunding per pagarsi le nozze col suo storico fidanzato, Christopher Robinson. Una storia quasi romantica, se non fosse per un piccolo dettaglio: Amanda Knox, la 32enne americana che è stata assolta per l’omicidio di Meredith Kercher dopo aver trascorso 4 anni di carcere in Italia e adesso è tornata alla sua vecchia vita negli […]

Le regole

Sparare, ultima ratio. Ma la legge lo consente

Si può premere il grilletto per evitare reati gravi, il principio è la massima prudenza

Economia

“Pesa incertezza, agiremo”

Fed taglia i tassi per la prima volta dalla crisi del 2008

La Banca centrale americana taglia i tassi di interesse per la prima volta dal 2008, ma si dice pronta a un ulteriore allentamento del sua politica monetaria nel caso fosse necessario. Al termine della due giorni di riunione la Fed annuncia una riduzione del costo del denaro da un quarto di punto, con i tassi […]

Conflitto d’interessi

Carige, il commissario e la consulenza all’ex studio

L’incarico affidato a Freshfields, da cui proviene Lener. La banca: “Poche decine di migliaia di euro…”

i nuovi decreti

Scuola, da inclusione alle assunzioni:tutte le novità e i progetti

Molte novità all’orizzonte per il comparto scuola: le ultime due riguardano la pubblicazione del decreto che prevede, per il prossimo anno scolastico, l’assunzione di 53.627 docenti a tempo determinato chiamati dalle graduatorie già esistenti, e l’approvazione definitiva in Consiglio dei ministri del decreto inclusione che corregge e integra il decreto legislativo n. 66 del 2017, […]

Mondo

La SToria

A Cambridge l’abuso sessuale non è reato

Regno Unito – È l’ateneo a decidere sulle denunce, una docente: “Casi regolarmente insabbiati”

Stati Uniti

Sanders e Warren uniti per la sanità pubblica

Primarie – I due candidati della sinistra Dem, sotto attacco dall’ala pragmatica, si sono difesi con una strategia unitaria e per ora vincente

Il dossier

La rivolta Maori per i figli rubati

Quando nel 2017 è diventata primo ministro laburista della Nuova Zelanda, Jacinda Ardern, suddita di Sua Maestà, è stata accolta con giubilo dalla popolazione indigena maori, specialmente dalle donne. Anche perché erano state proprio queste a contribuire maggiormente alla sua ascesa. A distanza di due anni dal suo insediamento, Ardern viene percepita sempre più distante […]

Cultura

Effetto #Metoo

Victoria’s Secret, caduta angeli

Dopo 23 anni, fine dello show

Sul set

A scuola da Scola: “I migliori anni”di Muccino omaggiano il maestro

Protagonisti tre ragazzi del centro di Roma, dagli anni Ottanta al “Vaffa Day” di Grillo

1925-2019

Addio a Pisu l’istrione: scoprì il talento comico nel lager

Da Provolino a “Striscia la notizia”, dalla radio al cinema, dal varietà all’impegno partigiano contro i nazifascisti: è spirato a 94 anni l’attore bolognese versatile e sornione

di

L'articolo In Edicola sul Fatto Quotidiano del 1 Agosto: Sgominata la cosca dei politici. Retata in Calabria 17 arresti nella ’ndrina Libri: “Voti in cambio di appalti” proviene da Il Fatto Quotidiano.



from Il Fatto Quotidiano https://ift.tt/2Ka1FBr
via IFTTT https://ift.tt/eA8V8J

“Sto sentendo un po’ troppi no dalla Lega, mi auguro che arrivi qualche sì”. Luigi Di Maio prende in prestito lo slogan di Matteo Salvini per rispondere alla domanda se oggi il Consiglio dei ministri approverà la versione finale del testo della riforma della Giustizia o se il M5s si accontenterà di un’approvazione con la formula ‘salvo intese’ vista la distanza tra Lega e M5s. “È una riforma che fa tanto paura a quei partiti che oggi stanno all’opposizione. Non vedo perché la Lega si debba opporre a una riforma che riduce i tempi del processo“.

L'articolo Riforma Giustizia, Di Maio: “Non condivisa da Lega? Riduce tempi dei processi. Perché si devono opporre?” proviene da Il Fatto Quotidiano.



from Il Fatto Quotidiano https://ift.tt/2GDBi4B
via IFTTT https://ift.tt/eA8V8J

Mafia e massoneria a braccetto. È il legame che viene rivelato dall’inchiesta antimafia della Dda di Palermo che all’alba di oggi ha emesso sette fermi. In manette anche un funzionario regionale. Gli indagati, a vario titolo, sono accusati di associazione mafiosa e concorso esterno in associazione mafiosa. Nel corso dell’inchiesta, tra Licata e Palermo, sono state documentate “qualificate dinamiche associative funzionali alla infiltrazione di rilevanti attività imprenditoriali in via di realizzazione nell’agrigentino – dicono gli inquirenti – e il ruolo occupato all’interno del sodalizio da due massoni che ricoprivano il ruolo di maestri venerabili di due distinte logge”. Al centro delle indagini del Ros la famiglia mafiosa di Licata (Agrigento), di cui sono stati delineati gli assetti e le gerarchie. Nell’indagine sarebbe emerso che alcuni mafiosi avrebbero ottenuto sconti sul pagamento delle spese di giustizia, processi e carcere. 

Al centro delle indagini “c’è la famiglia mafiosa di Licata, al cui vertice” per gli inquirenti c’era il pregiudicato Giovanni Lauria “che presiedeva a riunioni ed incontri con gli altri associati, gestendo e pianificando tutte le relative attività ed affari illeciti, mantenendo il collegamento con esponenti di altre famiglie di cosa nostra della Sicilia Orientale, al fine di progettare la realizzazione di attività volte ad alterare le ordinarie e lecite dinamiche imprenditoriali”.

I provvedimenti della Dda hanno riguardato Giovanni Lauria, 79 anni, detto “il professore”, Vito Lauria, 49 anni, (figlio di Giovanni), Angelo Lauria, 45, Giacomo Casa, 64, Giovanni Mugnos, 53, Raimondo Semprevivo, 47, Lucio Lutri, 60 anni. L’indagine ha preso spunto dai rapporti documentati dai carabinieri tra il capomafia Salvatore Seminara (ritenuto all’epoca al vertice della famiglia di Caltagirone) e i suoi accoliti e dall’altra alcuni esponenti mafiosi licatesi capeggiati da Giovanni Lauria. Il legame, secondo gli inquirenti, doveva servire a infiltrarsi nei lavori per alla realizzazione di un importante complesso turistico alberghiero e alla demolizione di immobili abusivi nel Comune di Licata. Secondo la procura il funzionario pubblico “ha sistematicamente messo a disposizione della consorteria mafiosa la privilegiata rete di rapporti intrattenuti con altri massoni professionisti ed esponenti delle istituzioni”.

In cambio del suo aiuto alla cosca il funzionario, che in una intercettazione diceva “ma chi minchia ci deve fermare più?”, otteneva favori. L’insospettabile ruolo svolto è “sintetizzato nelle parole pronunciate proprio da Giovanni Mugnos il quale, oltre ad alludere alla protezione che la provincia mafiosa riferibile a Matteo Messina Denaro eserciterebbe in favore di Lutri chiariva che il nominato massone ha due facce… una… e due… e come se io la mattina quando mi sveglio e con una mano tocco il crocifisso e “dra banna” ho il quadro di Totò Riina e mi faccio la croce”

L'articolo Agrigento, mafia e massoneria a braccetto. Ros esegue sette fermi su ordine della Dda: c’è anche funzionario regionale proviene da Il Fatto Quotidiano.



from Il Fatto Quotidiano https://ift.tt/2ZlJRID
via IFTTT https://ift.tt/eA8V8J

C’è un confine tra prima e dopo, una linea d’ombra a senso unico, una linea che nel disegno su carta chiameremmo “contorno”. Quella linea che “separa” è la stessa che confina con quello che ci circonda. A seconda di come la interpretiamo può essere un’occasione: all’insaputa di Donald Trump, stavolta, è “scavalcare”.

È quanto accade sul confine tra il Messico e la California, in un punto preciso fra i chilometri di muro che Trump sta costruendo, dove la lunghezza finale di ciò che divide si riduce all’improvviso, e con un gesto semplice, in un punto solo: non sarà il centro del mondo, ma di sicuro è un centro che unisce. Bambini americani da una parte e messicani dall’altra, altalena tra le sbarre del muro, punto d’equilibro, dove chi taglia per respingere non ha reciso ancora l’umanità.

Ronald Rael e Virginia San Fratello, coppia di architetti e docenti universitari, dieci anni fa abbozzavano l’idea, foglietti, scarabocchi volanti, il pensiero che al centro di un muro stesse il perno che fa dondolare tutto (non tutti “gli adulti son bambini andati a male” per citare il titolo di un libro). Sarebbe un errore circoscrivere quel punto, tra Messico e Stati Uniti, alla sola geografia del luogo, come lo sarebbe vedere il contorno di un disegno solo come “confine della forma“.

Perché se è vero che i muri stanno crescendo più di quanto non crollino i confini, è altrettanto vero che l’immortalità di essere bambini evidenzia crepe in ogni muro eretto, in ogni odio che separa e che vorrebbe i buoni dalla parte di chi odia più forte. Pensa che bello se i bambini nella Striscia di Gaza potessero dondolarsi con i bambini al di là del muro che Israele ha costruito, dopo che ha sottratto con la forza la terra ai palestinesi: vorrebbe dire che i cecchini israeliani, almeno una volta, non gli sparano per essersi avvicinati.

È comprensibile che chi odia non abbia tempo per giocare, ma solo per dichiarare guerra all’orizzonte ed è impensabile che si fermi a scorgere per un attimo quello che non ha saputo fare: impedire a questi bambini di essere fratelli, amici, compagni, di gioco e ribelli. Nessun bambino nasce odiando e finché c’è un adulto che lo fa giocare, prima che la diversità gli sia inculcata come “razza”, ci saranno altalene come corridoi umanitari e l’Italia, circondata da un muro di Mediterraneo, sopravvive ancora nella sua gente migliore, nonostante chi chiude i porti possa vantare confini solo nella sua intelligenza emotiva. Maria Montessori diceva “Evitare i conflitti è opera della politica: costruire la pace è opera dell’educazione”. I bambini possono salvare il mondo. 

L'articolo Altalene nel muro Usa-Messico, nessuno nasce odiando. Serve giocare per salvare il mondo proviene da Il Fatto Quotidiano.



from Il Fatto Quotidiano https://ift.tt/2GzLBqf
via IFTTT https://ift.tt/eA8V8J

Lady Gaga è stata immortalata a Los Angeles dai paparazzi mentre bacia quello che sembra essere il suo nuovo fidanzato. E no, non è Bradley Cooper. A dispetto delle voci che la volevano già convivente con l’attore di A Star is Born, fresco di separazione dalla moglie Irina Shayk, la popstar è stata vista in compagnia di un altro uomo, il 37enne Dan Horton, tecnico del suono.

Una notizia che ha deluso non poco tutti i fan della coppia Gaga-Cooper che già sognavano un lieto fine da film, anche perché il bacio immortalato dagli obbiettivi dei fotografi lascia pochi dubbi. Dan Horton e Lady Gaga sono stati visti insieme al ristorante Granville di Studio City, in California, durante un bruch, la scorsa domenica 28 luglio. Non solo, oltre alle foto esclusive del bacio tra i due, la rivista americana People ha pubblicato anche i racconti di diversi testimoni presenti quel giorno nel locale, che hanno confermato che la coppia è stata tutto il tempo abbracciata e in atteggiamenti molto intimi

Anche l’ex moglie di Dan, l’attrice Autumn Guzzardi, ha commentato il flirt, pubblicando su Instagram un suo primo piano accompagnato da una sola didascalia: “Poker face”, citazione eloquente di uno dei brani più noti della cantante.

L'articolo Lady Gaga paparazzata mentre bacia il nuovo fidanzato: no, non è Bradley Cooper proviene da Il Fatto Quotidiano.



from Il Fatto Quotidiano https://ift.tt/331xSCe
via IFTTT https://ift.tt/eA8V8J

Addio al panino da casa in mensa. A mettere un punto alla vicenda della schiscetta è la Corte di Cassazione che ieri ha depositato la sentenza che accoglie il ricorso del ministero e del Comune di Torino. Siamo di fronte ad una sentenza che non tiene in considerazione la realtà.

I giudici scrivono che “la funzione pedagogica del tempo mensa è predicabile solo in termini di ristorazione collettiva nel contesto di un’offerta formativa a tale scopo organizzata”. E’ evidente che nessuno dei firmatari di questa sentenza è mai stato in una scuola nell’ora della mensa. Se ci fosse stato saprebbe che il principio della funzione pedagogica del tempo mensa è fasullo. Gli insegnanti che si trovano al tavolo con degli urlanti bambini altro non fanno che i guardiani strillando di “abbassare la voce”.

L’idea di far pranzare i docenti con gli alunni è semplicemente una furbata del legislatore che anziché spendere dei soldi per degli assistenti ha “ben” pensato di utilizzare i docenti. Ancora: la sentenza dice “che l’introduzione di vari e differenti pasti domestici nei locali scolastici inficia il diritto degli alunni e dei genitori alla piena attuazione egualitaria del progetto formativo comprensivo del servizio mensa, con possibile violazione dei principi di uguaglianza e di non discriminazione in base alle condizioni economiche oltre che del diritto alla salute tenuto conto dei rischi igienico sanitari di una refezione individuale non controllata”.

Detto in altre parole la Cassazione in nome dell’uguaglianza preferisce che tutti mangino male piuttosto che vedere qualcuno mangiar bene. Dobbiamo, infatti, ricordare che la battaglia del pasto da casa nasce anche perché mamme e papà erano stanchi di vedere una scarsa qualità del cibo preparato che gioca sempre con appalti al ribasso. Inoltre si parla di condizioni igienico sanitarie: eppure quando si va in gita e tutti portano il panino da casa e nessuna autorità interviene.

Altra questione sollevata dalla Cassazione: “L’istituzione scolastica – affermano i giudici – è un luogo dove lo sviluppo della personalità dei singoli alunni e la valorizzazione delle diversità individuali devono realizzarsi nei limiti di compatibilità con gli interessi degli altri alunni e della comunità”. Certo, dal punto di vista del principio sarei d’accordo con la Cassazione. In una scuola dove la mensa funziona bene, dove la pasta non è servita scotta, dove non viene servita la minestra bollente anche a maggio, dove la frutta non è raccolta in bacinelle di plastica somiglianti a quelle per lavare i panni o alle latte di vernice, tutto dovrebbe concorrere ad un interesse comunitario ma la verità è che oggi le nostre mense scolastiche sono pessime ma pochi ne sono consapevoli.

La Legge nemmeno prevede l’istituzione delle commissioni mensa per obbligo, mancano controlli sul cibo, su come viene trasportato e servito. E allora se qualcuno preferisce portarsi un panino da casa non fa altro che difendersi, che tutelarsi, che provocare un dibattito che può giovare al miglioramento delle nostre mense

L'articolo No al panino da casa, il principio è giusto. Ma la Cassazione ha mai visto le mense scolastiche? proviene da Il Fatto Quotidiano.



from Il Fatto Quotidiano https://ift.tt/2STcx9m
via IFTTT https://ift.tt/eA8V8J

Cala la disoccupazione in Italia. Secondo le ultime rilevazioni Istat a giugno il tasso ha subito la quarta flessione consecutiva, scendendo al 9,7%, 0,1 punti percentuali in meno rispetto a maggio. Secondo l’Istituto di statistica è il tasso più basso dal gennaio 2012, cioè da sette anni e mezzo. La diminuzione “è determinata da entrambe le componenti di genere ed è distribuita in tutte le classi d’età ad eccezione dei 25-34enni”.

Diminuisce inoltre anche la disoccupazione giovanile, che colpisce la fascia d’età tra i 15 e i 24 anni. Il tasso rilevato a giugno è del 28,1%, in calo di 1,5 punti percentuali. È il tasso più basso dall’aprile del 2011.

L'articolo Lavoro, Istat: a giugno disoccupazione al 9,7%. “È il tasso più basso dal 2012”. Cala anche quella giovanile proviene da Il Fatto Quotidiano.



from Il Fatto Quotidiano https://ift.tt/2YvExBh
via IFTTT https://ift.tt/eA8V8J

Dopo l’ultima puntata di Temptation Island erano scoppiate cinque coppie su sei, cosa è successo dopo il programma? Canale 5 ha trasmesso una puntata speciale facendo il punto sui loro sentimenti un mese dopo la fine delle registrazioni. Tra conferme e ribaltoni. Sabrina e Nicola dopo il falò di confronto avevano lasciato il reality separatamente, lei 42 anni e lui 30, ma sono tornati insieme: “I sentimenti per Sabrina ci sono sempre stati. Lei si è fatta avanti e dopo l’iniziale freddezza, ci siamo guardati negli occhi e ci siamo abbracciati. Un abbraccio molto particolare, ho provato rabbia ed emozione”, spiega il fidanzato.  Sabrina continua il racconto: “Ho lasciato sfogare Nicola ma non ho creduto a mezza parola di quello che ha detto. Ho visto tanta rabbia ma noi due ci amiamo”.

A sorpresa non hanno confermato la loro decisione David e Cristina, i due concorrenti già noti al pubblico di Uomini e Donne. I fidanzati avevano lasciato Temptation Island insieme ma adesso non sono più una coppia: “Dopo il falò, ha cominciato ad avere un atteggiamento che prima non aveva. Ha cominciato ad attaccarmi subito e io sono fuggita. David è un narcisista, non sa amare. Ancora non mi ha ridato le mie cose che si trovano a casa sua”, ha spiegato la ragazza a Bisciglia. L’ex fidanzato ha fornito la sua versione dei fatti: “Dopo il falò, abbiamo avuto un confronto. Lei si è sentita costretta a fare questo falò perché, a suo dire, non aveva fatto nulla di male. Era più interessata a Temptation Island che a noi. Per quanto mi riguarda, cerco una donna che valorizzi le mie qualità”.

Nunzia e Arcangelo stavano insieme da tredici anni, è stato lui a lasciare lei nel confronto finale. Nel suo percorso aveva baciato una tentatrice e la fidanzata aveva fatto di tutto per evitare la rottura definitiva: “È stato strano tornare a casa senza di lei. Ovviamente, mi manca ma la scelta che ho fatto l’ho fatta per il nostro bene. Lei ha capito il mio discorso e ora bisogna essere forti. La strada del perdono sarebbe stata più facile. Abbiamo rinviato il momento di rivederci. Magari adesso sto soffrendo più io che lei”, ha commentato Arcangelo. La ragazza non nasconde la delusione ma sembra decisa ad andare avanti: “A casa ho realizzato veramente che Nunzia e Arcangelo non esistevano più. Oggi sto bene, sono consapevole di quello che è successo. Arcangelo non voleva continuare con me, non è che non poteva. Se una persona vuole, può. Sono curiosa di conoscere me stessa come persona sola. Io ho conosciuto Arcangelo a 13 anni, oggi ne ho 26. Se Arcangelo dovesse tornare sarebbe un no categorico da parte mia.”

Ilaria ha deciso di non uscire dal programma con il fidanzato Massimo, lui insiste con la speranza di recuperare il loro rapporto: “Mi manca Ilaria, mi manca tutto di lei. Ma non ho rimpianti. Le ho fatto capire tutto quello che avevo capito all’interno del villaggio. Rifarei tutto perché sono sereno, ho ottenuto le risposte che cercavo. Sono ancora innamorato. Lei è confusa anche a causa dei suoi genitori. Non voglio che lei stia male.” L’ex fidanzata non ha ancora capito cosa fare: “Il primo pensiero quando mi sveglio sono io. Prima, invece, c’era sempre Massimo. Ora non ho bisogno di nessuno. Non riesco a dire ‘ti amo’ a Massimo. Questo non significa che non gli credo. Se tra me e Massimo, dovesse ricapitare un colpo di fulmine, i miei genitori non sarebbero contenti. Mi auguro di trovare un amore forte che duri per tutta la vita. Sono riuscita a volermi più bene”.

Andrea e Jessica prima di Temptation Island avrebbero dovuto sposarsi, oggi non stanno più insieme. Lei continua a frquentare il tentatore Alessandro e lascia intendere che il suo ex fidanzato sarebbe disposto a tornare con lei ma lui nega: “Ci siamo risentiti. Lei dice che non mi ha mancato di rispetto e invece l’ha fatto eccome. Io non voglio tornare con lei, voglio che lei sparisca dalla mia vita ma lei la sta tirando per le lunghe”. Infine hanno confermato la loro decisione Katia e Vittorio: “Non voglio rivedere Katia perché la farei soffrire e mi dispiace, nonostante tutto io le voglio bene e so che lei ne vuole a me, ma la mia decisione non cambia”. Vittorio continua la frequentazione con la single Vanessa mentre Katia non nasconde la delusione: “Il rientro a casa è stato traumatico. Il suo è stato un tradimento ma l’ho capito dopo. Era un Vittorio diverso, io non mi sono comportata come lui. Gli ho chiesto un confronto e lui me l’ha negato. Ci sono rimasta male, a me manca, non lo nego. Spero si faccia risentire”. Il reality ha ottenuto ascolti record anche per lo speciale in onda ieri sera, visto da 3.764.000 telespettatori e il 24,1% di share. Tra poco più di un mese Temptation Island tornerà in onda ma con l’edizione vip condotta da Alessia Marcuzzi.

L'articolo Temptation Island un mese dopo: ecco come è andata a finire tra le coppie proviene da Il Fatto Quotidiano.



from Il Fatto Quotidiano https://ift.tt/2YzouCo
via IFTTT https://ift.tt/eA8V8J

A questo qui, gli spariamo“. I carabinieri del Ros e del Comando provinciale di Agrigento hanno fermato sette persone indagate per associazione mafiosa e concorso esterno in associazione mafiosa. Nel video, una parte delle intercettazioni ambientali tra le persone fermate, che ha permesso agli inquirenti di ricostruire assetti e gerarchie della famiglia mafiosa di Licata. Nel corso delle indagine sono state scoperte infiltrazioni nelle attività imprenditoriali.

L'articolo Agrigento, sette fermi per associazione mafiosa. Le intercettazioni: “A questo gli spariamo” proviene da Il Fatto Quotidiano.



from Il Fatto Quotidiano https://ift.tt/2Orps3Z
via IFTTT https://ift.tt/eA8V8J

Ci troviamo all’aeroporto di Londra-Gatwick, in Inghilterra. Sopra la pista d’atterraggio, a un certo punto, spunta dalla nuvola a bassissima quota un Airbus A380 proveniente da Dubai. L’effetto dell’aereo che esce dalla foschia presente sopra lo scalo è spettacolare.

Video Twitter/Seref Sezgin

 

L'articolo L’aereo sembra uscire “dal nulla”: l’atterraggio spettacolare dell’Airbus A380 proviene da Il Fatto Quotidiano.



from Il Fatto Quotidiano https://ift.tt/2GEyLY5
via IFTTT https://ift.tt/eA8V8J

Gli eventi meteorologici estremi dell’ultimo weekend, che sono poi solo gli ultimi di una serie, hanno avuto nuovamente esiti disastrosi nell’area alpina e in particolare negli stessi territori, dall’alto Bellunese al Sudtirolo, che saranno teatro di grandi lavori in vista delle prossime Olimpiadi invernali del 2026. Va notato che sono tutte porzioni di Dolomiti già fortemente segnate dall’intervento dell’uomo nell’ultimo mezzo secolo e dallo sviluppo industriale dello sci da discesa, esempi da manuale del distrut-turismo: le stesse foto degli ultimi spettrali allagamenti e delle gigantesche onde di fango che travolgono le strade mostrano in modo inequivocabile che gli effetti del maltempo trovano un fattore di moltiplicazione sui pendii disboscati e quasi desertificati dove operano gli impianti di risalita e soprattutto quelli per l’innevamento programmato, con la rete sotterranea di cavi e i contorti drenaggi delle acque che richiedono.

Pochi chilometri sopra Cortina, per esempio, è stata divorata dal classico temporale esagerato di queste estati troppo calde la strada del passo di Valparola, poco oltre il Falzarego, le zone appunto che formano il terzo dei comprensori sciistici (detto Lagazuoi-Cinque Torri) della capitale olimpica (che ha le piste più note sotto le Tofane e le altre al Faloria-Cristallo). Il giorno dopo questo disastro sono state piegate dal maltempo altre strade dell’Alto Adige, con frane di detriti e fango, anche ad Anterselva, capitale del biathlon e località di gara per le Olimpiadi. Se si va poi a guardare bene, anche in Trentino gli eventi atmosferici estremi fanno sempre disastri nelle valli, come la val di Fassa, più segnate dalla distruzione del territorio legata allo sviluppo della pratica dello sci e all’ondata generale della speculazione edilizia degli anni Sessanta. I fenomeni atmosferici eccezionali trovano dunque un fattore di moltiplicazione nelle ferite che l’uomo ha inferto per anni al territorio.

Se queste sono le premesse di fine anni Dieci, considerato che si parla di fenomeni che gli studiosi considerano irreversibili e in continuo peggioramento (il global warming attanaglia ormai il 92% del pianeta), figurarsi che cosa ci si potrà aspettare per la metà degli anni Venti, posto che nel frattempo ci saranno da affrontare alcune stagioni decisive per la messa a punto di strade, infrastrutture, impianti, alberghi, villaggi e quant’altro abbiamo promesso al Comitato olimpico. Ora, dal momento che è impensabile che tante e tali menti sopraffine della nostra classe dirigente sportiva, politica e imprenditoriale siano state così incoscienti da non prendere in considerazione il fattore naturale ed ecologico nella folle corsa ad aggiudicarsi le Olimpiadi invernali del 2026, non resta che evincere con quale arroganza abbiano evidentemente già calcolato che, una volta partito il treno olimpico, nella fretta di farlo arrivare in orario al febbraio del 2026 si potrà poi agevolmente ricorrere a nuovi fondi e ricevere tanti via libera altrimenti non ottenibili.

Oltre allo specifico della fragilità del territorio interessato alle Olimpiadi invernali del 2026, c’è una seconda considerazione fresca dei Temporaloni seguiti al Solleone di fine luglio, ed è l’impossibilità acclarata di seguire un calendario tradizionale nelle stesse competizioni sportive, come le ultime due tappe irritualmente interrotte e dimezzate del Tour de France hanno dimostrato. Sempre in Alto Adige, negli stessi giorni, gli organizzatori di una gara di sky running non hanno sospeso la competizione, nonostante le previsioni di maltempo, e alla fine, dopo un temporale con 14mila fulmini, una saetta ha addirittura ucciso sul colpo un’atleta norvegese (stessa sorte, peraltro, rischiata da uno spagnolo in gara sul Rocciamelone, in val di Susa, che però se l’è cavata con un forte stordimento).

Se si ribalta il discorso da luglio al cuore finale dell’inverno, nel febbraio in cui si dovrebbero tenere le gare olimpiche, l’insegnamento di queste ultime stagioni ci parla di sbalzi di temperatura con impennate di caldo anomalo in quota, anche per l’irraggiamento solare, e di una scarsità di precipitazioni irrituale rispetto alle serie storiche precedenti. Nel 2019, per esempio, si sono avute copiose nevicate sulle nostre Alpi solo a maggio avanzato, non certo d’inverno. E quando vengono messi al lavoro gli studiosi con mezzi economici e tecnici di prim’ordine, come in Svizzera – dove hanno finanziato una ricerca-monstre sul Cervino, con 50 sensori di movimento piazzati a 3.700 metri – i risultati sono inequivocabili: persino la montagna simbolo delle Alpi (il Cervino-Matterhorn viene soprannominato, non a caso, Sua Maestà) sta conoscendo una tale perdita di rigidità dei sedimenti del suolo che se ne può prevedere, se non il cedimento intero, una serie di fratture e crolli tali da modificarne l’iconico aspetto.

Discorso che vale, mutatis mutandis in termini geologici, per le Dolomiti, fragili costruzioni naturali che il riscaldamento globale con l’alternanza tra siccità e precipitazioni troppo intense sta mettendo in crisi: dopo la prima ondata di crolli intorno al 2004-2005, che ha gettato a terra anche una delle Cinque Torri, nel solo cortinese ci sono stati 11 importanti frane con crolli negli ultimi quattro anni, alcuni paesaggisticamente definitivi come sulla Piccola Croda Rossa, nel Pelmo, sul Becco di Mezzodì e nel gruppo del Cristallo, dove si è sbriciolata una punta tra le più fotografate, l’Ago Loschner. Per non dire delle catene montane tra Lombardia e Svizzera.

Il quadro generale di riferimento meteorologico e geologico delle Alpi è drammatico, e non è questione di fare più o meno i catastrofisti, ma solo di prendere atto della realtà. Altro che Olimpiadi invernali: è urgente ripensare a fondo la pratica stessa degli sport alpini e di montagna, anche perché poi sono il divertimento esclusivo di una fetta molto ridotta della popolazione, e nonostante ciò per fare e rifare le strade, o peggio ancora gli impianti di risalita, vengono presi i soldi dalle tasche di tutti – decine, centinaia di milioni di euro pubblici – per non dire delle risorse naturali saccheggiate, in primis la sempre più preziosa acqua.

L'articolo Olimpiadi invernali, il clima è impazzito. E si rischia il cambio di programma proviene da Il Fatto Quotidiano.



from Il Fatto Quotidiano https://ift.tt/2Zl41CP
via IFTTT https://ift.tt/eA8V8J

di Massimo Arcangeli

Anticamente, per cancellare il ricordo di chi l’aveva preceduto, il potente di turno poteva decretarne l’oblio con la damnatio memoriae. Nell’antica Roma ne rimase vittima l’imperatore Domiziano, ma la rimozione totale del ricordo di qualcuno era già nota alla civiltà greca e prima ancora a quella egizia: Thutmosi III, successore della donna-faraone Hat-Shepsut, alla morte di questa fece distruggere tutte le statue che la raffiguravano, rigorosamente in abito maschile, e ne fece raschiare il nome da ogni monumento.

Una lingua funziona un po’ come la memoria. La damnatio linguae non è molto diversa dalla damnatio memoriae. Spediamo una lingua all’inferno quando rinunciamo a coltivarne il ricordo, quando non reagiamo a chi vuole sottrarla ai suoi parlanti e scriventi manipolando i significati delle sue parole più importanti, quelle su cui si fonda una civiltà o una nazione, perché punta a controllarli; quando non ce ne curiamo, quando la diamo per scontata, quando non riflettiamo a fondo su ciò che diciamo e non ci interroghiamo abbastanza su quello che sentiamo; quando rimaniamo impassibili di fronte alle violenze e alla mortificazioni che la lingua subisce e ci illudiamo che ci appartenga davvero, che la possiamo governare senza dover fare niente; quando cessiamo di avere la consapevolezza che chi ha una maggiore dotazione di parole conta di più, ha un potere più grande.

Le lingue muoiono, come muoiono tante parole (salvo, ogni tanto, risorgere), e non possiamo farci niente. Al tempo di Dante esisteva un colore, il color perso, tra il purpureo e il nero, che era quello di certe stoffe provenienti dalla Persia; oggi quel colore non c’è più, perché quelle stoffe non esistono più, e il giorno in cui non potessimo più ammirare l’arcobaleno potrebbe finire in soffitta la parola indaco, il cui significato ormai sfugge a tantissimi giovani. Anche molti significati muoiono, ma qui le cose stanno diversamente. Se significati centrali o importanti muoiono quando le parole che ne sono investite sono ancora ben in vita, perché anch’esse centrali o importanti, non sempre ce ne accorgiamo e, in molti casi, li si uccide apposta. Non ce ne accorgiamo perché il loro involucro, il loro bozzolo, è ancora lì. Ci sembra lo stesso di sempre, e invece non lo è.

“Se solamente Dio inventasse delle nuove parole / potrei scrivere per te nuove canzoni d’amore”, ha cantato Ultimo al festival di Sanremo di quest’anno (I tuoi particolari, 2019). Curiamo però anche quelle di un tempo, o ogni tanto accarezziamole perché lo meritano. Ci insegnano molto su quel che siamo stati, ci fanno comprendere meglio il presente, ci consigliano per il futuro. Colorano il mondo. Abbiamo bisogno di sfumature che insegnino a distinguere e di convergenze virtuose e consapevoli, e in questo le parole aiutano.

Nei giorni scorsi ho lanciato un sondaggio. Quale parola salvereste, ho chiesto ai miei amici, fra virtuali e reali, se qualcuno vi dicesse che se ne vogliono cancellare 50 dalla nostra memoria collettiva, e per sempre, perché adoperate sempre meno e pertanto ritenute moribonde e inutili? Tutti i dizionari le depenneranno, i giornali le bandiranno da ogni articolo, la televisione vieterà di usarle e Internet rimuoverà dalla rete tutti i testi che le contengono. La risposta è stata travolgente. Giocate (seriamente) anche voi. Fate la vostra scelta (potete esprimervi una sola volta; se farete una seconda scelta, o una terza, una quarta, ecc., verrà considerata soltanto la prima), che dev’essere accompagnata da un commento sul motivo per il quale salvereste proprio quella parola. Questa è soltanto la prima fase del gioco, ora lanciato ora anche ufficialmente, al festival di Popsophia (18-28 luglio), a Civitanova Marche. Ne seguiranno delle altre.

Ecco la lista.

1. adepto
2. alterco
3. apodittico
4. astio
5. azzimato
6. biasimare
7. blandire
8. catarsi
9. collimare
10. comminare
11. contegno
12. contumacia
13. corrivo
14. desueto
15. discolo
16. esecrare
17. esimere
18. esiziale
19. facondo
20. fandonia
21. futile
22. indaco
23. indigente
24. laico
25. millantatore
26. morigerato
27. nemesi
28. ostico
29. panacea
30. pantagruelico
31. paventare
32. perciocché
33. perpetrare
34. petulante
35. ponderare
36. protervia
37. pusillanime
38. redarguire
39. redimere
40. reprobo
41. smussare
42. solluc(c)hero
43. soqquadro
44. sordido
45. spelacchiato
46. spocchia
47. tergiversare
48. trebisonda
49. troglodita
50. zuzzurellone

L'articolo Cinquanta parole a rischio estinzione. Quale salvereste? proviene da Il Fatto Quotidiano.



from Il Fatto Quotidiano https://ift.tt/2K4UElq
via IFTTT https://ift.tt/eA8V8J

Appena eletto primo ministro, Boris Johnson ha formato un governicchio, eliminando 17 ministri del precedente esecutivo e inzeppandolo di figure mediocrissime ma fedeli e stolidi pifferai del tafazzismo in salsa anglosassone conosciuto come Brexit nei migliori pub delle isole britanniche.

Ovviamente la scadenza del 31 ottobre rende inutile qualsiasi negoziato: un eventuale nuovo accordo (che peraltro l’Ue al momento non ha alcuna intenzione di concedere) dovrebbe essere ratificato dai restanti 27 membri della Ue. E se non bastasse, nel Parlamento di Sua Maestà Britannica non esiste alcuna maggioranza in favore di una no-deal Brexit come prova la lunga serie di umilianti sconfitte che hanno scarnificato politicamente Theresa May, Quindi la farsa ad alto tasso alcolico che si continua a recitare dalle parti di Downing Street e di Westminster si arricchirà di nuove becere gag e di un comico che sulla scena londinese non teme confronti.

Del resto, il neo primo ministro al suo esordio non ha deluso: ai Comuni ha posizionato la puntina sul disco rotto con le farneticazioni della sua campagna elettorale, infarcite del rifiuto di compromessi sulla questione del confine nord irlandese. Un’intransigenza che rende felici tutti coloro che mirano allo smembramento del Regno Unito, primo luogo gli scozzesi che già si agitano per un nuovo referendum sulla secessione.

Quali sono i possibili schianti a cui andrà incontro l’Armata Brancalion che issa i vessilli della Brexit? Per come la vedo io, sono questi:

– un accordo negoziato con la Ue che lasci quasi tutto come ora, ma che si cercherebbe di presentare all’elettorato di boccaloni xenofobi come un grande successo. Quindi un Regno Unito che mantiene di fatto tutti gli obblighi di un paese membro dell’Ue, ma senza voce in capitolo in nessuna decisione;

– al 31 ottobre non si firma alcun accordo, ma affinché il Regno Unito possa lasciare l’UE si impone un voto in Parlamento. Quindi o Johnson e i suoi accoliti innescano una crisi costituzionale o si devono sottoporre ad un voto di fiducia da cui usciranno umiliati esattamente come la May;

– se le opposizioni, sentendo l’odore del sangue politico dei conservatori man mano che Johnson si intrappola nella sua stessa rete di promesse fasulle, potrebbero chiedere un voto di fiducia prima del 31 ottobre. Entro due settimane si dovrebbe formare un governo a tempo di unità nazionale (escludendo i Brexiters), per chiedere alla Ue una nuova proroga della scadenza. Quindi si terrebbero nuove elezioni che di fatto si trasformerebbero in un nuovo referendum.

Johnson capisce che sta andando a schiantarsi e si gioca il tutto per tutto convocando nuove elezioni a settembre e cercando di ricompattare le sue fila. Ma i conservatori con la May hanno già tentato questa forzatura e ne sono usciti maciullati, cioè senza maggioranza ai Comuni e tanto meno una compagine parlamentare favorevole alla Brexit. Johnson è una figura ancora più screditata della May e quindi subirebbe una batosta ancora peggiore. Peraltro l’elettorato si sta polarizzando verso i lib-dem che sono europeisti e il Brexit party che raccoglie l’ala oltranzista dei Leavers. I Conservatori finirebbero per perdere gli elettori moderati e quelli fanatici.

Se il Labour si liberasse di un ciarlatano vetero-marxista come Corbyn forse nella tragica e cupa nottata calata sulla Gran Bretagna da oltre tre anni, si potrebbero intravedere sprazzi di aurora.

L'articolo Regno Unito, la fake Brexit di Boris Johnson proviene da Il Fatto Quotidiano.



from Il Fatto Quotidiano https://ift.tt/2GGcHfI
via IFTTT https://ift.tt/eA8V8J

Cento anni fa, il 31 luglio 1919, nasceva Primo Levi, considerato soprattutto nel mondo anglosassone il più grande scrittore italiano del Novecento. Il suo libro-testimonianza sulla prigionia ad Auschwitz, Se questo è un uomo, apparso nel 1947 è tra i testi più tradotti al mondo, la testimonianza di un sopravvissuto ai lager nazisti nella quale per lunghi passaggi l’autore-testimone scompare, lasciando sotto i nostri occhi una cronaca di minuti, quanto tragici, eventi.

Nell’introduzione a Se questo è un uomo, inserita nell’edizione del 1958, si dice a proposito del libro: “Esso non è stato scritto allo scopo di formulare nuovi atti di accusa; potrà piuttosto fornire documenti per uno studio pacato di alcuni aspetti dell’animo umano”. Primo Levi diventa la nostra guida nell’abisso più profondo mai toccato dall’uomo. Quasi un’inchiesta su come persone normali arrivino a trasformarsi in crudeli aguzzini. Un quesito incessante che drammaticamente lega Se questo è un uomo con l’ultima opera del 1986, I sommersi e i salvati, un testamento in forma di riflessione estrema, un monito che ci mette in guardia su quanto sia facile, anche per un uomo normale, per ognuno di noi, scivolare sotto la pressione dell’ambiente circostante nella pratica della violenza inutile, eseguita al solo scopo di provare piacere nell’umiliare il proprio simile.

Di fronte all’orrore massimo, si sgretola anche il fondamento spirituale. Per Primo Levi non si può credere in Dio dopo Auschwitz, sono due poli, uno negatore dell’altro: “C’è Auschwitz, quindi non può esserci Dio”. Sempre ne I sommersi e i salvati, Levi ci racconta il cammino controverso della memoria, con gli aguzzini che si illudevano di cancellare le prove della loro violenza o, al più, altrettanto cinicamente, ritenevano che i superstiti non sarebbero stati creduti, come in parte accadde nei primi tempi.

Tra questi due imprescindibili libri ce n’è un terzo, La Tregua, uscito nel 1963, che è la storia del suo ritorno da Auschwitz attraverso un’Europa ridotta in macerie, un’odissea di quasi dieci mesi. L’incubo del “campo” è solo una tregua, non ce ne si libera più, neanche a casa: quella paura è penetrata nelle ossa e sarà parte dell’esistenza dei sopravvissuti.

I territori de La Tregua (le pianure tra la Russia e la Polonia) tornano nell’unico vero romanzo di Primo Levi, Se non ora, quando? del 1982. Il titolo cita un passo del Talmud ed è una storia di partigiani ebrei – che a migliaia hanno combattuto da soli o a fianco di russi e polacchi – costretti a misurarsi anche con il pregiudizio antisemita dei partigiani non ebrei: “sradicare un pregiudizio è doloroso come estrarre un nervo”. Il pregiudizio può produrre le conseguenze più nefaste, come quando si considera ogni straniero un nemico. “Per lo più questa convinzione giace in fondo agli animi come una infezione latente […] non sta all’origine di un sistema di pensiero. Ma quando questo avviene […] allora, al termine della catena, sta il lager”.

Nel proposito di studiare l’animo umano c’è l’essenza di Primo Levi: un chimico che riversa nella letteratura la sua indole di scienziato. Parole di una precisione chirurgica, mai una di troppo, che avvicinano la tecnica di scrittura di Primo Levi a Italo Calvino, altro autore attratto dalla scienza. Uno stile e uno studio costruiti però sulla propria pelle, come nei continui sforzi di capire i tedeschi, studiarne la cultura, tornare in Germania e ricevere anche l’impagabile riconoscimento dai primi lettori tedeschi di Se questo è un uomo, che gli chiedevano perdono e volevano che il suo libro fosse diffuso in Germania.

Non è solo sui temi della guerra e del lager che si misura la grandezza di Primo Levi. Il sistema periodico (1975) è un gioiello di 21 racconti, nel quale l’autore ripercorre momenti della sua vita associando ciascun episodio a un elemento chimico. Ne La chiave a stella (1978) Levi racconta la storia di un trasfertista montatore, mentre Storie naturali (1966) sono intriganti racconti di scienza e fantascienza.

Primo Levi ci ha infine lasciato poesie di rara intensità, come L’approdo, che immagina la quiete alla fine della vita:

Felice l’uomo che ha raggiunto il porto,
Che lascia dietro di sé mari e tempeste,
I cui sogni sono morti o mai nati,
E siede a bere all’osteria di Brema,
Presso al camino, ed ha buona pace.

Felice l’uomo come una fiamma spenta,
Felice l’uomo come sabbia d’estuario,
Che ha deposto il carico e si è tersa la fronte,
E riposa al margine del cammino.

Non teme né spera né aspetta,
Ma guarda fisso il sole che tramonta.

L'articolo Primo Levi, questo è un uomo proviene da Il Fatto Quotidiano.



from Il Fatto Quotidiano https://ift.tt/2ZnNlu8
via IFTTT https://ift.tt/eA8V8J

Scintille nelle commissioni Politiche dell’Unione europea riunite di Camera e Senato, a Montecitorio, durante l’audizione dei membri italiani del Parlamento europeo. Piero De Luca, deputato del Partito democratico e figlio del presidente della Regione Campania, pone l’accento sulle priorità sulle priorità della nuova legislatura europea e tra queste “il rafforzamento dello stato di diritto perché – spiega – non è una barzelletta difendere l’autonomia della Magistratura“. A De Luca replica polemico Dino Giarrusso, neo parlamento europeo del M5s: “Mi sorprende il suo intervento visto che nel suo partito c’è un collega che si è messo a parlare di chi mettere nelle Procure con l’allora presidente dell’Associazione nazionale magistrati (chiaro il riferimento a Luca Lotti, che per questa vicenda si è autosospeso dal Pd, pur non indagato, ndr) e questo mi sembra molto singolare”. Parole che scatenano le proteste di De Luca. Interviene il presidente della commissione, Sergio Battelli, per placare il diverbio tra i due deputati, ma Giarrusso non gradisce: “Collega Battelli dove siamo al mercato?”. “Presidente mi aspetto una censura delle frasi che ha appena detto Giarrusso che non hanno nulla a che vedere col tema della discussione di oggi” replica De Luca e Giarrusso “Perché non hai parlato dell’indipendenza della Magistratura?”. Battelli: “Non siamo in tv, qui decido io. Rimaniamo sul tema” ma Giarrusso e De Luca continuano a polemizzare.

L'articolo De Luca vs Giarrusso: “Difendere autonomia magistratura”. “Detto dal Pd è sorprendente”. Bagarre in commissione: “Non siamo in tv” proviene da Il Fatto Quotidiano.



from Il Fatto Quotidiano https://ift.tt/2SR4biI
via IFTTT https://ift.tt/eA8V8J

C’è più di un politico tra i 17 arresti eseguiti questa notte a Reggio Calabria dove la Direzione distrettuale antimafia ha colpito la cosca Libri. Fino alla conferenza stampa che si terrà in mattinata per illustrare i dettagli dell’operazione “Libro Nero”, la Procura tiene la massima riservatezza. Sappiamo già però che tra i politici arrestati ci sono il consigliere di Fratelli d’Italia Sandro Nicolò, finito in carcere, e il capogruppo al Consiglio regionale del Partito democratico Sebi Romeo, ai domiciliari. Tra gli indagati con gravi indizi di colpevolezza, ma a piede libero, c’è l’ex assessore regionale Demetrio Naccari Carlizzi, anche lui del Partito democratico e cognato dell’attuale sindaco di Reggio Calabria Giuseppe Falcomatà.

Dodici in tutto ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse dal gip su richiesta del procuratore Giovanni Bombardieri e dei sostituti della Dda Stefano Musolino e Walter Ignazitto. Altri cinque indagati sono finiti ai domiciliari. La maggior parte degli arrestati, stando alle indagini della squadra mobile di Reggio, sono affiliati alla potente cosca Libri e accusati, a vario titolo, di associazione mafiosa, concorso esterno, estorsione, turbata libertà degli incanti, porto illegale in luogo pubblico di arma comune da sparo, con l’aggravate dell’agevolazione mafiosa, e tentata corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio.

La polizia ha eseguiti numerosi arresti e perquisizioni nei confronti di esponenti della ‘ndrangheta reggina. L’inchiesta “Libro nero”, condotta dalla Squadra Mobile del capoluogo reggino con il supporto dello Sco, ha consentito ai pm di ricostruire gli assetti e le dinamiche operative della cosca Libri, una delle più potenti articolazioni della ‘ndrangheta unitaria, che controlla nella città di Reggio Calabria i quartieri Cannavò, Condera, Reggio Campi, Modena, Ciccarello, San Giorgio e le frazioni di Gallina, Mosorrofa, Vinco e Pavigliana.

Durante il blitz sono stati applicati i sigilli a beni per diversi milioni di euro. Tra i sequestri compaiono numerose società riconducibili agli appartenenti alla cosca, operanti nel settore edilizio, immobiliare e della ristorazione. La Dda è riuscita a svelare gli interessi economici e politici della cosca Libri che, secondo gli inquirenti, aveva a disposizione imprenditori e politici locali e regionali asserviti totalmente alle volontà della consorteria criminale in qualità di soggetti interni o concorrenti esterni.

In particolare è emerso che la cosca ha favorito, nel corso del tempo, alcuni imprenditori che potevano sembrare avulsi da qualsiasi contesto mafioso. In realtà avrebbero partecipato pienamente al contesto criminale cittadino. In cambio avrebbero goduto degli occulti finanziamenti e delle protezioni derivanti dalla cosca.

I Libri, infatti, sono stati capaci di infiltrarsi nelle dinamiche politico-elettorali di Reggio Calabria, gestendo un consistente bacino di voti, convogliandoli a favore di soggetti compiacenti, senza esclusione di schieramenti politici. Le idee politiche, di destra o di sinistra, infatti, avrebbero lasciato lo spazio a un rapporto basato sul do ut des e destinato a favorire non solo la singola consorteria, ma il sistema ‘ndranghetistico nel suo complesso. L’inchiesta ha fotografato, in particolare, l’ascesa politica fino al Consiglio Regionale di un soggetto supportato, fin dagli inizi, dalla cosca Libri che ha condizionato le regionali del novembre 2014 quando i voti, in cambio di favori, sono stati dirottati verso un politico poi eletto.

L'articolo ‘Ndrangheta, 17 arresti a Reggio Calabria: colpita la cosca Libri. In carcere un consigliere regionale di Fdi, ai domiciliari capogruppo Pd proviene da Il Fatto Quotidiano.



from Il Fatto Quotidiano https://ift.tt/2MsS5LG
via IFTTT https://ift.tt/eA8V8J