luglio 2020

Una rete per lo scambio di video e fotografie pedopornografiche sulle chat private e criptate, alle quali si accedeva a pagamento. Nove persone sono state denunciate per i reati di divulgazione, cessione e detenzione di materiale pedopornografico e per istigazione a delinquere aggravata. L'indagine è stata portata a termine dalla polizia postale, coordinata dal procuratore aggiunto di Firenze Luca Tescaroli. Le perquisizioni sono state eseguite il 28 luglio.

Tutto è partito dal cellulare di una persona perquisita

L'indagine, fanno sapere gli investigatori,  ha avuto origine dall'analisi eseguita sul telefono cellulare di una persona perquisita per fatti analoghi su cui sono stati rinvenute chat, immagini e video a carattere pedopornografico, con il coinvolgimento anche di bambini molto piccoli. Al termine dell'attività, condotta sui principali social network, la polizia postale di Firenze ha identificato le persone che a vario titolo detenevano o scambiavano immagini e video pedopornografici per i quali il procuratore aggiunto Tescaroli ha emesso i decreti di perquisizione permettendo di bloccare la diffusione progressiva dei partecipanti al gruppo. Gli stessi nella chat si scambiavano consigli su come eludere le attività d'indagini della polizia postale, su dove reperire materiale e sul come cancellare le tracce.

Tassa di 15 euro per accedere ai canali Telegram 

Le perquisizioni, coordinate dal Centro protezione dei minori del Servizio polizia postale di Roma, sono state eseguite in Toscana - a Firenze e Lucca -, Campania, Friuli Venezia Giulia, Lazio e Sicilia. Il più 'anziano' del gruppo ha compiuto da poco 55 anni, il più giovane ne ha 19. Sequestrati decine di telefonini e computer. Analizzando il telefono di uno dei nove, fanno ancora sapere gli investigatori, è emersa la presenza di canali Telegram dove, per accedere ai contenuti pedopornografici, è necessario preliminarmente pagare 15 euro a canale per essere ammessi.



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Nuovi casi in salita nel nostro Paese: 379 casi e 9 morti nelle ultime 24 ore. Ministero-Iss: “123 cluster sono nuovi. Trasmissione del virus diffusa e tendenza in aumento”. Finisce il distanziamento sui treni. Negli Stati Uniti polemica sull'eventuale riapertura delle scuole fortemente voluta dal Governo



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Il viaggio dei sentimenti, meglio conosciuto come ‘il reality delle corna’, di Canale 5 “Temptation Island” si è concluso con qualche conferma e delusione, molti colpi di scena e soprattutto con ottimi ascolti con 4.029.000 spettatori, pari al 28% di share. Durante l’ultimo falò dall’Is Morus Relais in Sardegna, gestito da Filippo Bisciglia, si sono confrontate principalmente tre coppie. Antonella Elia e Pietro Delle Piane, Anna Boschetti e Andrea Battistelli, l’ex miss Italia 1999 Manila Nazzaro e Lorenzo Amoruso. Le coppie, che si sono incontrate dopo 21 giorni al falò per il confronto finale, hanno cercato di capire se valeva la pena continuare il percorso di vita insieme. Inoltre l’ultima puntata si è conclusa con le dichiarazioni su quello che è successo un mese dopo la fatidica scelta.

C’era molta attesa per il confronto tra Antonella Elia (che si conferma la miglior concorrente per qualsiasi tipo di reality) e Pietro, dopo che quest’ultimo l’ha etichettata come una donna arida e incapace di sentimenti. Dopo aver lasciato Pietro (a colpi di “ti amo ma mi fai schifo”) al falò da solo e dopo un lungo discorso, Antonella passato un mese si è detta pronta a perdonarlo. Salvo poi cambiare idea, durante la messa in onda del programma, e lanciare un ultimo videomessaggio in cui ha spiegato che “ci vuole coraggio per perdonare, io non so se l’avrò”.

Manila Nazzaro e Lorenzo Amoruso, forse la coppia più “sana” di questa edizione, hanno deciso di continuare la loro storia d’amore e Lorenzo ha anche detto di volere un figlio dalla fidanzata e di cercar casa a Roma per vivere insieme. Discorso più articolato per Anna Boschetti e Andrea Battistelli, i due hanno dieci anni di differenza: lui 27 anni e lei 37. Quest’ultimo dopo aver detto alla fidanzata di essere al corrente della sua strategia per farlo capitolare definitivamente e accoglierla nella sua vita (nonostante le reticenze della famiglia di lui), ha ceduto su tutta la linea e ad oggi convive con Anna. Sui social in molti auspicavano che Andrea lasciasse definitivamente Anna.

Annamaria e Antonio Martello stanno ancora insieme, un mese dopo il falò, e hanno dichiarato: “Stiamo provando ad avere un figlio”. Infine si sono lasciati a sorpresa Sofia Calesso e Alessandro Medici. “Sta sentendo la single Beatrice, il problema è la famiglia”, ha confessato Sofia. Valeria Liberati e Ciavy (Andrea Maliokapis) si sono risentiti, ma lei ha ammesso di non amarlo più. Il finale si chiude con Filippo Bisciglia che passa il testimone ad Alessia Marcuzzi alla guida del nuovo “Temptation Island” da settembre (le registrazioni dovrebbero iniziare a fine agosto) sempre in prima serata su Canale 5.

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La stagione dell’Nba riparte e i giocatori degli Utah Jazz e dei New Orleans Pelicans si inginocchiano contro il razzismo e l’uso eccessivo della forza da parte della polizia durante l’inno, insieme agli allenatori e agli arbitri. Giocatori e arbitri indossano una maglietta nera con la scritta Black Lives Matter.

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Alla proclamazione del risultato della presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati non ha assistito. E’ partito subito verso il posto che non gli ha portato grande fortuna: il Papeete Beach, dove la scorsa estate iniziò la crisi di governo e dove, soprattutto, la sua curva (di consensi) ha cominciato a scendere fino a perdere almeno una decina di punti. Si è consolato con un bagno in mare a Milano Marittima il segretario della Lega Matteo Salvini, dopo che i suoi colleghi senatori a maggioranza hanno dato il via libera al processo per sequestro di persona. “Scusate – ha detto ai fotografi, finito il bagno con il figlio – Questo non è il momento delle foto né delle dichiarazioni, non sono dell’umore giusto”. E allora in un’intervista a 7 Gold gliel’hanno chiesto di questo umore, perché il Corriere della Sera ci titola pure, “l’umore nero”. Ma lui in 12 ore cambia idea: “Io sono con mio figlio e quindi son felice. L’umore nero lo lascio al Corriere della Sera, che tra l’altro ormai è peggio del Fatto Quotidiano dal punto di vista dell’acrimonia, dell’odio e della scorrettezza. Ormai i giornali li leggo poco e niente ed evito il Tg1 e compagnia bella”.

Ma dopo il consueto attacco ai giornali che non gli piacciono (forse perché non lo difendono) l’ex ministro fa capire che in realtà lo spirito un po’ ne ha risentito. In Aula ieri parlava di “regalo” ma non è proprio felice di riceverlo: “Mi sono svegliato come sono andato a letto ieri, tranquillo, un po’ incazzato, ovviamente, per aver subito un’ingiustizia senza senso“. Il copione si somiglia sempre un po’: “Bloccare gli sbarchi, combattere gli scafisti, ridurre i morti, i dispersi, dimezzare gli arrivi di clandestini. Non chiedevo una medaglia ma rischiare 15 anni di carcere per processo aggravato e continuato mi sembra una follia”. Ribadisce il concetto del “voto politico di Pd e M5s” e si immagina già al banco degli imputati: “In quell’Aula dirò ‘signor giudice, ho difeso l’Italia e gli italiani'” dice sempre a Aria Pulita su 7Gold. “A me regalano un processo – insiste – ma in democrazia gli unici giudici della politica sono i cittadini, quindi potranno scappare dalle elezioni ancora per qualche mese ma prima o poi gli italiani esprimeranno il loro giudizio”.

Nel merito, la difesa è sempre la stessa: tutto il governo Conte I era d’accordo, con me firmarono anche Toninelli e Trenta, cioè due ministri M5s. E soprattutto “c’era il totale accordo con il presidente del Consiglio” Giuseppe Conte. Un passaggio che però già ieri era stato contestato, per esempio, dall’ex presidente del Senato Piero Grasso che in Aula aveva detto che dal carteggio emergeva la contrarietà del capo del governo almeno nell’azione insistita di blocco che per la Open Arms – con un centinaio di persone a bordo – durò 19 giorni. “Visto che c’era la disponibilità di altri Paesi europei – ha spiegato Grasso – non c’era necessità del blocco dello sbarco. Il premier è intervenuto non per sostituirsi ma per riparare alle evidenti inadempienze del suo ministro. Anzi, ci sono dichiarazioni pubbliche in cui Salvini si lamenta del fatto che Conte gli ha scritto per farli sbarcare.

Non manca, infine, l’assoluzione piena per il presidente della Lombardia Attilio Fontana sulla questione dei camici del cognato. “E’ ridicola come la mia, è l’unica inchiesta sulla donazione di camici. E’ surreale è solo un ennesimo attacco alla Lega, alla Lombardia e a Fontana, ma i lombardi hanno reagito eroicamente alla bomba atomica che ci è scoppiata in casa”. In realtà il leader della Lega semplifica un po’ troppo una questione un po’ più delicata della semplice “donazione”, come emerso anche negli ultimi giorni con il sequestro di 25mila camici mai consegnati dalla Dama Spa, l’azienda del fratello della moglie. E soprattutto non dice nulla – come d’altra parte Fontana – sul conto in Svizzera e sui trust delle Bahamas con somme milionarie detenute dal governatore della Lombardia.

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Com’è bello far l’amore da Trieste in giù. Probabilmente la Raffa nazionale intendeva al riparo da occhi indiscreti, in una camera da letto, soggiorno, cucina, posto isolato: insomma, ovunque ma non proprio davanti a decine sguardi (e cellulari) altrui. E invece pare proprio che questa sia l’estate del sesso sfrenato in pubblico, all’aperto e in pieno giorno. Se qualche giorno fa era stata la volta di una spiaggia vicino a Ravenna, dove una coppia si era messa a praticarsi reciprocamente sesso orale in spiaggia con un vasto pubblico (impegnato nella stessa attività), stavolta tocca a Como. Due amanti si sono lasciati andare a un congresso carnale sul loro motoscafo, in mezzo a un lago gremito di turisti. Va da sé che qualcuno ha fatto il video e che questo video ha cominciato a girare sui social. Se i due venissero riconosciuti andrebbero incontro a una sanzione alta. La coppia di Ravenna dovrà pagare ben 20 mila euro. E SardegnaLive riporta la storia di una coppia che sempre il 30 luglio 2020, ha fatto sesso in pieno giorno sulla Sella del Diavolo, un promontorio che si trova nella zona del cagliaritano e separa due bellissime spiagge. Il video sarebbe finito in un sito hard. Poco più di tre settimane fa, una coppia di amanti travolti dalla passione è stata invece beccata dai carabinieri mentre consumava un rapporto davanti alla vetrina ben illuminata in una via centrale di Mestre. Multa e denuncia per atti osceni in luogo pubblico. E a fine maggio la stessa denuncia era scattata anche per gli amanti torinesi che avevano deciso di mettersi a fare sesso in pieno pomeriggio ai giardini Madre Teresa di Calcutta. I residenti avevano ripreso tutto con i telefonini e denunciato. Gli esempi potrebbero continuare ma resta una domanda, è stato il lungo lockdown a rendere irrefrenabile il desiderio o è sempre stato così? Secondo un sondaggio condotto per una nota marca di sex toys gli italiano sono il popolo che più apprezza l’amore en plein air. Nell’ordine, sesso in automobile (il 95% degli intervistati dichiara di averlo fatto almeno una volta), quello in spiaggia (72%) e al parco (sperimentato dal 60%). Com’è bello far l’amore da Trieste in giù, meglio se non in camera da letto…

L'articolo L’estate del sesso sfrenato (e filmato) all’aperto. Amanti focosi ‘beccati’ a Como: gli ultimi di una lunga serie proviene da Il Fatto Quotidiano.



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Giuseppe Conte, l’attuale primo ministro italiano, è spuntato dal nulla due anni fa e ha cominciato la sua carriera politica partendo proprio dal livello esecutivo più alto, governando persino con due maggioranze politiche diverse. “Nessuno però è profeta in patria”, e benché il leghista (quello che ha causato il cambio di maggioranza dopo un anno) e gli altri alleati facciano ora una opposizione estrema profittando dei problemi correlati alla pandemia da Covid-19, sperando così di provocare un “contro-ribaltone”, quelli che ora sono al governo lavorano bene e vedono arrivare proprio dall’America lodi inaspettate.

Il primo a complimentarsi con Conte è stato nientemeno che il potentissimo faraone a stelle e strisce, che lo scorso anno ha tessuto grandi elogi per “Giuseppi” dopo il loro primo incontro a Washington. Il nome di battesimo (storpiato) di Conte è però solo una involontaria americanizzazione che emerge dal linguaggio parlato inglese. Un complimento vero, e di grande valore, è invece arrivato la scorsa settimana da Paul Krugman, premio Nobel per l’economia nel 2008, e Il Fatto Quotidiano ne aveva già preso nota.

Ma Krugman, che è oggi un apprezzatissimo giornalista del New York Times, non si risparmia negli elogi all’Italia, e nel suo editoriale dal titolo Why can’t Trump’s America be like Italy? (ovvero, Perchè non può l’America di Trump fare come l’Italia?) esalta l’Italia (e Conte, con tutto il suo governo) per la sua capacità di avviare, primo in Europa ma anche di tutto l’Occidente politico ed economico, una seria politica di contenimento dei contagi, e di mantenerla, ora col contributo di tutta l’Europa, anche attraverso sacrifici altissimi richiesti alla popolazione italiana, sia personale che imprenditoriale.

Cosa che Donald Trump palesemente non ha saputo fare, sebbene avesse potenziali molto più grandi, a partire proprio dalla disponibilità di una propria moneta (mentre l’Italia è costretta ad usare una moneta non solo sua, con gravi ripercussioni sul costo per interessi del debito elevato). Cose che Trump ha potuto ottenere semplicemente chiedendole ai suoi. Ha chiesto liquidità. Gli hanno dato subito “due trilioni di dollari” coi quali avrebbe potuto fare miracoli; invece… serve già un raddoppio! (che probabilmente arriverà poco prima delle elezioni).

Trump sarebbe bravissimo se per comandare bene bastasse impegnarsi molto nel culto dell’egocentrismo. Se n’è accorto lo stesso Krugman, che lo ha anche descritto in un altro magnifico articolo dal titolo The cult of selfishness is killing America (cioè, Il culto dell’egoismo sta uccidendo l’America), che individua direttamente nel contagioso egoismo una delle principali ragioni del miserabile stato in cui si trova attualmente la grande nazione americana.

Krugman mette in evidenza come la strampalata decisione di Trump di ridicolizzare coloro che giravano indossando la mascherina abbia prodotto negli Usa un rapporto di mortalità 15 volte maggiore rispetto ad Europa e Canada. Altro che “America First”! Certe fisime sue hanno portato già a dilapidare gran parte del miracoloso stanziamento fatto lo scorso mese di marzo.

Il governo Trump, sempre appoggiato con perfetta compiacenza dal senatore Mc Connel, leader repubblicano devoto al suo partito e al capo della Casa Bianca (ma solo se è repubblicano), è attento a risparmiare solo quando deve decidere sui contributi da dare ai disoccupati. I due infatti hanno il “chiodo fisso” (vecchio mantra repubblicano) di pagare il meno possibile l’indennità di disoccupazione ai disoccupati (perché si abituerebbero a prender soldi senza lavorare!).

Così “pontificano” di norma, costringendo i disoccupati a tornare al lavoro anche senza rispettare le rigide regole di distanziamento (e spesso anche senza mascherina), con risultati che si possono già ora prevedere. Ma in questo modo ha totalmente ragione Krugman a temere la definitiva fine del “sogno” americano. Con una politica che esalta l’egoismo invece che la solidarietà, aumenteranno le liti, le proteste popolari e la gravità delle crisi. “Quello che questa pandemia (e Trump) hanno rivelato”, dice Krugman, “è il potere sugli americani, del culto per l’egoismo. Un culto che ci sta uccidendo”.

Un culto che è però più contagioso dello stesso Coronavirus (dico io). Anche gli attacchi che subisce quotidianamente Conte dai competitors politici hanno la stessa radice: l’egoismo (ma io ci aggiungerei anche tanta ambizione e un pizzico d’invidia). Il servizio al popolo? E’ fuori discussione (nel senso che non interessa proprio a nessuno).

I continui “ricattini” di Renzi a Conte, le “sciabolate” di Salvini, le “stilettate” della Meloni che quando punta il dito contro Conte nelle dirette dal Parlamento guarda dal basso e sibila come Kaa, il sinuoso serpente perenne perdente del Libro della Jungla. Senza contare le continue schioppettate dei soliti venditori di fumo televisivi che ormai grazie ai “social” te li ritrovi anche nel letto.

Per una volta che abbiamo un leader veramente di valore, ammirato da mezzo mondo: perché in patria è solo, criticato da tutti? Io non lo vedo così criticabile. Forse che sono diventato più americano che italiano? Non credo. E se non fosse per l’immensa quantità di errori che continua a fare il Movimento 5 Stelle, ormai senza guida, con Conte al timone il cammino dell’Italia nelle paludi della politica sarebbe più sereno.

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Ebbi la fortuna di conoscerla negli anni ’90 e di frequentarla assiduamente per qualche anno partecipando, con una buona dose di soggezione, ai suoi convivi e simposi di cui era sempre regina incontrastata, adulata, omaggiata e assai silenziosa. Una famiglia allargata che conduceva senza condurre, che teneva compatta senza alcun apparente sforzo né interesse.

Usciva ogni sera facendo sempre le ore piccole a dispetto dell’età e dei numerosissimi impegni di lavoro, mai disattesi. Interveniva raramente durante le discussioni dei convitati ma con poche parole riusciva sempre a penetrare nel cuore degli argomenti, degli astanti, della lingua con la capacità unica di restituire ad ogni parola un volume tanto ampio quanto definito, tanto originale quanto comprensibile.

Padrona assoluta del linguaggio e dell’ironia, spesso al limite del cinismo, un cinismo buono però, di chi ha visto e compreso tanto, un cinismo che aveva come premessa una sincera tolleranza e accettazione per gli altri, le diversità, le fragilità, non un cinismo distaccato come poteva apparire ad uno sguardo superficiale. Non era facile entrare nel suo spazio emotivo, anzi molto difficile, era abbastanza corazzata eppure senza punti di vista, né alcun pregiudizio.

Presente, a tutto e a tutti, eppure così altrove. Quando la riaccompagnavo a casa, compito spesso assegnatomi dato che abitavamo vicine, si impuntava sempre sulle strade più brevi da fare, diverse da quelle sulle quali la conducevo io, il che mi comportava un certo imbarazzo ma soprattutto stupore, sulla capacità che dimostrava nel riuscire a stare su tanti piani così diversi, della realtà, così teorica eppure così attenta ai dettagli.

Come artista un gigante ineguagliato: la prima donna ad aver sdoganato la comicità femminile, anzi ad averla inventata, e ad averne mantenuto il primato per un secolo. Perché la sua è e rimane una comicità unica: penetrante, raffinata, inoffensiva ma dirompente e al tempo stesso ineffabile, inarrivabile.

Franca ha continuato a recitare fino ai 97 anni e a scrivere commedie, sceneggiature, libri e testi di opera; l’opera, il suo grande amore, non solo artistico ma sentimentale. Perché al fondo è una romantica e la sua devozione al suo grande amore, il grande direttore di orchestra che seguì e supportò per decenni, non arretrò neanche di fronte al tradimento di lui. Gli rimase fedele e devota, accogliendolo con tutti i suoi limiti e i suoi nuovi amori, che lei ha avuto la forza di fare suoi propri per restargli vicino prima e per onorarne la memoria poi, di cui si è presa sempre cura, e continua a farlo, abbracciandoli nella sua grande famiglia, insieme ai suoi amati cani.

Una donna apparentemente fredda e invece profondamente romantica e generosa, profondamente indipendente ed emancipata eppure nient’affatto femminista come ebbi modo di constatare tutte quelle volte che ho provato a trascinarla nella retorica di genere. Ne è sempre rimasta prudentemente ai margini, non si è mai espressa con superbia o rancore nei confronti del genere maschile, non l’ho mai mai sentita rivendicare i suoi successi di genere.

Una donna al di sopra di tante querelle del suo tempo, d’altri tempi perché trasversale a tutti i tempi, come ogni grande ingegno. Lunga vita a Franca Valeri!

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di Claudia De Martino*

Lunedì scorso un gruppuscolo di manifestanti si è riunito a piazza San Silvestro a Roma nell’apatia generale di un Paese travolto dal Covid-19 e ormai solo consacrato alle vacanze, per protestare contro il rifinanziamento della “guardia costiera libica” appena votato dal nostro Parlamento. Fine luglio, si sa, come Natale, sono ottimi periodi per far passare nella disattenzione generale delle decisioni scomode.

L’accordo bilaterale Italia-Libia, in vigore dal 2017, era stato già rinnovato lo scorso febbraio 2020 e ora mancavano solo i fondi per assicurarne il regolare svolgimento nei prossimi tre anni (2020-2023). Esso prevede il finanziamento della Guardia costiera libica delegandole la mansione di bloccare i flussi di migranti prima che possano imbarcarsi alla volta dell’Europa.

Per assolvere a questa delicata funzione, distaccamenti della Guardia di Finanza e dell’Arma dei Carabinieri vengono inviati in Libia per accompagnare la Guardia costiera locale, composta per lo più di ex miliziani e trafficanti d’uomini, tra cui ovviamente anche tanti pericolosi ex jihadisti, che però fortunatamente lavorano per noi.

Tale finanziamento, che negli ultimi tre anni è ammontato a 784 milioni di euro (come riportato da Annalisa Camilli nel suo splendido pezzo) – non così pochi, se si pensa alla difficoltà con cui sono stati reperiti i circa 344 milioni da destinare all’edilizia scolastica leggera necessari a far tornare gli studenti italiani a scuola a settembre! – non impone vincoli alcuni alla cosiddetta Guardia libica, né standard da ottemperare.

Include l’unico obiettivo italiano: fermare alla frontiera libica quanti più migranti, mostrando che esiste una forte continuità tra governi di destra e di centro-sinistra sui valori di fondo (evidente anche nel voto alla Camera, che ha approvato l’Accordo con oltre 400 deputati favorevoli).

Nelle parole del Ministero degli esteri italiano, però, l’accordo pare dotarsi di un obiettivo umanitario: “Una riduzione dell’assistenza italiana alla Libia avrebbe potuto tradursi nella sospensione dell’attività della Guardia costiera libica, con gravi conseguenze in termini di partenze, altre tragedie in mare e deteriorazione delle condizioni dei migranti nei centri di accoglienza”.

In sintesi, i 784 milioni versati servirebbero ad evitare che la guardia costiera libica ci ricatti lasciando passare i migranti nel Mediterraneo, costringendoci a scelte dolorose come ammassarli in campi di prima accoglienza o vederli affogare in mare. Che cosa sono, in fondo, 784 milioni per risparmiarsi un dilemma etico?

Non solo. Poiché gli Italiani, come ben noto, sono “brava gente”, l’Accordo prevede anche l’ingresso della società civile italiana nei campi in Libia per il monitoraggio degli standard umanitari minimi: peccato che queste Ong, che agiscono per conto e su finanziamento del Maeci, concorrano nell’obiettivo di migliorare i campi esistenti e crearne di nuovi per aumentarne la capienza complessiva, come denunciato nell’ultimo rapporto Asgi.

La securizzazione dei flussi migratori avviene con il beneplacito della Commissione Europea, che sostiene attivamente il processo di esternalizzazione del controllo delle frontiere della Ue (si veda l’accordo siglato con la Turchia nel marzo 2016) e che, avendo sempre criticato la missione di salvataggio “Mare Nostrum”, l’ha progressivamente sostituita con le molto più efficaci operazioni marittime “Mare sicuro” della Marina militare italiana, “Med Irini” della forza europea Eunavfor e Seaguardian della Nato, concentrate sul pattugliamento delle coste libiche affinché non sfugga nemmeno un barcone.

L’esternalizzazione si è rivelata un metodo vincente: il coordinamento delle presunte operazioni di salvataggio a largo della Libia è stato demandato a Tripoli e non più ai centri di coordinazione marittima europei – La Valletta e Roma – come avveniva fino al 2017. La Guardia costiera libica è inoltre efficace, se ci si attiene al dato del rimpatrio dal 2017 di oltre 40.000 migranti che avevano già preso la via del mare.

Già, perché non si sta più parlando del circa milione di profughi arrivati in Europa nel 2015 – l’anno record per le migrazioni, che infatti ha marcato un cambio di passo protezionistico nella gestione dei confini – ma di cifre molto più basse: 12.553 persone giunte in Italia, 31.819 persone per tutta l’Ue per il 2020 (dati del Ministero dell’Interno e Iom aggiornati a luglio 2020), pari ad un incremento dello 0,007% della popolazione.

Di fronte a questa emergenza epocale, è chiaro che la paura di una sostituzione etnica serpeggi. Paura ulteriormente alimentata dalla diffusione della convinzione che siano quegli stessi migranti, che prima portavano solo criminalità, a diffondere il Covid-19, magari fuggendo dal campo di prima accoglienza di Porto Empedocle.

Non bisogna dunque stupirsi che la Guardia costiera libica appena rifinanziata prenda sul serio la propria missione, sparando ai migranti che tentano di fuggire, come avvenuto martedì sulla costa ad est di Tripoli: essa ha infatti compreso ancora meglio di noi che l’opinione pubblica italiana sarebbe disposta a tutto pur di non far approdare in Sicilia alcun migrante.

*ricercatrice ed esperta di questioni mediorientali

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È un calo del Pil “senza precedenti” quello stimato dall’Istat nel secondo trimestre 2020 in Italia: -12,4%. Un tonfo che si aggiunge alla forte riduzione già registrata nel primo trimestre (-5,4%) e che testimonia l’impatto dell’emergenza sanitaria e delle misure di lockdown sull’economia italiana. “Con il risultato del secondo trimestre il Prodotto interno lordo fa registrare il valore più basso dal primo trimestre 1995, periodo di inizio dell’attuale serie storica”, sottolinea l’Istituto.

Se le cose dovessero continuare ad andare male, cioè se si registrasse una “crescita congiunturale nulla”, aggiunge l’Istat, la variazione acquisita del Pil per tutto il 2020 sarebbe pari a -14,3%. Un dato ancora più basso rispetto a quello stimato da Bankitalia solo poche settimane fa e alle previsioni del Fondo monetario internazionale per il nostro Paese.

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Nuova cassa integrazione, cantieri, investimenti sul digitale e soprattutto fino a “500mila posti solo dall’economia verde”. Secondo la ministra del Lavoro Nunzia Catalfo, intervistata alla Stampa, è questa la ricetta per far ripartire il Paese dopo l’emergenza Covid. Quando scadrà il blocco dei licenziamenti – che il governo ha intenzione di prorogare con il dl Agosto – è grazie a questi interventi che “sarà possibile evitare il disastro dell’occupazione“. La Bce, infatti, è stata chiara: se in Italia non fosse stata ampliata la rete degli ammortizzatori sociali durante la pandemia, il tasso di disoccupazione sarebbe arrivato al 25 per cento. Per Catalfo è la dimostrazione che Francoforte “riconosce la bontà della nostra terapia. Con il blocco e gli aiuti alle imprese, secondo la Uil, abbiamo salvato 5 milioni di posti”, spiega. E fa il confronto con Madrid: “La nostra disoccupazione oggi è all’8,8 per cento, in Spagna è al 15,3”.

La ministra però sa bene che c’è il rischio di un autunno caldo per il mondo del lavoro. “Ci sono settori più penalizzati sui quali intervenire. Penso a turismo, spettacolo, fiere sui quali ho aperto specifici tavoli insieme al ministro Franceschini”, chiarisce, aggiungendo che “da settembre fiere e congressi ripartiranno”. A suo parere “servono interventi in profondità”, come il “Fondo nuove competenze” che riqualifichi i lavoratori, permettendo loro di frequentare corsi di formazione a spese dello Stato anziché finire in cassa integrazione. “Poi stiamo preparando piani per il rilancio del Paese che creano anche nuovi posti di lavoro”, continua Catalfo al quotidiano torinese. “Investimenti nel digitale, in economia verde, grandi infrastrutture, bonus al 110 per cento già inserito nel decreto Rilancio”. Ed è proprio dal green che, secondo le stime del ministero, dovrebbe arrivare oltre mezzo milione di posti.

I tecnici di via Vittorio Veneto in realtà stanno lavorando anche ad altro. In cantiere c’è la modifica della cassa integrazione. “Abbiamo istituito la commissione due settimane fa”, chiarisce la ministra. “Gli obiettivi sono quattro: distinguere fra uno strumento dedicato alle aziende in ristrutturazione e un altro che interviene quando le imprese cessano la loro attività”. Poi c’è la necessità di “creare un sistema universale per garantire la cassa a tutti”, ovviando ai problemi di erogazione riscontrati durante la pandemia. Gli ultimi obiettivi son quelli della “formazione del lavoratore” e della semplificazione. “Oggi non è così”, chiosa Catalfo. Per quanto riguarda le altre misure di sostegno alle famiglie, come il reddito di cittadinanza, la ministra 5 stelle sostiene che “l’Europa ha elogiato il nostro reddito di cittadinanza“, ma ora bisogna puntare ad aiutare “chi cerca lavoro”. Come? “Abbiamo deciso di assumere 11.600 nuove persone nei centri per l’impiego“, per arrivare a un totale di 35mila persone, tra pubblico e privato, “distribuite sul territorio per aiutare chi cerca lavoro”.

Gli ultimi temi toccati nel corso dell’intervista sono il ponte sullo stretto di Messina (“Per noi siciliani è prioritaria l’alta velocità nell’isola”, ribadisce Catalfo) e lo smart working. “Va applicato con prudenza non in modo intensivo come durante il lockdown”, dice. “Non può essere un lavoro invasivo che finisce per occupare perennemente la giornata in casa”. Su Alitalia, invece, assicura che “non ci saranno esuberi” e ricorda anche la crisi dei dipendenti di Air Italy, per cui “sto lavorando a una norma da inserire nel prossimo decreto per garantire la cig ai lavoratori”.

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Una manifestazione antigovernativa di questa portata non si vedeva da dieci anni. In 60mila hanno sfidato Aleksandr Lukashenko, che governa la Bielorussia ininterrottamente dal 1994 e il 9 agosto si ricandida per il sesto mandato, e sono scesi in piazza a sostegno della candidata dell’opposizione Svetlana Tikhanovskaya. Il presidente punta a farsi rieleggere ma nel paese cresce il malcontento legato a crisi economica e pandemia, che lui ha sempre miniminizzato se non addirittura negato, bollandola come “psicosi“. Tutto questo nonostante lui stesso abbia ammesso di essere stato contagiato.

Il raduno è stato nella serata di ieri nel Parco dell’Amicizia dei popoli a Minsk per sostenere Tikhanovskaya, dissidente 37enne moglie di Serghiei Tikhanovsky, oppositore finito in carcere e che non si è potuto candidare. Ieri il governo ha accusato lui e un altro dissidente, Mikola Statkevich, di aver agito assieme ai presunti mercenari russi arrestati due giorni fa nella capitale con l’accusa di voler creare “disordini di massa” per “destabilizzare” il Paese. Durante la manifestazione, Tikhanovskaya ha detto che l’opposizione vuole “elezioni corrette” e non una rivoluzione. “Siamo persone pacifiche e vogliamo cambiamenti pacifici nel nostro Paese”, ha affermato la candidata alle presidenziali.

La mancata riconferma del presidente è uno scenario improbabile, ma Lukashenko, secondo la testata online Lenta.ru, si sente minacciato. Già l’arresto nei giorni scorsi di una trentina di paramilitari russi del Wagner Group aveva alimentato il sospetto del complotto e ora “a Minsk – si legge sul sito – hanno cominciato a inviare colonne di mezzi militari con soldati”. Secondo la fonte, alcuni mezzi avevano la targa della regione di Vitebsk e la destinazione di una delle colonne avvistate era il reparto militare 5448 delle forze del ministero dell’Interno nella capitale bielorussa. Il canale sostiene che in tutto il territorio della Bielorussia sia in corso una ridislocazione di truppe del ministero dell’Interno, truppe da sbarco e guardie di frontiera.

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“Il Corriere della Sera? Ormai è peggio del Fatto quotidiano dal punto di vista dell’acrimonia, dell’odio, della scorrettezza”, così il leader della Lega, Matteo Salvini, dopo il via libera del Senato all’autorizzazione a procedere per la vicenda della nave Open Arms attacca i giornali, in collegamento a Aria Pulita su 7 gold. Il commento si riferisce al titolo del quotidiano online: “Salvini torna al Papeete, ma l’umore è nero: “Processo politico”. L’ira verso Renzi”. “L’umore nero – prosegue l’ex ministro dell’Interno – lo lascio al Corriere. Ormai i giornali li leggo poco e niente. Evito il Tg1 e compagnia bella”. E su Renzi conclude: “Non mi cambia le giornate, cambia idea tre volte al giorno”.

Video Aria Pulita/7gold

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Inutile, almeno al momento, fare i test per il coronavirus. Non ha dubbi in merito Bill Gates che, parlando alla CNBC, ha definito uno “spreco” i test. Il motivo? I risultati arrivano tardi. Diverso sarebbe se si potesse avere una risposta in tempi bravi ma se l’attesa va dai tre giorni a una settimana è difficile che in quel lasso di tempo le persone cambino il proprio comportamento “e non infettino gli altri”. L’isolamento, così come i risultati del test, dovrebbe essere immediato. “Bisogna dare una priorità. Bisogna assicurarsi che le comunità più povere, maggiormente esposte al rischio, ottengano i risultati nell’arco di 24 ore”, ha aggiunto il fondatore di Microsoft.

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In marzo, allarmate dalla crescita esponenziale dei contagi in Italia, migliaia di badanti e colf straniere erano rientrate nei paesi d’origine. Su tutti quelli dell’est Europa, da cui proviene il 40% di chi è impiegato in questo settore in Italia. Ma ora che il virus colpisce duro nei Balcani è iniziato il percorso inverso. Con un problema da risolvere: dove può trascorrere la quarantena obbligatoria, imposta la settimana scorsa anche a chi arriva da Romania e Bulgaria, chi di solito convive con la persona che assiste?

“Per ora si è mosso circa il 20% di chi era tornato in patria a causa della pandemia, ma da qui a fine agosto, al termine delle ferie, saranno migliaia a rientrare in Italia”, racconta Lorenzo Gasparrini, segretario generale di Domina, l’Associazione nazionale dei datori di lavoro domestico. Un contro esodo che viaggia in gran parte su autobus e minivan, dove i controlli sono più complicati, e che ha portato il ministro della Salute Roberto Speranza a disporre appunto la quarantena di 15 giorni per chi abbia soggiornato, nelle ultime due settimane, nei due Paesi balcanici. Il problema però ora è rendere efficace questa misura: “Bisogna informare le persone che tornano e trovare strutture in grado di accoglierle – continua Gasparrini -. Tante badanti, penso a quelle conviventi e che sono in Italia senza famiglia, non hanno un posto alternativo in cui stare in isolamento”.

La proposta dell’associazione è quella di utilizzare gli alberghi, come già successo durante i mesi dell’emergenza sanitaria: “A Roma ci sono tanti hotel che in questo periodo sono vuoti o addirittura chiusi per mancanza di turisti, se ne potrebbero individuare alcuni per ospitare chi torna dai paesi a rischio, dando un certificato al termine della quarantena. Solo così le famiglie potranno stare tranquille”. Anche per Assindatcolf l’ordinanza è solo un primo passo: “La quarantena non basta – dice la segreteria nazionale, Teresa Benvenuto – sappiamo che ci sono tante persone asintomatiche, ci vogliono tamponi per chi torna e un monitoraggio costante. Per evitare nuovi focolai è necessario un controllo sistematico”.

Ogni anno in agosto, secondo stime Domina, 250mila tra badanti e colf dell’est Europa tornano nei loro paesi d’origine, un dato al ribasso dato che non tiene conto degli irregolari. “Circa la metà di queste persone è rientrata a causa della pandemia e si muoverà dopo l’estate”, è la previsione di Gasparrini. Nel prossimo mese dunque l’Italia dovrà gestire numeri ben superiori rispetto a quelli attuali. “Le famiglie hanno paura perché queste lavoratrici sono a contatto ogni giorno con anziani e persone immunodepresse”.

La preoccupazione è aumentata dopo i casi di contagio emersi negli ultimi giorni in Lazio e Campania tra alcune badanti di ritorno da Romania e Bulgaria, ma il primo allarme era scattato in giugno, quando nel padovano si era sviluppato un focolaio a partire da una badante rientrata dalla Moldavia e risultata positiva al test. Il presidente del Veneto Luca Zaia aveva reagito emanando un’ordinanza che rendeva obbligatori e gratuiti i test per le badanti di rientro dai paesi extra Ue, e che dunque non riguardava la Romania. Da lì arrivano oltre 300mila badanti che prestano servizio in Italia: “Le famiglie hanno bisogno di loro, ma anche di sapere che non metteranno a rischio la salute delle persone che assistono”, dice Benvenuto. “Ad oggi molti datori di lavoro non sanno come muoversi e ci sono troppe differenze tra le Regioni: per rendere effettiva l’ordinanza bisogna affrontare la questione in modo organico”.

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Anche in Francia gli effetti della pandemia di Covid-19 gravano fortemente sull’economia. Nel secondo trimestre dell’anno, secondo le stime preliminari diffuse oggi dall’Insee, l’ufficio di statistica nazionale, il prodotto interno lordo è crollato del 13,8%. Un tonfo mai registrato da quando l’istituto ha iniziato a rilevare l’attività economica su base trimestrale. E anche negli Stati Uniti i dati del secondo trimestre hanno segnato un calo mai visto e fanno entrare ufficialmente gli Usa in recessione tecnica.

Insee ha inoltre rivisto al ribasso il Pil del primo trimestre a -5,9% dal precedente -5,3%. La caduta del Pil francese nel secondo trimestre è tuttavia inferiore a quanto previsto dalla maggior parte degli analisti, che si aspettavano una flessione del 15,3%. Nel dettaglio, i consumi delle famiglie, la componente principale della crescita, sono diminuiti dell’11%, gli investimenti del 17,8% e le esportazioni del 25,5%.

Gli effetti della pandemia sulle economie – Il Pil Usa ha mostrato nel secondo trimestre del 2020 un crollo del 32,9% su base annualizzata, lievemente meglio del -34,5% atteso dal consensus, ma al ritmo più forte di sempre. Nel primo trimestre, la contrazione era stata del 5%. L’effetto Covid ha messo in ginocchio anche la Germania, motore dell’Europa. Qui il Pil è crollato del 10,1% rispetto ai primi tre mesi del 2020, evidenziando la peggior caduta dal 1970. Oggi c’è grande attenzione alla lettura preliminare del Pil di Italia ed Eurozona relativo al secondo trimestre, in uscita oggi nel corso della mattina. Intanto a livello societario continua il valzer delle trimestrali. Oggi sono previsti i conti di Fca, Fineco, EssilorLuxottica e Poste Italiane.

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Più di 900 contagi nelle ultime 24 ore hanno fatto scattare dalla mezzanotte una brusca stretta in Inghilterra, a quattro settimane dall’allentamento delle restrizioni che avevano consentito alle persone di incontrarsi al chiuso per la prima volta dalla fine di marzo. Nel Paese europeo con più vittime per Covid-19, a partire dalla mezzanotte 4 milioni di persone dovranno seguire nuove misure, che autorità locali e polizia hanno il potere di far applicare. Tra le altre cose, alle persone di gruppi familiari diversi è proibito incontrarsi al chiuso nella Greater Manchester e in parti del Lancashire orientale e del West Yorkshire. Un nucleo familiare potrà andare al pub, ma senza mescolarsi con altre persone.

Le nuove misure, spiega la Bbc, sono state annunciate poche ore prima dell’entrata in vigore dal ministro della salute Matt Hancock, che per questo è stato criticato dall’opposizione. Hancock ha spiegato che la stretta si è resa necessaria perché le persone non osservano il distanziamento sociale. La nuova diffusione del Covid “è in gran parte dovuta alle riunioni delle famiglie e al mancato rispetto delle distanze sociali“, ha sottolineato. “Intraprendiamo questa azione con il cuore pesante, ma vediamo tassi crescenti di contagi in tutta Europa e siamo determinati a fare tutto il necessario per proteggere le persone”, ha aggiunto. Il ministro ha riconosciuto che le restrizioni sarebbero state un “duro colpo” per le comunità musulmane che si preparano a celebrare la fine del Ramadan questo fine settimana, sebbene i luoghi di culto rimangano aperti, con le regole di allontanamento sociale. Le restrizioni sono entrate in vigore anche Leicester, sottoposta a lockdown da un mese, anche se in città pub e ristoranti potranno riaprire da lunedì, perché parte delle misure più rigorose verranno revocate.

Le autorità hanno inoltre allungato il periodo di quarantena obbligatorio da 7 a 10 giorni in caso di sintomi di coronavirus. Finora le persone che avevano tosse, febbre alta o perdita dell’olfatto dovevano restare in autoisolamento per almeno una settimana o finché non stavano meglio. La misura, secondo l’emittente, dovrebbe essere annunciata nelle prossime ore da Chris Whitty, capo consigliere medico del governo.

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L’Italia è uno dei Paesi meno trasparenti di tutta l’Unione europea quando si tratta di rendere conto a livello internazionale della vendita di armamenti ad altri Stati. Lo si scopre sfogliando i report annuali che ogni Stato che aderisce al Trattato sul commercio delle armi (Att) del 2013 (votato all’unanimità dal Parlamento italiano) deve inviare alle Nazioni Unite fornendo un resoconto delle armi e dei mezzi militari venduti o acquistati. Negli ultimi quattro anni, a partire dal report del 2017 (in riferimento all’anno 2016), quando alla guida del governo c’era Paolo Gentiloni, Roma indica esclusivamente il tipo, ma non il modello, del prodotto esportato e, soprattutto, non specifica mai verso quali Paesi viene effettuata l’esportazione, avvalendosi della clausola di riservatezza.

Il tema è stato sollevato da Giorgio Beretta, analista dell’Osservatorio permanente sulle armi leggere e le politiche di sicurezza e difesa (Opal Brescia) e di Rete Disarmo, nel corso di un’audizione informale alla commissioni Affari Esteri della Camera, il 21 luglio: “L’Italia è uno dei Paesi meno trasparenti dell’Unione europea in materia di esportazioni di armamenti – ha dichiararto – Non solo da quattro anni non comunica alle Nazioni Unite le informazioni richieste ma, per farlo, si avvale di una clausola del Trattato sul commercio di armamenti, senza averlo mai comunicato né motivato al Parlamento. Tale mancanza di informazioni non è attribuibile a problemi di natura tecnica, ma risponde a una precisa decisione assunta in sede politica che però non è chiaro da chi sia stata assunta”.

Quello dell’Italia è l’unico caso tra i principali Paesi membri dell’Ue. Bulgaria, Estonia, Cipro, Croazia, Ungheria e Paesi Bassi non hanno presentato il report, anche se alcuni di questi hanno chiesto di avvalersi della proroga concessa dal Trattato, prima di fornire le informazioni richieste. Altri, come la Danimarca, la Norvegia e la Svezia omettono i Paesi di destinazione solo per specifiche tipologie di armamento. Tutto ciò è possibile grazie alla clausola di riservatezza prevista dall’articolo 13.3 del Trattato che permette ai Paesi omissioni in caso di informazioni sensibili da un punto di vista commerciale o legate alla sicurezza nazionale. Ma un uso esteso a tutti i tipi di armamento e sistematico, visto che l’Italia ricorre alla clausola dal 2017, si scontra con gli obiettivi indicati all’articolo 1, tra cui c’è anche quello di “promuovere la cooperazione, la trasparenza, e l’agire responsabile degli Stati Parte nel commercio internazionale di armi convenzionali, e quindi accrescere la fiducia reciproca fra gli Stati parte”.

Ilfattoquotidiano.it ha chiesto all’Unità per le autorizzazioni dei materiali di armamento (Uama) che si occupa di redigere il testo e inviarlo al Segretariato generale delle Nazioni Unite, il motivo del costante utilizzo della clausola di riservatezza e se questa indicazione arrivasse dal ministero degli Esteri, dato che si tratta di una decisione politica. Da Uama fanno però sapere che l’ ufficio competente “invia il report al Segretariato dell’Att senza chiedere una previa autorizzazione politica. Il ricorso alla clausola di riservatezza che consente di non divulgare i dettagli delle licenze di esportazione per Paese destinatario deriva dalla opportunità di fornire in sede internazionale dati coerenti con quelli contenuti nella relazione annuale al Parlamento”.

Questo vuol dire che, dopo la fine del governo Gentiloni, durante il quale si è deciso di ricorrere alla clausola, Uama ha continuato a inviare il report come da disposizioni del 2017, senza consultare i successivi ministri competenti, Enzo Moavero Milanesi e Luigi Di Maio, o chi alla Farnesina aveva la delega all’export di armamenti. Inoltre, nella sua risposta Uama motiva la scelta anche con “l’opportunità di fornire in sede internazionale dati coerenti con quelli contenuti nella relazione annuale al Parlamento”. In realtà, però, in quest’ultima il Paese destinatario viene indicato, così come la categoria del prodotto e l’ammontare economico della commessa, senza specificare il quantitativo in unità.

Ilfattoquotidiano.it ha così contattato il sottosegretario agli Esteri con delega alle “questioni concernenti l’esportazione di armamenti e beni a duplice uso”, Manlio Di Stefano, che, in forma scritta, ha risposto: “La prassi è di vecchia data, ormai, e la valutazione circa l’opportunità di continuare ad avvalersi o meno dell’art. 13.3 dell’Att è attualmente in corso e implica una serie di questioni strategiche che richiedono tempo e cautela. Il Maeci è molto attento e prolifico nell’inviare informazioni per la relazione annuale al parlamento ex legge 185/90 (anche questo in via di miglioramento). Entrambe le valutazioni le stiamo facendo proprio grazie a un’interlocuzione avviata con la società civile recentemente convocata da me in riunione”.

Twitter: @GianniRosini

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Mille chilometri da percorrere in sei giorni per “ripartire per bene”. Questa la sfida di otto ciclisti varesini che viaggeranno, a partire da sabato 1 agosto, da Varese a Lourdes per raccogliere fondi destinati a comprare dispositivi di protezione individuale per personale e ospiti della Fondazione Renato Piatti, una Onlus varesina che gestisce 15 strutture, tra centri diurni e residenziali, dedicati a “progettare, realizzare e gestire servizi a favore delle persone con disabilità intellettiva e/o relazionale e delle loro famiglie”. Una seconda parte del ricavato verrà invece devoluta all’Associazione di padre Damiano Puccini Oui per la vie che aiuta invece i numerosi profughi iracheni e siriani in fuga dalla guerra e ospitati in Libano.

“L’idea è nata in pieno lockdown quando facevamo alcune pedalate sui rulli in collegamento su Zoom”, spiega a ilfattoquotidiano.it Alessandro Locatelli, presidente del gruppo di ciclisti amatoriali newsciclismo.com che ha fatto nascere l’iniziativa. “Ci ponevamo degli obiettivi chilometrici da raggiungere. Quando li raggiungevamo, devolvevamo una cifra prestabilita per l’acquisto di mascherine da donare alla Protezione Civile di Arcisate (Varese) o ad altre associazioni”. L’iniziativa si è quindi estesa coinvolgendo anche la Società Ciclistica Alfredo Binda (che organizza la gara professionistica Tre Valli Varesine) che ha donato mille borracce personalizzate da vendere. Il viaggio – al quale darà il via il sindaco di Varese Davide Galimberti – sarà affrontato da otto cicloamatori: “Ci sarà anche la dottoressa Valentina Mera – spiega Locatelli – che durante il lockdown era impegnata nel reparto Covid del pronto soccorso dell’ospedale principale di Varese”.

Nel gruppo non mancherà il direttore della Fondazione Piatti Michele Imperiali che racconta a ilfattoquotidiano.it: “Sono stati dei mesi durissimi e vogliamo fare questa fatica sperando che dopo la ‘tappa’ durissima dell’epidemia ci sia un miracolo (e in questo senso la scelta di Lourdes è evocativa)”. Imperiali spiega infatti che nel quartiere di San Fermo, a Varese – dove si trova il più grande centro della Onlus –, ci sono stati 28 contagi su 60 ospiti e 6 positivi su 80 operatori. Tre persone sono anche decedute dopo essere state trasportate in ospedale: “Voglio ricordarle a Lourdes anche perché non abbiamo potuto celebrare il loro funerale. Ho fissa in mente l’immagine del colore cinereo del viso di chi viene colpito dal Covid. E – ancora oggi – quando mi comunicano che un ospite ha una febbre sospetta mi viene la pelle d’oca”.

Imperiali testimonia però anche il grande affetto ricevuto: “Abbiamo speso oltre 450.000 euro in dispositivi di protezione. Ma abbiamo anche ricevuto moltissime donazioni e stiamo cercando di accumulare dispositivi in magazzino per essere pronti ad un’eventuale altra situazione emergenziale”. E anche questa nuova iniziativa ha prodotto i primi risultati: “Abbiamo già raccolto 2730 euro (qui il link per donare). Contando 10 euro a chilometro, è come se fossi già al Monginevro”.

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A Milano gli studenti dell’istituto comprensivo “Cavalieri” andranno a far lezione al Museo della Scienza; a Roma si farà scuola al Maxxi, al Macro, al Parco archeologico ma anche al Centro studi e Ricerche di via Panisperna a Monti. A Pegli i liceali si trasferiranno al Museo del Mare e a Bologna è stato messo a disposizione un padiglione della Fiera. A Segrate invece stanno pensando di usare il centro civico, i saloni della parrocchia, ma anche gli ex studi Mediaset di Palazzo dei Cigni, e persino i negozi sfitti di proprietà del Fondo Mario Negri.

In tutt’Italia enti locali e scuole stanno lavorando giorno per giorno per trovare spazi alternativi alle aule scolastiche che in molti casi dovranno essere sdoppiate per garantire il distanziamento previsto dalle linee guida del ministero dell’Istruzione.

A far appello ai presidi ad usare spazi diversi dagli edifici scolastici è stata proprio la ministra Lucia Azzolina tanto che nel “Piano scuola” si legge: “Favorire la messa a disposizione di altre strutture o spazi, come parchi, teatri, biblioteche, archivi, cinema, musei, al fine di potervi svolgere attività didattiche complementari a quelle tradizionali, comunque volte a finalità educative”.

Un appello che è stato accolto da molti dirigenti scolastici ma anche da diversi enti e soprattutto dalle diocesi che hanno messo a disposizione le aule del catechismo e gli oratori.

A Roma, Comune, Città Metropolitana e Ufficio scolastico regionale hanno siglato un protocollo d’intesa per l’utilizzo delle aule parrocchiali: oltre quaranta dal centro alla periferia. Nel capoluogo lombardo la Curia ha messo a disposizione degli istituti gli oratori a patto che le scuole provvedano alle spese di pulizia e ai consumi. Sull’attenzione da avere nei confronti della ripresa dell’anno scolastico è emerso chiaro l’invito dei Vescovi alle comunità parrocchiali, ai parroci che hanno disponibilità di strutture, a essere generosi con la scuola in vista delle prossima ripresa della didattica in persona.

Intanto proprio a Milano, è andato in porto il progetto “Il Museo dietro l’angolo” che coinvolge il museo della Scienza e l’istituto comprensivo “Cavalieri” di via Olona. Approfittando dell’emergenza Covid si è creata una preziosa sinergia: da ottobre e per tutto il primo quadrimestre una parte delle lezioni delle materie “stem” ovvero scienze, tecnologia, ingegneria e matematica, saranno svolte negli spazi delle esposizioni permanenti del museo. Nella capitale, invece, al quinto municipio hanno messo a disposizione il cinema “Aquila”, il teatro “Quarticciolo” e alcune ex aule consiliari.

Anche l’università di Padova ha puntato gli occhi sugli spazi alternativi: gli studenti della Scuola di Scienze umane, sociali e del patrimonio culturale faranno lezione al cinema Mpx dove sono stati individuati 379 posti. La diocesi, proprietaria della struttura, ha concesso le sale dal 23 settembre al 22 dicembre dal lunedì al venerdì tutta la giornata, dalle 8 alle 19 per un costo di 83 mila euro più iva che comprende anche tutte le spese di gestione come riscaldamento ed elettricità. A disposizione di studenti e docenti ci saranno arredi con postazioni, impianto audio e multimediale e una persona reperibile in caso di necessità. I locali saranno sanificati due volte al giorno.

La ministra Azzolina è convinta della sua proposta e nei prossimi giorni è prevista la chiusura del protocollo tra il ministero dell’Istruzione e il ministero per i Beni e le attività culturali in merito all’uso di spazi diversi dalle aule scolastiche.

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Brogli elettorali. Anziani accompagnati ai seggi senza l’ok della Asl. Schede scomparse. Le elezioni comunali di Torrice sono da rifare. Mentre la procura di Frosinone ha comunicato la conclusione delle indagini preliminari per il vicesindaco e altre cinque persone. Dopo i fatti raccontati nel novembre scorso da Ilfattoquotidiano.it, la magistratura sta mettendo in subbuglio il piccolo centro del basso Lazio, appena 4.800 abitanti. Il Consiglio di Stato, infatti, ha deciso di annullare le comunali del giugno 2019, urne dalle quali era uscito vincitore – con appena 4 voti di scarto sul concorrente – il sindaco Mauro Assalti.

Pur accogliendo solo una parte dei ricorso opposti dalla fazione politica “sconfitta”, nel riconteggio delle preferenze i giudici amministrativi di secondo grado hanno rilevato una “sostanziale parità” e dunque la necessità di far ripetere la consultazione. Il nuovo primo cittadino era sostenuto dalla sindaca uscente Alessia Savo, figlia di Benito Savo – ex deputato di Forza Italia e a sua volta sindaco dal 1985 al 2003 – nonché nipote di monsignor Vincenzo Paglia (Benito Savo è suo cognato), l’arcivescovo apparso nell’inchiesta sulle nomine al Csm per aver accolto gli “sfoghi” di Luca Palamara contro l’ex procuratore di Roma (e neo presidente del Tribunale Vaticano), Giuseppe Pignatone.

In comune, le giunte Savo e Assalti (entrambi non coinvolti nell’inchiesta) avevano il vicesindaco, Fabrizio De Santis, il principale indagato nell’indagine della Procura di Frosinone, conclusasi con le richieste di rinvio a giudizio formulate da pm nei confronti di De Santis e di altre 5 persone. Secondo i magistrati, il vicesindaco – candidato al consiglio comunale – avrebbe apposto un timbro sulla scheda elettorale di 6 persone affette da problematiche neuro-psichiatriche (come il morbo di Alzheimer) permettendo ai loro accompagnatori di votare due volte. Tutto ciò “pur in presenza di certificazione rilasciata” dal funzionario medico della Asl di Frosinone “che negava tale beneficio”.

In fase d’indagine, i magistrati hanno rilevato alcune anomalie nei plichi che contenevano le schede: uno è arrivato in prefettura aperto e, pare, con alcune schede mancanti, mentre sarebbe alcuni pacchi sarebbero stati lasciati incustoditi nelle ore successive allo spoglio. Al quotidiano Ciociaria Oggi, l’ex sindaca Alessia Savo – che oggi fa parte di Fratelli d’Italia – ha dichiarato che “il Consiglio di Stato ha deciso di non svolgere il proprio ruolo e fare chiarezza” e che “Torrice non meritava quanto accaduto negli ultimi anni, soprattutto in termini di onore”.

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Il piombo sta avvelenando un bambino su tre in tutto il mondo. Quasi 800 milioni, di cui circa la metà in Asia Meridionale, un numero mai registrato prima d’ora. Hanno nel sangue livelli di piombo superiori a 5 microgrammi per decilitro, livello per il quale è necessario intervenire. Per il rapporto ‘The Toxic Truth’ lanciato da Unicef e Pure Earth, l’Institute of Health Metrics Evaluation ha realizzato un’analisi sull’esposizione al piombo dei bambini. “In Italia sono 160.862 i bambini e ragazzi (0-19 anni) con livelli medi di piombo nel sangue superiori ai 5 microgrammi per decilitro” spiega Francesco Samengo, presidente dell’Unicef Italia. A quasi 30mila va anche peggio: perché nel sangue si raggiungono livelli superiori a 10 microgrammi per decilitro”.

DA TARANTO ALL’EX MINIERA DI KABWE – Basti pensare alle denunce dei medici di Taranto, proprio rispetto ai livelli di piombo trovati nel sangue dei bambini residenti in alcuni quartieri, ma non è certo l’unico caso nel nostro Paese. E poi ci sono gli orrori dell’ex miniera di piombo di Kabwe, che sta avvelenando migliaia di bambini nello Zambia, e le discariche disseminate in diversi Paesi dove i bambini trascorrono la maggior parte della giornata scavando tra i rifiuti. Nel frattempo, anche se a passi lenti, qualcosa si muove, come mostra la recentissima e storica sentenza del tribunale di Mombasa, in Kenya: dopo oltre dieci anni di battaglia l’avvocatessa e ambientalista Phyllis Omido, ha dimostrato che 3mila abitanti della baraccopoli di Owino Uhuru sono stati avvelenati per anni con il piombo rilasciato dagli impianti industriali costruiti a pochi passi dalle loro case. Governo e società locali dovranno sborsare 12 milioni di dollari di risarcimento. Sono stati intossicati anche i bambini, lo stesso figlio della Phyllis.

LO STUDIO: DANNI FISICI E MENTALI IRREPARABILI – L’analisi, verificata con uno studio approvato per la pubblicazione su Environmental Health Perspectives, mostra che il piombo è una neurotossina potente che causa danni irreparabili. L’esposizione dei bambini è stata correlata anche a problemi di salute mentale e comportamentali e a un incremento del crimine e della violenza. I bambini più grandi soffrono di conseguenze gravi, compreso un rischio più alto di danni ai reni e malattie cardiovascolari nel corso della vita. “È particolarmente distruttivo per i bambini molto piccoli e fino ai 5 anni di età e danneggia il loro cervello prima che abbiano l’opportunità che si sviluppi completamente, causando disabilità neurologica, cognitiva e fisica”, spiega Samengo. Per questo, ricorda Henrietta Fore, direttore generale Unicef, “dobbiamo ispirare azioni urgenti per proteggere i bambini una volte per tutte”. Anche perché è stimato che questa esposizione nei paesi a basso e medio reddito costi circa un trilione di dollari, dovuti alla perdita economica potenziale di questi bambini nel corso della vita.

COSÌ IL PIOMBO UCCIDE IL FUTURO – Il rapporto mostra che il riciclaggio informale e non conforme agli standard di batterie al piombo acido è una delle principali fonti di inquinamento da piombo nei bambini che vivono nei paesi a basso e medio reddito, in cui si è verificato un incremento di tre volte superiore del numero di veicoli dal 2000. L’incremento della proprietà di veicoli, combinato con la mancanza di una regolazione e di infrastrutture per il riciclo delle batterie dei veicoli, ha comportato che fino al 50% delle batterie a piombo acido venissero riciclate in modo non sicuro nell’economia informale. “I lavoratori che effettuano operazioni di riciclaggio pericolose e spesso illegali rompono casse di batterie aperte – spiega l’Unicef – versano acido e polvere di piombo nel terreno e fondono il piombo recuperato in forni grezzi a cielo aperto che emettono fumi tossici che avvelenano la comunità circostante”. E spesso i lavoratori e la comunità esposta non sono consapevoli che il piombo sia una potente neurotossina. Altre fonti dell’esposizione dei bambini al piombo comprendono la sua presenza nell’acqua a causa di tubi in piombo, quello proveniente dall’industria estrattiva come, ad esempio, l’estrazione mineraria e il riciclaggio di batterie, ma anche “pigmenti e pittura a base di piombo, benzina al piombo, che ha avuto una riduzione considerevole negli ultimi decenni, ma che è stata una delle principali fonti storiche, saldatura al piombo delle lattine di cibo”. E poi il piombo presente in spezie, cosmetici, medicina ayurvedica, giocattoli e altri prodotti di consumo. I genitori le cui mansioni prevedono lavori con il piombo, spiega lo studio, spesso portano a casa sui propri vestiti, capelli, mani e scarpe polvere contaminata, esponendo inavvertitamente i propri bambini a questo elemento tossico.

COSA FARE – “La buona notizia è che il piombo più essere riciclato in sicurezza senza esporre lavoratori, i loro bambini e i luoghi circostanti. I siti contaminati da piombo possono essere bonificati e ripristinati”, sottolinea Richard Fuller, presidente di Pure Earth. “Le persone possono essere formate sui pericoli – aggiunge – e dotate di maggiori strumenti per proteggere loro stesse e i loro bambini. Il ritorno degli investimenti è enorme”. Di fatto, mentre i livelli di piombo nel sangue sono diminuiti drasticamente nella maggior parte dei paesi ad alto reddito per diverse ragioni (dall’eliminazione della benzina al piombo e della maggior parte delle vernici a base di piombo), i livelli di piombo nel sangue per i bambini nei paesi a basso e medio reddito sono rimasti elevati e, in molti casi, pericolosamente elevati anche un decennio dopo l’eliminazione globale delle benzine al piombo. Il rapporto, infatti, presenta cinque casi studio nazionali in cui l’inquinamento da piombo e altri rifiuti tossici di metalli pesanti ha colpito i bambini: Kathgora in Bangladesh, Tblisi in Georgia, Agbogbloshie in Ghana, Pesarean in Indonesia e Morelos State in Messico.

Il rapporto mostra che i governi nei paesi colpiti possono fare molto attraverso alcuni step: sistemi di monitoraggio, misure di prevenzione contro l’esposizione dei bambini a siti ad alto rischio e prodotti che contengono piombo, gestione, trattamento e risanamento attraverso i sistemi sanitari, ma anche campagne di comunicazione, leggi e politiche e la creazione di unità di misura standard globali e di un registro internazionale di risultati anonimi degli studi sul livello di piombo nel sangue.

Nella foto: bambini raccolgono metallo e acciaio da una discarica in Bangaldesh. Credit: Naser Siddique

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È arrivato in Italia cercando lavoro, fortuna, una vita migliore. Fino ad ora, Israel Anyanku, nato in Nigeria 25 anni fa, da noi ha trovato carabinieri infedeli che l’hanno picchiato a sangue e persone pronte a sfruttarlo. Attualmente è un bracciante invisibile che raccoglie pomodori in Puglia, a Foggia. E cosa gli è successo il 27 marzo a Piacenza, in pieno lockdown, quando è stato arrestato dai carabinieri della Levante non lo scorderà mai. Ne porta i segni sul corpo. “Da quel giorno, da quando mi hanno picchiato i carabinieri, non respiro più bene”, dice in un buon inglese al telefono.

Israel non è ancora stato ascoltato dagli inquirenti. E riferisce di come un carabiniere della Levante (non specifica quale) abbia cercato di arruolarlo nella “batteria” dei pusher che per conto di Montella e di Giardino spacciavano la droga sequestrata nelle operazioni di polizia. Ma nella storia dell’arresto di Israel, definito “illegittimo” dagli inquirenti, l’unica droga che salta fuori è quella che dà un informatore-pusher di Montella ai carabinieri: 2 grammi di marijuana. “Continuavano a dirmi ‘ti aiutiamo, ti aiutiamo noi’. E io dicevo ‘io non voglio il vostro aiuto, non ho fatto niente’. Mi hanno detto di vendere droga per loro, io dicevo che non volevo farlo, che non potevano costringermi a farlo, non voglio aiuto”, continua a raccontare Israel.

Riavvolgiamo il nastro. Il 26 marzo è Ghormy El Mehdi, uno dei pusher di Montella, a chiamare l’appuntato dicendogli che aveva acquistato 10 euro di erba da uno spacciatore. “Aveva setto, otto, nove ovuli”, dice a Montella. Da qui, insieme a Ghormy, l’appuntato organizza quello che il gip definisce “un tranello” ai danni di Israel. Un’operazione che interessa tutta la catena di comando: il maresciallo Marco Orlando, che partecipa al “briefing” con Ghormy e sa, dopo l’arresto, di una perquisizione domiciliare a casa dell’arrestato che non finirà mai negli atti. È sempre Orlando che al pm di turno e al maggiore Stefano Bezzeccheri dice invece che il nigeriano “è un senza fissa dimora” che “bivacca all’autostazione”. Orlando e Bezzeccheri condividono, dopo l’operazione, il modus operandi per il quale Ghormy, informatore di carabinieri, non sarà segnalato alla Prefettura come assuntore. Il gip parla di “disinteresse e superficialità” di Orlando, e di “esclusiva attenzione al numero degli arresti ai fini carrieristici” di Bezzeccheri. Nel mezzo, stritolato da questo meccanismo, c’è quel ragazzo seduto sul selciato con di fronte una chiazza del proprio sangue.

Montella, intercettato dagli inquirenti, organizza i turni degli altri militari per fare in modo che all’operazione partecipino Salvatore Cappellano, Giacomo Falanga e Daniele Spagnolo, attualmente in carcere per le accuse di spaccio, tortura, estorsione e peculato. Perché Montella volesse proprio la sua “squadra” al completo, gli inquirenti lo spiegano così: “Gli arresti venivano pianificati sia per permettere agli indagati di recuperare stupefacente da cedere a terzi, sia per togliere di mezzo eventuali concorrenti in determinate zone della città”. Qui gli va male. Ma le modalità dell’arresto e della successiva perquisizione fantasma sembrano confermare la tesi accusatoria.

Quello di Israel è uno dei quattro fermi illegittimi compiuti dai carabinieri della Levante ricostruiti attraverso le intercettazioni dell’inchiesta Odysseus, portata a termine dalle Fiamme Gialle e coordinata dalla procuratrice Grazia Pradella. “Ricordo tutto di quel giorno – dice Israel – Sono uscito senza mascherina per andare dal fruttivendolo sotto casa, in via Colombo, quando una persona mi ha chiamato battendo le mani. Pensavo fosse perché non avevo la mascherina, allora sono tornato indietro verso casa ma poi insieme ad altri due, tre, non ricordo, quella persona mi è corso dietro, ho corso anche io e mi hanno fatto cadere”. E qui iniziano le botte, tante che Montella, in un intercettazione, dice: “Ho pensato ‘mo questo lo abbiamo ammazzato!’”. Israel non ha riconosciuto i carabinieri in borghese. Ma ricorda i loro pugni. “They hit me! Hit me. Continuavano a colpirmi in faccia, sul naso, perdevo sangue e non mi reggevo in piedi. Continuavano a chiedermi cosa avevo in tasca, ‘niente!’”. È in quei frangenti che Montella scatta la foto poi recuperata dagli inquirenti di Israel a terra, manette ai polsi.

Arrivato in caserma, il giovane nigeriano dice di esser stato spinto. “Sono caduto ancora. Il sangue continuava a uscire dal naso”, circostanza questa confermata dalle intercettazioni in cui Montella, arrivato alla Levante con l’arrestato, chiede lo scottex per pulire il sangue che sgorgava. Non è stato chiamato alcun medico. E questa è solo la prima omissione dell’arresto, comunicato con una nota stampa come ennesima operazione antidroga della Levante, spaccio e “resistenza a pubblico ufficiale”. Né in quella nota né negli atti inviati alla Procura i carabinieri menzionano la perquisizione domiciliare che Montella, Falanga, Cappellano ed Esposito fanno in via Colombo, a casa di Israel.

“La casa ce l’hai? Beato te – dice a Israel Cappellano, intercettato – Ora diamo una controllata. Ma droga ne hai?”. “Marijuana ne hai?”, chiede anche Montella, famelico. Nulla. A casa del 25enne zero stupefacenti. In casa non c’è nessuno e i militari mettono tutto a soqquadro. “Sai qual è il cazzo, Peppe? – dice sempre Cappellano rivolgendosi a Montella – Che quello che abita in casa vede che… vede casino, in casa, gli sembra che gli hanno rubato in casa, viene e fa la denuncia”. Montella lo tranquillizza: “Queste so’ bestie, non fanno denuncia. Se viene da noi (alla caserma Levante) lo mandiamo via. Abbiamo lasciato tutto in ordine, soprattutto in camera da letto, non si capiva niente”.

Sulla quantità di botte date a Israel è un’intercettazione a fare luce. E i “vanti” di Montella nei confornti della compagna: “Amore l’abbiamo massacrato”, dice a fine turno a Maria Paola Cattaneo. Ancora Montella, in caserma, ascoltato dalla Finanza, dice: “Quando ho visto quel sangue a terra, ho detto: ‘Mo l’abbiamo ucciso'”. E una volta a casa parla di “un negro” che “è scappato” e che “è stato picchiato un po’ da tutti” al figlio minorenne.

“Non mi hanno permesso di vedere un dottore, ho chiesto di parlare con il mio avvocato e non mi hanno permesso di sentire il mio avvocato. Quando ho rifiutato di lavorare per loro mi hanno picchiato”.

Cosa diresti loro se li avessi di fronte, adesso, chiediamo a Israel. “Non ho niente contro di loro, loro non hanno niente contro di me e mi hanno picchiato. So che il mio Dio li giudicherà. Sono innocente e non mi possono fare quello che hanno fatto, il mio Dio li sta giudicando e sono stati beccati per questo”.

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Continua la salita dei contagi nel nostro Paese: ieri sono stati registrati altri 386 casi in un giorno, di cui 200 in Veneto. E' il dato più alto dal 5 giugno. Millequattrocento morti in un giorno negli Stati Uniti. Il Messico supera il Regno Unito e diventa il terzo paese al mondo con più morti per Covid19



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Gli amici sono degli esseri speciali, persone con le quali si condividono sia i migliori che i peggiori momenti della nostra vita. Ci capiscono, ci supportano e, molto spesso, ci conoscono meglio della nostra famiglia, altre volte ancora diventano la nostra vera famiglia.

Per delle persone così importanti non poteva mancare una giornata celebrativa: il 30 luglio infatti è la Giornata internazionale dell’amicizia”, proclamata dall’assemblea generale delle Nazioni Unite con l’intento di dimostrare che l’amicizia tra i popoli e gli individui è in grado di generare iniziative di pace.

Etimologicamente, la parola “amico” deriva dal latino amicus che è connesso con “amare”. In effetti l’amicizia è una forma di amore, con delle caratteristiche del tutto diverse da quelle che contraddistinguono l’amore romantico, per i genitori o per gli ideali. Possiamo affermare che l’amicizia è un’interazione tra due o più persone, non imposta ma costruita, senza fini pratici e in cui c’è un reciproco scambio di affetto che però non sfocia nell’amore romantico o nel sesso tra i componenti.

Oltre questa definizione, che definisce l’amicizia nel senso più classico del termine, ne sono state coniate altre, molto recentemente, in cui il termine “amico” assume delle caratteristiche del tutto nuove e, in un certo senso, conformi al linguaggio e alla cultura odierna che sta acquisendo delle sfumature sempre più libere da stereotipie sul sesso e sulle relazioni: stiamo parlando della figura del “trombamico”.

Il termine è ormai in voga da qualche anno, e compare persino nel dizionario Treccani. Differentemente dalla parola “amico”, il “trombamico” indica una persona che non è implicata in una relazione sentimentale ma esclusivamente sessuale. Il termine italiano può sembrare un po’ volgare e assumere i connotati di un turpiloquio, in inglese invece la traduzione sembra molto più dolce: friend with benefits.

Sono state fatte molte ricerche sulle relazioni romantiche e i loro sviluppi, ma poco è stato studiato sulle relazioni occasionali e, in particolar modo, sulle relazioni che si basano sul sesso senza avere un coinvolgimento sentimentale. Un “friend with benefits” è infatti non solo un partner con cui praticare sesso occasionale, ma anche una persona con la quale condividere esclusivamente le esperienze sessuali, senza implicazioni sentimentali.

Rimane comunque del tutto possibile che uno dei due partner si innamori e voglia andare oltre quella che è una relazione basata solo sul sesso. Un’altra caratteristica che distingue le relazioni romantiche o le relazioni amicali dalla “friends with benefits” è la diversa concezione del futuro relazionale: le prime vivono la relazione improntando le energie su progetti futuri insieme, le seconde sono più improntate sul presente poiché non vogliono farsi coinvolgere emotivamente.

Questo tipo di relazioni, seppur improntate sulla spensieratezza dell’esperienza sessuale, presentano non pochi problemi di gestione: le persone che compongono la coppia possono avere obiettivi relazionali discrepanti, chi da una parte spera che il rapporto con il partner sfoci in una relazione romantica vera e propria; chi, invece, vorrebbe che tutto rimanesse così com’è senza alcuna implicazione affettiva.

Queste discrepanze portano a oggettive difficoltà nel mantenere una relazione nel tempo e sono anche il motivo per cui i “friends with benefits” dichiarano di sentirsi meno soddisfatti emotivamente e sessualmente rispetto alle persone che hanno una relazione romantica (Lehmiller, VanderDrift, & Kelly, 2014; Owen & Fincham, 2012).

Tuttavia non ci sono solo aspetti negativi, dopotutto la traduzione inglese lascia intendere che si possono riscontrare alcuni “benefici”: è stato riscontrato, infatti, che i “friends with benefits” hanno accesso a un’attività sessuale relativamente comoda che, in teoria, dovrebbe minimizzare il rischio di incappare nelle problematiche che riscontrano i partner nelle relazioni romantiche – a patto che vengano discusse e approvate le regole emotive, relazionali e sessuali che sottendono la relazione. Proprio a causa della mancata discussione di tali regole, la maggior parte dei partner finisce con il lasciare la relazione e sentirsi emotivamente scoraggiato.

Comprendere e saper affrontare le dinamiche relative ai “friends with benefits” dovrebbe essere un obiettivo importante per gli specialisti che operano nel campo della sessuologia, per il fatto che è un modo di relazionarsi sempre più ricorrente tra i giovani. La formazione di consulenti sessuali esperti in questo campo può aiutare le coppie a trovare il giusto modo di avviare e mantenere una relazione basata sul sesso nel tempo, a patto che questo abbia un riscontro positivo sulla salute sessuale e generale dei partecipanti.

Si ringrazia per la collaborazione il dr. Matteo Agostini

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