dicembre 2018

Botti Capodanno, 37 feriti nel Napoletano. Grave un ragazzo a Milano

In Campania un 12enne ha perso un dito. Nel Milanese un giovane è stato gravemente colpito e ustionato dall’esplosione di un petardo. Gli interventi dei vigili del fuoco per botti e incendi sono stati 658 in tutta Italia

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“Sono contento che il Presidente Mattarella abbia cominciato il suo discorso parlando di sicurezza: abbiamo dimostrato che volere è potere, l’Italia ha riconquistato i suoi confini“. Lo ha detto il vicepremier e ministro dell’interno, Matteo Salvini in diretta Facebook. “Tutto questo grazie a voi”, ha aggiunto

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“Care concittadine e cari concittadini,

siamo nel tempo dei social, in cui molti vivono connessi in rete e comunicano di continuo ciò che pensano e anche quel che fanno nella vita quotidiana. Tempi e abitudini cambiano ma questo appuntamento – nato decenni fa con il primo Presidente, Luigi Einaudi – non è un rito formale. Mi assegna il compito di rivolgere, a tutti voi, gli auguri per il nuovo anno: è un appuntamento tradizionale, sempre attuale e, per me, graditissimo. Permette di formulare, certo non un bilancio, ma qualche considerazione sull’anno trascorso. Mi consente di trasmettere quel che ho sentito e ricevuto in molte occasioni nel corso dell’anno da parte di tanti nostri concittadini, quasi dando in questo modo loro voce. E di farlo da qui, dal Quirinale, casa di tutti gli italiani.

Quel che ho ascoltato esprime, soprattutto, l’esigenza di sentirsi e di riconoscersi come una comunità di vita. La vicinanza e l’affetto che avverto sovente, li interpreto come il bisogno di unità, raffigurata da chi rappresenta la Repubblica che è il nostro comune destino. Proprio su questo vorrei riflettere brevemente, insieme, nel momento in cui entriamo in un nuovo anno. Sentirsi “comunità” significa condividere valori, prospettive, diritti e doveri. Significa “pensarsi” dentro un futuro comune, da costruire insieme. Significa responsabilità, perché ciascuno di noi è, in misura più o meno grande, protagonista del futuro del nostro Paese. Vuol dire anche essere rispettosi gli uni degli altri. Vuol dire essere consapevoli degli elementi che ci uniscono e nel battersi, come è giusto, per le proprie idee rifiutare l’astio, l’insulto, l’intolleranza, che creano ostilità e timore. So bene che alcuni diranno: questa è retorica dei buoni sentimenti, che la realtà è purtroppo un’altra; che vi sono tanti problemi e che bisogna pensare soprattutto alla sicurezza.

Certo, la sicurezza è condizione di un’esistenza serena. Ma la sicurezza parte da qui: da un ambiente in cui tutti si sentano rispettati e rispettino le regole del vivere comune. La domanda di sicurezza è particolarmente forte in alcune aree del Paese, dove la prepotenza delle mafie si fa sentire più pesantemente. E in molte periferie urbane dove il degrado favorisce il diffondersi della criminalità. Non sono ammissibili zone franche dove la legge non è osservata e si ha talvolta l’impressione di istituzioni inadeguate, con cittadini che si sentono soli e indifesi. La vera sicurezza si realizza, con efficacia, preservando e garantendo i valori positivi della convivenza. Sicurezza è anche lavoro, istruzione, più equa distribuzione delle opportunità per i giovani, attenzione per gli anziani, serenità per i pensionati dopo una vita di lavoro: tutto questo si realizza più facilmente superando i conflitti e sostenendosi l’un l’altro.

Qualche settimana fa a Torino alcuni bambini mi hanno consegnato la cittadinanza onoraria di un luogo immaginario, da loro definito Felicizia, per indicare l’amicizia come strada per la felicità. Un sogno, forse una favola. Ma dobbiamo guardarci dal confinare i sogni e le speranze alla sola stagione dell’infanzia. Come se questi valori non fossero importanti nel mondo degli adulti. In altre parole, non dobbiamo aver timore di manifestare buoni sentimenti che rendono migliore la nostra società. Sono i valori coltivati da chi svolge seriamente, giorno per giorno, il proprio dovere; quelli di chi si impegna volontariamente per aiutare gli altri in difficoltà. Il nostro è un Paese ricco di solidarietà. Spesso la società civile è arrivata, con più efficacia e con più calore umano, in luoghi remoti non raggiunti dalle pubbliche istituzioni. Ricordo gli incontri con chi, negli ospedali o nelle periferie e in tanti luoghi di solitudine e di sofferenza dona conforto e serenità. I tanti volontari intervenuti nelle catastrofi naturali a fianco dei Corpi dello Stato.

È l’“Italia che ricuce” e che dà fiducia. Così come fanno le realtà del Terzo Settore, del No profit che rappresentano una rete preziosa di solidarietà. Si tratta di realtà che hanno ben chiara la pari dignità di ogni persona e che meritano maggiore sostegno da parte delle istituzioni, anche perché, sovente, suppliscono a lacune o a ritardi dello Stato negli interventi in aiuto dei più deboli, degli emarginati, di anziani soli, di famiglie in difficoltà, di senzatetto. Anche per questo vanno evitate “tasse sulla bontà”. È l’immagine dell’Italia positiva, che deve prevalere. Il modello di vita dell’Italia non può essere – e non sarà mai – quello degli ultras violenti degli stadi di calcio, estremisti travestiti da tifosi. Alimentano focolai di odio settario, di discriminazione, di teppismo. Fenomeni che i pubblici poteri e le società di calcio hanno il dovere di contrastare e debellare. Lo sport è un’altra cosa.

Esortare a una convivenza più serena non significa chiudere gli occhi davanti alle difficoltà che il nostro Paese ha di fronte. Sappiamo di avere risorse importanti; e vi sono numerosi motivi che ci inducono ad affrontare con fiducia l’anno che verrà. Per essere all’altezza del compito dobbiamo andare incontro ai problemi con parole di verità, senza nasconderci carenze, condizionamenti, errori, approssimazioni. Molte sono le questioni che dobbiamo risolvere. La mancanza di lavoro che si mantiene a livelli intollerabili. L’alto debito pubblico che penalizza lo Stato e i cittadini e pone una pesante ipoteca sul futuro dei giovani. La capacità competitiva del nostro sistema produttivo che si è ridotta, pur con risultati significativi di imprese e di settori avanzati. Le carenze e il deterioramento di infrastrutture. Le ferite del nostro territorio. Dobbiamo aver fiducia in un cammino positivo. Ma non ci sono ricette miracolistiche. Soltanto il lavoro tenace, coerente, lungimirante produce risultati concreti. Un lavoro approfondito, che richiede competenza e che costa fatica e impegno.

Traguardi consistenti sono stati raggiunti nel tempo. Frutto del lavoro e dell’ingegno di intere generazioni che ci hanno preceduto. Abbiamo ad esempio da poco ricordato i quarant’anni del Servizio sanitario nazionale. E’ stato – ed è – un grande motore di giustizia, un vanto del sistema Italia. Che ha consentito di aumentare le aspettative di vita degli italiani, ai più alti livelli mondiali. Non mancano difetti e disparità da colmare. Ma si tratta di un patrimonio da preservare e da potenziare. L’universalità e la effettiva realizzazione dei diritti di cittadinanza sono state grandi conquiste della Repubblica: il nostro Stato sociale, basato sui pilastri costituzionali della tutela della salute, della previdenza, dell’assistenza, della scuola rappresenta un modello positivo. Da tutelare. Ieri sera ho promulgato la legge di bilancio nei termini utili a evitare l’esercizio provvisorio, pur se approvata in via definitiva dal Parlamento soltanto da poche ore. Avere scongiurato la apertura di una procedura di infrazione da parte dell’Unione Europea per il mancato rispetto di norme liberamente sottoscritte è un elemento che rafforza la fiducia e conferisce stabilità.

La grande compressione dell’esame parlamentare e la mancanza di un opportuno confronto con i corpi sociali richiedono adesso un’attenta verifica dei contenuti del provvedimento. Mi auguro – vivamente – che il Parlamento, il Governo, i gruppi politici trovino il modo di discutere costruttivamente su quanto avvenuto; e assicurino per il futuro condizioni adeguate di esame e di confronto. La dimensione europea è quella in cui l’Italia ha scelto di investire e di giocare il proprio futuro; e al suo interno dobbiamo essere voce autorevole. Vorrei rinnovare un pensiero di grande solidarietà ai familiari di Antonio Megalizzi, vittima di un vile attentato terroristico insieme ad altri cittadini europei. Come molti giovani si impegnava per un’Europa con meno confini e più giustizia. Comprendeva che le difficoltà possono essere superate rilanciando il progetto dell’Europa dei diritti, dei cittadini e dei popoli, della convivenza, della lotta all’odio, della pace. Quest’anno saremo chiamati a rinnovare il Parlamento europeo, la istituzione che rappresenta nell’Unione i popoli europei, a quarant’anni dalla sua prima elezione diretta. È uno dei più grandi esercizi democratici al mondo: più di 400 milioni di cittadini europei si recheranno alle urne. Mi auguro che la campagna elettorale si svolga con serenità e sia l’occasione di un serio confronto sul futuro dell’Europa.

Sono rimasto colpito da un episodio di cronaca recente, riferito dai media. Una signora di novant’anni, sentendosi sola nella notte di Natale, ha telefonato ai Carabinieri. Ho bisogno soltanto di compagnia, ha detto ai militari. E loro sono andati a trovarla a casa portandole un po’ di serenità. Alla signora Anna, e alle tante persone che si sentono in solitudine voglio rivolgere un saluto affettuoso. Vorrei sottolineare quanto sia significativo che si sia rivolta ai Carabinieri. La loro divisa, come quella di tutte le Forze dell’ordine e quella dei Vigili del fuoco, è il simbolo di istituzioni al servizio della comunità. Si tratta di un patrimonio da salvaguardare perché appartiene a tutti i cittadini. Insieme a loro rivolgo un augurio alle donne e agli uomini delle Forze armate, impegnate per garantire la nostra sicurezza e la pace in patria e all’estero. Svolgono un impegno che rende onore all’Italia. La loro funzione non può essere snaturata, destinandoli a compiti non compatibili con la loro elevata specializzazione.

In questa sera di festa desidero esprimere la mia vicinanza a quanti hanno sofferto e tuttora soffrono – malgrado il tempo trascorso – le conseguenze dolorose dei terremoti dell’Italia centrale, alle famiglie sfollate di Genova e della zona dell’Etna. Nell’augurare loro un anno sereno, ribadisco che la Repubblica assume la ricostruzione come un impegno inderogabile di solidarietà. Auguri a tutti gli italiani, in patria o all’estero. Auguro buon anno ai cinque milioni di immigrati che vivono, lavorano, vanno a scuola, praticano sport, nel nostro Paese. Rivolgo un augurio, caloroso, a Papa Francesco; e lo ringrazio, ancora una volta, per il suo magistero volto costantemente a promuovere la pace, la coesione sociale, il dialogo, l’impegno per il bene comune. Vorrei concludere da dove ho iniziato: dal nostro riconoscerci comunità. Ho conosciuto in questi anni tante persone impegnate in attività di grande valore sociale; e molti luoghi straordinari dove il rapporto con gli altri non è avvertito come un limite, ma come quello che dà senso alla vita. Ne cito uno fra i tanti ricordando e salutando i ragazzi e gli adulti del Centro di cura per l’autismo, di Verona, che ho di recente visitato. Mi hanno regalato quadri e disegni da loro realizzati. Sono tutti molto belli: esprimono creatività e capacità di comunicare e partecipare. Ne ho voluto collocare uno questa sera accanto a me. Li ringrazio nuovamente e rivolgo a tutti loro l’augurio più affettuoso. A tutti voi auguri di buon anno“.

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“Vanne evitate ‘tasse sulla bontà‘”. Lo ha detto Sergio Mattarella nel messaggio di fine anno. “Le realtà del Terzo Settore, del No profit rappresentano una rete preziosa di solidarietà“, “hanno ben chiara la pari dignità di ogni persona e meritano maggiore sostegno da parte delle istituzioni, anche perché, sovente, suppliscono a lacune o a ritardi dello Stato negli interventi in aiuto dei più deboli, degli emarginati, di anziani soli, di famiglie in difficoltà, di senzatetto. Anche per questo vanno evitate ‘tasse sulla bontà'”

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Il messaggio di fine anno del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella

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“Rimanete umani, siate umani. Ho attivato un algoritmo per gli auguri, sul tasto del vostro computer comparirà “auguri a te e alla tua famiglia”. In alto ai cuori, se li avete ancora“. Lo ha detto, in un breve contro-discorso di fine anno, Beppe Grillo in diretta Facebook. Il video raffigura il volto di Grillo posizionato su un corpo maschile da culturista. Il video di Grillo ha avuto inizio in perfetta contemporaneità con il messaggio di fine anno del presidente della Repubblica Sergio Mattarella

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“La vera sicurezza si realizza, con efficacia, preservando e garantendo i valori positivi della convivenza”. Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel suo quarto messaggio di fine anno ha parlato del bisogno di sicurezza del Paese, ma anche dell’importanza di ritrovare compattezza come comunità e il bisogno di ritrovare la fiducia. “Sicurezza è anche lavoro, istruzione, più equa distribuzione delle opportunità per i giovani, attenzione per gli anziani, serenità per i pensionati dopo una vita di lavoro: tutto questo si realizza più facilmente superando i conflitti e sostenendosi l’un l’altro”. Quindi come prima cosa ha ricordato là dove manca la sicurezza: “La domanda di sicurezza è particolarmente forte in alcune aree del Paese, dove la prepotenza delle mafie si fa sentire più pesantemente. E in molte periferie urbane dove il degrado favorisce il diffondersi della criminalità. Non sono ammissibili zone franche dove la legge non è osservata e si ha talvolta l’impressione di istituzioni inadeguate, con cittadini che si sentono soli e indifesi”.

Mattarella ha anche parlato della tassa sul terzo settore, inserita nella legge di Bilancio e che tanto ha fatto discutere nei giorni scorsi: “Vanne evitate ‘tasse sulla bontà’. Le realtà del Terzo Settore, del No profit rappresentano una rete preziosa di solidarietà”, “hanno ben chiara la pari dignità di ogni persona e meritano maggiore sostegno da parte delle istituzioni, anche perché, sovente, suppliscono a lacune o a ritardi dello Stato negli interventi in aiuto dei più deboli, degli emarginati, di anziani soli, di famiglie in difficoltà, di senzatetto. Anche per questo vanno evitate ‘tasse sulla bontà'”. Proprio della Manovra ha detto: “Ieri sera ho promulgato la legge di bilancio nei termini utili a evitare l’esercizio provvisorio, pur se approvata in via definitiva dal Parlamento soltanto da poche ore. Avere scongiurato la apertura di una procedura di infrazione da parte dell’Unione Europea per il mancato rispetto di norme liberamente sottoscritte è un elemento che rafforza la fiducia e conferisce stabilità”.

“È l’immagine dell’Italia positiva, che deve prevalere. Il modello di vita dell’Italia non può essere – e non sarà mai – quello degli ultras violenti degli stadi di calcio, estremisti travestiti da tifosi”, dice Sergio Mattarella nel messaggio di fine anno. “Alimentano focolai di odio settario, di discriminazione, di teppismo – prosegue -. Fenomeni che i pubblici poteri e le società di calcio hanno il dovere di contrastare e debellare. Lo sport è un’altra cosa”.

“Quel che ho ascoltato” dagli italiani, “esprime, soprattutto, l’esigenza di sentirsi e di riconoscersi come una comunità di vita. La vicinanza e l’affetto che avverto sovente, li interpreto come il bisogno di unità, raffigurata da chi rappresenta la Repubblica che è il nostro comune destino. Sentirsi “comunità” – aggiunge – significa condividere valori, prospettive, diritti e doveri. Significa “pensarsi” dentro un futuro comune, da costruire insieme”.

“Molte sono le questioni che dobbiamo risolvere. La mancanza di lavoro che si mantiene a livelli intollerabili. L’alto debito pubblico che penalizza lo Stato e i cittadini e pone una pesante ipoteca sul futuro dei giovani. La capacità competitiva del nostro sistema produttivo che si è ridotta. Le carenze e il deterioramento di infrastrutture. Le ferite del nostro territorio. Dobbiamo aver fiducia in un cammino positivo. Ma non ci sono ricette miracolistiche. Soltanto il lavoro tenace, coerente, lungimirante produce risultati concreti. Un lavoro approfondito, che richiede competenza e che costa fatica e impegno. Traguardi consistenti sono stati raggiunti nel tempo. Frutto del lavoro e dell’ingegno di intere generazioni che ci hanno preceduto”.

o il Capo dello Stato si era rivolto all’Italia che si preparava ad andare alle urne: “I partiti hanno il dovere di programmi realistici”, aveva detto. E aveva anche ricordato la generazione che per prima avrebbe votato alle urne: “Ho fiducia nella partecipazione dei giovani nati nel 1999 che voteranno per la prima volta”. Quindi aveva chiuso parlando della Costituzione, suo unico strumento e “cassetta degli attrezzi” per “rendere più giusta e sostenibile la nuova stagione che si apre”.

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Inizia l’era di Jair Bolsonaro. L’insediamento del neo presidente del Brasile – dopo la vittoria con il 55,2% dei consensi contro Fernando Haddad – è in programma a Brasilia martedì 1 gennaio e vedrà la partecipazione, oltre che di diversi capi di Stato, del premier israeliano Benyamin Netanyahu, di quello ungherese Viktor Orban e del segretario di stato americano Mike Pompeo, in rappresentanza di Donald Trump. Per l’italia – a cui Bolsonaro ha promesso l’estradizione di Cesare Battisti, ufficialmente latitante da metà dicembre – presenti l’ambasciatore Antonio Bernardini e il ministro dell’Agricoltura Gian Marco Centinaio.

Diserterà invece la cerimonia il Pt (Partido dos trabalhadores), il partito d’opposizione dell’ex presidente Lula, in protesta contro il “divieto illegittimo alla candidatura dell’ex presidente Lula e dalla manipolazione criminale dei social media per diffondere menzogne contro il candidato del Pt, Fernando Haddad”. Assenza che Bolsonaro ha commentato attraverso un tweet: “Ho saputo che il Pt e il Psol non condivideranno la cerimonia dell’insediamento presidenziale come gesto di rigetto nei miei confronti. Peccato”.

Sostenuto dagli imprenditori e dai latifondisti, così come da un’ampia porzione di ceto medio-basso e di realtà religiosa, Bolsonaro mira ad allinearsi, in politica estera, agli Stati Uniti e alle destre europee. Tra i primi provvedimenti annunciati dall’ex capitano, la possibilità di possedere “un’arma da fuoco a ogni cittadino senza precedenti penali”. Altro punto fondamentale, lo spostamento dell’ambasciata brasiliana in Israele a Gerusalemme – seguendo l’esempio lanciando nel corso di quest’anno da Donald Trump – come ha riferito Netanyahu attraverso un comunicato: “La questione del trasferimento dell’ambasciata brasiliana a Gerusalemme non è di sapere se questo avverrà, ma quando“.

Otto militari diventeranno ministri. Oltre al vice presidente, Hamilton Mourão, provengono dall’esercito anche i ministri della Difesa, della Tecnologia e dell’Energia e altri quattro uomini con alte cariche politiche nella presidenza. Tra gli uomini più in vista dell’esecutivo ci sarà però il giudice Sergio Moro al dicastero della Giustizia. Moro è stato infatti uno dei grandi protagonisti della maxi inchiesta contro la corruzione che ha decimato la classe politica brasiliana, condannando e fatto arrestare Lula, oltre a politici di altre aree politiche.

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A dare notizia della fake news sulla sua morte è stato lo stesso ministro dell’Interno e vicepremier Matteo Salvini: “Adesso scherzano pure sulla mia morte, roba da matti”, ha scritto su Facebook. “Mi allungano la vita, rispondo col sorriso”. E come allegato del messaggio ha pubblicato la schermata di una finta pagina web con il logo de la Stampa e la foto di un incidente stradale. Al leader del Carroccio ha replicato direttamente l’account ufficiale del quotidiano, scrivendo un commento sotto il post: “Onorevole, lei sa bene che questa è una pagina falsa che imita (male) la nostra grafica”, si legge. “Abbiamo segnalato da tempo la questione al nostro ufficio legale e contiamo di far chiudere presto questo sito. Siamo certi che converrà con noi che il confronto, anche duro, è sulle idee e sulle azioni, non certo sulle menzogne e le fake news. E questo è anche il nostro augurio per l’anno che verrà”. Quindi in una nota diffusa alle agenzie, la direzione de la Stampa ha ribadito: “Il nostro giornale già da alcuni mesi si è rivolto alla magistratura chiedendo l’immediata chiusura di un sito Internet che non solo diffonde sistematicamente fake news ma che è lui stesso una fake news”.

Solidarietà da Forza Italia e Partito democratico dopo il post di Salvini. “Condivido la lettura scaramantica”, ha dichiarato il vicepresidente azzurro Gianfranco Rotondi, “ma si tratta di un episodio gravissimo. Salvini ha figli adolescenti come me, e so cosa significa l’impatto di una notizia del genere su un bambino che ha il papà lontano. I responsabili vanno perseguiti senza sconti e colgo l’occasione per porre l’esigenza di una regolamentazione della rete. Piaccia o no,i nostri figli si formano sulla rete e non possiamo consentire che essa resti il pascolo della barbarie”. Così anche il democratico Cosimo Maria Ferri: “Episodio gravissimo e da condannare”, ha dichiarato. “Non si scherza con questi episodi che avvelenano il clima politico senza apportare un reale contributo al dibattito. Le forze politiche devono essere unite nel condannare questi episodi, ne va della qualità della nostra democrazia. Con le fake news si fa male non solo a chi le riceve: non si rispetta nemmeno chi ha realmente perso un proprio famigliare in situazioni analoghe e purtroppo realmente accadute. È necessaria la massima attenzione anche normativa a questi episodi con un approccio bipartisan, adottando provvedimenti appositi e intensificando i controlli sulla rete”.

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Un Paese senza governo per tre mesi. La scommessa di trovare una maggioranza in un sistema politico disintegrato. L’opposizione a nuove elezioni dopo soli sei mesi. Il rifiuto di firmare la nomina di un ministro scartando l’ultima opportunità dell’unico governo possibile. Una battaglia istituzionale senza precedenti di cui è stato, senza pentimento, uno dei protagonisti. Anche per il presidente della Repubblica Sergio Mattarella il 2018 è stato l’anno della “svolta punk“. E la folla – nel Paese a maggioranza populista – in piazza e nei sondaggi sembra apprezzare. Le mani battute in modo insistito nel tempo e nell’intensità nei teatri seguono quelle allungate dalla calca dietro alle transenne sparse di tricolore. Ma anche gli indici di popolarità in crescita proprio nell’ultimo anno. Lo stimano quasi 7 italiani su 10: la figura più popolare in un’Italia populista. Come se la risoluzione di una crisi senza precedenti, il necessario protagonismo, fino ai gesti di rottura avessero messo il professore schivo e conciliante sotto un’altra luce, più viva. Come se, indirettamente e senza volerlo, la politica che si dice del cambiamento avesse cambiato come prima cosa il Quirinale, l’istituzione più alta. L’uscita (obbligata) di Mattarella alla ribalta per duellare i partiti trionfatori, anziché il ruolo nelle quinte scelto nei primi tre anni di mandato, ha finito per dare nuovo vigore alla guardia della Costituzione, la “casa di tutti”, come la chiamava Aldo Moro.

Il dodicesimo presidente ha dovuto mettere in pratica per primo la linea che lui stesso ha tracciato nel discorso della fine del 2017, sessantatré giorni prima delle elezioni politiche che tutto promettevano di cambiare: serve coraggio, aveva detto ai partiti, “perché l’autentica missione della politica consiste proprio nella capacità di misurarsi con le novità, guidando i processi di mutamento“. Futuro, domani, avvenire sono tra le parole più ricorrenti nei discorsi da gennaio a oggi, dicono le tracce sull’archivio dell’Ansa. Così l’uomo del Novecento si è visto piombare davanti tutte insieme le sfide irrisolte del Duemila, il giurista democristiano è stato quello che per primo ha dovuto orientarsi nel mondo nuovo, il testimone della Prima Repubblica ha dato il battesimo a quella che potrebbe essere davvero la Terza.

Il codice d’ingresso che ha usato è stata la Costituzione, unico alfabeto attraverso il quale si esprime: ogni parola è pronunciata e ogni gesto è compiuto seguendo il filo della Carta. A ragione o torto, tra possibili errori e mugugni sicuri. Attraverso la Costituzione ha concesso quelle 12 settimane ai partiti per chiudere la fiera delle promesse della campagna elettorale, “scongelare i voti“, tentare di risolvere una crisi di governo inedita ed evitare di gettare il voto dei cittadini. Fino all’alleanza di governo tra M5s e Lega, la più inaspettata.

Attraverso la Costituzione ha anche preso la decisione più drammatica, probabilmente dell’intero mandato: il rifiuto di firmare la nomina di Paolo Savona a ministro dell’Economia. Trattenuto a fatica l’umore nero, essiccato il tono da ogni retorica (“Nelle prossime ore assumerò una iniziativa” fu l’ultima scheletrica frase), Mattarella quella sera ha voluto spiegare agli italiani con un discorso lungo 7 minuti e 24 secondi quali obblighi l’avevano costretto a quella decisione dirompente. Tra gli altri, il fatto che “il presidente della Repubblica svolge un ruolo di garanzia che non ha mai subito né può subire limitazioni“. Un arbitro, non un notaio. Lo aveva detto altre volte: quella sera di fine maggio, però, partiti ed elettori lo hanno dovuto ascoltare senza la solita distrazione. Mattarella si fece carico di un rischio altissimo: “per stare alle regole” – fu una delle contestazioni – il Paese era di nuovo sull’orlo del caos, cioè il contrario degli auspici presidenziali. Però “nessuno può affermare che io abbia ostacolato la formazione del governo che viene chiamato del cambiamento”. Anticipava le accuse che gli furono recapitate poche ore dopo: Luigi Di Maio, arringando la folla in piazza e in televisione, urlò la parola impeachment che la Costituzione traduce con “alto tradimento”. Mattarella avvolse quelle parole nel gelo e le archiviò per quello che erano: quattro giorni dopo, nelle sue mani, Di Maio giurava da ministro.

Se con Renzi erano serviti diversi interventi “persuasivi” a voce bassa (sull’abuso di decreti, per esempio), il “nuovo” Mattarella ha cambiato tono in pubblico perché è cambiato l’orecchio. Davanti alla “muscolatura” comunicativa e istituzionale dei due partiti movimentisti, di piazza e di governo, il capo dello Stato quella sera ha inteso tutelare la stessa istituzione che nei mesi a venire ha accompagnato tutto ciò che il governo gialloverde è riuscito a fare: il decreto Sicurezza, la legge Anticorruzione, la manovra “del popolo”. “E’ l’angelo custode del governo” ha detto pochi giorni fa Di Maio.

Il gesto di rottura di Mattarella sembrava il gorgo finale in cui era finito l’intero sistema politico e istituzionale. Invece ha finito per rivitalizzare il Quirinale non come il luogo che fa e disfa, ma come l’asse d’acciaio dello Stato. Non un cascame del passato, una ridotta del vecchio regime, appendice formale al protocollo, ma una garanzia per tutti i cittadini, anche ora che è arrivato il futuro, anche ora che il vento è cambiato: l’essenza dell’articolo 1, la sovranità al popolo nelle forme e nei limiti della Carta. “La Storia – ha detto qualche settimana fa – insegna che l’esercizio del potere può provocare il rischio di fare inebriare, di perderne il senso del servizio e di fare invece acquisire il senso del dominio nell’esercizio del potere”. Tra gli antidoti ha elencato la separazione dei poteri (che venera). E ha aggiunto una qualità inaudita in politica: l’autoironia.

Una garanzia anche per il governo. “L’angelo custode” ha seguito mese dopo mese il dialogo faticoso dell’esecutivo (ai cui vertici ci sono solo esordienti) con l’Unione Europea: da una parte si è raccomandato più volte sul debito, dall’altra si è presentato implicitamente come garanzia. Nel frattempo non ha mai smesso di criticare l’Europa per com’è fatta oggi. A febbraio, in Portogallo, invitò i Paesi del Mediterraneo “a far sentire la nostra voce a Bruxelles” perché è quello “il luogo della sfida globale di oggi”. A novembre, dalla Svezia, ribadì che l’Ue non può essere solo “un comitato d’affari“. Da quasi 3 anni denuncia la solitudine in cui si trova l’Italia mentre affronta i flussi migratori.

La versione di Mattarella è che i migranti sono i “nuovi schiavi“, che le paure e le ansie sono “comprensibili“, ma la risposta non è chiudere i confini e non è per ideologia. La “narrazione sovranista” propone “soluzioni inattuabili“: è una “illusione” pensare che si possa governare il fenomeno dell’immigrazione da soli. Da mesi sostiene la stessa cosa anche il presidente della Camera Roberto Fico, che spinge per l’adesione al Global Compact. Non è l’unico asse tra Quirinale e Montecitorio: è accaduto anche a luglio per la crisi della nave Diciotti, sbloccata dopo una telefonata del Quirinale al presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Chiesero a Fico cosa ne pensasse: “Gli interventi del presidente sono sempre positivi” rispose. E’ su questo tema che si fa avanti l’altra critica a Mattarella: gli appelli di associazioni e ong a non firmare il decreto Sicurezza. Il Quirinale rilasciò il decreto Sicurezza dopo un esame di ragguardevole durata (dieci giorni). Il testo tornò a Palazzo Chigi accompagnato da una lettera: “Ricordate gli obblighi della Costituzione”. Il ministro dell’Interno replicò come gli riesce fare: “Ciapa lì e porta a ca’“.

La “comunità” è il modulo da ripetere nella società, nella politica, in Europa: i problemi si risolvono insieme. “Il tessuto solidale di un Paese e al suo interno di ciascuna comunità – ha ripetuto quest’anno – è il bene comune prezioso e questo va sempre considerato a partire da chi ha responsabilità pubbliche“. Una contronarrazione. “Il veleno del razzismo continua a insinuarsi nelle fratture della società”, disse questa estate, tocca alla politica “il coraggio, se necessario, di contraddire opinioni diffuse”. Riusciremo a rendere il mondo migliore, ha aggiunto alcune settimane dopo, “se terremo unita la nostra comunità, se renderemo onore alla parola uguaglianza scritta nella nostra Costituzione, se allargheremo quest’asse di libertà, se metteremo al bando, in concreto, giorno per giorno, definitivamente, la violenza fisica e quella verbale, l’odio, l’intolleranza, le discriminazioni“.

In una parola, i fascismi. L’inquilino del Palazzo del Quirinale rinnova nel Duemila un altro principio repubblicano. Ogni volta che Mattarella parla del fascismo è senza appello: è “inaccettabile” l’idea secondo cui “il fascismo ebbe dei meriti“, i provvedimenti “disumani” come le leggi razziali “non furono deviazioni o episodi rispetto al modo di pensare del fascismo, ma una sua diretta e inevitabile conseguenza“. L’atto politico che ha aperto il 2018 del capo dello Stato è stata la nomina a senatrice a vita di Liliana Segre. Quello che lo chiude è la consegna dell’ordine al merito a cittadini che hanno agito per la solidarietà, la carità, la lotta alle discriminazioni, la legalità, il senso civico.

La narrazione autonoma, il controcanto, non è una novità per Mattarella. Accadde anche con Matteo Renzi. Il presidente del Consiglio dell’epoca continuava a dire che andava tutto alla grande, il capo dello Stato ricordava la ricostruzione post-terremoto, la disoccupazione, la corruzione. Oggi il presidente della Repubblica parla del clima come “sfida-chiave da affrontare subito”, della ricostruzione del ponte di Genova come “test di credibilità internazionale” per il Paese, del lavoro ancora come “vera priorità” perché la disoccupazione, e in particolare tra i giovani, è “insostenibile“. Ha dovuto usare le stesse parole un anno fa, e l’anno prima, e anche l’anno prima ancora. Sarà costretto a ripeterle, probabilmente, anche stasera.

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Negramaro chiudono un anno difficile con un bellissimo ritorno: Lele Spedicato, il chitarrista colpito da un’emorragia celebrale il 17 settembre, appare per la prima volta in video insieme alla band per un augurio speciale di buon anno a tutti i fan sui social. “È stato un 2018 denso di storie bellissime, difficili, nuove, impegnative, condivise ed affrontate tutte sotto il segno dell’amicizia, quella vera che ci insegna, ancora una volta, che insieme agli altri i sogni si realizzano davvero. Noi siamo qui a raccontarvelo, urlando con tutto il fiato che abbiamo in corpo, che sia per tutti un nuovo anno meraviglioso!” scrivono. Il 2019 sarà anche l’anno del ritorno live della band che da febbraio sarà in tour nei palazzetti, dopo un momento di pausa dalle scene in cui i Negramaro si erano stretti attorno a Lele

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L’aumento sui pedaggi delle Autostrade A24 e A 25 non ci sarà. A comunicarlo è stata la Strada dei Parchi, società concessionaria delle arterie in questione, che ha bloccato di propria iniziativa il rincaro di circa il 19% che sarebbe scattato oggi a mezzanotte. Dopo le indiscrezioni dei giorni scorsi, quindi, ora il mancato aumento è diventato ufficiale, anche se non mancano le polemiche, soprattutto tra Strada dei Parchi e Anas, accusata di aver assunto una “posizione incomprensibile”. È quanto si legge nella nota diffusa dalla stessa Spa per annunciare la sospensione degli aumenti dei pedaggi approvati dal Governo a fine 2017 e quelli previsti dalla Convenzione vigente per il 2019.

L’intesa per la ‘sterilizzazione‘ degli aumenti trovata con il Mit è saltata per opposizione dell’Anas. “Strada dei Parchi, società concessionaria delle autostrade A24 e A25 – si legge nel comunicato – nel prendere atto con rammarico delle ingiustificate pretese di Anas, che esige un tasso di interesse del 6% annuo al posto del tasso legale del 2% sulle rate posticipate 2018 e 2019 dovute quale prezzo della concessione, pretese reiterate nonostante gli inviti del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti suo controllante, comunica agli utenti che a partire dalla mezzanotte di oggi e fino a quando il Governo non troverà un’adeguata soluzione normativa, ha deciso di sospendere gli aumenti dei pedaggi di A24 e A25 approvati dal Governo alla fine del 2017 e quelli previsti dalla Convenzione vigente per il 2019. Strada dei Parchi – ha concluso la società – si dice fiduciosa che il MIT possa mettere al più presto la Concessionaria di A24 A25 e A25 nella possibilità di sottoscrivere il nuovo ‘Piano economico e finanziariò, in modo da affrontare in via definitiva la questione degli adeguamenti tariffari”.

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Autostrade A24-A25, concessionaria sospende l'aumento dei pedaggi

La concessionaria delle due tratte ha deciso di bloccare i rincari, di circa il 19%, che sarebbero scattati alla mezzanotte del 31 dicembre 2018. La società attacca "l'incomprensibile posizione di Anas” che si era opposta al negoziato col Ministero dei trasporti

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Il 1 gennaio 2019 la sonda spaziale New Horizons della Nasa – che nel 2015 ha raggiunto Plutone regalandosi le prime foto del pianeta – effettuerà il fly-by (sorvolo ravvicinato) più lontano nella storia delle esplorazioni spaziali. Sarà un Capodanno speciale per l’agenzia spaziale Usa. La sonda raggiungerà la distanza minima prevista, circa 3500 chilometri da Ultima Thule, un corpo celeste appartenente alla fascia di Kuiper scoperto nel 2014 e successivamente selezionato come obiettivo di sorvolo finale, a simboleggiare, come per la mitica isola, il raggiungimento esplorativo di confini mai raggiunti prima.

La fascia di Kuiper è una regione del sistema solare costituita da corpi minori esterna rispetto all’orbita dei pianeti maggiori, simile alla fascia principale degli asteroidi, ma venti volte più estesa. Lì gli oggetti sono composti principalmente da sostanze volatili congelate, come ammoniaca, metano e acqua. Dalle osservazioni già effettuate da Horizon nell’estate 2018 è emerso che Ultima Thule potrebbe avere la forma di uno sferoide allungato con un diametro di oltre 30 chilometri o che potrebbe addirittura trattarsi di un sistema composto da due o più corpi.

New Horizons è una sonda spaziale sviluppata dalla Nasa per l’esplorazione di Plutone e del suo satellite Caronte. Il lancio è avvenuto il 19 gennaio 2006 dalla base di Cape Canaveral e il sorvolo di Plutone ha avuto luogo il 14 luglio del 2015 dopo ben nove anni di viaggio. Con una velocità di oltre 58.000 km/h, raggiunta allo spegnimento del terzo stadio, è l’oggetto artificiale che ha raggiunto la velocità maggiore nel lasciare la Terra.

La sonda contiene una parte delle ceneri di Clyde Tombaugh, l’astronomo che nel 1930 scoprì Plutone, un cd-rom con i nomi di 434.000 persone che si sono iscritte al progetto, due monete, due bandiere degli Stati Uniti e un francobollo del 1991 che recita: “Plutone: non ancora esplorato”. Il 2 dicembre 2018 la sonda ha acceso i propulsori per 105 secondi per un aggiustamento di traiettoria perfettamente riuscito. Al momento della manovra correttiva la distanza di New Horizon dalla Terra era tale da causare un ritardo di oltre 6 ore nella trasmissione delle comunicazioni. Nel dicembre 2038, ben oltre la fine della propria missione, la sonda avrà raggiunto la distanza di 100 UA dal sole, ovvero 100 volte la distanza tra il Sole e la Terra.

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“Il Rosso ha detto ‘andiamo’ e io sono andato”. Luca Da Ros ha parlato e Marco Piovella, detto il “Rosso”, è finito dentro. E’ tra i primi tre ultrà arrestati dopo i fatti del 26 dicembre, ed è stato anche tra i primi a raccontare ai magistrati degli scontri scoppiati a due km dallo stadio di San Siro, a Milano, prima della partita tra l’Inter e il Napoli. Un agguato, quello preparato dagli ultras nerazzurri, durante i quali  l’ultrà del Varese Daniele Belardinelli è morto investito da un’autovettura che ancora non è stata identificata.

“C’erano tre gruppi: gli Irriducibili, i Viking e i Boys – ha raccontato Da Ros dopo la seconda notte trascorsa in cella – Il nostro capo, quello che ha in mano la curva, si chiama ‘il Rosso’. E’ lui che sposta la gente, è lui che decide”, si legge nell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Guido Salvini nei confronti di Piovella, considerato tra i leader della Curva Nord. “Il Rosso è il capogruppo, fa parte del direttivo della curva. Ha già subito processi di questo tipo. Ora non può entrare nello stadio per il Daspo“.

“Il Rosso ha detto andiamo e io sono andato – ha proseguito Da Ros – Siamo partiti tutti in macchina, eravamo circa 120 persone“, ricorda Da Ros. “Abbiamo lasciato le macchine e ci siamo fermati tutti contro un muro. All’inizio non avevo armi, poi hanno dato a tutti un bastone. Io ero in mezzo non sapevo cosa dovevo fare. Iniziano a passare i furgoni, quindi usciamo dall’angolo. Molti furgoni dei napoletani si sono fermati, altri no”. Tra queste anche la vettura che ha investito ‘Dede’ Belardinelli: “C’è stata una macchina grossa di colore scuro che non è riuscita a schivare le persone. La macchina veniva da dietro i napoletani. Non ho visto l’investimento. Non ho capito di chi era la macchina, ho visto solo il Suv passare prima dell’incidente. Poteva essere chiunque, anche un passante”, si legge in un altro virgolettato di Da Ros.

E’ stato lo stesso Piovella a fornire ai magistrati particolari sull’investimento di Belardinelli. “Ricordo di aver visto, sulla via Novara all’altezza di via Fratelli Zoia o qualche metro più avanti rispetto al senso di marcia, Daniele Belardinelli steso a terra, non so se perché scivolato o caduto accidentalmente – ha messo a verbale Piovella – Negli stessi istanti ho visto un’autovettura, a bassissima velocità o addirittura quasi ferma, passare sopra il corpo di Daniele, con le ruote anteriore e posteriore destra. Ho avuto anche la sensazione che le ruote slittassero nella circostanza. Non ricordo poi se l’autovettura si allontana immediatamente, lentamente o velocemente. In merito all’autovettura ricordo che era una macchina scura, di dimensioni che mi sono parse normali, ma su questi dettagli non ho certezze perché la mia attenzione era su Daniele”.

Un altro indagato, Flavio Biraghi, giovane ultrà dei Viking che ha reso spontanee dichiarazioni ed è stato denunciato in stato di libertà, ha riferito “di aver assistito all’investimento di un tifoso interista ad opera di una autovettura tipo Suv nero che procedeva ad alta velocità in Via Novara”. La scena dell’investimento non è stata ripresa dalle telecamere della zona, che non inquadravano proprio il punto dell’impatto. Gli investigatori stanno lavorando sulle immagini di auto che immediatamente dopo si allontanano dal punto in questione.

Biraghi ha raccontato che a dare il via all’agguato è stato lo scoppio di un petardo. “Era stato convenuto – ha detto il “giovanissimo ultrà dei Viking” denunciato in stato di libertà, nelle dichiarazioni spontanee riportate nell’ordinanza di custodia cautelare a carico di Piovella – che al momento dell’esplosione di un petardo tutti avrebbero dovuto muoversi verso via Novara per ‘fermare la carovana di veicoli di tifosi napoletani e quindi scontrarsi con questi ultimi'”. (ANSA).

“Biraghi – si legge ancora – ha dichiarato di essersi recato al baretto vicino allo stadio e di aver poi raggiunto via Fratelli Zoia dove si era unito a un centinaio di ultrà tra cui 30 francesi del Nizza e circa 10 provenienti da Varese (…)”. Dopo gli scontri quando “era stato dato l’ordine di allontanarsi” aveva quindi “nuovamente raggiunto il baretto e poi era entrato allo stadio”.

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Una lista di dieci desideri per il nuovo anno.

1) Che vada in crisi al più presto il governo Salvimaio. Una buona occasione potrebbe essere offerta dal voto sull’autonomia delle Regioni. Speriamo accada al più presto, possibilmente ancora prima delle elezioni europee. Diamo modo ai Cinquestelle di sviluppare gli elementi migliori della loro identità abbandonando il soffocante e mortifero abbraccio con Salvini.

2) Che Matteo Orfini la smetta di danneggiare il nostro patrimonio politico e culturale intonando “Bella Ciao” e che la Boschi smetta di atteggiarsi a madrina degli oppressi. Che Renzi si tolga definitivamente dalle scatole.

3) Che venga isolato il regime segregazionista di Netanyahu e si dia vita a un movimento internazionale senza precedenti per i diritti dei Palestinesi, trascinando i governanti israeliani di fronte alla Corte penale internazionale.

4) Che Assad decida di difendere il territorio siriano contro Erdogan e faccia un accordo con i Kurdi per una Siria rinnovata, profondamente democratica e unita.

5) Che Erdogan decida di liberare i prigionieri politici, compreso Ocalan, e inizi una nuova tornata di negoziati con i Kurdi per una Turchia democratica e federale.

6) Che vengano liberati i prigionieri politici catalani e governo e indipendentisti comincino un negoziato per un profondo rinnovamento del patto costituzionale e l’eliminazione di ogni scoria del franchismo.

7) Che Trump sia sottoposto ad impeachment e gli Stati Uniti eleggano una nuova presidente donna (non Hillary Clinton ovviamente), espressione delle tradizioni realmente popolari e democratiche di quel Paese. Che l’Italia smetta di essere una colonia statunitense e svolga autonomamente una politica di pace, cooperazione e dialogo con la Russia.

8) Che finiscano le sanzioni degli Stati Uniti contro Cuba e Venezuela. Che Bolsonaro e Macri, come pure Duque e Piñeira, siano sconfitti e possa riprendere il processo di integrazione latinoamericana.

9) Che, sull’esempio dei gilet gialli francesi, cominci in Europa una nuova stagione di lotte sociali per porre fine al neoliberismo e riprendere su basi totalmente nuove il processo di integrazione europea.

10) Che finiscano le sofferenze dei migranti, siano riaperti i porti, sia imposto l’obbligo di salvataggio in mare e si dia vita a una nuova stagione di integrazione, con la concessione della cittadinanza alle seconde e terze generazioni e la ripresa di un modello di accoglienza diffuso, riprendendo l’esempio di Riace.

Dieci desideri per un mondo migliore e più giusto, per metterci in condizione di lottare contro i veri pericoli che minacciano l’umanità: degrado ambientale, diseguaglianza sociale, predominio crescente di poteri finanziari e mafiosi.

L'articolo Cosa vorrei dal 2019. Un programma politico per il nuovo anno proviene da Il Fatto Quotidiano.



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Il sedicente “governo del cambiamento” ha chiuso il 2018, anno primo dalla sua nascita, con fuochi d’artificio sul versante dell’anticorruzione. Ma anche, come par condicio, sul fronte della corruzione. Le due anime di questo esecutivo sembrano aver trovato almeno in questo campo un armonico bilanciamento: il Movimento 5 Stelle, quello dello slogan “onestà onestà”, passa all’incasso intestandosi una legge cosiddetta “spazzacorrotti” che – secondo le accorate parole del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede – “porta una vera rivoluzione nella lotta alla corruzione”, ed “è motivo di orgoglio e commozione. Si apre una prospettiva di onestà per il Paese e ci permette di andare a testa alta nel mondo”. Ma l’alleato leghista dalle casse pignorate, forte dell’esperienza nel far svanire nel nulla i fondi pubblici, ha rilanciato in contropiede all’ultimo minuto, facendo inserire nella legge finanziaria blindata un codicillo che apre un varco alla deregolazione nell’assegnazione dei contratti pubblici da parte delle stazioni appaltanti, quadruplicando (circa) la soglia di valore degli affidamenti diretti di lavori pubblici, forniture, servizi, senza gara e quindi a più alto rischio di malaffare.

Proviamo allora a tracciare un bilancio provvisorio in questo scenario in chiaroscuro.

Di certo la legge approvata in via definitiva il 18 dicembre 2018 introduce alcune innovazioni dalla valenza positiva. Si pensi in particolare alla trasparenza delle donazioni a partiti, fondazioni e associazioni politiche; la previsione di condizioni di non punibilità per i corrotti che collaborano; la possibilità di perseguire anche in assenza di querela la corruzione tra privati; e – fin troppo enfatizzata rispetto alle sue potenzialità nel discorso pubblico – l’introduzione dell’agente sotto copertura nei reati contro la pubblica amministrazione. Convince di meno l’ennesimo inasprimento delle pene, che si accompagna a una specie di “ergastolo professionale” (il cosiddetto “Daspo a vita” per i corrotti), peraltro facilmente aggirabile per le imprese tramite prestanome o modificando i propri rappresentanti legali. Can che abbaia sempre più forte, lo Stato, contro i corrotti, ma nel mordere non risulta minimamente credibile: quelle pene in astratto ormai severissime non le sconta praticamente alcun “colletto bianco”, cancellandone qualsiasi effetto deterrente. Così come improvvisato e presumibilmente inefficace risulta il nuovo regime della prescrizione, per quanto ancora da interpretare nella cornice di un’annunciata “riforma di sistema” dell’ordinamento giudiziario, tutta da delineare: a che vale “congelare” il procedimento giudiziario dopo il giudizio di primo grado se quasi tre quarti delle prescrizioni si realizzano prima ancora di arrivare al dibattimento, con le carte che riposano – un eterno riposo, tombale – sul tavolo del pubblico ministero?

Insomma, nessuna delle misure tanto sbandierate sembra in grado di far diventare l’Italia un “faro” per l’Europa e tanto meno di “spazzare via” la corruzione, se non facendola scivolare come polvere sotto il tappeto, rendendola ancor più difficile da scoprire. Mentre brillano, anzi abbagliano per la loro assenza provvedimenti necessari, e raccomandati da molte organizzazioni internazionali: ad esempio, nessuna norma per limitare lo strapotere delle lobby, che spesso non hanno più bisogno di pagare per indurre i funzionari a violare le norme visto che riescono a comprarsi direttamente il contenuto delle leggi e dei principali provvedimenti governativi, con forme di “corruzione legalizzata” ormai invulnerabili all’azione dei magistrati – facile leggere in questa prospettiva i trattamenti di assoluto privilegio assicurati (e secretati) alle concessionarie autostradali, ad esempio. Silenzio tombale sul ruolo dell’Autorità anticorruzione, giovane istituzione che anziché allevata e sostenuta nei suoi passi come presidio di prevenzione sarà depauperata di competenze, secondo quanto si prospetta nella futura riforma del codice degli appalti. Forse una punizione per farle scontare una presunta contiguità con gli avversari politici che l’hanno istituita, alla faccia della natura bipartisan della lotta alla corruzione? Neanche un comma per rafforzare o favorire un impiego più esteso degli strumenti di trasparenza, partecipazione e accesso civico dei cittadini ai processi decisionali della pubblica amministrazione.

Purtroppo creare grandi aspettative – mettendo una spunta in più nella lista dei “fatto!” – su un fronte complicato come quello della lotta alla corruzione può forse portare effimeri consensi nell’immediato, ma accresce esponenzialmente il rischio che di fronte alle perduranti manifestazioni di un fenomeno in Italia ben radicato in troppe aree di attività politico-amministrativa, e che non si debella lanciandogli contro l’hashtag #spazzacorrotti, si alimenta la disillusione rabbiosa e irredimibile di larghe fasce dell’elettorato nei confronti delle istituzioni pubbliche e della classe politica. Un rancoroso livore nei confronti delle “élite corrotte” da tempo terreno di caccia dei leader neo-populisti, per ora in Italia regno quasi incontrastato degli abili propagandisti della Lega.

E proprio a una “manina” leghista si deve il capolavoro criminogeno della legge finanziaria: l’innalzamento per tutto il 2019 (poi si vedrà) a 150mila euro della soglia entro la quale le stazioni appaltanti potranno procedere tramite affidamento diretto dei contratti pubblici, senza pubblicità né trasparenza, col solo vincolo di “consultare” tre operatori. Gli effetti sarebbero deflagranti: secondo le prime stime il 40% dei contratti per lavori pubblici e l’80-85% di quelli per servizi andrebbero assegnate tramite affidamento diretto, con la massima discrezionalità. Non è chiara la giustificazione di un provvedimento capace di sollevare voci critiche che spaziano dal presidente dell’Anticorruzione Cantone al presidente della Commissione antimafia Morra (pentastellato, per inciso). Che la matrice vada rinvenuta nell’operosità degli amministratori padani frustrata dalla burocratizzazione indotta dal nuovo codice degli appalti, entrato in vigore nel 2016, così da liberare dagli impicci delle regole (e della concorrenza) e recuperare efficienza e velocità nella spesa? Tesi suggestiva, ma falsa, in quanto smentita dai dati.

Superata la fase fisiologica di adeguamento alle nuove norme, il mercato dei contratti pubblici appare oggi in rigogliosa ripresa – tra gennaio e aprile 2018 registra un +41,7% rispetto a un anno prima, proseguendo nel trend positivo del quadrimestre precedente. Altri dati (relativi ai lavori pubblici nei Comuni tra il 2009 e il 2013) di un recente studio della Banca d’Italia completano il quadro, mostrando che la crescita della discrezionalità nell’assegnazione degli appalti in Italia si è accompagnato a un aumento di parentela e contiguità politica delle imprese vincenti, oltre che (come prevedibile) dalla loro scarsa produttività – che si traduce in costi più alti per la collettività e cattivo impiego delle risorse pubbliche. Potremmo aggiungere altri prevedibili effetti di queste disposizioni: le professionalità dei funzionari in alcune amministrazioni faticosamente acquisite in questi anni frustrate dalla deresponsabilizzazone dell’affidamento diretto; la facilità di penetrazione nel settore delle imprese mafiose, visto l’allentamento dei controlli; il fiorire di pratiche clientelari, specie nei piccoli comuni; e naturalmente un generoso maneggio di tangenti, così come il proliferare di altri favori e opache cointeressenze. Sembrano queste le condizioni ambientali perfette affinché l’invocazione “onestà, onestà” debba tornare nuovamente a levarsi forte e chiara. Resta da capire invece chi potrà ancora intonare credibilmente – o almeno, senza vergognarsi – quello slogan.

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Dalle maschere bianche del Pd contro il decreto sicurezza, ai più recenti gilet azzurri indossati dai deputati di Forza Italia per protestare contro la manovra economica. Anche nel 2018 non sono mancate le contestazioni, più o meno agitate e più o meno pittoresche, in Parlamento. Ecco una raccolta delle più importanti

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I probiviri del Movimento 5 stelle hanno stabilito cinque espulsioni: sono da considerarsi fuori dal M5s i senatori Gregorio De Falco e Saverio De Bonis, così come gli eurodeputati Giulia Moi e Marco Valli. E’ stato invece deciso un richiamo per il senatore Lello Ciampolillo. Sono ancora pendenti i procedimenti disciplinari nei confronti di Elena Fattori e Paola Nugnes. Archiviate invece le posizioni di Matteo Mantero e Virginia La Mura.

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di Linda Maisto e Francesco Pastore

Il nostro augurio per il 2019 è che sia l’anno del lavoro, delle nuove assunzioni, dei giovani che acquisiscono un reddito o un’occupazione e portino avanti le loro famiglie e il paese. All’argomento abbiamo dedicato un editoriale qualche settimana fa concludendo con un auspicio: speriamo che il governo sia di parola e che proceda davvero alle 500mila assunzioni promesse dal ministro della Pubblica Amministrazione (PA da ora), Giulia Bongiorno, e previste già dal governo di Matteo Renzi, ma mai realizzate. Il crollo delle assunzioni nel settore pubblico negli ultimi 10 anni è, a nostro avviso, uno dei motivi del forte rallentamento dell’economia italiana degli ultimi anni e anche della sconfitta elettorale del centro-sinistra lo scorso 4 marzo.

Tuttavia, nonostante le promesse di alcuni mesi fa da parte del ministro della PA, Giulia Buongiorno, di rimuovere il blocco del turnover previsto dalla Legge Madia, purtroppo, la legge di bilancio appena approvata dal governo gialloverde introduce un blocco ancora più severo: non si possono fare prese di servizio fino a novembre 2019, anche se nel frattempo si sono fatti i concorsi. In altri termini, i vincitori di concorso non potranno prendere servizio fino a novembre 2019. Un’eccezione è prevista per alcune assunzioni nell’università, in particolare per i lavoratori temporanei, che non hanno ancora un salario. Speriamo che quanto prima si trovino le risorse per rimuovere questo blocco.

Siamo alle solite. Altro che assunzioni raddoppiate e triplicate per sostituire i lavoratori che andranno in pensione con quota 100 nella PA. Il rischio anzi è, come ha già notato il Presidente dell’Inps, Tito Boeri, che le nuove assunzioni, anche quelle già previste avvengano quando gli anziani saranno già andati in pensione, con il rischio che non si potrà procedere all’affiancamento dei giovani da parte degli anziani per spiegare ai giovani come funziona il lavoro che dovranno svolgere. Ciò potrà tradursi in una ulteriore perdita di efficienza e in uno spreco per il settore pubblico.

Non dovrebbe essere toccato dal provvedimento governativo, invece, il Piano del lavoro della Regione Campania, che dovrebbe portare per il primo anno, quello interessato dal blocco, solo alla assunzione con contratti temporanei di formazione di 10mila giovani, come ha annunciato lo stesso governatore Vincenzo De Luca, in questi giorni. Naturalmente, il piano sarebbe toccato se il blocco continuasse anche in seguito, nel 2020.

I lettori di questo blog in occasione della pubblicazione di quell’editoriale si divisero nei loro commenti, come spesso accade in Italia, fra liberisti e interventisti. I primi accusavano il settore pubblico di ogni male possibile e ne auspicavano la riduzione ai minimi termini. I secondi, invece, esaltavano il settore pubblico e lo presentavano come perfetto ed immodificabile.

La via giusta è nel mezzo. L’economia attuale non è più un’economia solo privata, ma mista in cui il settore pubblico è ormai ineluttabilmente un attore fondamentale. Non bisogna più discutere su settore pubblico sì o no, ma su quale e quanto settore pubblico, su come lo vogliamo, su come renderlo più efficiente.

Certo vanno ridotti gli sprechi del settore pubblico e va accresciuta la sua efficienza, ma questo non si fa con i tagli lineari, come il blocco del turnover previsto dalla legge Madia, e men che meno con il blocco delle assunzioni in un anno previsto dalla attuale legge di bilancio, un altro taglio lineare. Bisogna avere il coraggio di riformare e modellare la pubblica amministrazione secondo i bisogni dell’utenza. Bisogna trovare il modo di ridurre il personale dove non c’è bisogno e aumentarlo dove è più necessario. Bisogna avere il coraggio di investire anche molti soldi nella innovazione della PA a breve per ridurre poi la spesa pubblica nel lungo periodo.

Qualche giorno fa, l’ottima inchiesta di Report su sanità 4.0 ha indicato la strada giusta per il settore sanitario. Si possono realizzare importanti risparmi di spesa e riduzione degli sprechi del settore sanitario sfruttando le nuove tecnologie, mettendo in rete la sanità pubblica e privata. Creando la cartella clinica elettronica di ogni paziente, ad esempio, si evita di rifare le stesse analisi cento volte e si può conoscere la storia del paziente in pochi secondi, con importanti risparmi sulla terapia, oltre che sulla diagnosi. Con alcuni strumenti tecnologici di facile acquisizione si possono aumentare le visite da casa fatte per via telematica e ridurre quelle in ospedale al minimo indispensabile, con riduzione delle fantomatiche code in ospedale.

La lotta agli sprechi si fa con l’innovazione tecnologica non con i tagli lineari e i blocchi indiscriminati delle assunzioni.

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Calcio Truccato. Il grande business della mafia (Minerva Edizioni, 15 euro) è il libro che chi ama questo sport non avrebbe mai voluto leggere, ma che è necessario per capire chi sono e come operano i veri nemici del gioco più popolare al mondo. Dopo aver pubblicato nel 2015 Game Over. Calcio truccato, ora basta, il vice Questore della Polizia ed esperta di match fixing, Daniela Giuffrè, e il giornalista Antonio Scuglia hanno deciso di tornare a parlare di calcio truccato e scommesse illegali con un libro non più rivolto agli addetti ai lavori, ma scritto per un pubblico più ampio: per tutti coloro che vogliono conoscere gli affari illeciti che gravitano intorno alla loro passione.

Così, in 154 pagine i due autori raccontano come una pratica tanto antica, quella delle scommesse sportive, sia stata gradualmente contagiata dal virus delle combine, della corruzione e della malavita organizzata che ha visto in essa un metodo relativamente poco rischioso per ottenere facili guadagni e riciclare denaro sporco. Questo libro ci porta fino in Asia, dove nascono e ancora oggi hanno base i principali network di scommesse illegali e i match fixer che, attraverso la loro solida rete di contatti, riescono a corrompere non solo calciatori, allenatori o arbitri, ma anche dirigenti dei club, personale di sicurezza negli stadi, membri delle federazioni e molti altri attori all’apparenza secondari.

Quella di combinare le partite, controllarne lo svolgimento minuto per minuto, è una tecnica che, senza voler mitizzare i criminali e le mafie che operano in questo mercato, è diventata un’arte grazie alla sempre più ampia offerta di scommesse dei bookmaker legali e illegali. Non è più sufficiente, raccontano Giuffrè e Scuglia, assicurarsi che una certa squadra esca vincente o perdente da un match. Oggi, per ottimizzare i guadagni, è importante sapere chi ha segnato, quando lo ha fatto, le reti complessive di una partita, i cartellini estratti dall’arbitro, i risultati a fine primo tempo o, nei casi più eclatanti, chi avrà l’onore di battere il calcio d’inizio o quali comportamenti terrà il determinato giocatore in campo o in panchina.

E per essere sicuri di poter gestire tutte queste possibilità di scommessa, i match fixer corrompono i giocatori economicamente, socialmente o psicologicamente più deboli, stringono accordi con le società e le federazioni, creano squadre di loro proprietà o le controllano attraverso sponsorizzazioni, riescono a interrompere match o a far aprire scommesse su partite in realtà mai giocate. Il giro d’affari coinvolge tutti, dalle prime categorie europee e mondiali fino al calcio dilettantistico. Una sfida che vede le forze dell’ordine sempre un passo indietro rispetto alle nuove tecniche studiate dai match fixer, in una “lunga partita tra guardie e ladri” che vale decine di miliardi di euro ogni anno.

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Fuoriprogramma alcuni giorni fa in Nigeria, durante la proclamazione di Miss Africa 2018. Un attimo dopo l’incoronazione, i capelli della reginetta, la 24enne Dorcas Kasinde, sono letteralmente andati a fuoco. Colpa delle scintille scintillanti in mano al pubblico. Fortunatamente, a parte lo spavento, la ragazza non ha avuto conseguenze dal piccolo incidente

Il video è stato condiviso da decine di profili social

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Ci sono momenti nella vita sociale del Paese che non sarebbe giusto sprecare senza dedicare loro riflessioni e prese di posizione. Le onorificenze conferite dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella a 33 cittadini di origine italiana e straniera costituiscono una di queste occasioni. Questi cittadini sono tra loro molto diversi e hanno compiuto gesti diversi, immediati e improvvisi o continuativi nel tempo per molti anni. Non li ricorderò tutti in questo articolo, e me ne scuso: citerò soltanto due esempi, più adatti a una riflessione di carattere generale.

Diciamo subito che gli eroi ci stanno antipatici, e per avvicinarci a loro dobbiamo vincere una ritrosia istintiva: l’eroe ci mostra l’Uomo che ciascuno di noi potrebbe essere e non è, e la sua stessa esistenza è una critica alla nostra egoistica indifferenza quotidiana e alla cultura sociale che ne deriva. Se riusciamo a superare quest’ostacolo, l’eroe ci indica una strada e ci insegna qualcosa, che sta a noi apprendere. Questo è accaduto nel caso di Maria Rosaria Coppola, che sulla circumvesuviana ha difeso un passeggero di origine straniera da un attacco razzista: la sua reazione è stata filmata con un telefonino da un altro passeggero che ha poi postato il video sui social network, facendolo diventare virale.

Maria Rosaria Coppola non ha soltanto reagito a un’odiosa ingiustizia, ma ha fatto Cultura, nel senso più alto del termine. E il Presidente Mattarella, premiandola, fa Cultura a sua volta e dice dal più alto livello istituzionale dove sta il diritto e dove il sopruso. A chi pensa che il Presidente della Repubblica sia stato banale e abbia fatto una scelta obbligata dobbiamo ricordare con il Galileo di Bertolt Brecht che è “sventurato il Paese che ha bisogno di eroi”: perché è un Paese nel quale le cose non vanno, e il razzismo serpeggia.

Antonio La Cava, maestro in pensione, è stato premiato da Mattarella per aver portato per 18 anni con un motocarro una biblioteca ambulante nelle scuole dei paesi più piccoli della Basilicata, dove spesso non c’era biblioteca. Anche altri hanno realizzato iniziative simili, sebbene raramente con pari dedizione, e di nuovo dobbiamo dire con Brecht “sventurato il paese nelle cui scuole non c’è una biblioteca”. L’onorificenza conferita da Mattarella è un gesto di cultura politica e di ammaestramento sociale, ma è anche inesorabilmente una critica implicita alla politica del degrado: non è possibile scindere i due aspetti critico e generoso del gesto eroico, e non ha importanza se Antonio La Cava, che io non conosco personalmente, intendesse o meno essere critico nei confronti dell’istituzione per la quale ha lavorato prima di andare in pensione. L’azione parla anche quando non parla l’autore.

Gli eroi sono troppo pochi per risolvere i problemi sociali di un Paese: troppe volte sarà accaduto che uno straniero è stato insultato e fatto oggetto di violenza e non si è trovato accanto una donna come Maria Rosaria Coppola, troppe scuole non hanno né una biblioteca degna né un Antonio La Cava a supplire. Per questo, l’aspetto più importante delle azioni di queste persone e del riconoscimento offerto dal Presidente della Repubblica è quello culturale, soprattutto in un momento come l’attuale, in cui la cultura politica del Paese vacilla anche su temi importanti come i diritti umani. Grazie Presidente Mattarella, e fortunato il Paese che impara dai suoi eroi e cresce fino a non averne più bisogno.

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