agosto 2019

Terremoto di magnitudo 4.1 tra Norcia, Arquata

La scossa è stata registrata alle 2.02 nella stessa zona colpita dagli eventi tellurici del 2016 e 2017. Il sisma è stato seguito dopo pochi muniti da due repliche di magnitudo 3.2 e 2 nella stessa zona e preceduto ieri sera da altre quattro scosse



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L’inchiesta è stata chiamata “Isola verde” e riguarda due dei tre Comuni dell’isola di Salina, nelle Eolie: Santa Marina Salina e Malfa. Ottantacinque persone sono indagate per abusivismo edilizio della procura di Barcellona Pozzo di Gotto (Messina). Il periodo sottoposto a indagine va da marzo 2014 a ottobre 2017.

Gli indagati sono ex e attuali amministratori comunali, tecnici comunali, progettisti privati di Salina e Lipari, imprenditori, esponenti delle forze dell’ordine, residenti. Secondo il pm Federica Paiola “si sarebbe formata una associazione per trarre vantaggi personali, anche immateriali, per commettere veri delitti contro la pubblica amministrazione”. E ancora: controlli sulle costruzioni abusive fatti “pro forma”, non segnalando gli illeciti alla magistratura; rivelazioni di notizie che dovevano rimanere segrete”. La procura avrebbe anche accertato il pagamento di 50mila euro a un ex amministratore comunale di Santa Marina Salina da parte di un imprenditore per consentire un cambio di destinazione d’uso di un magazzino”.

Le contestazioni vanno dall’associazione a delinquere per i componenti di due “comitati d’affari” che avrebbero “governato” sul territorio e sulle attività amministrative della vita comunale di Santa Marina Salina e Malfa. A vario titolo si contestano, oltre al concorso in abuso d’ufficio e alla falsità in atti pubblici, reati quali corruzione, peculato, turbativa di pubblici incanti, omessa denuncia da parte di pubblico ufficiale, rivelazione di segreti d’ufficio.

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Di solito il governatore del Veneto Luca Zaia è uno dei leghisti più controllati, forse perché da quasi dieci anni amministra una regione. Ma a Conselve, durante la cena con Matteo Salvini e un migliaio di militanti bisognosi di essere rassicurati sull’evoluzione dei fatti politici, il governatore perde il suo aplomb istituzionale. E incita a prepararsi a “fare la rivoluzione“. Rivolgendosi agli aficionados del Carroccio ha pronunciato poche parole ma incendiarie. In tre passaggi chiave.

Il primo: “Da qui alle prossime elezioni voglio un popolo pancia a terra”. Che è un chiaro invito a concentrarsi sull’appuntamento con la storia che la Lega considera cruciale, sia che avvenga ora, nel caso la crisi non dovesse dar vita a un nuovo governo, sia in un futuro più o meno prossimo. Secondo passaggio, destinato a creare polemica, per la carica eversiva di incitamento alla rivolta. “Vi aspetto tutti in strada pronti a fare la rivoluzione”. Terzo passaggio: “Le piazze devono essere piene. Ci vediamo prima a Pontida e poi a Roma“. Così ha marcato i prossimi appuntamenti per il popolo leghista, il 15 settembre sul prato storico del movimento, dove Umberto Bossi invitava i suoi a dividere la Padania dall’Italia, e il 19 ottobre per la manifestazione antigovernativa già annunciata da Salvini.

Le parole di Zaia hanno suscitato reazioni da esponenti del Pd. : “Lui è presidente di Regione e il suo capo è ancora ministro dell’Interno. Incitare i cittadini ad andare per strada ed organizzare la rivoluzione è gravissimo”, ha twittato il senatore Davide Faraone. Non da meno Alessia Rotta, vicepresidente vicaria dei deputati del Pd: “Il presidente Zaia ha perso il controllo. Invita a scendere in strada ed essere pronti alla rivoluzione, parole che sono eversive e lesive di uno stato di diritto”. E ha aggiunto: “Stupisce che il governatore veneto non abbia mai pensato di scendere in piazza quando il governo gialloverde non faceva niente per la sua Regione, quando non veniva dato seguito all’Autonomia che i cittadini avevano votato. Oggi pronuncia parole che sarebbero gravi se dette da un cittadino qualunque, ma pronunciate da un presidente di Regione e uomo che dovrebbe rappresentare le istituzioni democratiche sono inaccettabili”.

La fibrillazione in casa della Lega è palpabile, anche se nessuno contesta il segretario Salvini per l’apertura di una crisi che potrebbe non portare alle elezioni, come il ministro dell’Interno avrebbe voluto. Solo un grande vecchio come Giancarlo Gentilini, ex sindaco di Treviso, può permettersi di farlo. Intervistato dall’emittente locale Antenna Tre, il novantenne “sceriffo” ha detto: “Un capo che sbaglia deve pagare, e anche chi si era messo ad angolo retto davanti a lui. Ha sbagliato a non prevedere le conseguenze delle sue azioni, quando un capo dovrebbe fare esattamente questo. Ora la scelta sta a lui: o continuare, o nominare una persona in sua sostituzione come capo carismatico della Lega”. L’accusa è di aver aperto la crisi spalancando la strada a un’intesa Pd-M5S.

“Salvini, non hai tenuto conto di trecento parlamentari che prendono 17mila euro al mese, che avrebbero dato tutto pur di rimanere seduti su quegli scranni dorati. Non hai capito che le tue affermazioni ‘voglio tutto il potere’ e ‘andiamo da soli’ contrastano con i proverbi dei nostri vecchi, che cinque schei de mona fa ben a tutti”. Il detto veneto significa che è meglio fingersi tonti, per poi essere più furbi degli avversari. E invece? “Le masse sono fluttuanti, il popolo è una banderuola. Se il prossimo governo porterà qualche provvedimento che ridurrà le tasse o eliminerà le accise, come anche Salvini voleva fare, per la Lega il futuro sarà difficile. Il popolo va da chi offre possibilità di sopravvivere. Salvini ha sbagliato e ha dato in mano l’Italia alla demagogia dei trinariciuti e dei bolscevichi. E quando i comunisti prendono il potere non ce n’è per nessuno”.

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Si sta trasformando in un incubo l’esperienza di Andrea Stramaccioni in Iran. L’ex allenatore dell’inter da giugno è il nuovo tecnico dell’Esteghlal, società a totale partecipazione statale del governo iraniano, e – complice la sosta per le Nazionali – nella serata di giovedì 29 agosto avrebbe dovuto prendere un areo che lo avrebbe riportato per qualche giorno in Italia, a Roma, dalla moglie e dai due figli. Come riferisce la Gazzetta dello Sport però, Stramaccioni è stato fermato con il suo collaboratore Sebastian Leto dalla polizia aeroportuale che gli ha impedito di prendere il suo aereo e lasciare il Paese. Il motivo? Problemi con il visto.

Il suo visto turistico risulta infatti scaduto, una circostanza strana per il tecnico che ormai lavora in Iran da 80 giorni e che ha un permesso di lavoro. Nonostante questo, l’allenatore non ha ancora potuto lasciare il Paese e così quello che sembrava essere un lavoro da sogno si trasforma sempre di più in un incubo: Stramaccioni è arrivato all’Esteghlal tramite il direttore sportivo Ali Khatir, ex dirigente Fifa che aveva seguito l’Inter in Europa League. Dopo la sconfitta alla prima di campionato, questo però si è dimesso è c’è stato un cambio di dirigenza della squadra, e la conferenza show nella quale lamentava che gli era stato tolto l’interprete in campo e la mancanza di rispetto nei suoi confronti della società, e dopo il pareggio nella seconda sfortunata sfida di campionato, ha avuto questo nuovo inconveniente. Non solo, il contratto da lui firmato è biennale e la penale in caso di recesso è di 3 milioni.

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“L’attuale situazione politica spiegata ai miei bambini”, Giovanni Muciaccia ha postato un video sulla sua pagina facebook in cui spiega, con l’aiuto di alcuni pupazzi, il delicato momento di crisi politica. Un Salvini multiforme che incendia tutto e resta in mutande, un Di Maio che resta incollato alla poltrona e diventa amico del suo più acerrimo nemico Zingaretti: “Non esagerate con la colla vinilica, che rischiate di restare attaccati alla poltrona per tutta la vita”

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“La riunione di oggi (con sindaci, governatori e segretari regionali Pd) sta nel percorso che stiamo facendo per la costruzione del programma. Un governo serio e solido deve saper dare risposte vere alle persone. Noi vogliamo che questo nostro lavoro sia rispettato, non accettiamo ultimatum”. Così la vicesegretaria Pd Paola De Micheli in una dichiarazione alla stampa davanti al Nazareno

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Debutta il 2 settembre il nuovo palinsesto di Radio24. La nuova programmazione prende il via alle 6.30 con “24Mattino” che torna senza Oscar Giannino ma con Simone Spetia affiancato, nella fascia della rassegna stampa, da Paolo Mieli, per un commento sulle notizie e sui temi del giorno. Dalle 8 alle 9, il programma prosegue poi in doppia conduzione, con Spetia e Maria Latella, per lo spazio dedicato alle interviste ai protagonisti della politica, dell’attualità, dell’economia. Al centro del programma c’è come sempre l’informazione, con l’analisi, il commento e l’approfondimento delle notizie del mattino.

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Partono da lunedì i controlli sull’uso anomalo di contanti da parte della Uif, l’unità di informazione finanziaria istituita alla Banca d’Italia. La misura, prevista dalla riforma del 2017 che ne ha fissato l’inizio a settembre, prevede l’invio delle comunicazioni su prelievi e versamenti in banche, Poste, istituti di pagamento. Si potrà sapere il nome di chi ritira o versa banconote per oltre 10mila euro complessivi in un mese. Non sarà una segnalazione automatica di operazione sospetta ma accenderà un faro da parte delle autorità.

La Uif è l’autorità che si occupa di prevenzione del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo: acquisisce i flussi finanziari e le informazioni principalmente attraverso le segnalazioni di operazioni sospette trasmesse da intermediari finanziari, professionisti e altri operatori. Poi effettua un’analisi finanziaria e valuta la rilevanza ai fini della trasmissione agli organi investigativi e all‘autorità giudiziaria. Nel 2018 le segnalazioni di operazioni sospette trasmesse all’Unità di informazione finanziaria sono state complessivamente 98.030, circa 4.200 in più rispetto a quelle del 2017: un incremento del 4,5%.

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Continuano le ricerche in provincia di Piacenza di Massimo Sebastiani ed Elisa Pomarelli, la coppia di amici di 45 e 28 anni scomparsa da quasi una settimana. Una vicenda sulla quale la procura di Piacenza ha aperto un fascicolo per sequestro di persona. Sul fronte delle indagini, condotte dai carabinieri, sono tante le segnalazioni e le testimonianze che continuano a giungere da parte della gente. Il titolare dell’area di servizio di Carpaneto in cui l’uomo è stato ripreso dalle telecamere nel pomeriggio di domenica scorsa ha riferito che il 45enne appariva nervoso e trafelato, e per giustificare la sua presenza in quel momento, ha riferito: “Elisa oggi non è voluta venire con me a fare un giro in campagna”.

Le operazioni di ricerca, coordinate dalla prefettura emiliana, proseguiranno anche domani e vedono impegnati centinaia di soccorritori tra cui vigili del fuoco, protezione civile, soccorso alpino e unità cinofile. Il campo base, grazie ad alcune tracce individuate nelle ultime ore, è stato spostato ancora più a monte, in una zona compresa fra i comuni di Lugagnano e Morfasso. Di Elisa non si sa più niente da dopo il pranzo tra i due a mezzogiorno, sempre di domenica, in una trattoria vicino a Carpaneto, nella campagna piacentina.

Intanto ieri il padre dell’uomo, Dante Sebastiani, contadino ultraottantenne in pensione, ha lanciato un appello al figlio: “Torna a casa da noi, e se hai fatto qualcosa di male pentiti“. Tra gli obiettivi dei soccorritori c’è soprattutto quello di individuare l’ipotetico rifugio, il ‘bunker’ di cui Sebastiani avrebbe più volte accennato agli amici nei giorni scorsi.

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Ha preso il via giovedì 29 agosto al parco della Versiliana di Marina di Pietrasanta la Festa per i 10 anni del Fatto Quotidiano. “La fatica di cambiare” si intitola l’incontro con le due sindache del Movimento 5 stelle di Torino e Roma, Chiara Appendino e Virginia Raggi. A intervistarle Andrea Scanzi e Paola Zanca. Guarda la diretta del dibattito

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È stato arrestato con l’accusa di omicidio Tevin Biles-Thomas, il fratello della campionessa olimpica statunitense di ginnastica Simone Biles. Il 24enne è ritenuto colpevole di una sparatoria avvenuta la notte di Capodanno a Cleveland, in Ohio, in cui sono morte tre persone e altre due sono rimaste ferite. Secondo quanto riporta la Nbc, il 24enne è stato arrestato venerdì a Fort Stewart, in Georgia, dopo quasi otto mesi di indagini. Biles-Thomas è ora detenuto nel carcere di Liberty County a Hinesville, in Georgia, e dovrà rispondere delle accuse di omicidio volontario, aggressione e falsa testimonianza.

L’episodio in cui è coinvolto è avvenuto il 31 dicembre scorso durante una festa in un appartamento preso in affitto nella zona del Brooklyn Center di Cleveland. Secondo le ricostruzioni, un gruppo si sarebbe presentato alla festa senza invito e la situazione sarebbe degenerata dopo che è stato chiesto loro di andarsene. Tre giovani di età compresa tra i 19 e i 23 anni sono stati raggiunti da colpi di arma da fuoco e per loro non c’è stato niente da fare.

Simone Biles, quattro volte campionessa olimpica, ha trascorso i suoi primi anni in affidamento dal momento che la madre era tossicodipendente; successivamente è stata adottata insieme alla sorella più giovane dal nonno materno. A gennaio del 2018 aveva rivelato di essere fra le vittime di Larry Nassar, ex medico della squadra femminile di ginnastica all’origine di uno dei più gravi scandali della storia dello sport americano, condannato per centinaia di aggressioni sessuali commesse nell’arco di circa 20 anni. L’atleta non ha commentato direttamente il caso del fratello: “Provo a digerire, non parlatemi“, ha scritto su Twitter.

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Dopo nove anni e una condanna per omicidio, l’ex portiere del Flamengo Bruno Fernandes torna in campo: il 34enne ha firmato con il Poços de Caldas, squadra brasiliana della terza divisione mineira. L’annuncio è arrivato sul profilo Facebook della squadra che ha deciso di siglare il contratto con Fernandes nonostante, in un sondaggio promosso dalla dirigenza del club stesso, i tifosi si fossero espressi contrari alla cosa.

Bruno Fernandes è stato condannato a 20 anni e 9 mesi di carcere per l’omicidio dell’ex fidanzata, la modella Eliza Samudio, nel 2010. La ragazza era rimasta incinta contro il volere del portiere che, poco dopo il parto, la rapì e poi la uccise, ne fece a pezzi il corpo e lo diede in pasto ai suoi cani. L’omicidio colpì molto l’opinione pubblica del Brasile e la responsabilità di Fernandes fu scoperta dagli inquirenti solo grazie alla confessione di un suo cugino: per quel delitto, Bruno Fernandes fu condannato a 20 anni e 9 mesi di carcere e la sua carriera si interruppe proprio quando era a un passo dalla convocazione in nazionale. A quel tempo infatti, era il portiere titolare del Flamengo, già sotto osservazione dal Milan per il dopo Dida.

Nel 2017 ha ottenuto la semilibertà ma questa gli fu revocata poco dopo, quando aveva appena firmato un contratto con un club della Serie B brasiliana. Tornato in carcere, è uscito il 19 luglio scorso perché gli è stata concessa nuovamente la semilibertà. Il suo ritorno in campo è previsto nella seconda metà del 2020, con l’inizio del campionato brasiliano. Ai tifosi però, è bastato l’annuncio della firma del contratto con il Poços de Caldas per scatenare le polemiche: “È un mostro, qui non lo vogliamo. È un assassino, non merita una seconda chance“, hanno detto ai media locali. Il legale del portiere brasiliano però, ai microfoni di Globoesporte ha detto che il suo assistito “è abbastanza contento, il suo obiettivo è tenersi in forma, poi potrà analizzare con calma altre proposte”.

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È stato accoltellato in carcere Sirhan Sirhan, l’assassino di Bob Kennedy. Ricoverato d’urgenza in ospedale, si trova ora “in condizioni stabili”, come hanno fatto sapere i funzionari del penitenziario di San Diego, in California, in cui l’uomo si trova detenuto da 50 anni con l’accusa di omicidio. L’aggressione è avvenuta alle 2.21 ora locale: “Gli agenti hanno risposto rapidamente e hanno trovato un detenuto ferito a coltellate. Trasportato in un ospedale esterno” alla prigione “per cure mediche, si trova attualmente in condizioni stabili“, fa sapere il dipartimento penitenziario californiano in una nota precisando che “il sospetto per l’attacco è stato identificato ed è stato messo in isolamento mentre sono state avviate le indagini”. Il portavoce dei vigili del fuoco, il capitano Thomas Shoots, ha riferito che i medici sono intervenuti alle 2.25 a soccorso di un uomo che sanguinava dal collo e che è stato trasportato in ambulanza in ospedale, dove è arrivato poco prima delle 2.50.

Il 5 giugno del 1968, Sirhan sparò diversi colpi contro Robert Kennedy, di cui uno fatale alla testa, mentre il senatore dello stato di New York stava salutando alcuni sostenitori all’Ambassador Hotel di Los Angeles. Cinque persone rimasero ferite nell’attentato. Fu condannato a morte, ma quando la California abolì per qualche anno la pena capitale, la sentenza fu trasformata in ergastolo. Nel corso degli anni Sirhan – cui è stata negata cinque volte la libertà condizionale – ha dichiarato di non ricordare di aver sparato a Kennedy, o di aver confessato l’omicidio. Inizialmente tenuto sotto protezione in un’area speciale del carcere Corcoran nel nord della California, chiese poi di essere trasferito in una prigione normale e da allora sconta la sua pena a San Diego.

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Una donna di 59 anni è stata trovata morta in casa in zona Acilia, nel quadrante sud di Roma. Il corpo, in avanzato stato di decomposizione, è stato scoperto ieri nel suo appartamento saturo di gas dai carabinieri di Ostia. Al momento gli investigatori ipotizzano un omicidio-suicidio. Si cerca il compagno della donna. In casa è stato trovato un biglietto in cui lasciava intendere la volontà di farla finita. È stata trovata anche l’auto con il tubo di scarico collegato all’abitacolo, ma non l’uomo.

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Ha preso il via giovedì con la “Serata Zero” la festa per i 10 anni del Fatto Quotidiano, in programma dal 29 agosto al 1 settembre al Parco La Versiliana (Marina di Pietrasanta). In occasione del compleanno del Fatto Quotidiano Peter Gomez, Cinzia Monteverdi, Antonio Padellaro e Marco Tarvaglio raccontano nascita e sfide future del giornale nell’incontro “I nostri primi dieci anni”. Segui la diretta tv

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I 5 stelle in crescita di quasi sette punti, il Carroccio in calo di quattro ma sempre sopra il 30 per cento e davanti ai grillini. Di poco, ma sale anche il Partito democratico. E’ questa la fotografia realizzata da Ipsos per il Corriere della sera. Confrontando i dati rilevati il 18 luglio e il 28 agosto, quindi un mese dopo la crisi di governo e alla vigilia del nuovo incarico a Giuseppe Conte, chi beneficia maggiormente della situazione è il M5s. Quella della Lega, che già Winpoll domenica 25 aveva dato in calo di cinque punti, “è un calo sensibile” (è passato dal 36 al 31,8 per cento dei consensi)”, ma “non è una débacle”, spiega Nando Pagnoncelli. “Soprattutto se lo si paragonaal drammatico crollo di fiducia in Salvini”, che ha perso 15 punti in poche settimane (dal 51 al 36).

Chi beneficia maggiormente della situazione è il Movimento 5 stelle che passa dal 17,4 per cento al 24,2 dei consensi. Secondo Pagnoncelli, possiamo parlare di “effetto Conte“: il presidente del Consiglio non ha visto effetti negativi sull’indice di fiducia nei suoi confronti. Ora, stando alle dichiarazioni degli intervistati, “viene visto diffusamete come un esponente del M5s”. I grillini stanno sperimentando un vero e proprio “rientro degli elettori critici”, in particolare provenienti “da sinistra e centrosinistra”. La tendenza, se confermata, potrebbe permettere ai 5 stelle, trainati proprio dall’influenza del premier Conte, di “diventare una forza centrista (e centrale)”, scrive sempre Pagnoncelli. Inoltre, il M5s riesce a presentarsi “con un profilo autonomo” rispetto al Carroccio e smarcandosi dall’ex socio di governo raccoglie un sostegno che sembrava perso. Cresce anche il Partito democratico, passando dal 21,6 al 22,3 per cento. Per i democratici il segnale è positivo, anche se in misura minore di quanto avviene per il momento nell’elettorato M5s. Della potenziale area di governo, anche Leu gode di effetti positivi: il partito di Laura Boldrini e Piero Grasso cresce quasi di un punto.

Sul fronte del centrodestra, gli effetti più negativi sono per Forza Italia che passa dall’8,2 al 6 per cento. Gli elettori sembrano spostarsi invece verso Fratelli d’Italia, che raggiunge l’8,2 per cento (40 giorni fa per Ipsos era al 6%): il partito di Giorgia Meloni riesce a raccogliere “gli scontenti di Salvini”.

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Il procuratore di Milano Francesco Greco, ospite venerdì alla festa per i 10 anni del Fatto assieme al segretario della Cgil, Maurizio Landini per il dibattito “La Finanziaria pagata dai ladri”, moderato da Gianni Barbacetto, ha affrontato il tema della lotta all’evasione fiscale. “L’evasione è la prima emergenza criminale di questo Paese – ha detto Greco, per anni a capo del pool di Milano sui reati tributari – perché ogni anno l’Italia ha un tax gap (la differenza tra le imposte incassate in teoria e in pratica, ndr) che oscilla tra i 110 e i 140 miliardi, ovvero quattro o cinque Finanziarie. Per questo la politica dovrebbe dare un segnale forte sulla lotta all’evasione fiscale. Nelle cassette di sicurezza ci sono 200 miliardi di euro che si possono recuperare. Tutti evasori”.

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Terza notte sulla Mare Jonio per i 34 naufraghi rimasti sulla nave dopo il trasbordo di 64 tra malati, donne e bambini. Venerdì è stata eseguita una ispezione dei medici del ministero della Salute per verificare le condizioni delle persone a bordo. La ong Mediterranea Saving Humans però ribadisce il rischio di “emergenza igienico-sanitaria” a bordo. La nave si trova a 13 miglia da Lampedusa, al limite delle acque territoriali, visto che persiste il divieto di sbarco firmato dal ministro dell’Interno Matteo Salvini e controfirmato dai suoi colleghi Elisabetta Trenta e Danilo Toninelli, mentre proprio sui decreti sicurezza voluti dal leader leghista si discute durante la formazione del nuovo governo.

Dei 98 migranti soccorsi mercoledì scorso su un gommone alla deriva a 70 miglia dalle coste libiche ne restano ancora a bordo 34, dopo lo sbarco concesso nella notte tra giovedì e venerdì. Le persone ancora sulla nave si trovano in condizioni insostenibili, spiega la ong. In particolare, la denuncia di Mediterranea riguarda la mancanza di acqua destinata a uso igienico e alle altre necessità di bordo e la presenza a bordo di rifiuti derivanti dal salvataggio e dalla permanenza dei naufraghi (come i vestiti impregnati di benzina): “Il rischio di malattie è aggravato dalla mancanza d’acqua, con conseguenti possibili danni per la salute di naufraghi ed equipaggio”, dice la ong.

Motovedette di Guardia costiera e Guardia di finanza si danno il cambio vicino alla Mare Jonio per fornire assistenza in caso di necessità. Nel pomeriggio di venerdì c’è stata la visita a bordo dell’armatore Alessandro Metz e dell’eurodeputato e medico Pietro Bartolo, che hanno portato provviste e verificato le condizioni di naufraghi ed equipaggio. Nel frattempo, il Garante dei detenuti, Mauro Palma, ha scritto al premier Giuseppe Conte sollecitando una soluzione ed esprimendo “sgomento nel vedere le immagini dello sbarco di bambini”. “Dal 28 agosto le 98 persone soccorse nel Mediterraneo centrale si sono trovate sotto la completa e diretta responsabilità dell’Italia, Stato di bandiera del vascello, e, quindi, sotto la giurisdizione del nostro Paese, titolare in via esclusiva della vicenda. Una situazione che non può e non deve ulteriormente protrarsi”, ha aggiunto Palma. Si rivolge a Conte anche un gruppo di ong, dall’Arci ad Amnesty, per chiedere lo sbarco.

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In ambito scientifico la questione del razzismo è stata archiviata da tempo: esiste solo una razza, quella umana. Il problema è che nella vita quotidiana l’approccio scientifico e razionale, per usare un eufemismo, non è predominante, pertanto la parola razza continua a essere usata per riferirsi a questa o quella etnia o a gruppi di individui accomunati da determinate (seppur presunte) caratteristiche biologiche. Così, ci ostiniamo a discutere di qualcosa che non esiste.

Per spiegare questo fenomeno alcuni hanno cominciato a pensare che il concetto di razza risponda alle dinamiche della costruzione sociale: un processo attraverso il quale, come spiegano i sociologi Berger e Luckmann, “le persone, per mezzo delle loro azioni e delle loro interazioni, creano una realtà comune e condivisa, esperita come oggettiva”. Anche quando oggettiva non è.

Nell’ambito del costruttivismo sociale, “l’identità razziale non è qualcosa che un individuo eredita in base ad alcuni distinti tratti biologici, ma una qualità che si acquisisce in seguito a un processo sociale di razzializzazione (racialization) simile al branding” (Elizabeth V. Spelman, Racism and Philosophy, 1999). Un meccanismo di rappresentazione fondato su determinati aspetti culturali a cui viene attribuito, arbitrariamente, un significato biologico.

Lo ius sanguinis è un esempio di questo approccio, perché a una caratterizzazione sociale – l’essere, per esempio, un italiano – si attribuisce un significato biologico: avere sangue italiano. Fatto che, biologicamente parlando, non ha alcun significato. E questa caratterizzazione è ottenuta attraverso una vera e propria operazione di marketing, con la creazione d’un marchio, un brand sotto il quale una determinata classe di individui possa riconoscersi.

Questo ci porta a un paradosso: le razze non esistono, ma il razzismo sì. E grazie a una crescente operazione di branding, negli ultimi anni ha ripreso vigore e – incredibile a dirsi – dignità sociale e politica.

Dichiarare di non essere razzisti per poi adottare contenuti e atteggiamenti comunicativi, nonché azioni e provvedimenti che mirano a produrre un processo di razzializzazione è il secondo effetto paradossale – e deteriore – dell’utilizzo spregiudicato del costruttivismo. I fautori di questa visione, in effetti, non sostengono una superiorità biologica fondata su basi scientifico-razionali (ovviamente non sostenibili), come pure fu tentato nel 1938 con la pubblicazione della rivista La difesa della razza, ma una priorità sociale, circoscrivibile a piacere (“prima gli italiani”, “prima i sardi”, “prima i livornesi” ecc.), alimentata da argomenti emozionali e fondata su un senso di cittadinanza non più inteso come patto sociale, ma come patto di sangue. Un patto che, lungi dall’essere un’innovazione politica, non fa altro che riesumare il vecchio tripode Dio, Patria, Famiglia su cui poggiano, da sempre, nazionalismo e tribalismo. E non ci deve sorprendere l’ostentata devozione alla religiosità popolare, l’artificiosa astrazione dei concetti di nazione e popolo e il ricorrente riferimento alla propria genitorialità e alla difesa della famiglia tradizionale da parte di chi decide di servirsene.

Il terzo paradosso a cui ci conduce la razzializzazione costruttivista è che il razzismo così prodotto non è percepito come tale dagli stessi individui che lo professano. I quali, come dimostra l’esperienza, tenderanno a ripetere di non essere affatto razzisti, ma…

Non partendo da espliciti assunti di superiorità o inferiorità biologica e accettata, almeno in superficie, la negazione scientifica delle razze umane, il razzismo contemporaneo è, perlopiù, un razzismo a propria insaputa, che per emergere alla luce dell’autocoscienza necessiterebbe di un’analisi sociologico-filosofica ben più articolata e complessa di quella che sto negligentemente abbozzando in queste poche, misere righe.

Anche quando questo nuovo razzismo è sostenuto da un’ideologia suprematista (che pretende, cioè, soltanto la supremazia – e non necessariamente la superiorità biologica – del proprio brand su tutti gli altri), quest’ultima, se vai a scavare (ed è il quarto paradosso), non è sostenuta da alcun sistema coerente di idee. Dentro ci trovi solo marketing.

Hannah Arendt, una delle più grandi pensatrici del ventesimo secolo, sosteneva che il male non possiede né profondità né una dimensione demoniaca, eppure “può invadere e devastare il mondo intero”. Esso “sfida il pensiero, perché il pensiero cerca di raggiungere la profondità, di andare alle radici, e nel momento in cui cerca il male è frustrato, perché non trova nulla. Ecco la sua banalità”. E in questo – ma forse non solo in questo – male e razzismo sono del tutto sovrapponibili.

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Nelle immagini, alcuni momenti del comizio che Matteo Salvini ha tenuto alla festa della Lega a Conselve, in provincia di Padova. Il segretario del partito ha avvertito Forza Italia: “Noi non abbiamo bisogno di niente e di nessuno”, riferendosi ad una eventuale alleanza in vista di possibili elezioni.

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Luglio e agosto sono stati due mesi chiave per la storia del Sudan: uno dei più martoriati stati africani, consumato prima da 16 anni di guerra civile nell’area del Darfur, quindi da 30 anni di pugno di ferro del dittatore Omar Al-Bashir, è oggi ad una svolta.

Dopo quasi un anno di tumulti, seguiti alla “crisi del pane” – quando, a fine 2018, un’impennata improvvisa del prezzo l’ha reso inaccessibile alla fascia più povera della popolazione – lo scorso 17 agosto è arrivata la notizia che tutti attendevano: civili e militari hanno raggiunto un accordo per una bozza di Costituzione, un documento che dovrebbe – superata la fase transitoria di tre anni – tratteggiare un futuro Sudan democratico, un paese con libertà d’espressione, governi che si alternano e un ruolo centrale per le donne.


Quanto è stato messo in calce nella dichiarazione costituzionale è una vera rivoluzione: ma la situazione, dicono in tanti, è meno chiara e definita di quanto non possa sembrare.

Uomini delle forze armate del Transitional military council (Tmc), che hanno assunto i pieni poteri dopo aver deposto Al Bashir, si sono macchiati di crimini contro l’umanità: hanno sparato sulla folla, arrestato e torturato arbitrariamente i dissidenti, stuprato le donne che chiedevano diritti e uguaglianza formale.

Pagherà qualcuno per le atrocità commesse? Quale indipendenza e legittimità avranno i sei membri civili nel comitato misto civili-militari che guiderà il paese fino alle elezioni? Quale fiducia potrà essere riposta in Abdel Fattah al-Burhan, generale golpista e ora a capo del comitato, in rappresentanza del Tmc da poco sciolto?

Inoltre, tema più scottante sul piano internazionale: cosa ne sarà di Al-Bashir? Due giorni dopo la firma dell’accordo, l’ex dittatore è comparso per la prima volta davanti ai giudici. Verrà processato per corruzione, ma da un sistema giudiziario in larga parte costruito da lui: molti dei giudici fanno parte del circolo di fedelissimi e non pochi militari oggi in ruoli chiave di governo portano pesanti responsabilità per crimini commessi durante il regime dell’ex dittatore.

Il rischio, quindi, secondo quanto riporta l’analista Quscondy Abdulshafi ad Al Jazeera, è che l’eccessivo legame tra i due regimi in transizione finisca per produrre un effetto simile a quello dell’Egitto. Un rischio, certo, ma l’assenza di un accordo tra civili e militari e una serie di compromessi che hanno permesso di fermare le violenze sono servite per evitare un altro rischio e cioè che le fragili istituzioni del Sudan collassassero e il paese cadesse nel vortice di una guerra civile. Nessuno vuole un’altra Libia e il timore del caos ha convinto tutti, soprattutto i ribelli, a sedersi al tavolo delle trattative.

Bisognerà attendere gli sviluppi per capire se Abdel Fattah al-Burhan rispetterà i patti e tra 21 mesi lascerà la guida del neonato comitato di unità nazionale ad un esponente civile. Intanto, i militari, tanto gli uomini di Al-Bashir quanto i suoi oppositori, possono dormire sonni (abbastanza) tranquilli: la possibilità che nessuno paghi per le violenze di quest’anno e che il dittatore non paghi per i crimini commessi, soprattutto in Darfur, è molto concreta. Con buona pace dell’Icc, la Corte penale dell’Aja, che dal 2007 gli dà la caccia in mezzo mondo per processarlo.

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I comportamenti finanziari degli italiani sono al pliocenico e non è sempre colpa delle banche. Qualche settimana fa abbiamo affrontato il tema dei “soldi sotto al materasso”, immagine iconica del rapporto con le finanze dell’italiano, da sempre grande risparmiatore ma pessimo investitore. Una relazione anacronistica se si pensa all’enorme trasformazione economico-sociale in atto che sempre di più ci obbligherà a sviluppare nuove abitudini e nuovi comportamenti finanziari, prima che sia troppo tardi. Chi non intercetterà questo cambiamento avrà vita difficile.

Ma come mai si è sviluppata negli anni questa caratteristica? Cominciamo con una considerazione storico-antropologica. Innanzitutto, per le particolari abitudini finanziarie che gli italiani hanno adottato dal dopoguerra a oggi. Dal dopoguerra fino all’inizio del nuovo millennio gli italiani erano accuditi da “mamma Stato“. In altre parole, dalla culla alla pensione c’era una “mano invisibile” a proteggerli. Lo Stato sociale (scuola, sanità, servizi pubblici, assistenza eccetera) permetteva di dormire sonni tranquilli, di non doversi preoccupare (economicamente) per eventuali malattie o per l’istruzione dei figli, né tantomeno per la pensione. Tutto era garantito e assicurato, appunto, dallo Stato.

Questa sorta di bolla protettiva, in cui gli italiani sono vissuti per oltre settant’anni, ha inculcato loro alcuni comportamenti che nel tempo sono diventati abitudini sulle quali costruivano il proprio stile di vita finanziario. Infatti, non avvertivano l’esigenza di pianificare un investimento per gli studi dei figli o di accantonare parte del risparmio per il periodo del pensionamento, né di crearsi una copertura finanziaria (o assicurativa) per un’eventuale inabilità sul lavoro, poiché per tutte queste emergenze, future ed eventuali, interveniva lo Stato sociale.

Questo approccio ha rimosso dalla vita finanziaria dei risparmiatori italiani il concetto di tempo, proprio perché non avevano bisogno di guardare al lungo termine, al futuro di per sé incerto.
Non era “percepito” come conveniente rinunciare ai propri risparmi per investirli a dieci o vent’anni al fine di soddisfare un’esigenza futura: alla peggio, pensavano, avrebbero sempre avuto il supporto di “mamma Stato” che garantiva salute, pensione, alloggio eccetera. Era invece considerato conveniente tenere i soldi risparmiati sempre disponibili, “liquidi“, come si dice in gergo, in modo da poterli utilizzare a ogni evenienza. È così che nacque il “primo grande amore finanziario” degli italiani: i Buoni ordinari del tesoro (Bot), titoli di Stato a tre, sei o dodici mesi con un buon tasso d’interesse.

I Bot hanno dominato le scene finanziarie per oltre cinquant’anni. Piacevano perché rispondevano a pennello ai desiderata degli italiani: erano sicuri, liquidabili nel breve periodo e rendevano bene. Basti pensare che negli anni Ottanta i Bot a dodici mesi hanno avuto un rendimento tra il 15% e il 22%! I risparmiatori erano contentissimi, ma era solo una percezione di “valore”.

In realtà il rendimento “reale”, cioè quello al netto dell’inflazione, spesso era negativo, ma nessuno se ne rammaricava. Ciò che contava in quegli anni era la percezione che si stesse facendo un affare, ed è proprio in quel periodo che nacque la prima convinzione distorta del risparmiatore italiano, cioè quella di poter investire a breve termine, con un rendimento alto, senza correre rischi.

Una equazione impossibile in finanza ma non per gli italiani! Convinzione che ancora oggi viene discussa sulle scrivanie dei consulenti finanziari, proprio perché figlia della nostra storia recente e quindi difficile da estirpare dall’immaginario collettivo. Oggi però le condizioni che hanno generato tale consapevolezza non ci sono più.

Perché la “mano invisibile” dello Stato non c’è più e quindi alla sanità, alla pensione, alla scuola dei nostri figli eccetera dovremo pensarci noi con i nostri risparmi. Se a questo aggiungiamo che i tassi d’interesse si sono praticamente azzerati e che l’epoca del “20% a un anno” non tornerà mai più (per fortuna, dico io, perché non era tutto oro ciò che luccicava, ma questa è un’altra storia), comprendiamo come questo lento e inesorabile cambiamento stia generando un nuovo contesto sociale, tale da rendere sempre più importante per il risparmiatore trasformarsi in investitore.

Non possiamo più pensare solo alle singole esigenze di breve periodo e lasciare il nostro futuro in balia del caso. Dobbiamo imparare a elaborare progetti di lungo periodo con l’obiettivo non solo di soddisfare le nostre necessità, ma anche di assicurarci quei servizi non più garantiti dallo Stato.

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Un faccia a faccia per definire il programma, ma anche per appianare le tensioni dopo una giornata convulsa. Partito Democratico e Movimento Cinque Stelle tornano a incontrarsi oggi: il vertice a Palazzo Chigi con il premier incaricato Giuseppe Conte, però, è stato spostato dalle 9,30 a mezzogiorno. Era stato un altro incontro, venerdì pomeriggio, a ricompattare democratici e pentastellati dopo le dichiarazioni di Luigi Di Maio: “O si fanno i nostri punti, oppure si torna la voto”. Proprio Conte ha mediato, invitando a Palazzo Chigi Dario Franceschini e Andrea Orlando per i dem e i capogruppo pentastellati Francesco D’Uva e Stefano Patuanelli: si è delineato “un percorso di lavoro” per consentire al presidente incaricato di “elaborare un programma condiviso da entrambe le forze politiche”. Un percorso che deve riprendere nuovamente oggi, nel 23esimo giorno di crisi, a partire da mezzogiorno.

CRONACA ORA PER ORA

9.01 – Vertice a Palazzo Chigi slitta a mezzogiorno
L’incontro sul programma a Palazzo Chigi tra delegazioni Pd-M5S e il premier incaricato Giuseppe Conte è stato spostato alle 12, secondo quanto si apprende.

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Napoli, navigator in sciopero della fame: parla Ilenia dopo il malore

A raccontare la sua esperienza è Ilenia De Coro, uno dei due navigator che hanno accusato un malore durante il quinto giorno di sciopero totale della fame per chiedere il contratto. Ilenia ha conseguito una laurea in Scienze dell’Educazione e tre master.

 



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Giuseppe Conte, a distanza di venti giorni dall’inizio della crisi aperta per arroganza, sventatezza o calcoli fallaci da Matteo Salvini, ha assunto con riserva e dopo aver superato i dubbi del caso l’incarico per formare il Conte 2 con il Pd a guida Zingaretti, ma sotto il sostanziale controllo dei gruppi parlamentari di Matteo Renzi.

Nelle comunicazioni all’uscita dal colloquio con Sergio Mattarella il presidente incaricato ha voluto tracciare le direttrici del governo nel “segno della novità”, che i partner di minoranza del M5S chiamano “della discontinuità” per segnare la cesura assoluta da quello gialloverde, e ha elencato ai primi posti la lotta alla corruzione e all’evasione fiscale, l’impiego delle energie rinnovabili come motore di uno sviluppo sostenibile, l’impegno per un’amministrazione della giustizia più efficiente e dunque più equa, la riduzione delle diseguaglianze sociali e fiscali.

Un programma di massima da cui, pure nell’inevitabile genericità dettata in primo luogo dal contesto e dai tempi, è difficile dissentire e che ha avuto anche il merito di essere bollato come “qualunquista” da autorevoli esponenti berlusconiani come Paolo Sisto. Altro elemento positivo delle ultime ore è la totale apertura di Graziano Delrio in merito alla revoca delle concessioni pubbliche, richiamata con forza anche da Alessandro Di Battista, mentre da parte del Pd viene data per archiviata con un Sì la questione Tav.

Dunque: è tutto andato nel migliore dei modi possibili – o quasi – e stiamo assistendo al “nuovo inizio”, alla fine definitiva della stagione “dell’odio e della paura” e finalmente alla realizzazione del “diritto al futuro” evocato con concetti molto edificanti da Nicola Zingaretti all’uscita dal colloquio con Mattarella? Non proprio.

Come ha commentato durante l’ennesima maratona Mentana Marco Damilano – che non è propriamente un pregiudiziale detrattore del Pd -, le parole studiate e i leitmotiv non riscattano la debolezza politica di nobili e vaghe enunciazioni, tanto più se come sta avvenendo l’attenzione sembra molto concentrata sul totoministri. Per quanto concerne il Pd, sul totonomi che circola campeggiano molti ex-ministri, e alcuni di lungo corso in netto contrasto con il mantra della “discontinuità” che non può essere evocato solo nei confronti del precedente governo.

In casa M5S dovrebbe essere oltremodo presente la consapevolezza che essere percepiti dal proprio elettorato, già diviso e spaesato, come permeabili a una certa “poltronofilia” (Beppe Grillo dixit) sarebbe semplicemente letale. E la mia riflessione non si riferisce tanto alle reali o presunte aspettative di Luigi Di Maio su quale ruolo avere all’interno dell’esecutivo, sempre che gli convenga averne uno; quanto alla distanza di posizioni che si è registrata tra gli eletti, monoliticamente decisi ad evitare il voto e di conseguenza a mantenere il proprio scranno parlamentare, e gli elettori e gli iscritti drammaticamente divisi oltre che sconcertati.

Ora per il M5S, che ha incassato un oggettivo successo con la riconferma di Conte, inizia il tratto più difficile che deve percorrere con due riferimenti imprescindibili, rispettivamente riguardo il governo e riguardo il rapporto con gli elettori e gli iscritti. Sul fronte di quello che sarà il Conte 2 al di là dei nomi, anche se non può esserci un veto ad personam per Di Maio, non sarebbe male ascoltare “le uscite paradossali del comico” che ci azzecca sempre e mettere per quanto è possibile gli uomini giusti (e cioè competenti) al posto giusto, tecnici o politici indifferentemente.

Quanto al programma, basta riferirsi testualmente a quanto dichiarato da Di Maio all’uscita dalle consultazioni: “il programma è sempre quello votato da 14 milioni di italiani” e pur con qualche mediazione accettabile tenere il punto su trivellazioni, riforma della giustizia, conflitto d’interesse, taglio dei parlamentari.

Poi c’è, ineludibile, la parola che deve passare agli iscritti con il voto sulla piattaforma Rousseau, lo strumento tanto deprecato e demonizzato nonché temuto e dunque non così addomesticabile – come fiumi di inchiostro inutile e velenoso l’hanno voluto descrivere. “La proposta di progetto di governo condivisa dalle forze che intendono far parte della maggioranza, prima di essere sottoposta al Capo dello Stato, sarà votata on line e solo se il voto degli iscritti sarà positivo sarà supportata dal M5S”.

Un’operazione semplice al di là delle “incognite”, delle presunte “sgrammaticature istituzionali” o “sgarbi” al presidente della Repubblica, di cui si è cianciato a vuoto per ostacolarla.

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Rimini, albergatore arrestato con l’accusa di abusi su un 14enne

Secondo il racconto fatto dallo stesso ragazzo, l’uomo avrebbe approfittato di un momento in cui era rimasto solo, addormentato su una poltrona dell'hotel a tarda notte, per molestarlo. Il 57enne ha negato ogni accusa



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Le domande al fondo indennizzo risparmiatori (Fir), lo strumento creato dal governo e dotato di 1,575 miliardi nel triennio 2019-2021 per risarcire i risparmiatori coinvolti loro malgrado nei crac bancari del 2015-2017, potranno essere presentate entro 180 giorni dal 22 agosto scorso, il giorno successivo a quello in cui è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il terzo e definitivo decreto del ministero delle Finanze. Cade così l’ultimo diaframma che si frapponeva tra i fondi a disposizione per “i ristori” e gli azionisti e obbligazionisti subordinati di Banca Etruria, Banca delle Marche, Cassa di Risparmio di Ferrara, Cassa di Risparmio di Chieti, Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca, oltre che per gli azionisti di alcune banche di credito cooperativo: Banca Padovana, Bcc di Pelaco, Banca Popolare delle Province Calabre, BCC Banca Brutia e Credito Cooperativo Interprovinciale Veneto. Dopo il ritardo nell’attivazione della piattaforma digitale sul sito del Fondo indennizzo risparmiatori (Fir), lo strumento realizzato da Consap per presentare per via informatica le domande di rimborso da parte dei circa 300mila piccoli investitori coinvolti nei dissesti bancari del periodo 17 novembre 2015 – 31 dicembre 2017, sono emersi però altri grossi problemi. La piattaforma digitale di presentazione delle domande doveva essere messa online entro la scadenza inizialmente prevista per venerdì 26 luglio, ma è arrivata in ritardo: oggi però che finalmente è accessibile, si rivela troppo difficile da compilare. Non solo: il modello da riempire infatti contiene vere e proprie assurdità finanziarie e giuridiche, tanto da sollevare le proteste di numerosi risparmiatori coinvolti. Attenzione: meglio non improvvisare o andare a tentoni nella compilazione online, perché esistono rischi concreti di vedersi cassare le domande di rimborso senza possibilità di appello.

I problemi di compilazione delle domande online – I principali paradossi del sistema di presentazione delle domande online li indica Francesco Spallino, investitore azionario rimasto coinvolto nella “risoluzione” di Etruria datata 22 novembre 2015. Innanzitutto, per gli azionisti delle quattro banche risolte il 22 novembre 2015 (oltre a Etruria, Marche CariFe e CariChieti) che hanno avuto i titoli azionari cancellati nel 2017 non è possibile indicare nel modulo online della Consap quale sia l’istituto di credito sul quale sarebbero depositati perché non esiste una banca depositaria: i titoli sono stati cancellati dai conti titoli dei risparmiatori. Inoltre ogni giorno cambiano le domande del modulo da compilare per chiedere i rimborsi, via via che le segnalazioni sui problemi arrivano alla Consap, ma per i risparmiatori diventa sempre più complesso fornire le risposte richieste: invece di semplificarla, la compilazione della domanda online è resa sempre più complessa.

Ad esempio, con la prima versione del modulo online era quasi impossibile capire come inserire i dati su acquisti dello stesso titolo effettuati in tranche differenti, ovvero con prezzi e date diverse. Ora è stata introdotta la possibilità di inserire più date riferite agli acquisti di un singolo titolo dotato dello stesso codice identificativo Isin, ma nessuno pare avere considerato – ad esempio – il fatto che nel caso di Banca Etruria l’azione ha avuto due codici Isin diversi, attribuiti prima e dopo l’aumento di capitale del 2013. Questo complica la procedura di inserimento dei dati perché, a quanto pare, i dati relativi agli acquisti in più tranche erano stati immaginati solo nel caso di un unico codice Isin. Inoltre non è ancora chiaro come vada calcolato il patrimonio mobiliare del risparmiatore per capire se si è oppure no sotto i 100mila euro che consentono di aderire al rimborso con la formula del cosiddetto “binario diretto”, oppure se, nell’ipotesi di possedere un patrimonio mobiliare superiore a quella soglia, si finisce nel “canale normale” dei rimborsi.

Inoltre, sempre per stabilire se la domanda godrà del diritto di accedere al “binario diretto” dei rimborsi, il software prevede una maschera per indicare se il reddito sia superiore o inferiore all’Isee di 35mila euro: ma se si indica la risposta “sì” alla domanda, secondo alcuni risparmiatori il software non consente poi di rispondere “sì” alla seconda domanda relativa alla soglia del patrimonio mobiliare. C’è poi la questione delle deleghe: se si chiede il rimborso per conto di un famigliare occorre andare dal notaio per farsi certificare la firma. C’è inoltre la questione della data di valuta: se si inserisce online una data di acquisto della prima tranche di un titolo, il software non consente poi di inserire la data di valuta alla quale il titolo è stato pagato dal risparmiatore. Ancora, emerge la questione del “valore nominale residuo” dei titoli che va indicato nel software: ma se il titolo è stato azzerato e cancellato dai dossier titoli dei risparmiatori, quale valore si può indicare? Per alcuni va indicato zero, altri invece affermano che vada indicato nel software il valore perso nell’investimento. Infine, c’è la richiesta di attestare il fatto che si detengano i titoli nel momento in cui si presenta la documentazione allegata alla domanda. Questo paletto è stato reintrodotto dai decreti attuativi del Fir varati nel 2019 mentre nella legge Finanziaria del 2018 che istituiva in Fir si spiegava al comma 494 che potevano partecipare tutti i risparmiatori che detenevano i titoli azzerati “alla data del provvedimento di messa in liquidazione” (o “i loro successori aventi causa”): il che era molto più logico visto che i titoli azzerati sono stati poi cancellati dai conti titoli dei risparmiatori. Secondo alcuni però la richiesta di reintrodurre la prova del possesso dei titoli al momento della richiesta di rimborso e non alla data di liquidazione deriverebbe dal fatto che tra la messa in liquidazione delle banche e la presentazione delle domande sarebbero talvolta avvenute transazioni. Alcuni risparmiatori infine segnalano la mancanza di collaborazione delle banche depositarie dei titoli alle richieste avanzate dai risparmiatori di ottenere copia della documentazione necessaria a presentare la domanda al Fir: secondo alcuni, vi sono istituti di credito che invierebbero documentazioni incomplete sui titoli e le perfezionerebbero solo dopo molte richieste.

Attenzione agli errori: meglio aspettare i chiarimenti ufficiali – La questione è che se la domanda di rimborso viene presentata nel modo sbagliato, anche per semplici errori formali dovuti alle complessità di compilazione del sofwtare online, si rischia di vederla respinta. Inoltre la legge che ha istituito il Fir, così come i decreti attuativi, non hanno dato ai risparmiatori la possibilità di presentare appello in caso di respingimento della domanda di rimborso. Per questo motivo alcuni risparmiatori, tra i quali il Gruppo azionisti azzerati di Etruria, chiedono un incontro urgente a Consap per dettagliare tutti i problemi a chi ha creato il software online e ottenerne una modifica del software oltre a risposte e chiarimenti ufficiali. Ma non basta: alcuni avvocati, tra cui Letizia Vescovini del foro di Modena, esperta di diritto bancario finanziario e degli investimenti, su questo tema invitano i risparmiatori coinvolti alla pazienza. Non ha senso, secondo Vescovini, procedere troppo velocemente alla presentazione della domanda in assenza di chiarimenti ufficiali su questi aspetti, rischiando così di incorrere in errori che possono compromettere il diritto al rimborso. Conviene invece procedere con i tempi necessari alla raccolta dei documenti e alla presentazione di una domanda inattaccabile anche dal punto di vista formale, una volta che le risposte ufficiali di Consap e ministero saranno arrivate. Chi primo arriva, in questo caso, non è detto che alloggi bene.

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Eruzione a Stromboli, nuove esplosioni: torna la paura sull'isola. FOTO

La replica dei fenomeni sta cominciando a destare preoccupazione anche tra chi è abituato a convivere col vulcano. Secondo la sala operativa della Protezione Civile regionale, non si segnalano danni e la situazione viene definita "sotto controllo"



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Battuta d’arresto per il mercato del lavoro a luglio. Dopo cinque mesi di crescita, a luglio secondo l’Istat l’occupazione ha registrato un “lieve calo” nel confronto mensile. Il numero delle persone che hanno un posto scende di 18mila unità rispetto a giugno: diminuiscono, dopo quattro mesi, i lavoratori dipendenti, soprattutto quelli stabili (-44mila). Segno meno anche per gli occupati a termine (-2mila), mentre aumentano gli indipendenti (+29mila). Il tasso di occupazione passa al 59,1% (-0,1 punti percentuali). Su base annua l’occupazione resta comunque in crescita (+0,8%, pari a +193mila unità).

In lieve aumento il tasso di disoccupazione, che resta sotto il 10% ma torna al 9,9%, il livello di maggio, risalendo rispetto al 9,7% (rivisto al rialzo al 9,8%) di giugno.Le persone in cerca di lavoro aumentano di 28mila unità su base mensile (+1,1%). I disoccupati in Italia si attestano così a 2 milioni e 566mila. Tuttavia a confronto con luglio 2018 continua a registrarsi una diminuzione (-121mila disoccupati). E il tasso si mantiene sotto la soglia del 10% per il terzo mese di seguito.

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“Se la Lega è così antisistema come dice, perché non ha permesso di fare la legge sul conflitto d’interessi? La verità è che fa parte del sistema”. A dirlo, ospite a Omnibus su La7, il senatore del M5s, Nicola Morra. Che ha aggiunto: “Alleanze a livello locale col Pd? Non sia mai”.

Video La7

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Per Standard & Poor’s l’Argentina è in default tecnico. L’annuncio arriva all’indomani della richiesta del governo Macri di ristrutturazione di 101 miliardi di dollari di debito, che per la società di rating si configura come un “mancato rispetto dei tempi di pagamento accordati“. S&P aggiunge comunque che questa analisi, “sostenuta dalla impossibilità per l’Argentina di collocare titoli a breve termine”, potrebbe essere rivista se, come assicurato, il rimborso dei titoli alla fine si realizzerà.

Due giorni fa il ministro delle Finanze argentino Hernan Lacunza ha annunciato che il governo rinvierà il pagamento di titoli locali a breve in mano a investitori istituzionali per un ammontare di 7mila milioni di dollari. Inoltre il governo argentino cercherà di ottenere “la ristrutturazione volontaria” di 50mila milioni di dollari di debito e lungo termine e avvierà un negoziato con il Fondo monetario internazionale per dilazionare il rimborso di un prestito ‘stand by’ in vigore con scadenza nel secondo semestre del 2021. Ieri l’indice Merval della Borsa di Buenos Aires ha chiuso in forte flessione (-5,79%) mentre il ‘rischio Paese’ ha toccato un altro massimo a 2255 punti.

La Banca centrale argentina (Bcra) ha utilizzato ieri tutti i mezzi a sua disposizione, fra cui la vendita in quattro riprese di 223 milioni di dollari, per contenere la crescita del biglietto verde, fissato in chiusura a 60,30 pesos. All’operazione di contenimento della valuta statunitense ha contribuito anche un nuovo rialzo dei tassi di interesse che per alcuni titoli pubblici in pesos (Leliq) a sette giorni hanno ottenuto fra il 75,45 ed il 79,90%. Intanto, riferisce il quotidiano Ambito Financiero, le riserve del Bcra sono diminuite di 523 milioni di dollari a 56.950 milioni, accumulando in questo modo una diminuzione di 9.348,50 milioni di dollari dal 12 agosto, giorno delle primarie in cui l’opposizione peronista ha ampiamente sconfitto il presidente Mauricio Macri, in vista delle presidenziali del 27 ottobre prossimo.

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Si chiamano Mind sports Olympiad (Mso), sono nate nel 1997 e si svolgono annualmente in agosto a Londra. Si tratta di una manifestazione unica nel suo genere, alla quale io partecipo sempre molto volentieri e nella quale mi è anche capitato di prendermi qualche bella soddisfazione.

Funziona così: la partecipazione è libera e per otto giorni giochi – mattino, pomeriggio e sera – a tutto quello che ti è possibile giocare, dagli scacchi al backgammon, dai coloni di Catan a Mastermind, da poker a Entropy e via via con i vari classici, i nuovi astratti e i moderni Eurogames (i giochi di tavoliere in scatola); ma anche prove mentali, come calcolo mentale, pensiero creativo, memoria e via discorrendo. Complessivamente nell’edizione terminata qualche giorno fa c’erano ben 75 tornei fra cui scegliere, lunghi una, due o tre sessioni di gioco.

La cosa più interessante e davvero caratterizzante è il meta-gioco, la super-combinata del Pentamind. In pratica (con gli adeguati vincoli) vengono considerati i cinque migliori risultati di ogni concorrente e stilata una classifica con uno speciale sistema di punteggio. Un po’ come nell’atletica (decathlon), ma il bello è che qui ognuno sceglie le specialità che vuole.

Il titolo di Pentamind world champion quest’anno è andato all’inglese di origine indiana (è nato nell’Uttar Pradesh) Ankush Kahndelwahl, capace di battere grandi maestri a scacchi, di giocare a bridge a livello delle nazionali, di vivere di poker, di vincere i tornei di Agricola e di Triolet e di imparare i segreti di qualsiasi gioco con incredibile velocità. Al posto d’onore per pochissimi punti l’estone Andre Kuusk, anche lui un grande campione dall’eclettismo sconfinato.

L’Italia si è comportata bene, portando a casa undici ori, nove argenti e tre bronzi, e la performance più bella è arrivata a sorpresa: il 19enne Andrea Muzii ha vinto tre ori nelle tre gare di Memoria (maratona, naturale e velocità) aggiudicandosi nove delle dieci prove in programma. Tra le altre cose ha memorizzato un intero mazzo di carte mescolato casualmente in 24 secondi; in cinque minuti ha ricordato una sequenza di 504 cifre; ha infine stabilito il nuovo record europeo memorizzando 394 immagini in cinque minuti. Come se non bastasse è pure campione di cubo di Rubik, che risolve in circa dieci secondi. Grandissimo! Guardatelo in azione in questo impressionante video.

La storia delle Mso comincia, dicevo, nel 1997, con una grande manifestazione alla Royal festival Hall, in riva al Tamigi. Fondatori tre grandi personaggi: Raymond Keene, grande maestro e columnist di scacchi; David Levy, esperto di scacchi e intelligenza artificiale, celebre per la sua scommessa del 1968 secondo la quale, ancora per dieci anni, sarebbe stato in grado di battere qualunque macchina a scacchi: ce la fece, ma fu l’ultima volta. Tony Buzan, celebre esperto di memoria e ideatore del mind mapping. L’idea base era di fare del 21esimo secolo il secolo delle discipline della mente, così come quello precedente aveva conosciuto lo sviluppo degli sport.

I primi anni sono stati l’era di Demis Hassabis, forse il più grande giocatore di tutti i tempi, che ha vinto il Pentamind per ben cinque volte. Sto parlando di quello stesso Hassabis che ha creato l’incredibile algoritmo AlphaZero e dirige Deep Mind, la più importante azienda di Ai del mondo. Di lui ho già avuto occasione di parlare nel 2016 qui su Il Fatto Quotidiano e quando penso che l’ho conosciuto ventenne nel 1997 e che siamo diventati amici… ancora mi prende un senso di vertigine, perché io credo che Demis sia una speranza per il mondo intero.

Da quel lontano 1997 le Mso hanno avuto alterne fortune e ora da qualche anno sono gestite da Etan Ilfeld, un eclettico imprenditore realmente appassionato del mondo dei giochi. Le Mso non hanno ancora conosciuto la notorietà mondiale che mi piacerebbe avessero e io penso sarebbe ora di fare un salto di qualità: una federazione mondiale di eclettici e flessibili multi-giocatori, assieme ad adeguate risorse imprenditoriali, potrebbero davvero trasformare una meravigliosa idea da una manifestazione di nicchia a un potentissimo volano per allenare non solo il corpo, ma anche la mente di milioni e milioni di persone.

E chissà che i sapiens non imparino a pensare in modo un po’ più lungimirante e smettano di segare il fragile ramo su cui stanno precariamente seduti.

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La scorsa settimana a Colonia si è tenuta Gamescom, l’annuale fiera europea dedicata al mercato videoludico che è riuscita a portare nella città tedesca oltre 373.000 visitatori.

Nel corso dell’evento abbiamo avuto la possibilità di provare tantissimi titoli, che sicuramente da qui alla metà del 2020 regaleranno emozioni a tutte le categorie di giocatori, perché c’è davvero tanta carne al fuoco, a partire dal prossimo capitolo della saga di Need for Speed al terzo capitolo di Watch Dogs, senza dimenticare il remake di Final Fantasy VII ed il nuovo gioco di Hideo Kojima, Death Stranding. Sfogliando le pagine a seguire troverete un riassunto delle nostre esperienze produttore per produttore, pagine in cui sarà assente Cyberpunk 2077 per cui stiamo preparando un articolo dedicato con le nostre impressioni ed interviste al team di sviluppo.
fonte immagine d’apertura: Koelnmesse GmbH.

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“I flussi migratori gestiti dal Viminale? Secondo me è sbagliato: nel nuovo governo farei un Ministrero all’Immigrazione“. A dirlo, alla festa dell’Unità a Ravenna, l’ex presidente del Consiglio, Romano Prodi. “È un tema dirimente, che interessa tutte le persone, e che va gestito nella sua complessità”. Prodi ha attaccato l’idea di Matteo Salvini di voler introdurre una tassa piatta sui redditi: “È una porcheria, chi ha di più deve pagare di più”.

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La vera domanda è: “Chi farà il lavoro sporco ora?”. Ossia chi si prenderà la responsabilità di tirar fuori l’Argentina ancora una volta con un programma di lacrime e sangue, da quello che è un default in atto, in realtà già da parecchio tempo? Il governo di Macri ed il Fmi, vorrebbero che a lasciare le impronte digitali sulle prossime mosse da mettere in atto per arginare l’ennesima crisi economica, fosse il duo Alberto Fernandez, Cristina Fernandez Kirchner, usciti vincitori dalle elezioni di medio termine di agosto. Ma i due peronisti, vorrebbero invece che il Fmi e Macri, si assumessero le loro responsabilità. Insomma dentro e fuori della casa Rosada, si discute più di quale sarà il prezzo politico delle scelte economiche, piuttosto che del costo sociale che hanno pagato, pagano e pagheranno gli argentini.

Infatti questo rimane tema di discussione solo per i disperati cittadini che dalla Capital Federal alla lontana Fine del mondo (Ushuaia), escono al mattino con il prezzo del pane a 100 pesos al chilo e la sera si disperano quando ritornano, perché il costo magari nel frattempo è raddoppiato. La catena dei pagamenti è ferma. Non si vendono auto, non si vendono case, perché è difficile stabilire il loro prezzo. L’economia segue l’andamento del dollaro, quello che al mattino vale 10 alla sera può valere il doppio o meno. Nel 2012 per comprare un dollaro ci volevano 8 pesos. A distanza di 7 anni ce ne vogliono quasi 62.

Noi lo avevamo detto, meglio scritto su questo stesso blog, quando puntavamo il dito sull’inefficacia delle misure neoliberiste, ma la furia contro il governo corrotto dei Kirchner aveva spinto Macri, quattro anni fa, alla Presidenza della Repubblica Argentina con tutta la forza di un nuovo salvatore della Patria. Un imprenditore di successo insomma, che avrebbe risanato il paese. E pensare che la campagna elettorale di Mauricio Macri nel 2015 aveva come parola d’ordine “Non vogliamo diventare come il Venezuela”. Lo spauracchio per la bella borghesia portegna, che andava in piazza con le signore della Recoleta a protestare e a chiedere a gran forza che vincesse Macri, era stato proprio il vicino paese sudamericano che “vantava” un’inflazione sotto Maduro, del 300 per cento.

Secondo Jp Morgan, l’Argentina ora è al secondo posto proprio dopo il Venezuela, nella lista degli stati a rischio di collasso. Si considera che I’Argentina abbia meno capacità di pagare i suoi debiti, di paesi sottosviluppati come lo Zambia ed il Libano. Il paese deve pagare al FMI, decine di miliardi di dollari, prima delle elezioni e altrettanti tra le elezioni generali e la fine dell’anno. Le riserve della banca centrale sono in caduta libera per gli interventi costanti per frenare il dollaro. Le probabilità che l’Argentina possa pagare il debito esterno alle scadenze convenute, sono quasi nulle. Lo dimostrano i rendimenti altissimi che vengono offerti a chi accetta di comprare titoli con data di pagamento al prossimo anno.

Macri ha finito per fare come Cavallo, De la Rua. Di fatto questo nuovo default è la confessione che il debito è impagabile. Ora si chiede una rinegoziazione ed Alberto Fernandez, quello che molti indicano come prossimo vincitore delle elezioni presidenziali di ottobre, si dice pronto a pagare, ma una rinegoziazione implica nuove misure che peraltro lo stesso Fernandez ha già presentato nella sua campagna elettorale: le parole d’ordine le conosciamo, sono le stesse ad ogni latitudine: riforma del lavoro, delle pensioni, congelamento dei salari.

Gli amici argentini allenati a far fronte alle crisi, sono più che preoccupati. Sanno che a questo giro la situazione è molto diversa dall’ultima volta, quella del famoso corralito (la chiusura delle banche) del 2001. Oggi il debito estero è maggiore, la disoccupazione più alta. I soldi chiesti al Fmi da parte di Macri nel 2016, sono entrati in Argentina e non si sono trasformati in investimenti, sono solo diventati l’ennesima occasione per “sfamare” gli speculatori, vedi il meccanismo della “bicicleta financiera” che avevo spiegato in un altro post di questo blog. Se la situazione appare alquanto volatile, passibile di cambiare ad ogni ora, quello che invece è molto chiaro è che il Fmi si trova in uno dei suoi momenti di maggior vulnerabilità di fronte al debito argentino. Un default del paese sudamericano danneggerebbe molto l’istituto di credito nato nel dopoguerra, perché lo lascerebbe esposto di fronte ad un altro fallimento, dopo che con Macri aveva scommesso sull’accordo con l’Argentina.

Una massima economica dice: “Se devi diecimila dollari alla banca hai un problema, se gliene devi 10 miliardi, il problema è della Banca”.

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