gennaio 2020
Vitalizi – Ora anche i deputati sperano

Il lamento degli ex: “Ridateci i soldi persi. Pronti a fare causa”

Al Senato la sentenza (già scritta) annulla il taglio E gli onorevoli vogliono anche chiedere il risarcimento

Il Cazzatavirus di

A metà dicembre quasi tutte le testate di ogni ordine e grado diffusero con sdegno la notizia che, in base al Rapporto Ocse Pisa 2018, appena uno studente italiano su 20 riesce a capire un testo di media complessità. Poi si scoprì che il Rapporto Ocse Pisa diceva tutt’altro: gli studenti in grado di capire […]

l’intervista – Domenico De Masi

“Il vero revisionismo è su poveri e lavoro”

“La restaurazione punta alle misure economiche dei 5 Stelle”

La storia

Sardine, che scivolone: in visita da Benetton

L’uscita – I fondatori del movimento nel laboratorio di Toscani fondato dall’imprenditore veneto

Il virus

“Aiuto, il mio vicino ha la tosse”. Il contagio della coronapsicosi

Roma paura capitale – Boom di chiamate d’emergenza, ristoranti e negozi cinesi deserti, scene al limite del comico sui mezzi di trasporto

Commenti

Il peggio della diretta

Piazzapulita, ovvero il Coronavirus anti-privacy

Vedendo scorrere il sottopancia “Intervista ESCLUSIVA al ragazzo che stava dietro al famigerato citofono di Salvini” abbiamo pensato di essere finiti per errore su Non è la D’Urso Live. Invece no, eravamo proprio sintonizzati su Piazzapulita, il talk show dei quartieri alti che se la tira alla grande, e dove però è arrivato il coronavirus […]

Il sabato del villaggio

Governo, la fase 2 deve partire dalla riforma Rai

“Difendere il servizio pubblico, assicurare una pluralità di voci, differenziare i canali e averne almeno uno senza, o con pochissima pubblicità”. (dall’intervista del presidente del Consiglio Giuseppe Conte a Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano, 19 luglio 2018) È passato un anno e mezzo da quando il premier Giuseppe Conte, in un’intervista al direttore di […]

L’est Europa è la nostra nuova discarica

Èdi pochi giorni fa la notizia di un’indagine su larga scala della polizia bulgara culminata nel fermo (seguito da dimissioni) del ministro dell’Ambiente bulgaro, Neno Dimov, per aver consentito il trasferimento e lo smaltimento di 9000 tonnellate di rifiuti urbani italiani in siti non adeguati e non autorizzati nelle città di Vraca e Pleven. Ma […]

Politica

Giovedì sfiorata la rissa al Tg2: redazione divisa su Sangiuliano

“E tu chi ca… sei?”. “Ora ti rompo il c…”. “Ti aspetto fuori…”. Non siamo al bar dello sport ma all’assemblea di redazione del Tg2 andata in scena giovedì per quasi 8 ore. Una lunghissima riunione dove sono deflagrate tutte le perplessità di una parte consistente (ma non maggioritaria) della redazione nei confronti della linea […]

IL personaggio

La casa popolare e il pass disabili: Naomo il vicesindaco leghista che “oscura” Matteo

Ferrara – Gestacci e insulti razzisti: ora si scopre che è invalido (senza controlli)

Dopo l’emilia

Salvini “molla” il Papeete: la Lega si fa istituzionale

Consiglio federale, ministri ombra per non spaventare più Ue, Usa e Chiesa

Cronaca

L’intervista – Hilal Elver

“I lavoratori agricoli immigrati sfruttati come in Zimbabwe”

La relatrice Onu per il diritto all’alimentazione dopo il suo viaggio per l’Italia: “Livelli di povertà inaccettabili”

Roma – Ospedale ricoverati i due turisti

Sicurezza, doppi turni e bocche cucite. Una giornata particolare allo Spallanzani

Riso, piselli e pancetta giacciono nella gamella. “Vuole? È arrivato fresco fresco dalla Cina”, sorride la signora con il cappellino bianco dietro al bancone. Grazie, oggi meglio le pennette al salmone. Alle 13:30 la sala mensa brulica, al piano superiore c’è l’aula dove tra mezz’ora Giuseppe Ippolito farà il punto. Non è un giorno qualsiasi, […]

di M. Pasc.
Chinatown

A Prato ristoranti vuoti e niente Dragone

Serrata – Annullata la sfilata del Capodanno. Un blitz dei carabinieri con le mascherine

Economia

Dossier – Green-washing

Imprese e sviluppo sostenibile. Ecco i nuovi gattopardi “green”

Da Eni a Enel e Intesa Sanpaolo: le società raccontano favole verdi, ma finanziano i combustibili fossili

Autostrade

I big del casello senza pudore: sono loro a far causa allo Stato

L’associazione dei colossi (Aiscat), chiede i danni al governo per il decreto Genova e il Milleproroghe : “Siete come i Paesi post coloniali con le concessioni petrolifere”

Istat

Precariato record: cosa dicono davvero i dati

Letture parziali – Instabili ai massimi, ma nel 2019 salgono di soli 45mila: erano stati +314mila nel 2017

Mondo

La Storia – 1971-2020

Nord Irlanda, torna il confine che uccise Tobias

Il ricordo dei cugini del ragazzo colpito dalla polizia inglese: “Potrebbe succedere di nuovo”

“Good morning, Brexit”: Londra si sveglia da sola

BoJo festeggia l’addio all’Ue con menu autarchico. La piazza di Farage senz’alcol

Regno Unito

“The Donald si prepara a guadagnare sui prezzi di cure e cibo per gli inglesi”

Darroch – L’ex ambasciatore a Washington: “Vuole il voto di farmaceutiche e agricoltori”

Cultura

L’opera

Il “Don Carlos” (intero) di Verdi, capolavoro del pessimismo storico

Il soprintendente italiano Mazzonis di Pralafera mette in scena la disperazione del testo

In libreria

Peter Pan, traditori, mostri: benvenute nel club delle Sante

Amalia Caratozzolo illustra tutte le specie di “cazzoni avariati” in cui incorrono prima o poi le donne. Ma non pensate che la colpa sia solo degli uomini

Riedizioni – Torna “Doppia morte al Governo Vecchio”

Ugo Moretti, lo scrittore che l’Italia non meritava

Il suo nome era già completamente dimenticato quando, il 29 settembre 2008, il giornalista Massimo Balletti lo rievocò testimoniando in una delle udienze del processo per il sequestro e l’uccisione di Mauro De Mauro, il cronista del giornale L’Ora. Ricordò che Ugo Moretti (Orvieto, 1918-Roma, 1991), narratore e poeta, giornalista, critico d’arte e sceneggiatore, nel […]

di Massimo Novelli

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“Stare tranquilli è un parolone, c’è il mio nome in tutta Italia. È stata una bella botta”, così in un intervista a Piazza Pulita su La7 il ragazzo accusato di spaccio da Matteo Salvini in un video in diretta Facebook durante la campagna elettorale per le Regionali in Emilia Romagna, racconta la vita dopo la citofonata del leader della Lega. “Il mio obiettivo è diventare calciatore”, racconta ancora, aggiungendo che così “a uno di 17 anni gli hai rovinato la vita in 5 minuti”. “Il video? Non riesco a finirlo, mi fa rabbia, mi dà fastidio – spiega ancora – Mi son sentito male, debole. Alla fine Salvini è forte”. E alla domanda cosa chiederebbe a Salvini risponde: “Gli chiederei come si sente, se ha un cuore, se lo fa per pubblicità, perché lo fa? Non ti viene da dire ‘hai fatto una cazzata’? No, lui continua a dire che lo rifarebbe”.

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Il ritorno dei vitalizi ai senatori, con la commissione composta da politici che beneficerebbero del dietrofront e che ha già pronta la delibera per ripristinare l’assegno. Ma anche i casi delle previsioni errate degli economisti, con un’intervista a Giulio Sapelli, fino alle proteste in Libano, con due servizi da Beirut. Rivedi la nona puntata di Sono le Venti, la nuova striscia di informazione in onda sul Nove condotta da Peter Gomez.

Inviate le vostre domande a domande@sonoleventi.it

SONO LE VENTI, il nuovo programma di Peter Gomez, è prodotto da Loft Produzioni per Discovery Italia e sarà disponibile anche su Dplay (sul sito www.it.dplay.com – o scarica l’app su App Store o Google Play) e su sito www.iloft.it e app di Loft. Nove è visibile al canale 9 del Digitale Terrestre, su Sky Canale 149 e Tivùsat Canale 9

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Tra pochissimi giorni Francesca Sofia Novello salirà sul palco dell’Ariston al 70esimo Festival di Sanremo ma intanto, in un’intervista a Grazia, è tornata sulla polemica che l’ha vista protagonista per essere stata presentata da Amadeus come una che “sta un passo dietro al suo uomo”. L'”uomo” in questione è Valentino Rossi che, rivela la modella, “quando mi ha visto piangere, mi è stato vicino e mi ha ricordato chi fossi. Poi mi ha consigliato di ridimensionare tutto”.

Le polemiche dei giorni scorsi l’hanno fatta infatti soffrire molto: “Forse anche lui si sarebbe potuto preparare meglio, ma so che era in buona fede. Io un passo dietro al mio uomo? Mi comporto come una qualunque donna innamorata farebbe per sostenere il suo compagno. Siamo una coppia normale, ci diamo forza l’un l’altro – ha spiegato Francesca Sofia Novello -. Lui è un campione, è innegabile, e se scegli di stare vicino a un uomo così, devi assecondare i suoi ritmi. Quando ho accettato di partecipare al Festival era contento”, conclude.

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Economia italiana in frenata a fine 2019. L’Istat stima che nel quarto trimestre il prodotto interno lordo sia diminuito dello 0,3% rispetto al trimestre precedente e sia rimasto invariato in termini tendenziali. E’ il maggior calo trimestrale dall’inizio del 2013. Nel 2019 il Pil corretto per gli effetti di calendario è aumentato dello 0,2%, ma i risultati definitivi per il 2019 saranno diffusi il prossimo 2 marzo. La stima preliminare ha, come sempre, natura provvisoria: si basa sulla valutazione dell’andamento delle componenti dell’offerta e su “un insieme ridotto di indicatori congiunturali”, come ricorda l’Istat.

La variazione congiunturale, prosegue l’istituto di statistica, è la sintesi di un “marcato calo” del valore aggiunto sia nel comparto dell’agricoltura sia in quello dell’industria, mentre il comparto dei servizi ha registrato una variazione pressoché nulla. Dal lato della domanda, c’è un contributo negativo della componente nazionale (al lordo delle scorte) e un apporto positivo della componente estera netta.

Il dato del pil è espresso in valori concatenati con anno di riferimento 2015, corretto per gli effetti di calendario e destagionalizzato. Il quarto trimestre, evidenzia l’istituto di statistica, ha avuto due giornate lavorative in meno rispetto al trimestre precedente e lo stesso numero di giornate rispetto al quarto trimestre del 2018. Alla luce della nuova stima, la variazione acquisita per il 2020 – quella che si otterrebbe in presenza di una variazione congiunturale nulla nei restanti trimestri dell’anno – è pari a -0,2%.

Ieri l’Istat aveva diffuso il dato sull’andamento dell’occupazione a dicembre: i dipendenti stabili sono calati di 75mila unità e il numero di precari ha trovato un nuovo record.

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Scorri e trovi la bandiera transgender accanto all’uomo con il velo da sposa, più giù anche una donna in smoking e un papà che allatta un neonato. Ci sono sempre meno barriere anche nelle nuove emoji che stanno per arrivare sui nostri smartphone. Entro la fine dell’anno verrà rilasciato ufficialmente un nuovo pacchetto di 117 faccine che implementeranno la tastiera digitale per una comunicazione sempre più inclusiva, diversificata e rispettosa delle identità di genere e delle inclinazioni sessuali di ciascuno. Lo ha annunciato l’Unicode Consortium, l’organizzazione no-profit che crea, aggiorna e tutela le nuove forme di comunicazione multilingue attraverso simboli grafici comprensibili a tutti e in linea con la multiculturalità. Ci sarà infatti anche la possibilità di scegliere una variante né maschile né femminile di Babbo Natale e di personaggi di genere neutro.

Ma tra le novità ecco anche emoji originali come il ninja, una teiera, il famoso bubble tea taiwanese e versioni anatomicamente dettagliate di cuore e polmoni oltre poi a rocce, legna, una capanna, la bacchetta magica, l’ago da cucito. Verrà ripopolato il regno degli animali con l’arrivo dell’orso polare, del bisonte, del castoro, del temutissimo gatto nero, del mammut e della foca e anche quello degli insetti con lo scarafaggio, il maggiolino e la mosca. La sezione cucina sarà sempre più golosa con emoji per peperoni, olive, mirtilli, piadina e focaccia. Infine, siccome tra i simboli della comunicazione digitale pesava la sua assenza, arriverà finalmente anche la classica mano all’italiana, con le dita chiuse attorno al pollice per dire “che cosa c’è?”. Non è ancora stata confermata la data di uscita sui sistemi Android iOS ma le 117 nuove emoji saranno comunque rilasciate ufficialmente entro la fine dell’anno.

L'articolo WhatsApp, nel 2020 arrivano 117 nuove emoticons: c’è anche quella dedicata agli italiani proviene da Il Fatto Quotidiano.



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Un omicidio di ‘ndrangheta è stato risolto a Reggio Calabria dopo 32 anni grazie all’esame del dna. A Vincenzino Zappia, braccio destro del boss Giuseppe De Stefano e storicamente indicato dai pentiti come uno dei principali killer della seconda guerra di mafia, è stata notificata l’ordinanza di custodia cautelare in carcere, dove si trova in seguito alle pesanti condanne ottenute nei processi “Il Padrino” e “Il Principe”. Condanne, per un totale di 30 anni, per le quali ancora poteva sperare, un giorno, di riconquistare la libertà: da oggi, però, rischia l’ergastolo. È accusato di omicidio per avere ucciso, il 22 aprile 1988, Giuseppe Cartisano. L’agguato rientrava nella mattanza che, dal 1985 al 1991, ha insanguinato Reggio Calabria con lo scontro tra i Condello-Imerti e i De Stefano-Tegano di cui faceva parte Vincenzino Zappia.

Oggi ha quasi 52 anni, ma all’epoca Zappia ne aveva compiuti appena 20 quando, assieme a Luciano Pellicanò, uccise Giuseppe Cartisano, “colpevole” – ipotizzano i carabinieri – di aver partecipato all’agguato in cui fu ammazzato il “boss destefaniano di Gallico” Carmelo Cannizzaro. Un testimone di quel delitto riconobbe uno dei killer dei Condello (quello che sparò alla gamba di Cannizzaro) nella foto di Cartisano che i carabinieri gli fecero visionare. In quell’attentato, Cartisano fu riconosciuto perché smarrì la parrucca poi rinvenuta dagli investigatori.

La vendetta si consumò a distanza di sette giorni: erano le 22:50 quando il commando dei De Stefano-Tegano irruppe a Piazza De Nava, all’interno di una gelateria, uccidendo Giuseppe Cartisano. Durante la fuga, però, i due sicari si sono imbattuti in una pattuglia dei carabinieri ingaggiando un violento conflitto a fuoco. Luciano Pellicanò rimase ucciso, con a terra le armi utilizzate per l’agguato appena commesso: una Beretta calibro 7,65, una pistola calibro 22, una rivoltella calibro 38 e una pistola Walther calibro 7:65. I complici riuscirono a scappare e tra questi anche Vincenzino Zappia. Il killer, però, fu ferito a una gamba da un colpo di pistola sparato dai carabinieri che, sul luogo del delitto, trovarono numerose tracce ematiche non riconducibili alla vittima. Per paura di essere arrestato, Zappia non andò in ospedale ma “sarebbe stato curato – scrissero gli investigatori – da medici compiacenti”.

Gli accertamenti tecnici condotti all’epoca non consentirono di risalire al killer. Oggi, invece, dopo 32 anni quel sangue lasciato sull’asfalto (e conservato negli archivi giudiziari) si è rivelato fondamentale per consentire al procuratore Giovanni Bombardieri e al sostituto della Dda Walter Ignazitto di inchiodare Zappia sulla scena del delitto. È stata infatti riscontrata la perfetta sovrapponibilità tra il profilo genetico molecolare estratto dalle tracce ematiche rinvenute a piazza de Nava e quello ricavato dal tampone salivare di Vincenzino Zappia che si è sempre salvato dalle accuse di omicidio.

Eppure, stando alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, era uno dei killer più fidati del cartello De Stefano-Tegano. Basta pensare che, nel 2006, il pentito Nino Fiume disse: “Vincenzo Zappia è stato ritenuto sempre da tutti uno che non sa nemmeno lui quanti omicidi ha fatto”. Sull’omicidio del 1988, inoltre, avevano riferito numerosi collaboratori. Il primo era stato il condelliano Giacomo Lauro nel 1992 quando ai pm disse: “Per quanto riguarda il duplice omicidio Cartisano-Pellicanò posso soltanto dire che il Cartisano apparteneva al nostro gruppo mentre il Pellicanò ucciso dal carabiniere, apparteneva al gruppo Tegano-De Stefano ed operava assieme a Fracapane Giovanbattista e Panuccio coi quali peraltro era in rapporti di costante frequentazione”.

L’anno successivo, nel 1993, il collaboratore Giovanni Riggio fece proprio il nome di Zappia e indicò i nomi dei mandanti: “Furono Carmelo Barbaro e i fratelli Tegano”. “All’interno di una gelateria, sita in Via De Nava, accanto al Museo, – sono le parole del pentito – un gruppo di fuoco uccise Giuseppe Cartisano. Mentre i killers tentavano la fuga vennero intercettati dai carabinieri e ingaggiarono un conflitto a fuoco. Nell’occasione rimase ucciso Luciano Pellicanò mentre fu ferito Vincenzo Zappia. Quest’ultimo riuscì a fuggire, pur essendo ferito ad una gamba, grazie all’aiuto dei complici. Lo Zappia, successivamente, venne curato in segreto, approfittando di medici al servizio della cosca Tegano-De Stefano”. Nell’interrogatorio del 25 settembre 2014, la stessa storia la raccontò il pentito Roberto Moio che visse da vicino la guerra di mafia perché imparentato con i boss Tegano di Archi. In un verbale finito nel fascicolo del processo “Il Padrino”, Moio parlò di Vincenzino Zappia: “È un affiliato storico alla ‘ndrangheta. Quando Zappia è stato ferito in occasione dell’omicidio Cartisano è stato curato dal dottore Suraci e dal dottore Cellini”.

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Dal mio osservatorio genovese assisto al perdurare nel Pd e dintorni della sbornia a seguito degli esiti elettorali di domenica scorsa (ovviamente emiliano-romagnoli, visto che su quelli calabresi è calato il silenzio dei sedicenti trionfatori). L’ipotetica ripresa per grazia ricevuta di un partito in palese declino, che ora sembra aver ritrovato l’insopportabile spocchia dei suoi anni migliori(?): l’albagia neo-togliattiana di Massimo D’Alema, lo sconfittismo veltroniano con pretesa maggioritaria, il blairismo vent’anni in ritardo e spruzzatine berlusconiane di Matteo Renzi.

La supposizione di scampato pericolo e il vagheggiamento di un rinascente sol dell’avvenire producono gravi fenomeni di impazzimento, che stanno trasformando i mesi che ci separano dalle elezioni regionali liguri in un gioco al massacro; si direbbe finalizzato a spazzare via ogni forma di nascente discontinuità rispetto alle pratiche con cui il personale dirigente prima dell’avvento forzaleghista di Giovanni Toti si era definitivamente screditato. E che ora parrebbe voler impudentemente riproporre. Il patetico tentativo di tenere il pallino in mano affastellando una ridda di candidature problematiche e sempre diverse, per esorcizzare/silenziare la proposta realmente credibile: il gruppo di Oltre. L’unica realtà organizzata in campo, che mobilita ragazzi e ragazze come mai in passato, insieme ad antichi oppositori dell’andazzo che fece implodere i post-comunisti sotto la Lanterna. I critici della stagione legata al nome dell’ultimo presidente della sedicente sinistra – Claudio Burlando – a cui faceva riferimento la cupola affaristica locale (dalla Cassa di Risparmio ai signori della portualità e della logistica), poi passata regolarmente sotto l’egida totiana.

Ma i nostalgici di antiche e improponibili egemonie continuano a ignorare che il successo di Stefano Bonaccini non costituisce un precedente riproducibile: l’Emilia è l’Emilia, con un antico radicamento piccista che poteva essere rianimato da iniziative di base come le Sardine, il presidente uscente del Pd aveva fama di non aver governato troppo male (anche se la sua legge urbanistica ultraliberista rimane francamente imbarazzante), la contendente Lucia Borgonzoni si è confermata impresentabile, soprattutto dovrebbe dirla lunga il fatto che il vincitore ha rifiutato rigorosamente di esporre i simboli del Pd per tutta la campagna.

Stando così le cose, la ragionevolezza ritrovata dalle mie parti imporrebbe tre assunti:

1. Oggi la Regione governata dalla Destra è contendibile, stanti anche le evidenti tensioni nel suo stesso campo (a partire dall’azione destabilizzatrice di Claudio Scajola), sempre che non prevalgano miserevoli velleità personali;

2. Una lettura appena attenta dei sondaggi dovrebbe far prendere atto ai partiti che hanno perso non solo la Regione, ma pure le amministrazioni dei comuni capoluoghi di provincia, di restare largamente minoritari; mentre i Cinquestelle se lo sognano il 25% del 2015 (ormai falcidiato a un presumibile 5%, nonostante le fisime governatoriali della capogruppo Alice Salvatore);

3. Il criterio indispensabile per vincere è quello coalizionale, aggregando un perimetro analogo a quello che oggi sostiene (fino a quando?) il governo Conte. Evitando candidature divisive e/o di disturbo.

A fronte di tutto ciò, attendibili sondaggi quotano il presidente uscente Toti sotto il 51%, ma tuttora in assenza di un avversario in campo. Quindi battibile.

Dunque, il futuro da queste parti è strettamente legato al riaccendersi del buon senso negli attori in campo. Forse darebbe una mano se gli esponenti nazionali per una volta facessero ragionare da vincenti gli inconsapevoli aspiranti suicidi dello schieramento anti-sovranista al basilico. E che qualcuno a Sant’Ilario si risvegliasse dal torpore.

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Francesco Facchinetti sta riscuotendo un ottimo successo come giudice de “Il Cantante Mascherato”, l’unico tra Flavio Insinna, Patty Pravo, Guillermo Mariotto e Ilenia Pastorelli, ad aver compreso la missione del programma. Disorientare il pubblico da casa con indizi ragionevoli su chi si cela dietro le maschere. “È un programma rivoluzionario per Rai Uno, che propone una vera novità in Italia. – ha detto Facchinetti al settimanale “Diva e donna” – Un talent i cui protagonisti si esibiscono celando la loro reale identità. In me è scattata subito la curiosità. La curiosità è un sentimento tipico di noi italiani, ecco perché già impazza ovunque il totomaschera. Si sono scatenati anche sui social, tutti a chiedersi chi si nasconda dietro le maschere. Sto pensando di mettere in piedi un toto-scommesse”.

Il manager dei The Kolors e Riki, tra gli altri, si è raccontato nell’intervista , soprattutto rispondendo alle domande relative al cambio di look. In molti, vedendolo in tv non hanno potuto fare a meno di notare la folta chioma leonina sulla sua testa. “Da quando avevo vent’anni ho iniziato a perdere i capelli, poi ho trovato finalmente una soluzione – ha rivelato – facendo ricorso al trapianto di capelli non chirurgico, e mi piaceva l’idea di raccontare a tutti in maniera libera questa difficoltà che affligge tanti di noi”.

Poi il discorso si sposta sul rapporto con la moglie, la modella brasiliana Wilma, che lo aiuta nelle sue attività imprenditoriali. “È disperata per come mi vesto, per i capelli e come tante mogli – spiega – naturalmente non approva nulla di quello che faccio. Però come darle torto, visto che combino sempre qualche disastro? Qualche anno fa ho incendiato il giardino di casa con i fuochi pirotecnici a Capodanno, mentre recentemente, nonostante le innumerevoli e ripetute raccomandazioni di mia moglie, mi sono quasi spaccato la schiena con lo snowboard”.

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A lanciare la bomba è stato il settimanale “Chi” che senza indugio ha rivelato la fine della storia d’amore di Alessandra Amoroso. “Scoppia la crisi tra Alessandra Amoroso e il fidanzato Stefano Settepani, produttore musicale – ha rivelato il settimanale diretto da Alfonso Signorini – . La causa sarebbero i troppi impegni di lui e la voglia di creare una famiglia da parte di lei”. Da qui il tam tam sui social con le ipotesi più disparate sulla relazione dei due, innamorati da tre anni, fino a quando giustamente la cantante ha deciso di fare chiarezza con un una breve dichiarazione sulla story di Instagram.

“Io e Ste non stiamo insieme da un mese per motivi che non per forza devo esplicitare sui social – spiega l’artista 33enne -. Leggo e ascolto cose non vere sul nostro rapporto e mi dispiace perché credevamo nella famiglia e in un futuro in egual modo tutti e due! Ci abbiamo provato fino in fondo, purtroppo non è finita come pensavamo… L’entusiasmo comunque salva la vita ed essa è troppo preziosa per non continuare ad amarla”. Stefano Settepani è stato per diversi anni il produttore esecutivo di “Amici di Maria De Filippi” e attualmente è il manager di artisti, come Elisa e Mahmood.

Intanto la cantante continua a pubblicare la sua vita quotidiana, lontano dai riflettori, tra amici e piccoli cambiamenti, come ad esempio il nuovo taglio e colore i capelli. Il nuovo look biondo platino è stato immortalato sui social con una didascalia ottimista per il futuro: “Perché io vivo a colori,rido e me ne frego!”.

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“Prima di scendere dall’aereo gli operatori sanitari, vestiti con le protezioni, mascherine e visiere, ci hanno misurato due volte la febbre con un termometro a infrarossi, ci hanno chiesto i contatti e gli spostamenti e consegnato un vademecum”. Così madre e figlio, passeggeri del volo 0946 dell’Air China, uno degli ultimi in arrivo a Malpensa da Pechino dopo lo stop aereo annunciato dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte per prevenire la diffusione del coronavirus a causa dei primi due casi accertati in Italia. La misura è “normale” secondo lo studente che, come la madre, indossa una mascherina scura. “I controlli sono durati una quarantina di minuti in tutto”, spiegano i due. “Noi arriviamo da Shenzen e lì eravamo controllati sempre. Misuravano la febbre dalla metropolitana ai mezzi pubblici, quando si entrava nell’area di residenza negli ingressi dei condomini. Là c’era un controllo pazzesco”, hanno assicurato, spiegando che anche in volo tutti indossavano le mascherine.

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Un uomo pachistano di 38 anni è stato fermato nella notte dai carabinieri di Bolzano e San Candido con l’accusa di aver ucciso la moglie, una connazionale di 28 anni, e il bambino che portava in grembo. La vittima è stata trovata morta giovedì nel suo appartamento a Versciaco, in provincia di Bolzano, con evidenti segni di violenza fisica ma ancora non è chiara la causa effettiva della morte. L’uomo, lavoratore stagionale presso una pizzeria del paese, davanti alle contestazioni davanti alle contestazioni degli inquirenti rese precise dalle molteplici testimonianze raccolte tra amici e colleghi di lavoro del pakistano, si è chiuso in un assoluto silenzio e non ha fornito ai magistrati spiegazioni su quanto accaduto alla moglie. A questo punto i sostituti procuratori intervenuti, considerati i gravi indizi a carico dell’indagato per il delitto di omicidio pluriaggravato e valutato altresì grave e concreto il pericolo di fuga, hanno disposto con decreto il fermo d’indiziato di delitto, immediatamente eseguito dai Carabinieri.

Sottoposto a rilievi fotodattiloscopici e a visita medica, il presunto uxoricida è stato condotto al carcere di via Dante a Bolzano, in modo da evitare il pericolo di fuga, nonché un eventuale inquinamento delle prove, è stato arrestato e tradotto presso il carcere di Bolzano. Ora il pubblico ministero chiederà al giudice per le indagini preliminari la convalida del fermo entro quarantotto ore da stanotte. Il Gip fisserà l’udienza di convalida entro le successive 48.

Sarà l’autopsia a chiarire come è morta la donna che è stata ritrovata senza vita, riversa sul letto dell’appartamento in cui viveva con il 38enne fermato. Non c’erano tracce di sangue. Da una prima indagine medica sembrerebbe che la donna sia morta per asfissia. Si ipotizza pertanto che possa essere stata soffocata con un cuscino o strangolata. La donna era in avanzato stato di gravidanza. Alla sua morte si aggiunge quindi anche la morte del bambino che avrebbe dato alla luce fra poche settimane. I vicini di casa hanno dichiarato che si trattava di “una coppia che non si fa notare e non dà nell’occhio” e che pertanto non c’erano stati molti contatti.

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L’ex presidente e vice direttore della Banca Popolare di Bari, padre e figlio Marco e Gianluca Jacobini, agli arresti domiciliari. A loro vengono contestati a vario titolo i reati di falso in bilancio, falso in prospetto e ostacolo alla vigilanza. Poche ore prima del commissariamento dell’istituto di credito, i due sono accusati di aver messo “in atto condotte di occultamento dei profitti illeciti” trasferendo dai loro conti correnti, cointestati alle rispettive mogli, somme per complessivi 5,6 milioni. Il trasferimento dei fondi sarebbe avvenuto il 12 e il 13 dicembre scorsi. L’inchiesta della Procura di Bari riguarda la presunta malagestione della banca, commissariata il 13 dicembre scorso.

L’indagine è coordinata dal procuratore aggiunto Roberto Rossi e dai pm Federico Perrone Capano e Savina Toscani. Agli arresti domiciliari è finito anche Elia Circelli, accusato di un episodio di falso in bilancio e falso in prospetto, tuttora responsabile della Funzione Bilancio e Amministrazione della Direzione Operations della Popolare di Bari, “pertanto è presumibile – ritiene il gip Francesco Pellecchia, che ha firmato il provvedimento cautelare – che cercherà di nascondere i dati contabili al fine di evitare che emerga la falsità dei precedenti bilanci”. L’interdizione ad esercitare per 12 mesi l’attività di dirigente di istituti bancari e di uffici direttivi di imprese è stata disposta per l’ex amministratore delegato della Banca Popolare di Bari Vincenzo De Bustis Figarola. Questi è stato direttore generale della banca dal 2011 al 2015 e dal dicembre 2018 fino al commissariamento. La misura è stata disposta nell’inchiesta della Procura di Bari. De Bustis risponde di un episodio di falso in bilancio e di falso in prospetto.

Nell’inchiesta sulla Banca Popolare di Bari sono indagate complessivamente nove persone. Oltre ai quattro destinatari delle misure cautelari, risultano indagati: Giorgio Papa, amministratore delegato dal 2015 al 2018, prima di De Bustis Figarola; Roberto Pirola e Alberto Longo, presidenti del collegio sindacale della banca: il primo dal 2011 al 2018 e il secondo dal 2018 al commissariamento; e Giuseppe Marella, responsabile dell’Internal Audit della BpB dal 2013.

Contestualmente alla notifica della misura, sono in corso 17 perquisizioni presso le abitazioni e gli uffici di Bari, Roma, Milano e Bergamo dei quattro destinatari della misura e di altri sei responsabili dell’Istituto di credito, di cui quattro indagati nello stesso procedimento. La Guardia di finanza sta perquisendo anche la direzione della Banca Popolare di Bari dove risultano alcune cassette di sicurezza nella disponibilità dell’ex presidente Marco Jacobini.

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Se dico “penna” o se dico “cucchiaio”, do per scontato che il mio interlocutore capisca di cosa sto parlando e crei nella sua mente il giusto significato delle parole. Prevedevo questo meccanismo anche per il termine “femminicidio”, ma credo di aver esagerato con le aspettative. Mercoledì Libero ha titolato “Più maschicidi che femminicidi”, evocando la presunta evidenza dei fatti nelle statistiche.

Quali statistiche? I dati sono presenti nello studio Violenza domestica e di prossimità, i numeri oltre il genere a cura dell’Osservatorio Nazionale Sostegno delle Vittime, curato da Barbara Benedettelli, ex candidata di Fratelli d’Italia e tra i coniatori della parola “maschicidio”. Il punto focale riportato sul quotidiano riguarderebbe il numero annuale di uccisioni di uomini e donne, in famiglia, fra amici, sul luogo di lavoro (ecco il significato di “prossimità”). Ci sarebbe una sostanziale parità: 120 a 120, palla al centro. Anzi, balla al centro.

Per svelare la balla in questione non serve andare lontano, ci basta un dizionario. Femminicidio, “uccisione o violenza compiuta nei confronti di una donna , spec. quando il fatto di essere donna costituisce l’elemento scatenante dell’azione criminosa” (Zingarelli, 2016). Capite? Non è la rissa dopo il calcetto, non è nemmeno la coltellata del parente a cui non è andata una fetta di eredità e neanche la battuta di caccia tra amici finita male (certo, non per il cinghiale). Si tratta di donne uccise per motivi passionali, per gelosia, per non aver adempiuto ai cosiddetti “doveri coniugali”, per non aver taciuto all’ennesimo schiaffo.

Grafico Istat sui femminicidi

Come si vede da questa tabella Istat con rilevazioni del 2018, è vero sì che gli uomini muoiono di più, ma non si tratta di “maschicidi”. Basta guardare la colonnina dell’uccisione per mano di partner o ex per rendersene conto. Anche secondo i dati Eures del rapporto Femminicidio e violenza di genere in Italia dello scorso novembre, nel 2018 sono morte 142 donne per femminicidio, e l’85% dei casi sono registrati in famiglia. Perciò abbiamo avuto bisogno di una parola nuova, per denotare un abuso con radici più profonde, quelle che fanno credere a un uomo che la donna sia di sua proprietà. Femminicidio non è banalmente “omicidio di donna”. Fare informazione sorvolando su questo concetto, è grave. Le parole sono importanti, direbbe Nanni Moretti. Soprattutto se ci servono per battaglie giuste, aggiungo io.

Attenzione! Non sto negando che ci siano situazioni di abuso e manipolazione anche sugli uomini, anzi. Nei dati Istat, citati anche da Simona Pletto nell’articolo, si parla di più di 3 milioni di uomini maltrattati che non denunciano. Questo dato non viene sviscerato, però è in realtà importantissimo: anche gli uomini sono vittime della mentalità tossica del maschilismo. Colpevole è lo stereotipo che ci insegna che gli uomini soffrono in silenzio, che un vero uomo non si lascerebbe mai sopraffare da una femmina, che l’essere forzati a rapporti sessuali non consenzienti è solo una fortuna. Avercene, di mogli che ti obbligano a fare sesso anche quando non vuoi.

Signore e signori, questo è maschilismo. Lo stesso che ti fa pensare che la tua compagna non possa avere amici uomini, lo stesso che ti fa credere di avere potere sulle sue scelte riproduttive, o di poter controllare il suo conto in banca. Fa male a tutti. Sbarazziamocene una volta e per sempre. Insieme.

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di Claudia De Martino*

Giulio Regeni è stato brutalmente assassinato dagli apparati di sicurezza nazionale egiziana tra il 25 gennaio e il 3 febbraio 2016, ormai quattro anni fa. Da allora in Italia si sono succeduti quattro governi – Renzi, Gentiloni, Conte I e Conte II – ma nessuno di essi si è speso politicamente per fare chiarezza sulla morte di un connazionale innocente che rappresentava – per citare il regista Marco Tullio Giordana – “la meglio gioventù”.

Non solo: parte dell’opinione pubblica continua a considerare Regeni una spia o, peggio, uno sconsiderato che avrebbe meritato la propria triste sorte, avventurandosi in terre straniere dove non si sarebbe dovuto trovare. Sono gli stessi che incoraggiano i giovani a restare dove sono, a fermarsi (nel tempo e nello spazio), a ignorare la globalizzazione come se essa, a sua volta, ignorasse loro.

Non solo si sbagliano, perché non riescono a decifrare la realtà di oggi, ma negano quella stessa possibilità alle nuove generazioni, che sono più proiettate delle precedenti verso un mondo senza confini.

Quelle nuove generazioni che, nel suo splendido libro Giulio Regeni. Ricatto di Stato (Castelvecchi editore, appena uscito nelle librerie), il giornalista Camillo Arcuri definisce “ragazzi venuti dal futuro” perché cosmopoliti, dotati di una sensibilità multiculturale e capaci di muoversi a loro agio attraverso Paesi e ambienti profondamente diversi.

È il contrasto, che il libro di Arcuri illustra perfettamente, tra gli ideali di giustizia sociale e internazionalismo ciò che animavano Giulio e la sua ricerca condotta al Cairo, in un momento storico – il 2015 – in cui proprio quegli stessi ideali erano oggetto di una repressione sistematica da parte del regime.

Giulio era oltraggiato dal tentativo del governo egiziano di abrogare il diritto di sciopero nel settore pubblico (legge 18/2015), dopo la stretta già operata sui sindacati indipendenti in nome degli appelli alla stabilità e al contrasto al terrorismo. E commoventi sono le parole contenute, in un suo articolo riportato in appendice nel libro di Arcuri, in cui definiva la riunione dei sindacati indipendenti, illegalmente tenutasi al Cairo l’11 dicembre 2015, una prova di forza tale da rappresentare “un esperimento dal basso che potrebbe indicare a noi nuove traiettorie per un sindacalismo al passo con le trasformazioni imposte dalla globalizzazione nel ventunesimo secolo”.

Il libro di Arcuri è documentato, vigile nei toni – mai eccessivamente lirici -, sempre accurato nella ricostruzione degli eventi che hanno condotto all’assassinio di Giulio da parte dello Stato egiziano. Occorre pazienza, ma anche coraggio per restituire il complesso quadro degli indizi e delle prove, volontariamente annacquate da vari “poteri forti”: serve ricostruire una parte della storia recente dell’Egitto, che passa dal colpo di stato del 2013 contro i Fratelli Musulmani (che la comunità internazionale, inclusa l’Unione Europea, avvalora politicamente), alle elezioni del 2014, che vedono un plebiscito per il neo-Presidente al-Sisi, fino alle ultime del 2018 che riconfermerebbero il sostegno di cui il nuovo Faraone gode nel Paese, nonostante o proprio grazie al regime di paura instaurato da quegli stessi servizi segreti (Mukhabarat) che hanno ucciso Giulio.

L’assassinio di Giulio è drammatico non solo per le sofferenze del tutto gratuite che gli vengono inflitte in vita, ma perché rimane ostaggio di una storia molto più complessa della sua stessa ricerca. Nonostante lui si interessi solo ai sindacati indipendenti e alle aggressive politiche del lavoro neoliberiste del governo egiziano, rimane coinvolto in un giro di rivalità e interessi internazionali molto più grandi di lui.

In fondo al mare, ma appena a largo di Port Said, l’Eni scopre un giacimento di gas (Zohr) dal grandissimo potenziale, che rappresenta una nuova fonte energetica per il Mediterraneo e scatena la “corsa all’oro” tra le grandi aziende petrolifere, a loro volta protette dai rispettivi governi nazionali. Gran Bretagna, Russia e Italia si contendono i nuovi bacini, e le grandi potenze probabilmente non accettano che l’Italia, Paese “minore”, possa fare la parte del leone negli accordi con il Cairo. Per questo c’è interesse a boicottare il tavolo negoziale, di cui è forse prova parziale il ritrovamento del cadavere di Giulio proprio nel momento in cui è in visita ufficiale in Egitto la delegazione commerciale guidata dall’allora ministro dello Sviluppo economico Federica Guidi, il fatidico 3 febbraio 2016.

Supposizioni contenute in un memoriale anonimo sul caso di Giulio, recapitato all’Ambasciata italiana a Berna (i cui probabili autori egiziani sono esponenti della Fratellanza Musulmana o comunque dell’opposizione al presidente), da cui si apprende che la morte del giovane ricercatore non sia stata accidentale, ma conseguenza di azioni intraprese da vari servizi segreti egiziani in lotta tra loro, ma tutti operanti su commissione di alti gradi del governo, di azioni dei servizi segreti europei a difesa di miopi e concorrenziali interessi nazionali, e della miseria umana di una grande maggioranza di cittadini egiziani iscritti sul libro-paga del governo come delatori e spie per sbarcare il lunario.

Quella che emerge è la storia di un ragazzo brillante che si ritrova vittima di una trama di interessi troppo fitta per essere dipanata da un osservatore pure acuto come Giulio, di un governo italiano politicamente timido e contraddittorio nella sua azione diplomatica, e di una solidarietà europea latitante, se non del tutto assente, che, rinunciando a perseguire la verità sul suo caso, hanno condannato altri 2mila desaparecidos e oltre 60mila detenuti politici egiziani (dal 2013) a un secondo oblio.

* ricercatrice ed esperta di questioni mediorientali

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Passata la bufera delle elezioni regionali, con il dibattito che sembra essere stato dedicato principalmente all’uso del citofono, possiamo tornare per un po’ a occuparci di argomenti un po’ più fondamentali, come quello dei rifiuti.

Vi ricordate di qualche mese fa quando era venuto fuori che la bioplastica, marcata come “biodegradabile”, non si degradava negli impianti di compostaggio esistenti? Bisognava buttarla nell’indifferenziato.

Dopo la fiammata di polemiche che ne era derivata, tutto è ritornato in silenzio ma, alcuni giorni fa, “Utilitalia” se ne è uscita con un interessante rapporto sulle bioplastiche. Forse non avete sentito parlare di Utilitalia perché è stata fondata abbastanza di recente, nel 2015, ma è una federazione che riunisce varie aziende di servizi pubblici incluso quelle dell’Ambiente, ovvero dei rifiuti.

Quindi, questo rapporto, definito “documento di posizionamento”, rappresenta una voce abbastanza ufficiale sull’argomento, anche se non è stato molto pubblicizzato e rimane un po’ nascosto sul loro sito. Sono 10 pagine piuttosto dense, ma di grande interesse se riuscite a districarvi nella terminologia usata, un po’ ostica per i non-addetti ai lavori.

Vi riassumo la faccenda. Per prima cosa Utilitalia descrive la direttiva europea “Sup” del 2019 (2019/904) che si riferisce alla plastica monouso, (single use plastic). La direttiva è chiara: non fa distinzione fra plastica di origine fossile o biologica, che sia o non sia “biodegradabile”.

Dice che la plastica monouso va abolita in un gran numero di casi, ovvero, niente più piatti, coltelli, forchette, cannucce, agitatori, eccetera. In altri casi, specialmente dove già esistono filiere di raccolta e riciclo, è permesso continuare a usare oggetti in plastica, ma con forti restrizioni. Il divieto non è ancora in vigore in Italia, ma tutti gli Stati europei dovranno adeguare la loro legislazione alla direttiva entro il 3 luglio 2021. Tuttavia, in Italia, la faccenda è stata capita in un altro modo.

Dice Utilitalia, a proposito dei prodotti in bioplastica, che “gli attori del mercato sembrano avere individuato in quest’ultima tipologia di manufatti i sostituti “virtuosi” dei prodotti in plastica tradizionale vietati dalla direttiva europea, con un conseguente progressivo incremento della richiesta di materiale “usa e getta” purché definibile “bio”. Dice ancora Utilitalia a proposito di questi manufatti (nota bene: Pla sta per acido polilattico e vi forse vi ricordate del fallimento recente della ditta che lo produceva in Italia, la Bio-On): “Appaiono virtuosi perché ‘si possono smaltire con l’organico’ (chiara contraddizione in termini, che dimostra la scarsa conoscenza da parte del “mercato” del mondo dei rifiuti). La cosiddetta ‘biobottle’ in PLA ne è un chiaro esempio, visto che dovrebbe sostituire un materiale, il PET, che in realtà è già gestito in un’efficace e consolidata filiera di raccolta e riciclaggio”.

Il rischio è che il legislatore italiano trovi qualche trucco, come sempre si trovano nelle leggi, per non rispettare il divieto europeo consentendo, o addirittura incoraggiando il consumo di bioplastica usa e getta “in nome dell’ambiente”.

Questa non sarebbe una buona idea e genererebbe un sacco di problemi, alcuni dei quali li vediamo già. Dice Utilitalia che”…la grande richiesta di manufatti usa e getta alternativi a quelli in plastica tradizionale da parte di alcune sigle della GDO [grande distribuzione organizzata] sta portando sugli scaffali quote importanti di materiali che non sono neanche certificati ma che, nonostante questo, riportano diciture che invitano gli utilizzatori a gettare il rifiuto nella raccolta differenziata dell’organico”.

Ora, non facciamo di ogni erba un fascio: l’imbroglio si riferisce più che altro a manufatti importati la cui origine è spesso difficile da tracciare. Ci sono manufatti prodotti in Italia che sono perfettamente compostabili negli impianti esistenti, per esempio i sacchetti del supermercato.

Il problema è che gli impianti non sono stati costruiti per gestire una massa crescente di bioplastiche di vari tipologie e composizioni. Questo crea grossi problemi tecnici per le industrie di trattamento, costi non indifferenti per nuovi impianti (che ricadranno sui cittadini) come pure grattacapi per gli utenti che dovrebbero districarsi fra i vari tipi di plastiche da smaltire.

Alla fine dei conti, la cosa più semplice sarebbe di adeguarsi alla direttiva europea: niente più plastiche monouso, punto e basta. Meno rifiuti, meno problemi. Non sarebbe la cosa migliore?

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Ha sparato alla donna, più grande di lui di vent’anni, con la quale aveva avuto una breve relazione perché non riusciva ad accettare la fine della loro storia, prima di uccidere anche la figlia di lei e di suicidarsi. È questa la ricostruzione dei carabinieri che conducono le indagini sulla tragedia avvenuta avvenuto nella notte a Mussomeli, in provincia di Caltanissetta: i militari sono arrivati sul posto allertati da un vicino di casa ma quando hanno fatto irruzione nell’appartamento del centro storico per i tre non c’era più nulla da fare.

A sparare è stato Michele Noto, 27 anni: dalle indagini è emerso che il giovane deteneva regolarmente la pistola con cui ha sparato perché aveva un porto d’armi sportivo. Le due vittime sono Rosalia Mifsud, di 48, e la figlia di lei Monica Di Liberto, di 27 anni, avuta da un precedente matrimonio.

Da settembre l’uomo aveva iniziato una relazione con la 47enne, una storia che la figlia della vittima, sua coetanea, aveva sin da subito ostacolato. Così Rosalia Mifsud aveva deciso di interrompere quel rapporto, una decisione che probabilmente il 27enne non aveva mai accettato sino in fondo. Stanotte, al culmine di una discussione, avrebbe estratto la pistola ed esploso almeno quattro colpi di pistola. Per Rosalia Mifsud e la figlia non c’è stato scampo: i colpi li hanno raggiunti alla testa. Poi il giovane ha puntato l’arma contro di sé e si è sparato. Nell’abitazione gli investigatori dell’Arma non hanno trovato segni di colluttazione. Sulla vicenda indagano i carabinieri della Compagnia di Mussomeli.

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“Vi assicuro che non c’è alcun motivo di creare panico e allarme sociale. Abbiamo agito in funzione preventiva. E continueremo a seguire con il massimo dispendio di risorse e di energie per assicurare protezione a tutti i cittadini”, così il premier Giuseppe Conte durante la conferenza stampa tenuta giovedì sera assieme al ministro della Salute Roberto Speranza per annunciare che anche in Italia “sono stati accertati i primi due casi di coronavirus. Il presidente del Consiglio ha poi sottolineato che è stata adottata un’ordinanza che “chiude il traffico aereo da e per la cina” e che “siamo il primo paese dell’Unione europea che adotta una misura cautelativa di questo genere”. “Il direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità ha da poco preannunciato l’emergenza globale per il coronavirus”, ha detto infine Conte.

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Il coronavirus è arrivato anche in Italia. È stato il premier Giuseppe Conte ad annunciare la notizia: i due casi sospetti a Roma sono confermati. Si tratta di due turisti cinesi, marito e moglie, di 66 e 67 anni, ricoverati da mercoledì sera in isolamento all’ospedale Spallanzani di Roma. La coppia è originaria della provincia di Wuhan ed è arrivata nel nostro Paese con un viaggio organizzato che prevedeva diverse tappe: sono atterrati a Malpensa il 23 gennaio scorso e hanno trascorso un paio di giorni nel capoluogo lombardo prima di spostarsi, facendo altre tappe – tra cui Parma – e arrivando poi martedì a Roma, dove all’indomani hanno accusato i sintomi di quello che è stato accertato essere coronavirus. Prima solo qualche colpo di tosse, poi le loro condizioni di salute sono peggiorate improvvisamente: “Ci ha contattato la moglie, diceva che il marito aveva la febbre alta e stava male. Così abbiamo chiamato l’ambulanza“, ha spiegato Enzo Ciannelli, direttore dell’Hotel Palatino in via Cavour, dove per due giorni hanno alloggiato i coniugi cinesi. “Questi clienti parlavano esclusivamente cinese, i contatti erano limitati. Erano in tre ma la terza persona non so se è stata ricoverata, non so chi sia. Loro erano moglie e marito, erano qui per turismo. Indossavano già le mascherine, come molti clienti orientali”, ha aggiunto.

Marito e moglie sono ora costantemente monitorati ma sarebbero in buone condizioni. Subito sono scattate subito tutte le misure sanitarie per isolare i soggetti ed è stata già sigillata dalla polizia la stanza dell’hotel della Capitale in via Cavour dove alloggiavano: “La stanza occupata da marito e moglie è stata sigillata per la disinfestazione da parte della Asl — ha confermato il direttore dell’hotel —, il nostro personale ha indossato mascherine e guanti per le pulizie. Comunque i due ospiti non hanno frequentato le zone comuni, uscivano solo per fare brevi passeggiate, poi rientravano e rimanevano in camera”. Anche l’assessorato alla Sanità della Regione Lazio ha tenuto a precisare in una nota che “è già stata attivata la sorveglianza sanitaria sulle persone venute in contatto con la coppia ricoverata presso l’istituto nazionale malattie infettive Spallanzani. Sono scattate tutte le misure previste dai protocolli sia per quanto riguarda alcune persone dell’albergo, sia riguardo gli altri componenti del gruppo di turisti. Al momento sono tutti asintomatici e non destano preoccupazione”, conclude.

Il resto della comitiva che viaggiava con loro – In totale il gruppo con cui viaggiavano i due coniugi cinesi era composto da 21 persone: i 19 restanti sono stati subito portati allo Spallanzani dove sono attentamente monitorati. La comitiva è stata rintracciata dalle autorità nella giornata di giovedì mentre a bordo di un pullman stava raggiungendo Cassino: il gruppo proveniva da Sorrento ed è stato fermato dalla polizia – con la presenza dei sanitari della Asl locale – al casello autostradale di Cassino, poi è stato scortato verso l’ospedale Spallanzani di Roma dove si trova sotto osservazione. Dopo Milano, il gruppo aveva già fatto tappa a Parma e – secondo quanto riferisce il Corriere – anche in altre città d’arte, fino ad arrivare a Roma martedì scorso: nella Capitale si sarebbe spostato per il centro storico, visitando musei e luoghi d’interesse turistico. In giornata si cercherà di definire meglio l’itinerario dei due anche per – nel caso – adottare eventuali precauzioni.

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Il coronavirus arriva anche in Italia: ieri sera il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha confermato due casi accertati, una coppia cinese che ora si trova ricoverata all’Istituto Spallanzani Roma. Marito e moglie, di 67 e 66 anni, sono in Italia da una settimana e hanno fatto diverse tappe prima di sviluppare i sintomi della malattia e chiedere aiuto: atterrati a Milano, erano stati a Parma e in altre città d’arte. C’è un secondo caso sospetto, in Veneto: uno studente minorenne del trevigiano, rientrato con la madre da un viaggio in Cina con sintomi influenzali e febbre. Non è stato ricoverato, ma dimesso con l’obbligo di restare chiuso in casa, evitando il più possibile anche i contatti con i familiari. I medici hanno eseguito un tampone sul paziente, già inviato per le analisi allo Spallanzani. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato l’emergenza sanitaria internazionale, e l’Italia ha annunciato la chiusura del traffico aereo da e per la Cina: è il primo Paese ad adottare un simile provvedimento, ‘scavalcando’ le singole compagnie aeree.

In Italia – Sotto osservazione la comitiva di 18 cinesi che viaggiava insieme alla coppia risultata positiva al coronavirus: il pullman proveniva da Sorrento ed è stato fermato all’altezza di Cassino. Allarme rientrato a Civitavecchia, dove è iniziato lo sbarco dei passeggeri dalla nave Costa Smeralda rimasti bloccati a bordo per il sospetto caso di coronavirus, poi smentito. A Fiumicino è atterrato un aereo proveniente da Shangai, uno degli ultimi voli autorizzati prima dello stop ai voli annunciato ieri. In totale sono otto gli ultimi aerei che arriveranno oggi in Italia: cinque all’aeroporto di Fiumicino (da Haikou, Hangzhou, Hong Kong, Guangzhou e Taipei) e tre a Malpensa (provenienti da Pechino, Shanghai e Hong Kong).

Nel mondo – Sale il numero di contagi: 9.692 persone malate e 213 morti, tutti, al momento, entro i confini della Cina. La Commissione nazionale della Sanità cinese riferisce che 1.527 pazienti sono in condizioni critiche, mentre oltre 15mila persone sono sospettate di aver contratto il coronavirus. Gli altri Paesi prendono contromisure: il Pakistan e la Corea del Nord hanno sospeso tutti i collegamenti con la Cina, la Russia ha sigillato il confine e gli Stati Uniti sconsigliano ai propri cittadini di mettersi in viaggio verso la regione per qualsiasi motivo, nonostante l’Oms non abbia previsto limitazioni in questo senso.

10:05 “Italiani rimpatriati il 2 febbraio”. L’aereo che dovrà rimpatriare i cittadini italiani bloccati dall’epidemia di coronavirus a Wuhan è atteso domenica mattina 2 febbraio. Lo prevede l’ultima bozza del piano concordato con le autorità cinesi, secondo cui la ripartenza avverrà dopo due ore, in base a varie fonti sentite dall’Ansa.

9:45 L’hotel: “Decontaminazione non necessaria”. “Questi clienti parlavano esclusivamente cinese, i contatti erano limitati. Erano in tre ma la terza persona non so se è stata ricoverata, non so chi sia. Loro erano moglie e marito, erano qui per turismo”, ha detto il direttore Enzo Ciannelli, direttore dell’Hotel Palatino dove soggiornava la coppia cinese. La struttura, spiegano, ha avuto diverse disdette. “Non abbiamo previsto la decontaminazione – né della stanza, né della struttura – Non c’è nessun pericolo di contagio, non è necessaria”.

9:10 “Condizioni stabili”. La coppia ricoverata allo Spallanzani è in condizioni stabili, fa sapere il direttore sanitario della struttura. Altri 18 cittadini cinesi sotto osservazione, perché facevano parte dello stesso gruppo della coppia in vacanza a Roma. “Le loro condizioni sono buone, ma voglio rassicurare che l’ospedale è operativo e non chiuso come scritto da qualche giornale” ha precisato il direttore Francesco Vaia. Lo Spallanzani è comunque blindato ai giornalisti, gli ingressi sono presidiati dalla Polizia e dai vigilantes, e sono poche le persone che entrano o escono dall’ingresso principale.

9:00 Corea del Nord e Pakistan interrompono i collegamenti. Chiusi “in via temporanea da oggi tutti i collegamenti aerei e ferroviari con la Cina” a causa del rischio di contagio del coronavirus. La mossa di Pyongyang è in linea con le misure adottate nei giorni scorsi, tra cui il forte rafforzamento dei controlli alla frontiera, mentre era rimasti ancora operativi alcuni collegamenti. Il peggioramento degli scenari in Cina ha portato all’ulteriore stretta. Anche il Pakistan ha sospeso i voli da e per la Cina, e la compagnia di bandiera marocchina, Royal Air Maroc, ha cancellato la tratta Casablanca-Pechino, inaugurata due settimane fa, per via del “forte calo della domanda”.

8:45Atterrato l’ultimo aereo dalla Cina a Fiumicino. All’aeroporto di Malpensa è atterrato un volo proveniente da Shanghai, uno degli ultimi autorizzati ad atterrare dopo il blocco imposto dal governo, insieme a un volo da Pechino. Prima dello sbarco a tutti i passeggeri è stata misurata la temperatura per due volte. I medici in tuta e mascherina hanno consegnato loro un vademecum e richiesto a tutti di compilare una scheda con residenza e spostamenti passati e futuri per ‘tracciare’ i passeggeri in caso di futuro contagio. Ivan, imprenditore vinicolo 34enne appena tornato in Italia con la moglie cinese, racconta che in Cina: “i controlli sono pazzeschi, misurano la febbre anche per entrare in banca, nei negozi. Rispetto alla mobilitazione del 2003, per la Sars, questa è più importante”.

8:00 Sbarco dei passeggeri della nave da crociera. Sul molo 12 del porto di Civitavecchia decine di pullman fanno avanti e indietro per trasferire i croceristi.”A bordo c’è stata la massima tranquillità e hanno gestito le cose bene – racconta Filippo Rossi, un uomo di Monterotondo, in provincia di Roma, che è stato tra i primi a lasciare la nave – c’è stata però preoccupazione anche perché si sono rincorse tante voci fino all’ultimo e le informazioni le avevamo solo da fuori”. Nelle ultime ore i passeggeri si erano lamentati per la mancanza di informazioni. “Io abito a Roma, venti minuti e sono a casa – ha detto uno dei passeggeri scesi a terra – Penso a quelli che non hanno questa fortuna e ancora di più a quelli di La Spezia, ai quali è saltata la tappa”.

06:30Gli Stati Uniti sconsigliano i viaggi. Washington ha chiesto ai propri cittadini di non mettersi in viaggio verso la Cina, per nessun motivo: l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato l’emergenza globale per il coronavirus, ma senza prevedere limitazioni ai viaggi. Il numero di casi è aumentato di oltre dieci volte in una settimana,e i Paesi limitrofi prendono contromisure: La Russia ha sigillato le frontiere, mentre il Giappone ha vietato l’ingresso alle persone infette.

01:00 – Rimpatri in Francia. L’aereo inviato da Parigi per rimpatriare circa 200 francesi è partito poco fa dall’aeroporto di Wuhan, epicentro dell’epidemia. L’aereo militare atterrerà dopo circa 12 ore e mezza di volo a Istres, nel sudest della Francia, hanno dichiarato membri della delegazione ufficiale francese sul posto. I rimpatriati saranno poi confinati per 14 giorni in un centro vacanze a Carry-le-Rouet, vicino a Marsiglia.

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La Guardia di Finanza di Bari ha notificato un'ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari nei confronti di Marco e Gianluca Jacobini, padre e figlio, il primo ex presidente del Cda e amministratore di fatto della Banca Popolare di Bari, il secondo vice direttore generale e direttore generale di fatto dell'istituto di credito barese. Agli indagati sono contestati a vario titolo i reati di falso in bilancio, falso in prospetto e ostacolo alla vigilanza. Per l'ex amministratore delegato, Vincenzo De Bustis Figarola, è stata disposta l’interdizione ad esercitare per 12 mesi l'attività di dirigente di istituti bancari e di uffici direttivi di imprese.

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“Se sei bravo e fortunato, per trovare un lavoro qui, dove sono io, ti basta anche mezza giornata”. Gianluca Raso ha 38 anni ed è partito per la Gran Bretagna 12 anni fa, grazie a un bando del ministero dell’Istruzione. Ora insegna a Reading, dove è responsabile dell’insegnamento di lingue – subject leader in education (SLE) – di un trust, un organismo che riunisce più scuole. L’idea di partire arriva mentre frequenta l’università a Cosenza, in Calabria. Il respiro internazionale però c’è sempre stato: madre polacca, fratello trasferito a Malta. “Conoscere il mondo mi ha sempre interessato”, dice a ilfattoquotidiano.it. Cervello in fuga? Ride, e tiene a precisare: “Cervello no, in fuga sì”.

Dopo un Erasmus in Spagna, arriva il cambio di vita oltremanica. La prima meta, nel 2006, è Swansea, nel sud del Galles. Gianluca vince il bando del ministero per insegnare Italiano nelle scuole. “Eravamo 15 persone in tutta Italia, non riuscivo a credere che avessero scelto me”. Qui conosce quella che poi diventerà sua moglie. L’anno dopo si trasferisce a Portsmouth, dove frequenta l’equivalente inglese della Ssis, la Scuola di Specializzazione all’insegnamento secondario: “Il periodo più difficile da quando sono in Inghilterra, ma ho imparato molto. Insegnavo e studiavo. Ho scoperto un sistema educativo del tutto diverso da quello italiano. Parlo dei miei tempi, di quando io ero alunno: di solito l’insegnante parlava e gli studenti ascoltavano. In Gran Bretagna il docente parla pochissimo e coinvolge gli allievi in attività pratiche e laboratori”.

Finito il periodo di formazione comincia a lavorare: “Non c’è nessuna graduatoria in cui essere inseriti. Si fanno colloqui, si mandano cv, si fa un periodo di prova. I tempi possono anche essere molto rapidi. Ho capito qui cos’è la meritocrazia”. Nel corso degli anni si sposta molto: Red Hill, Dorking, Windsor. Poi si ferma a Bracknell, nella contea del Berkshire, dove compra una casa insieme a sua moglie. Capisce che la crescita professionale è possibile, così come raggiungere una stabilità. “A 27 anni mi sono ritrovato sposato, a 30 ho comprato casa. Per me erano obiettivi importanti, non mi sarei mai aspettato di arrivarci così presto”. Essere un punto di riferimento per gli adolescenti suoi allievi, oggi, lo rende orgoglioso, ed è incuriosito dalla loro passione per la tecnologia: ha capito con loro che Facebook, ormai, è vecchio, e che adesso c’è TikTok. Gianluca insegna francese e spagnolo. E l’italiano? “Non è molto studiato da queste parti, ma penso che insegnarlo mi costerebbe fatica: ne sono geloso, è come se volessi tenerlo per me”.

Il suo punto di partenza resta sempre dentro: Conflenti, un paesino con poco più di 1.400 anime in provincia di Catanzaro. “È un pensiero continuo. Mi manca e mi mancherà sempre. Ci torno in agosto ed è sempre bello, ma a volte rimango perplesso, mi chiedo se sia davvero ancora il mio paese. Dopo tanti anni fuori capita di sentirsi un po’ stranieri. Ma rimane un luogo di cui sono molto orgoglioso”. Ai giovani di oggi che vogliono fare il suo stesso percorso consiglia di viaggiare e vedere il mondo con i loro occhi, senza intermediari e a chi se la sente di portare a casa quello che ha imparato. “In un mondo ideale, forse, sarei dovuto tornare, per cambiare le cose in Italia. Ma mia moglie, i miei figli e il mio lavoro sono qui”.

Comunque sia, Gianluca è soddisfatto della strada che ha scelto. Con gli inglesi si trova bene: dal pub allo sport, passando per la musica, organizzano attività per ogni hobby possibile e così sconfiggono la solitudine. La Brexit è l’unica nota stonata: “Non sono cittadino inglese, quindi non ho votato al referendum, ma penso che Londra abbia fatto un errore. Anche se la mia posizione lavorativa non è in discussione, questo è l’unico motivo per cui, a volte, mi viene voglia di cambiare paese”. Ricorda con chiarezza però il momento in cui ha capito che quello stesso paese avrebbe potuto essere un buon posto dove vivere: “Appena arrivato a Swansea, in Galles, mi sono iscritto a una squadra di calcio. Ho sempre giocato, anche nel mio paese d’origine. Là, se sbagliavi, era un fiume di critiche. In Galles, l’opposto. Durante una delle prime partite ho fatto un errore – sono portiere, quindi i miei errori sono sempre pesanti – ma nessuno, con mio stupore, si è arrabbiato. Anzi: tutti mi hanno incoraggiato e supportato, nonostante i miei sbagli. L’importante, mi hanno detto, era andare avanti”.

L'articolo Prof in Inghilterra. “Qui niente graduatorie e in classe gli allievi sono coinvolti in attività pratiche. In Italia invece parla il docente” proviene da Il Fatto Quotidiano.



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