di Giovanni Vetritto
È giunto quindi il momento, dopo diversi commenti, analisi, auspici e inviti, di formulare un orientamento politico e culturale a beneficio di chi ha ritenuto di seguirci in questi mesi. Se davvero i barbari sono alle porte, ma ben lungi dal trionfare, ogni invito al cosiddetto (e mai abbastanza deprecato) “voto utile” suona del tutto stonato. La maggioranza europeista che verrà, se davvero verrà, avrà certamente nuova linfa da una ripresa di voto per partiti come quello Verde e quello Liberale, e non certo per la fiacca tenuta dei Socialisti e dei Popolari.
Sono quello verde e quello liberale i partiti europei più vivacemente attaccati alla “ragion politica” dell’Europa, meno coinvolti nel triste trantran socialista e popolare che ha dato fiato ai mostri all’orizzonte. Il momento più alto di tenuta democratica del Parlamento europeo, verificatasi con la mozione contro la “democratura illiberale” di Viktor Orban, si è raggiunto per l’ostinato lavoro di una parlamentare europea verde come Judith Sargentini, che in questa rivista abbiamo intervistato. Difesa del costituzionalismo classico, della democrazia non formale, della rule of law, inedita convergenza su principi di libero commercio, mercato regolato e innovazione produttiva, nel segno della sostenibilità ambientale, hanno avvicinato queste due famiglie politiche europee un tempo fortemente sospettose l’una dell’altra.
Solo il sesquipedale dilettantismo e opportunismo della politica politicante di casa nostra ha impedito una convergenza anche elettorale delle due liste che da noi fanno riferimento alle due famiglie europee più proattive. Dopo alcune promesse, molta tattica e qualche comportamento francamente indecente (quello di “Italia in Comune” di Federico Pizzarotti e dei giovani – ahimè quanto vecchi – sindaci arancioni) si è giunti a due liste comunque spurie. Da una parte la lista composta da radicali e componente ex Dc di Bruno Tabacci, che ha aggregato per l’occasione anche il nuovo Psi e sindaci anche piuttosto “radical” (come quello di Cerveteri); dall’altra una lista verde che ha saputo rinnovare abbastanza le candidature, aprendo anche al movimento democratico di Pippo Civati e a indipendenti di matrice liberalsocialista di assoluto prestigio come Antonio Caputo (Presidente della Federazione dei circoli di Giustizia e Libertà e grande amico di questa rivista, addirittura in testa di lista, al n. 4, nel Nordovest).
Stando ai sondaggi, né l’una lista né l’altra paiono in condizione di ottenere il quorum del 4%, mentre assieme c’è da credere lo avrebbero potuto superare di slancio. E lo scorno di chi, come questa rivista, ha esplicitamente sostenuto le ragioni di una lista unica delle “culture del limite” (giuridico, costituzionale, culturale, ambientale) è ovviamente grande. Ciononostante, occorre dire con grande chiarezza che il richiamo al “voto utile”, che proviene soprattutto da Forza Italia e dal Pd, contro queste due liste è del tutto irricevibile. Primo, per le ragioni di politica europea su esposte. Secondo, perché rischia di dare l’impressione che ogni voto a liste incapaci di ottenere il quorum sia senza frutto dal punto di vista della difesa dell’Europa; laddove, se anche entrambe fallissero di un quarto l’obiettivo, assommerebbero comunque un interessante 6% che avrebbe il duplice effetto di sostenere una posizione ben più convintamente europeista e di abbassare drasticamente il quorum della Lega sovranista; partito, quest’ultimo, che è arduo immaginare a un posto diverso dal primo, ma che potrebbe andare percentualmente sotto le aspettative restando almeno parzialmente insoddisfatto.
Il battage contro una fantomatica “dispersione del voto” rischia poi, ed è il terzo aspetto, di spingere tanti a disertare le urne, laddove siano indisponibili a votare per un Pd francamente bollito, incapace di vero rinnovamento, e apparentato a una finta “lista” di suoi ministri come Carlo Calenda; la cui posizione sull’immigrazione, per fare un solo esempio, nei recenti dibattiti televisivi non si è dimostrata diversa da quella di un Marco Minniti, e dunque copia sbiadita di quella di Matteo Salvini. Non c’è, insomma, voto più inutile in queste Europee del “voto utile”.
Chi scrive, e la redazione ancor più, raccomandano il voto alla lista dei Verdi e di Possibile, ricca di giovani in posizioni utili, di personalità indipendenti come il nostro già citato Caputo, di soggetti protagonisti della significativa evoluzione dei Verdi europei come Monica Frassoni, dei compagni di strada civatiani distintisi nel referendum contro l’obbrobrio costituzionale renziano del 2016 (combattuto, inizialmente, da Civati quasi da solo, a renzismo trionfante; tanto per tornare alla rule of law).
Come nella splendida poesia di Kostantin Kavafis, gli eunuchi del “voto utile” paiono quasi sperare nel testa a testa con “barbari” agguerriti, confidando, nella propria debolezza, che “quella gente” sia “una soluzione”. Il nostro futuro sta nell’Europa. Il momento è adesso.
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