Trasmutazione antropologica, siamo al bivio. Il tramonto dell’umanità coinciderebbe con l’alba del transumanesimo. Trapassata l’etica, la deriva di forze sovranazionali farebbe di scienza estremizzata e tecnologie d’avanguardia la pratica teoretica con cui sconfiggere natura e tutto ciò che è naturale, capitolata la specie nell’Era tecnognostica del postumanesimo. Fantascienza in bibliografia, letteratura distopica e realtà digitale a metà tra 5G e 6G si alternano tra citazioni di ricerche, studi e avvenimenti reali nel libro Cyber Uomo, dall’intelligenza artificiale all’ibrido uomo-macchina (Arianna Editrice), il dischiudersi di uno scenario d’evoluzione apocalittica disegnato da chip dermali sottocutanei, nanorobotica, clonazione, tecnosesso e rivoluzione digitale.

La nuova società del controllo passerebbe per l’intelligenza artificiale. “Quale futuro ci aspetta?”, si chiede la scrittrice Enrica Perucchietti, autrice del saggio sui retroscena della contemporaneità. “Continuando di questo passo ci attende un futuro distopico che verrà accolto come il migliore dei mondi possibili perché desiderato come un vessillo di libertà. Ma è in gioco la nostra sopravvivenza: conoscere le ricerche e gli obiettivi del campo del post-umano può aiutarci a fermare questa deriva prima che siano le macchine a ribellarsi ai propri inventori”.

Mimetizzata nelle sembianze dell’ineluttabile progresso, l’ossessiva rincorsa verso il futuro ci impedirebbe di comprendere il fine di un destino manipolato nello smantellamento dell’essenza ontologica dell’essere umano, dove titanismo e dislivello prometeico nell’esaltazione acritica di illuminismo, positivismo e darwinismo si spingerebbero fin dove nessuno era mai riuscito prima d’ora, spezzando nella biorobotica i limiti della genetica per fonderci definitivamente in cyborg. Algoritmi nel cervello, banca dati in cloud. L’ibrido uomo-macchina è dietro l’angolo. “Sembrerebbe fantascienza, eppure si tratta delle più moderne innovazioni nel campo della scienza e della tecnologia”.

Le teorie del transumanesimo s’amalgamano nelle sperimentazioni di xenotrapianti (trapianti transgenici), utero artificiale (il biobag nel centro di medicina riproduttiva della New York Cornell University) e spermatozoi in provetta (ricerca condotta da biologi cinesi pubblicata sulla rivista Cell Sterm Cell), se è vero che l’intelligenza artificiale ha già sostituito i mezzibusti televisivi nei telegiornali di Cina e Giappone, mentre a Torino è stata chiusa la prima casa per appuntamenti con bambole in silicone: nel 2016 l’Europarlamento s’è interrogato sulla possibilità di far pagare le tasse ai robot e uno studio dell’Ocse afferma che in Italia un posto di lavoro su due sarà sostituito da macchine pensanti. E’ questo il futuro che ci aspetta? Pare così, superficialità di un’opinione pubblica distratta, malata di tecnostress nell’indissolubile legame con smartphone e telefoni cellulari (“sono già un’estensione del nostro corpo“).

Il libro, scevro da mire allarmistico-complottistiche, prefigura l’instaurazione di una nuova dittatura dolce, tecnologicamente camuffata sotto mentite spoglie. L’epilogo nella fine. Ma non è ancora detta l’ultima parola: la consapevolezza è il primo passo per una tecnoribellione contraria al post-umano. Ora o mai più: “Finché l’uomo conserverà la propria umanità dovrà rivendicare il proprio diritto alla libertà e scegliere di costruirsi il proprio futuro. Non importa quali ostacoli dovrà superare. Non scegliere sarà di per sé una scelta”.

L'articolo Il progresso ci spinge a rinunciare alla libertà. Che futuro ci aspetta? proviene da Il Fatto Quotidiano.



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