maggio 2018

“Non capisco perché insistiate sull’aspetto ridanciano dei 90 giorni senza governo. Io invece credo che questo sia un momento di grande pedagogia, il momento più alto di alfabetizzazione politica che ha avuto l’Italia”. Sono le parole pronunciate a Tagadà (La7) da Carlo Freccero, membro del cda Rai, circa la crisi politica attuale. E spiega: “Trovo che che mai come in questo periodo gli italiani abbiano compreso politica ed economia, che prima non capivano. stato veramente utile a livello pedagogico. Lo dico con molta serietà. Finalmente gli italiani hanno saputo capire che l’economia è capitale, che il diritto nei trattati è fondamentale, che ci sono dei rapporti di forza tra i mercati e il popolo. L’aumento degli ascolti tv” – continua – “ha fatto sì che, invece di parlare delle solite cose insopportabili, Nazareno o non Nazareno, abbiamo alzato lo sguardo e abbiamo già aperto la campagna elettorale per l’Europa. La consultazione dei siti di carattere economico, solitamente visitati da avvocati, è quintuplicata. E’ un dato davvero molto importante. A me interessa solo che si mettano delle nozioni nuove nel dibattito”. Freccero si rende protagonista di un vivace battibecco col giornalista Davide Giacalone. Poi rimprovera la conduttrice, Tiziana Panella, rea di aver indossato un vestito viola, colore inviso agli artisti televisivi e teatrali. E per suggellare la sua contrarietà, scherzosamente fa un gesto apotropaico.

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Multa per panna gratis, Finanza smentisce il gelataio

La sanzione è stata comminata per mancato scontrino. Lo precisa la Gdf di Torino, che corregge la versione data via social dal titolare del negozio in via Belgio: sosteneva di essere stato multato per non aver incluso nello scontrino 50 centesimi di guarnizione



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di Riccardo Pariboni e Pasquale Tridico*, Università Roma Tre

Negli ultimi quattro decenni, molte economie avanzate hanno subito cambiamenti significativi nelle loro strutture produttive e nelle loro strategie industriali. Mentre il periodo di espansione dopo la Seconda guerra mondiale – qualificato da alcuni studiosi come “l’età dell’oro del capitalismo” – vide l’industria manifatturiera giocare un ruolo predominante, negli ultimi quaranta anni si è messo in moto un processo di profonda mutazione. Assistiamo, infatti, ad un costante calo della quota dei lavoratori impiegati nella industria manifatturiera e ad una decisa transizione verso il settore dei servizi.

Figura 1: Quota di occupazione nella manifattura sul totale dell’occupazione 1970-2012. Fonte: EU KLEMS e OCSE

Questo cambiamento strutturale è stato spesso raccontato come una naturale transizione verso una società post-industriale, dedita ad attività creative e ad alto contenuto di capitale umano. Tuttavia, sotto questa superficie di ottimismo, la letteratura economica aveva individuato da molto tempo dei potenziali problemi insiti in queste traiettorie di de-industrializzazione. Già Baumol e Kaldor negli anni 60, infatti, notavano come il trasferire risorse dalla manifattura ai servizi potesse costituire una minaccia per la dinamica della produttività del lavoro, soprattutto quando questa transizione avviene verso specifiche industrie di servizi non orientate all’innovazione ed al progresso tecnico, con un basso livello di specializzazione della forza lavoro.

Esempi classici in tal senso sono rappresentati dal turismo, il settore alimentare, l’accoglienza (hotel e ristoranti), i servizi alla persona, la logistica a basso contenuto tecnologico. Molte industrie di servizi hanno un potenziale limitato di guadagni di produttività e sono definite da processi produttivi ad alta intensità di lavoro. Inoltre, come messo in luce da Wölfl (2005), potrebbero essere gravate da una serie di fattori che strutturalmente limitano l’innovazione: una più piccola dimensione media delle imprese (con le collegate difficoltà di finanziarsi sul mercato) può portare a minori investimenti, specialmente in asset ad alto rischio ma ad alto contenuto tecnologico. Altre spese generalmente sotto-finanziate sono quelle in Ricerca e Sviluppo e nella formazione della forza lavoro. Complessivamente, questo può condurre molte imprese del settore dei servizi ad utilizzare tecnologie e conoscenze “non-firm specific”.

Ci sono ovviamente alcune industrie, appartenenti alla macro-categoria dei servizi, che hanno un’elevata produttività del lavoro e livelli di investimento sostanziosi. È questo il caso, ad esempio, dei settori finanziario ed immobiliare. Questi ultimi, tuttavia, oltre ad avere un limitato impatto in termini di occupazione totale, sono attraversati da forti spinte speculative, possono dar vita a fenomeni perversi nella distribuzione del reddito e trascinano poca innovazione tecnologica. In particolare, molti studi recenti dimostrano che la finanziarizzazione dell’economia, che ha avuto luogo energicamente nella maggior parte delle economie avanzate negli ultimi due/tre decenni, sembra aver avuto un impatto negativo sulla produttività del lavoro, perché i grandi manager delle società finanziarie sono più interessati a massimizzare i dividendi degli azionisti e le loro compensazioni finanziarie piuttosto che avviare strategie di investimento in capitale fisico, orientate verso attività produttive. Strategie a breve termine, quindi, possono prevalere su una visione di lungo periodo che privilegi processi di espansione degli investimenti, miglioramenti dell’innovazione e guadagni di produttività del lavoro.

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[1] Questo articolo è una sintesi di un lavoro più ampio dal titolo: “Structural change, aggregate demand and the decline of labour productivity: a comparative perspective” di Pasquale Tridico e Riccardo Pariboni, Working Paper 221, 2017, Dipartimento di Economia Università Roma Tre.

Indicato da Luigi Di Maio come ministro del Lavoro di un governo 5 stelle

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Ha pubblicato più di 20 video, sia su Facebook sia su Youtube, in cui canta e balla mentre opera i pazienti. La chirurga Windell Boutte, di Atlanta, è stata denunciata e dovrà affrontare sette diverse cause legali per negligenza. Un’avvocata, Susan Witt, ha fatto sapere che una sua cliente ha subito danni permanenti al cervello per colpa della dottoressa Boutte.

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Stoccata sferzante del direttore del TgLa7. Enrico Mentana, ospite di Tagadà (La7). Alle battute finali del talk show politico pomeridiano, il giornalista, mentre dialoga con l’ex direttore di Rai Due, Carlo Freccero, viene applaudito dal pubblico. E commenta: “Faccio finta che questo applauso sia spontaneo. Ma vogliamo noi di La7 fare una piccola dieta di applausi?”

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Grazie al Bonus ristrutturazione, messo a punto dal Governo e confermato anche per tutto il 2018, pensare a un restyling di alcuni spazi della propria casa oggi è più semplice, come spiega un articolo pubblicato di recente su Immobiliare.it.
Le detrazioni fiscali e le agevolazioni previste possono ad esempio rappresentare un’ottima “scusa” per rinnovare e ammodernare il bagno.

Prima di tutto, però, è necessario fare una distinzione: si può infatti optare per un semplice restyling, ovvero la sostituzione dei sanitari e la tinteggiatura delle pareti, oppure dare il via a lavori di rifacimento totale che chiamano in causa interventi sugli impianti. Nel primo caso si tratta di manutenzione ordinaria che rientra nell’ambito di attività di Edilizia libera. Non avrete quindi bisogno di richiedere un’autorizzazione.
Nel secondo caso, ovvero se pensate di intervenire sugli impianti, si parla di “manutenzione straordinaria” ed è quindi necessaria la cosiddetta Cila (Comunicazione Inizio Lavori Asseverata).

Per quanto riguarda le agevolazioni, l’intervento di manutenzione straordinaria beneficia del Bonus ristrutturazione del 50%: si potrà cioè detrarre dall’Irpef la metà della somma spesa per l’intervento fino a un massimo di 96mila euro.
La semplice sostituzione dei sanitari, senza intervenire sull’impianto, non è invece detraibile, a meno che non sia integrata o correlata a interventi maggiori per i quali entrano in gioco le detrazioni.
In tutti i casi, comunque, la ristrutturazione del bagno deve garantire il rispetto dei requisiti igienico-sanitari (contenuti nel decreto ministeriale del 5 luglio 1975) e rispettare i requisiti previsti dal Regolamento edilizio del rispettivo Comune.

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Nel Kruger National Park, nel nord-est del Sudafrica, alcuni turisti stanno osservando un gruppo di giovani leoni, intenti a cacciare un varano d’acqua. A un certo punto, quando uno dei predatori tiene tra le fauci il rettile, spunta un bufalo. Che interviene, e rovina la festa.

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“Non farò il ministro della Difesa”. Così Guido Crosetto, coordinatore di Fratelli d’Italia, dopo l’incontro tra Matteo Salvini e Giorgia Meloni, per il possibile ingresso della stessa FdI nella squadra di governo. “Stia tranquillo, non entrerò nell’esecutivo”, si è difeso Crosetto, per poi rifiutarsi di rispondere ad altre domande sulla giravolta del suo partito. Lo stesso che prima contestava il contratto M5s-Lega, la “mancata presenza di istanze del centrodestra”, compreso il “blocco navale”. E la stessa scelta di affidare la presidenza del Consiglio a Giuseppe Conte, definito “un altro Monti“. Ma ora pronto a trattare per entrare nel possibile esecutivo giallo-verde.

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Altro giro, altra cosa: il reality perenne di Canale 5, voluto da Pier Silvio Berlusconi, ci obbliga a un circolo continuo. Finito il Grande Fratello 15, arriveranno Temptation Island e la versione vip del suddetto programma, e poi ancora il Grande Fratello Vip, L’isola dei famosi e così via in un vortice di emozioni trash.

Ancora non è dato sapere chi parteciperà alla terza, attesa, edizione del GF VIP, ma il settimanale Nuovo ha pensato bene di lanciare una manciata di potenziali nomi, ai nostri occhi non del tutto realistici. Secondo il settimanale diretto da Riccardo Signoretti, anzitutto, nel cast dovrebbero esserci Francesco Monte, che passerebbe così da un reality a un altro, e Massimiliano Caroletti, marito di Eva Henger: ma siamo proprio sicuri che Mediaset, dopo la bagarre dei mesi scorsi, voglia far riaccendere la luce sul “canna gate”? Avendo loro nel cast, sarebbe inevitabile.

Nel toto-nomi, poi, ecco spuntare anche Adriana Volpe e Paola Caruso: le due bionde sono però in procinto di partire per Perchino Express. La prima in coppia con Marcello Cirillo nella coppia dei “mattutini”, la seconda con Tommaso Zorzi nella coppia dei “ridanciani”. Dunque, inverosimile. Tra gli altri nomi, compare anche Aida Nizar, ma difficile che le venga data una seconda possibilità così a stretto giro. Più possibilità per Emanuela Tittocchia, Lory Del Santo, Claudio Sona e Karina Cascella, ma sono i soliti nomi che ogni anno vengono accostati al reality….

 

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Fumata nera per il secondo incontro tra Papa Francesco e il Patriarca ortodosso russo Kirill. Non sarà Bari il luogo del nuovo abbraccio tra i due leader religiosi dopo lo storico faccia a faccia avvenuto a Cuba nel 2016. Ad annunciarlo ufficialmente, il giorno dopo aver incontrato Bergoglio in Vaticano, è stato il metropolita Hilarion, capo del dipartimento per le relazioni esterne del Patriarcato di Mosca, che ha assicurato la sua presenza nel capoluogo pugliese in rappresentanza di Kirill, il 7 luglio prossimo, per la giornata di riflessione e preghiera indetta dal Papa sulla situazione drammatica del Medio Oriente.

Non è bastato il lavoro di mediazione di questi ultimi mesi tra il Vaticano e il Patriarcato ortodosso russo a convincere Kirill a compiere un ulteriore gesto importante di riconciliazione incontrando il Papa a Bari. Due i fattori che hanno pesato maggiormente nella decisione. Da un lato il luogo dell’incontro, ovvero l’Italia, vista dal Patriarca non come un Paese neutrale, a differenza di Cuba. E poi la presenza nel capoluogo pugliese del Patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I, con il quale non scorre buon sangue. Nel 2016 Kirill decise, infatti, di disertare il Concilio ortodosso che si svolse a Creta proprio sotto la presidenza di Bartolomeo.

Già alla vigilia dell’incontro in Vaticano tra Bergoglio e Hilarion si era iniziato a comprendere che il Patriarca ortodosso russo non sarebbe venuto in Italia. “L’incontro di Papa Francesco e del Patriarca Kirill a L’Avana – ha spiegato Hilarion al Sir – ha aperto una nuova pagina nelle nostre relazioni. Sono state prese in quella occasione molte decisioni che stiamo ancora cercando di implementare. Quindi stiamo lavorando sulle conseguenze di quell’incontro e sulle implementazioni di ciò che il Papa e il Patriarca hanno deciso”. A Roma Hilarion, accompagnato da una delegazione del Patriarcato di Mosca, è stato ospite della Conferenza episcopale italiana presieduta dal cardinale Gualtiero Bassetti.

Il “ministro degli Esteri” di Kirill ha espresso totale convergenza sui numerosi appelli di Francesco. “Siamo molto preoccupati – ha affermato il metropolita – della situazione in Medio Oriente e dell’esodo massiccio dei cristiani da quella regione. È un genocidio perpetrato dagli estremisti islamici. Una situazione che denunciamo in tutte le sedi e ogni volta che possiamo, anche per incoraggiare a fare insieme qualcosa per aiutare i cristiani perseguitati. Abbiamo promosso alcune iniziative in questo senso, ma non sono così tante quanto sarebbero necessarie veramente. Avvertiamo un senso di urgenza, perché se i cristiani fuggono e non si creano le condizioni perché possano un giorno ritornare, in quelle terre non torneranno mai più”.

Sulla giornata di preghiera per la pace in Medio Oriente che si terrà a Bari, Hilarion ha sottolineato “che si tratta un’iniziativa molto importante. Molte ne sono state organizzate in questa direzione. Credo che come Chiese dobbiamo esprimere la nostra solidarietà ai cristiani perseguitati in Medio Oriente”. Il rappresentate del Patriarcato ortodosso russo ha espresso anche grande riconoscenza per il pellegrinaggio delle reliquie di San Nicola da Bari a Mosca e San Pietroburgo che si è svolto lo scorso anno. “Più di 2 milioni di persone – ha sottolineato Hilarion – sono arrivate per venerarle. È stato l’evento più importante nelle relazioni tra la Chiesa ortodossa russa e la Chiesa cattolica romana”. E incontrando il Papa, il metropolita ha evidenziato che “nel mondo, che sta attraversando un periodo di drammatiche divisioni, non si può sottovalutare il ruolo pacificatore e umanitario delle Chiese”.

Twitter: @FrancescoGrana

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Caso Uva, assolti in appello i carabinieri e gli agenti di polizia

Resta senza colpevoli la morte dell'operaio deceduto 10 anni fa dopo una notte in caserma. I giudici confermano la sentenza di primo grado. L'accusa chiedeva 13 anni per i militari e 10 e mezzo per i poliziotti. La nipote: "Dieci anni che infangano il nome dello zio"



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I cinque parlamentari del Pnv, il partito dei nazionalisti baschi, voteranno sì alla sfiducia contro il premier spagnolo Mariano Rajoy. E grazie alla loro partecipazione, decisiva per il successo della mozione voluta dal Psoe di Pedro Sanchez, il leader del Pp potrebbe essere costretto alle dimissioni. In quel caso, la Spagna sarebbe chiamata a nuove elezioni per la terza volta nel giro di quasi tre anni.

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L’ultimatum di Donald Trump alla Ue sta per scadere. L’1 giugno, come confermato dal segretario al commercio Usa Wilbur Ross, entreranno in vigore i dazi Usa sulle importazioni di acciaio ed alluminio europee. Se l’esenzione concessa due mesi fa e poi prorogata non verrà ancora una volta rinnovata, le economie del Vecchio continente ne risentiranno in modo pesante. Non a caso dai maggiori Paesi si moltiplicano le minacce di risposte durissime. “L’Unione europea risponderà in modo deciso e unito”, ha affermato la cancelliera tedesca Angela Merkel, in visita a Lisbona, perché quelle misure “non rispettano le regole dell’Organizzazione mondiale del commercio” come già fatto notare a Washington. Merkel non ha voluto fornire altri dettagli sulla risposta europea, spiegando di voler prima attendere le mosse dell’amministrazione Trump.

Intanto la commissaria Ue al commercio Cecilia Malmstroem e il ministro dell’economia del Giappone Hiroshige Seko hanno diffuso una nota congiunta paventando “gravi turbolenze sul mercato globale” e “la fine del sistema commerciale multilaterale basato sulle regole del Wto”. I dazi sulle auto, infatti, “avrebbero un impatto restrittivo maggiore che colpirebbe una parte molto sostanziale del commercio globale”. Sia Malmstroem che Seko, conclude la dichiarazione congiunta, hanno quindi “confermato la loro intenzione di cooperare strettamente nel discutere di queste preoccupazioni con gli Stati Uniti e di fare appello ad altri Paesi che la pensano allo stesso modo di unirsi ai loro sforzi”.

Il portavoce della Commissione europea Margaritis Schinas, nel corso di una conferenza stampa a Bruxelles, ha anticipato solo che la Ue è “pronta a far fronte a qualsiasi tipo di scenario e a difendere gli interessi dell’Unione europea e il diritto commerciale internazionale”. “La Commissione si è impegnata in un dialogo di alto livello politico con gli Usa” e “ci sono stati ancora ieri e oggi bilaterali a Parigi”, ha ricordato il portavoce, spiegando di “non speculiamo sulla decisione finale degli Stati Uniti, che spetta a loro prendere”.

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C’è chi scommette sulle cose più stravaganti (Michelle Hunziker), chi sui significati più reconditi dell’universo familiare (Massimo Recalcati), chi sulle trattorie da autostrada (Chef Rubio), chi sulle serie tv dal taglio internazionale (Niccolò Ammaniti), chi sull’agenda frastagliata della politica (Enrico Mentana) e chi sull’irresistibile siero delle vanità (Barbara D’Urso). Le nostre TelePagelle di Maggio!

Lessico Famigliare (RaiTre)

RM: Massimo Recalcati nel suo viaggio a cavallo di parole, immagini, ragionamenti. In primo piano la famiglia, nella sua accezione meno retorica – Voto 7
DV: All’inizio fu forte repulsione per questa tv fatta da tantissime parole, poi solo grande attrazione guardando ed ascoltando questo programma che ti lascia a bocca aperta – Voto 10 e lode

Vuoi scommettere? (Canale5)

RM: Le Hunzikers non mancano di simpatia ma il programma è roba trita e ritrita. Il tema è sempre lo stesso: il web; youtube etc è già stracolmo di scommesse spettacolari e stramberie varie. La tv deve puntare ad altro – Voto 5
DV: Era meglio l’originale, coniugato alla prima persona plurale e seguito da “che”. Ti ricordi chi lo ha condotto? Io sì – Voto s.v.

Camionisti in trattoria (DMax)

RM: Più che una trasmissione è una guida gastronomica per camionisti (che ringrazieranno). La parte della sfida è inesistente e scialba. Rubio è meno chef e più bisunto – Voto 5
DV: La teoria di partenza è vera: se ci sono i camion parcheggiati mangi bene. E Rubio è il migliore chef sulla piazza televisiva. Sarà anche bisunto, ma almeno non è solo chef! – Voto 6,5

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Arkady Babchenko, giornalista e scrittore ucraino, è vivo. I colleghi della tv ATR, che come tutti lo credevano morto, lo vedono apparire in televisione per la prima volta. La giornalista Kateryna Lisunova ha pubblicato su Facebook il video della reazione dei suoi colleghi quando hanno visto Babchenko a Kiev, alla conferenza stampa con il capo dei servizi segreti ucraini per spiegare la vicenda: una messa in scena per smascherare agenti russi che, in qualche modo, seguivano il giornalista. Babchenko, in passato, si era dimostrato critico nei confronti di Vladimir Putin e della sua politica estera.

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Mentre a Roma si riaprono le trattative per la nascita del governo giallo-verde, a Milano c’è chi si dà a “lavori di manutenzione”. Nella sede nazionale della Lega, in via Bellerio, sono state cancellate le scritte che campeggiavano sul muro di cinta posteriore, quello che affaccia su viale Enrico Fermi. “Lega Nord Padania – Basta euro“, si leggeva da diversi anni. Ora il muro appare totalmente bianco, senza più alcun riferimento al partito guidato da Matteo Salvini (e allo slogan contro la moneta unica).

Dal quartier generale del Carroccio fanno sapere – riporta il Corriere della Sera – che i muri che circondano la sede sono in manutenzione e che le scritte saranno presto ripristinate. Ma è proprio nelle stesse ore che a Roma Salvini e Di Maio hanno riaperto il dialogo per dare vita a un governo politico, dopo il fallimento di Giuseppe Conte e l’assegnazione dell’incarico al tecnico Carlo Cottarelli. Una crisi scoppiata proprio sulla miccia delle posizioni “no euro”. E se sul nome di Savona si tratta a oltranza – per consentire a M5s e Lega di partire e scongiurare il rischio di elezioni in estate – per lo slogan “Basta euro” a lungo gridato da Salvini nelle piazze è bastata una pennellata di vernice bianca.

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Il Real Madrid vincitore delle ultime tre Champions League non ha più il suo allenatore. In una conferenza stampa convocata a sorpresa Zinedine Zidane ha annunciato l’addio: “La squadra ha bisogno di un cambio”, ha spiegato. In meno di una settimana il ciclo dei Blancos sembra essere andato in fumo: aveva cominciato Cristiano Ronaldo, manifestando i suoi mal di pancia subito dopo la finale europea vinta contro il Liverpool, a cui erano seguiti quelli dell’uomo-partita Gareth Bale: “Voglio giocare di più”.

Zidane non ha fatto come loro, o come José Mourinho, fuggiasco dopo la conquista del Triplete in nerazzurro. Ha aspettato cinque giorni e poi ha deciso: “Semplicemente si è chiuso un capitolo”. Il Real come lo abbiamo conosciuto negli ultimi anni non esisterà più: la caccia ai suoi gioielli e ai suoi trofei è aperta.“La mia scelta è frutto di un logorio inevitabile, naturale, e preferisco chiudere in bellezza”, ha spiegato Zidane. Forse sono state proprie le dichiarazioni dei suoi due assi a dare la spinta decisiva al tecnico francese, facendogli capire che dopo tanti successi le motivazioni non sarebbero state più le stesse. Pure Karim Benzema, uno che fuori da Madrid è difficile pensare possa trovare qualcosa di meglio, sembra pronto a fare le valigie. Allora meglio chiudere un ciclo quando è ancora vincente, tutto giusto. Ma il Real Madrid, a cominciare da Carlo Ancelotti e dalla decima Champions vinta a Lisbona nel 2014, era diventato ormai una macchina da finali senza rivali all’orizzonte e destinata a trionfare ancora. L’addio di Zidane invece rimescola tutte le carte.

I meriti del tecnico francese sono stati infatti spesso sottovalutati. Assurdo, per uno che ha trascorso sulla panchina delle merengues 878 giorni vincendo 9 titoli, l’ultimo appena sabato scorso con il terzo trionfo di fila in Europa. Significa che tra Champions, Liga, Supercoppe e Mondiali per club, il francese ha alzato al cielo un trofeo ogni 100 giorni. Zidane è arrivato da esordiente, senza nessuna esperienza precedente, e per questo è stato trattato con molto scetticismo. La stampa spagnola lo ha etichettato come un grande motivatore e ne ha invece talvolta sottolineato i limiti tattici. Le gestioni delle ultime due finali ci raccontano invece che, almeno a partita in corso, ha saputo guidare al meglio il suo Real anche per quel che riguarda moduli e sostituzioni. Lo ricorda la Juventus, lo ha capito Jurgen Klopp che pensava questa volta di aver apparecchiato tutto alla perfezione per il grande exploit.

Non si vince mai per caso, specialmente se lo si fa per tre anni di seguito. Come già accaduto nelle due edizioni precedenti, anche nel cammino europeo 2017-18 i Blancos hanno beneficiato di episodi risultati in fin dei conti decisivi. Basta prendere a riferimento la finale e pensare alle papere di Karius e alla rovesciata di Bale. È successo molto spesso, appunto, e Zidane si è guadagnato così anche la virtù dell’allenatore fortunato. Ma se il Real può sfruttare a suo vantaggio le prodezze dei suoi campioni è perché per tutto il resto della partita ha il totale controllo mentale del gioco. Il tecnico francese non brillerà per idee di gioco, ma ha la capacità di mantenere sempre un equilibrio, sapendo che a spostarlo a suo favore ci penserà poi qualche giocata.

Farlo non è semplice: bisogna saper convincere calciatori che sono considerati e si considerano fortissimi a lavorare per la squadra, a eseguire compiti di marcatura in fase di non possesso e a essere disciplinati quando la costruzione del gioco parte dal basso. Zidane ci è riuscito: rivedere la partita di Casemiro e Benzema contro il Liverpool per credere. In finale gli inglesi hanno giocato la metà dei passaggi del Real, sbagliandone il 9% in più rispetto a una loro normale partita in Premier League. Sul campo il Real ha avuto il controllo, al di là degli episodi.

Eccoli quindi i meriti di Zidane, ascrivibili a piacimento personale tra la capacità di motivare o di guidare tatticamente i propri campioni. Di sicuro il francese con loro, le sue stelle, ha saputo dialogare. Forte di un passato da Galactico per eccellenza e della stima incondizionata del presidente Florentino Perez, si è seduto in panchina dopo il fallimento di Rafa Benitez ed è ripartito da dove aveva lasciato Ancelotti. Non a caso l’unica sua esperienza in panchina era stata proprio da vice del nuovo allenatore del Napoli, prima di una parentesi nella squadra B del Real. Quindi nessun mantra di gioco alla Pep Guardiola o alla Klopp, semplicità ed evidentemente un grande carisma e rispetto conquistati all’interno dello spogliatoio.

Se Zidane sarà in grado di replicare la ricetta vincente messa in mostra a Madrid, dove però godeva delle condizioni ideali, lo scopriremo solo quando il francese siederà su un’altra panchina. Potrebbe non accadere presto ma prima o poi accadrà, come ha ammesso lui stesso: “Non sono stanco di allenare e non sto cercando un’altra squadra”. Una cosa invece è sicura: chi lo dovrà sostituire avrà un compito veramente difficile. La personalità di Zidane ha permesso di tenere compatto per tre anni un gruppo di giocatori insostituibili: da Sergio Ramos a Marcelo, da Modric a Isco, oltre al trio di attaccanti rinominato BBC. Per questo le parole di CR7 e Bale potrebbero avergli fatto capire che il suo tipo di lavoro era finito, che non avrebbe più retto nel tempo. “Serve un’altra metodologia di lavoro e per questo ho preso questa decisione”, ha detto infatti Zidane in conferenza stampa.

Serve un allenatore con carisma per non perdere la colonna vertebrale della squadra e quel cinismo che ha portato ai successi europei. Il primo nome che già circola è non a caso quello di Antonio Conte. L’effetto domino, chissà, potrebbe portare proprio Zidane al Chelsea e l’ex Juve a Madrid. Come detto, il rischio per chi verrà è che l’addio del francese possa dare il via a una diaspora di giocatori. Già si parla dello scambio con il Psg tra Cristiano Ronaldo e Neymar, ma con la valigia pronta ci sono anche Bale e Benzema, magari pure Modric. Il Real avrà la disponibilità economica per tornare prepotentemente sul mercato, certo. Per chi siederà sulla panchina madrilena il rischio però è ritrovarsi tante stelle senza una squadra. E ce ne sono molte altre in tutta Europa che aspettano solo qualche scricchiolio per tornare a prendersi quella Champions League che sembrava diventata patrimonio esclusivo del Real Madrid.

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“Quello che è chiaro è che la democrazia deve avere l’ultima parola, non devono esserci piani qui o là che contraddicano la democrazia. Sono gli italiani che decideranno del loro destino e naturalmente noi rispettiamo tutti il posto dell’Italia come fondatore dell’Europa e come Paese al cuore della zona euro”. L’ultima parola sul “caso Italia” che negli ultimi giorni ha agitato mercati e cancellerie è del commissario europeo agli Affari economici Pierre Moscovici. Che non solo sconfessa la famigerata frase di Gunther Oettinger sui mercati che ci “insegneranno come votare“, ma soprattutto si affretta a smentire le affermazioni dell’economista tedesco Daniel Gros. Mercoledì il direttore del think tank di Bruxelles Ceps ha detto all’AdnKronos che la Germania sta già preparando un “piano B” per “isolare e proteggere dal contagio” i Paesi più esposti nel caso l’Italia uscisse dall’euro.

“Il procedimento democratico”, ha aggiunto Moscovici, “è tuttora in corso in Italia e vedremo quando e in che cosa risulterà. Sarebbe inammissibile speculare e ancora di più interferire. Vorrei ricordare qualche dato economico per tirare il collo a queste voci, che io ritengo infondate e inopportune. L’economia italiana emerge da un lungo periodo di crisi: c’è la crescita, prevediamo un calo della disoccupazione quest’anno e il prossimo. Il debito pubblico è su una traiettoria discendente, anche se in misura modesta: questi sono dei miglioramenti veri, che riflettono gli sforzi che sono stati dispiegati dai cittadini e dalle imprese italiane nel corso degli ultimi anni. Bisogna concentrarsi su questi fatti, piuttosto che speculare”. Sullo sfondo restano “le sfide che l’Italia ha di fronte”, che “sono ben note: ridurre il debito pubblico, stimolare la produttività per migliorare la competitività, dare speranze ai giovani e in particolare rimarcare una solidarietà con il Sud del Paese. Ci sono delle frustrazioni, e bisogna comprenderle; c’è della collera, bisogna ascoltarla”.

“Siamo pronti come Commissione europea”, ha poi ribadito, “a lavorare con i nuovi interlocutori quando entreranno in carica: è la nostra intenzione, come con tutti i governi dell’Ue”. Questo perché “è evidente che quello che succede in Italia ha un’importanza capitale per l’Ue, per l’Eurozona, per gli investitori, per il mondo intero: Valdis (Dombrovskis, vicepresidente della Commissione, ndr) andrà al G7 e l’Italia ne è un membro importante. In questo contesto speculare è più che assurdo: è inammissibile. Non c’è alcun dubbio sul fatto che l’Italia è un grande atout per la zona euro. Dunque – conclude – è la democrazia che deve prevalere, e solo lei. E’ la nostra legge comune”. Dombrovskis ha confermato che Bruxelles “rispetta” i tempi di formazione del governo: “In questa fase non ci impegniamo in alcuna speculazione o in discussioni su ‘che cosa succederebbe se…’ Quello che esamineremo sono le proposte del nuovo governo, che dovranno essere presentate nella forma del programma di stabilità e, potenzialmente, di documento programmatico di bilancio per il 2019”.

Dalla Germania però le speculazioni verbali non si fermano, tutt’altro. L’eurodeputato del partito cristiano sociale bavarese Csu, Markus Ferber, ha affermato che “il peggiore scenario possibile sarebbe che l’Italia non fosse più in grado di pagare perché nessuno gli dà più credito, allora in quel caso la Troika dovrebbe invadere Roma e prendere in mano il bilancio e il ministero delle Finanze. Nel caso dell’Italia – ha proseguito Ferber – si parla di duemila miliardi di debiti, il che farebbe saltare in aria le nostre possibilità in Europa”.

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“Freespace” è il titolo della 16ª Esposizione Internazionale di Architettura, curata dalla coppia di architette irlandesi, Yvonne Farrell e Shelley McNamara, quest’ultima già Leone d’Argento alla Biennale del 2012 e insignita del World Building of the Year nel 2008 per il progetto del Nuovo Campus dell’Università Luigi Bocconi a Milano.

In continuità con l’edizione precedente, curata da Alejandro Aravena (“Reporting from the front”) – che invitava a monitorare e indagare il rapporto tra architettura e società civile, riportando l’attenzione sul progetto e sul ruolo sociale dell’architetto – anche questa edizione ha un focus puntato sul “desiderio di architettura” al servizio della collettività; una scelta che lascia sperare, se non in una svolta, in un percorso che va (finalmente) nella direzione della fine di quella che il critico statunitense Rosalind Krauss definisce “l’estetica del nome proprio”, in cui il ruolo centrale e dominante dell’artista (o dell’architetto, “archistar” in questo caso) prevale sulla drammaturgia delle forme.

“Freespace” rappresenta la generosità di spirito e il senso di umanità che l’architettura pone al centro della propria agenda, concentrando l’attenzione sulla qualità stessa dello spazio – affermano le curatrici nel loro Manifesto – pone la questione dello spazio libero e gratuito, che può essere generato quando il progetto è ispirato da generosità. Generosità che l’attrezzatura culturale e istituzionale di una comunità deve saper riconoscere, sollecitare, promuovere; il free space è segno di più alta civiltà dell’abitare, espressione di volontà e accoglienza.

Con queste premesse “alte”, centrate sull’interesse pubblico dell’architettura nel promuovere il riconoscimento del proprio valore sociale per migliorare la qualità della vita delle persone, disorienta il Leone d’oro assegnato al padiglione svizzero, che spariglia le carte (ma soprattutto il Manifesto) delle curatrici. L’installazione elvetica “Svizzera 240 House Tour”, infatti, premiata con la seguente motivazione “per una installazione architettonica piacevole e coinvolgente, ma che nel contempo affronta le questioni chiave della scala costruttiva nello spazio domestico” è puro intrattenimento: un giochino sul salto di scala, argomento che affronta uno studente di Architettura il primo giorno di lezione nel primo anno di università.

Invece, i padiglioni che hanno interpretato il tema “Freespace” con esiti di sicuro interesse, sono –  tra gli altri – quello della Corea (“Sprectres of the State avant-garde”), che fa conoscere al grande pubblico della Biennale la complessa relazione tra Architettura e Stato; collocando alla fine degli anni 60 l’origine dell’identità urbanistica di Seoul tra visione politica e avanguardia. Segue il padiglione Cile con “Stadium”, che offre l’immagine  potente e evocativa dello Stadio: spazio e teatro di tre eventi storici che hanno segnato il Paese. Il Padiglione Italia (“Arcipelago Italia”) riscatta le ultime tre edizioni sottotono, con un tema di ricerca attraverso cinque progetti prototipo di quei territori lontani dall’immaginario delle metropoli che pongono l’Italia in discontinuità rispetto all’armatura urbana europea.

Infine, il Padiglione britannico – Island – porta in esposizione il vuoto generato dalla Brexit, anticipando di un anno l’uscita dall’Europa: smantellando il padiglione e realizzando sul tetto un’“isola” quadrata. Menzione speciale alla Partecipazione Nazionale. Questa sì, meritata.

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La Corte d’assise d’appello di Milano ha assolto i due carabinieri e i sei poliziotti imputati per la morte di Giuseppe Uva, avvenuta poco più di dieci anni fa, a Varese. I giudici hanno in sostanza confermato il verdetto di primo grado. Le accuse erano di omicidio preterintenzionale e sequestro di persona. Il sostituto procuratore generale Massimo Gaballo aveva chiesto di condannare a 13 anni i due militari e a 10 anni e mezzo i sei agenti.

Dieci anni che infangano il nome dello zio“, ha urlato in aula la nipote di Giuseppe Uva, Angela, subito dopo la lettura del dispositivo. Dopo il verdetto, nell’aula della Corte d’assise d’appello di Milano ci sono stati momenti di forte tensione.

Uva fu fermato nel giugno 2008 da due militari mentre stava spostando delle transenne dal centro di Varese. Fu poi portato in caserma e infine trasportato con trattamento sanitario obbligatorio all’ospedale di Circolo di Varese, dove morì la mattina successiva per arresto cardiaco. Secondo l’accusa la morte dell’operaio fu una conseguenza, insieme ad altre cause, tra cui una sua pregressa patologia cardiaca, delle “condotte illecite” degli imputati. Condotte scaturite dalla decisione dei due carabinieri di “dare una lezione” al 43enne, che si sarebbe vantato di una presunta relazione sentimentale con la moglie di uno dei due. Diversa la tesi dei difensori degli imputati, che hanno sostenuto che non vi fu quella sera “nessuna macelleria, nessuna azione di violenza” e che l’accusa “è stata gonfiata” per effetto “di un aspetto mediatico e televisivo che ha spettacolarizzato la vicenda”.

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Imola, insulti omofobi a un insegnante: tutta la classe sospesa

Gli studenti sarebbero stati reticenti nell'identificare i responsabili. A denunciare l’accaduto un amico del professore, che parla di frasi offensive e scritte volgari alla lavagna



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Quattro studenti di un istituto professionale di Imola hanno scritto sulla lavagna degli insulti omofobi e dei disegni contro un insegnante. Tutto davanti agli altri compagni, che non hanno fatto niente per fermarli e, anzi, non hanno aiutato la dirigente della scuola a individuarli. Per questo, l’intera classe è stata sospesa per tre giorni con obbligo di frequenza per “omertà“. I quattro responsabili, invece, hanno ricevuto sospensioni tra i 7 e i 14 giorni e dovranno fare lavori socialmente utili. Lo ha dichiarato all’Ansa la preside Vanna Monducci, che spiega: “È stato un fatto increscioso per cui i ragazzi sono stati puniti, penso che abbiano capito il messaggio. Non so se con l’insegnante si sono scusati tutti, ma di certo i genitori hanno capito”. Monducci chiede anche di evitare “strumentalizzazioni“, dato che la città in provincia di Bologna è in campagna elettorale per le amministrative. “La cosa migliore sarebbe il silenzio”, ha concluso.

La notizia è stata riportata nella giornata del 30 maggio dal sito Gaynews.it, che ha pubblicato una lettera di un amico dell’insegnante, vittima anche lui degli insulti. “È tutto l’anno che si ripetono questi episodi. Eppure, la dirigente non si è mai fatta viva nonostante le numerose segnalazioni“, si legge nella lettera. “Perché cancellare le note, prova dei ripetuti insulti a un pubblico ufficiale qual è l’insegnante? Per non parlare di alcuni colleghi del mio amico che prima hanno sottoscritto lettere di solidarietà e poi non hanno esitato a criticarlo alla spalle per paura di andare contro la preside”. Secondo l’autore della lettera, “la dirigente scolastica non ha fatto neppure una telefonata al mio amico per esprimergli solidarietà né si è presentata ai collegi straordinari dei docenti per l’adozione di provvedimenti disciplinari nei confronti dei quattro alunni”, si legge. “Scrivo questo un po’ come sfogo ma anche per rendere nota questa storia che mette in luce il livello palesemente omofobico della società e della scuola imolese”.

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Arriva per tutti, prima o poi, il momento in cui davanti allo specchio si fanno i conti con se stessi, si fa un profondo respiro e si prende la sofferta, temuta ma non più rimandabile decisione. Per Fredie Blom quel momento è arrivato oggi, all’alba dei 114 anni: «Smetto di fumare».

Fredie Blom è nato l’8 maggio del 1904 ad Adelaide, nella provincia del Capo Orientale in Sud Africa, non sa leggere né scrivere perché non ha frequentato le scuole e ha lavorato all’aria aperta come bracciante agricolo fino ad 80 anni, quando ha deciso di andare in pensione. È felicemente sposato con Janetta, una donna di 30 anni più giovane conosciuta durante una serata di festa e insieme hanno festeggiato le nozze d’oro dopo 18250 giorni l’uno accanto all’altra. Oggi Fredie Blom vive a Delft, una cittadina fuori Città del Capo in Sud Africa e gode ancora di tantissimi amici. Una di queste è la salute. Non ha particolari acciacchi, mangia carne ad ogni pasto e anche molte verdure, si lava e si veste da solo, soltanto l’udito, qualche volta, gli gioca dei brutti scherzi, ma lui la prende sul ridere. Un altro grande amico è il tabacco. È probabilmente il fumatore più longevo della storia. Ma non di sigarette, perché Fredie usa solo il suo tabacco, arrotolato in fogli di giornale della lunghezza di una cartina, che chiama “pills”, pillole.

La vita di Fredie Blom è volata per oltre un secolo, ha attraversato due guerre, il dominio delle minoranze bianche in Sud Africa e infinite rivoluzioni (tecnologiche e non) che di volta in volta sono state soppiantate da altre rivoluzioni (tecnologiche e non). Dopo 114 anni, però, per Fredie è arrivato il momento dire addio a quel caro amico. Il longevo sudafricano ha dichiarato di aver smesso di bere ormai da tanti anni ma di continuare a fumare. «A volte mi dico che mi fermerò – ha raccontato – ma sono solo io che sto mentendo a me stesso. Il mio petto mi insegue per avere un soffio, e sono quindi costretto a fare una “pillola”. Do la colpa al diavolo». E se il diavolo è tentatore, Dio è il benefattore che, finora, gli ha concesso più o meno 998687 ore sulla Terra: «C’è solo una cosa, è l’uomo sopra, ovvero Dio. Ha tutto il potere. Non ho nulla, posso cadere in qualsiasi momento ma Lui mi tiene». Seduti uno davanti all’altro, chissà cosa gli avrebbe detto David Goddalm, il botanico australiano che dopo 104 anni e una salute tutto sommato buona, ha deciso di accedere ad un programma in Svizzera per il suicidio assistito, dispiaciuto per “aver raggiunto quest’età”. Fredie Blom invece è felice. È riuscito ad ingannare il tempo e a burlare la morte. Ora ha spento il suo ultimo mozzicone ed è pronto a continuare il gioco.

Intanto il Guinness dei Primati lo sta valutando. Ha ascoltato le parole Fredie, che si è dichiarato l’uomo più vecchio del mondo, e ha avviato i controlli con esperti genealogisti per decretarlo ufficialmente “il più anziano” sulla faccia della Terra. Fredie aspetta. Come sempre seduto qua e là sotto cieli azzurri e notti stellate, a guardare il mondo che si sveglia e si addormenta. Da oggi però senza sigaretta in bocca.

 

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Se si andasse alle elezioni oggi, il centrodestra potrebbe avere la maggioranza assoluta alla Camera. Ma se decidesse di fare un listone unico (improbabile per come sono oggi i rapporti tra i tre partiti), il M5s schizzerebbe oltre il 40 per cento. E’ la sintesi dei sondaggi di Euromedia Research e Istituto Piepoli per Porta a Porta. Una rilevazione che conferma le tendenze registrate da altri istituti, in particolare per la Lega, e smentisce – almeno in questo caso – un calo brusco dei Cinquestelle, come invece segnalato altrove. Il trend, confermato dai direttori dei due istituti Alessandra Ghisleri e Nicola Piepoli, è quello di una polarizzazione del voto verso i due schieramenti principali, centrodestra e M5s, con un conseguente schiacciamento del centrosinistra.

La Lega impenna
Nel dettaglio la Lega conferma l’impennata rispetto al 4 marzo, con un aumento di oltre 6 punti. Forza Italia cala di parecchio per Euromedia, di poco per Piepoli, mentre è confermato il primo scivolamento dei Fratelli d’Italia dopo un lungo periodo di stabilità. Tutto insieme il centrodestra oscillerebbe oggi tra il 40,4 e il 41,5 per cento. Una percentuale che secondo la Ghisleri avvicinerebbe molto la coalizione alla maggioranza in Parlamento. Per la direttrice di Euromedia la quota “di sicurezza” per avere i seggi sufficienti sia alla Camera che al Senato è fissata al 43 per cento.

Il M5s regge
Il Movimento Cinque Stelle resta il primo partito, ma qui i due istituti demoscopici si dividono: per Euromedia è in salita al 33,7 con un sensibile aumento dell’1 per cento, mentre Piepoli segnala un calo rispetto al 4 marzo, così come molti altri istituti in questi giorni.

La crisi in fondo a sinistra
Resta, infine, la crisi nera di tutto il centrosinistra, dal Pd a Liberi e Uguali. Per Euromedia i democratici non frenano la caduta, che anzi diventa tonfo di quasi 2 punti percentuali. Anche qui in contraddizione con Piepoli che dà il Pd più o meno stabile con un lieve respiro di sollievo. Segno meno, invece, per tutti gli alleati: Bonino, Verdi, socialisti, centristi e via dicendo. Il centrosinistra tutto insieme non andrebbe oltre una forbice tra il 20 e il 22,5 per cento che sarebbe migliorata di poco dall’eventuale contributo di Liberi e Uguali, in depressione, stimati addirittura tra l’1,5 e il 2.

Se il centrodestra facesse il listone unico
I due istituti di sondaggio, per Porta a Porta, ha elaborato anche due scenari diversi. Il primo prevede che il centrodestra si presenti con un listone unico che comprenda un simbolo solo per Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia. Per come si sta sviluppando il dibattito politico delle ultime settimane (ma anche di quello precedente alle elezioni politiche) sembra quasi impossibile. In ogni caso, in un quadro del genere, il centrodestra ne uscirebbe svantaggiato non di poco perché non supererebbe il 37,6 (Euromedia) o addirittura il 35 (Piepoli), contro il 40-42 stimato con i tre partiti in corsa autonoma. Questo scenario provocherebbe, peraltro, una polarizzazione del voto che spingerebbe gli “anti-destra” a scegliere il M5s: così il Movimento potrebbe sfondare quota 40, fino al 43 (Euromedia). Con lo stritolamento conseguente del Pd, impalato tra il 15 e il 20. E’ la riprova, spiega la Ghisleri, di un effetto trascinamento soprattutto dai partiti più piccoli della sinistra verso il M5s per contrastare il centrodestra.

Alleanza elettorale M5s-Lega
Euromedia e Piepoli, infine, hanno chiesto agli intervistati se siano favorevoli o contrari ad un’alleanza elettorale tra Lega e M5s, che vada oltre il patto di governo. In questo caso il campione è spaccato in tre, forse anche perché dentro ci sono gli elettori che non hanno mai scelto i due movimenti alle elezioni.

No euro? Sì euro
L’ultimo quesito, infine, sgombra il campo del dibattito di questi giorni sulla permanenza o meno dell’Italia nell’eurozona. La grande maggioranza degli intervistati sostiene il mantenimento della valuta unica: il sì è al 60 per cento per Euromedia, per il 72 per Piepoli.

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Bebe Vio e Penelope Cruz madrine alla 27esima edizione della Partita del cuore, che si è giocata ieri sera allo Stadio Luigi Ferraris di Genova e che è stata l’occasione per un bellissimo ricordo di Fabrizio Frizzi, grazie a una gigantografia che ha ricordato il conduttore scomparso. Tra i tanti in campo, Francesco Totti e Antonio Cassano di nuovo insieme per una sera, Javier Zanetti, Vincent Candela, Bruno Conti, Andrea Bertolacci, Salvatore Ficarra, Marco Bocci, Luca Bizzarri, e ancora altri nomi del mondo dello spettacolo. E proprio la bella attrice spagnola, intervistata da Antonella Clerici, si è resa protagonista di una gaffe involontaria per via della lingua: “Ti piace la cucina italiana?”, le ha chiesto la Clerici. E lei, sorridendo, ha risposto: “Faccio bene la pasta carbonara, una delle cose che posso fare meglio e devo imparare la pasta catso pepe, è a cosa più difficile del mondo”.

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Un recente video di Milena Gabanelli pubblicato dal Corriere.it cerca di affrontare con toni divulgativi alcune tematiche inerenti l’euro e le differenze di rendimento dei titoli di debito dei paesi europei. Purtroppo l’intervento contiene una serie di inesattezze e di approssimazioni molto gravi. In questo post commenterò le più rilevanti, riservandomi di spiegare in un pezzo successivo perché l’ipotesi di assicurazione comune sul debito, presentata come risolutiva dalla giornalista, desta non poche perplessità.

Il video esordisce dicendo che con la moneta unica 100€ di debito a Berlino dovrebbero valere come 100€ di debito a Roma, ma così non è perché la Bce quando presta soldi all’Italia chiede X mentre quando li presta alla Francia mendo di X e alla Germania li regala e “se qualcuno paga X e qualcuno zero” allora ci stiamo facendo concorrenza sleale tra noi.

Questa esposizione contiene almeno tre errori:

– Il primo è formale: 100€ di debito tedesco in termini nominali valgono esattamente quanto 100€ di debito italiano, si tratta appunto di 100€ quello che cambia è il rendimento associato a ciascun titolo e la differenza di rendimento è spiegata dal differente rischio associato ai due emittenti;
– Non è la Bce che effettua una discriminazione arbitraria: il rendimento di un titolo viene determinato da domanda e offerta di chi vuole detenerlo, domanda e offerta sono influenzati dalla rischiosità degli emittenti: la Germania paga di meno perché è percepita come meno rischiosa – la Bce può influenzare in una certa misura i diversi rendimenti, ma non ha il potere di determinarli in maniera arbitraria;
– Il passaggio sulla concorrenza sleale è particolarmente fuorviante: se si può dire che i diversi paesi competono sui mercati finanziari per ottenere fondi, le differenze di rendimento non sono dovute ad alcuna stortura o comportamento sleale, riflettono semplicemente la differente probabilità di default degli emittenti.

Wikipedia riporta una classifica degli Stati sovrani indicando per ciascuno il rating calcolato dalle principali agenzie. Second S&P la Germania ha rating AAA il valore più elevato della classifica, l’Italia ha BBB che è il penultimo valore della classe Investment Grade al di sotto della quale ci sono titoli spazzatura o Junk Bonds.

Pertanto quella che viene presentata come una stortura da risolvere è semplicemente una differenza nei profili di rischio: la mia banca on line in questo momento mi applica un tasso del 5,41% se prendo un prestito personale e dello 0,99% se chiedo un mutuo (1,85% a tasso fisso) non perché io faccia concorrenza sleale a me stesso, ma perché finanziamenti con profili di rischio diversi sono associati a rendimenti diversi anche nei confronti dello stesso debitori, figuriamoci tra nazioni diverse come Italia e Germania.

Ancora la Gabanelli dice che se una banca italiana ha 100€ di crediti problematici ne deve subito accantonare altrettanti così non ha soldi per le aziende italiane che così saranno svantaggiate rispetto a quelle francesi e tedesche.

Qui ci sono delle vere e proprie falsità:

– Non esiste alcuna regola che imponga accantonamenti al 100% per i crediti deteriorati, ci sono delle linee guida Bce e una proposta di variazione delle regole contabili a cura della commissione Europea (entrambe pubblicate lo scorso marzo) che parlano di accantonamenti graduali fino al 100% in 2 anni per i crediti non garantiti e in 7/8 anni per quelli assisti da garanzia reale;
– In ogni caso i principi contabili e le regole di vigilanza a cui sono soggette le banche italiane sono le medesime di quelle francesi e tedesche laddove la giornalista lascia intendere un trattamento differenziale.

Lasciando il seguito ad un post successivo per motivi di lunghezza, vorrei per il momento riepilogare che:

– La differenza nei tassi di interesse dipende dalla diversa rischiosità e non da storture o ingiustizie nei confronti del nostro paese;
– La cattiva informazione diffonde tra il pubblico convinzioni errate e fuorvianti e contribuisce nell’alimentare ingiustificato risentimento nei confronti delle autorità europee e una percezione distorta della realtà.

@massimofamularo

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Un richiedente asilo che si sposti sul territorio europeo non può essere respinto verso il Paese nel quale ha fatto domanda di protezione internazionale se non con il consenso implicito o esplicito di quest’ultimo. Lo ha stabilito la Corte europea di giustizia, con una sentenza nella quale prende in esame il caso dell’iracheno Adil Hassan.

Dopo aver fatto domanda di protezione internazionale in Germania, Hassan si era spostato in Francia. Lì era stato fermato dalle autorità, che avevano fatto richiesta alla Germania di riprenderlo in carico, disponendo però anche il suo trasferimento verso il territorio tedesco senza attendere una risposta da Berlino. Per Parigi, in base al regolamento di Dublino III, era la Germania lo Stato competente ad esaminare la domanda di protezione internazionale dell’uomo, poiché era lì che aveva presentato la domanda. Lui ha fatto ricorso, sostenendo che la decisione viola il regolamento perché è stata adottata prima che Berlino rispondesse alla richiesta di ripresa in carico delle autorità francesi.

Il Tribunale amministrativo francese di Lille ha dunque chiesto lumi alla Corte di giustizia. Con la sentenza di oggi, la Corte ha stabilito che “dalla genesi e dall’obiettivo del regolamento Dublino III emerge con chiarezza che una decisione di trasferimento può essere adottata e notificata all’interessato solo dopo che lo Stato membro richiesto abbia, implicitamente o esplicitamente, accettato di riprendere in carico tale persona”.

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Biasimi sparsi del filosofo Massimo Cacciari, che, ospite di Otto e Mezzo (La7), ne ha per tutti. Si comincia col Pd e col “fronte repubblicano” annunciato da Matteo Renzi: “E’ un nome ridicolo da guerra civile spagnola. Una roba da ridere. Il Pd invece alle prossime elezioni dovrebbe presentarsi col simbolo di una lista civica, in cui si candidano nomi nuovi che non siano stati travolti dal fallimento del renzismo. Gentiloni e Calenda? Sì, potrebbero anche funzionare”. Cacciari pronuncia una nuova critica al presidente della Repubblica: “Ora c’è Mattarella che accoglie Di Maio, dopo quello che ha combinato. Io al posto di Mattarella non avrei mai più incontrato Di Maio. Ma scherziamo? Paolo Savona? Se manda tutti a quel Paese, si risolve tutto. In realtà, Savona avrebbe dovuto fare così anche quando ha ricevuto la proposta da Salvini e da Di Maio. Ma vi sembra che un uomo serio possa accettare la candidatura all’interno di un governo con quel programma? Sarà mica una roba seria quel contratto di governo M5s-Lega”. Il giornalista Paolo Mieli risponde: “Guardi, Cacciari, che nessuno rifiuta il posto di un ministro, anche se la richiesta viene dal M5s. Peraltro, ho visto che hanno difeso le ragioni di Savona tutto lo stato maggiore della sinistra, da Micromega a Libertà e Giustizia, i grandi costituzionalisti, ex presidenti della Corte Costituzionale, Onida, Carlassare”. Cacciari rifila una nuova stoccata a Salvini e a Di Maio: “Ormai possono fare tutto e il contrario di tutto, perché sono spiriti liberi, dei freigeist. Questi qua possono fare quello che vogliono: fare l’impeachment e poi andare a ossequiare il capo dello Stato, essere per il reddito di cittadinanza e contemporaneamente per la flat tax“. Poi attacca nuovamente Mattarella: “Qui il problema è la figura che fa il presidente della Repubblica. E’ una roba pazzesca, inaudita, mai vista. Ma ci rendiamo conto di cosa stiamo parlando? Stiamo parlando forse del punto più alto a cui è giunta una crisi di sistema in questo Paese. C’è un dissesto tra Parlamento, partiti, istituzioni, Quirinale. Ma scherziamo? E’ un Paese senza più bussola

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Roma, polizia e pompieri liberano un falco imprigionato su un albero

Il rapace era bloccato da più di un giorno su un ramo in via Oderzo. Non riusciva a volare a causa di un laccio che gli bloccava gli artigli. È stato affidato a un volontario indicato dalle guardie zoofile

Parole chiave: roma animali falco


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Una leggenda vivente dello sport in America. Questo era Joe Paterno prima del 4 novembre 2011, il giorno in cui il suo ex assistente Jerry Sandusky viene incriminato per abusi sessuali su minori. Il silenzio dell’allenatore dei Penn State’s Nittany Lions su questo scandalo e le sue ultime settimane di vita sono raccontati nel nuovo film prodotto da Hbo Paterno, in onda giovedì 31 maggio dalle 21.15, in esclusiva per l’Italia su Sky Cinema Uno HD. Diretto da Barry Levinson, Paterno vede nei panni del protagonista il premio Oscar Al Pacino .

 

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Caos a Uomini e Donne. “Ho fatto la stronzata più grande dei miei vent’anni di vita. Ora il senso di colpa mi sta mangiando“, dice Nilufar Addati, una delle troniste dell’ultima edizione del programma. La ragazza, da corteggiatrice dell’ex tronista Mattia Marciano, a novembre scorso era stata promossa a volto di punta e dopo alcuni mesi di trono neanche aveva deciso di uscire dalla trasmissione al fianco di Giordano Mazzocchi.

Tutto molto bello, se non fosse che la tronista ha messo in scena un inganno nei confronti del pubblico e della redazione del programma. Durante la sua esperienza televisiva, infatti, la ragazza era già fidanzata con un’altra persona, tale Stefano Guglielmini, che per un periodo era pure arrivato nello studio del programma per corteggiarla come se nulla fosse. “Era un periodo un po’ strano, io volevo abbandonare, non so neanche io in realtà che cacchio frullava nella testa bacata che mi ritrovo”, ha detto la ragazza, “costretta” a raccontare il tutto perché già smascherata proprio da Stefano, con il quale nel frattempo i rapporti si sono incrinati.

Messa davanti ai fatti, Nilufar non ha potuto tirarsi indietro e ha vuotato il sacco: “Mi domando perché è uscito tutto ora, dopo mesi che non ci sentiamo. Io sono stata molto male per questa cosa e lo sanno in pochi, io in questa situazione mi sento piccola così. Ho 20 anni, ho fatto una stronzata immane, il senso di colpa mi sta mangiando. Più che fare un mea culpa e chiedere perdono, non so realmente cosa fare. Non c’è alcuna giustificazione per questa cosa, ce l’ho a morte con me stessa perché sono stata cretina”, ha provato a giustificarsi prima di scoppiare in lacrime.

La situazione andrà avanti in tribunale: “Ci sono gli avvocati di mezzo, io non posso e non voglio affrontare quella persona perché mi ha fatto troppo male. Non sono nella situazione psicologica per poterlo affrontare: mi sto facendo seguire da uno psicologo. Ci sono cose che non vanno toccate. Per la mia salute, non per altro”. Non è la prima volta che succede una cosa del genere: la mente va subito al primo tronista gay della storia, Claudio Sona, fidanzato con un altro ragazzo durante il periodo del trono. Quando la voglia di “business” prevale sull’amore, ecco il risultato.

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Zinedine Zidane non sarà più l’allenatore del Real Madrid. Dopo tre anni alla guida dei Blancos, con la vittoria di altrettante Champions League, il tecnico francese ha comunicato il suo addio in una conferenza stampa con Florentino Perez.

Ha trascorso alla guida delle merengues 878 giorni vincendo 9 titoli. “È necessario un cambiamento“, ha detto l’ex Pallone d’oro dopo il faccia a faccia con il presidente del Real. “Questa squadra deve continuare a vincere e serve un cambio. Serve un’altra metodologia di lavoro e per questo ho preso questa decisione”, ha aggiunto.

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Catanese, spari verso la casa della maestra sospesa per maltrattamenti

Tre colpi di arma da fuoco sono stati esplosi contro l’abitazione di un’insegnante di una scuola elementare siciliana che nei giorni scorsi aveva ricevuto una sospensione. Fori di proiettile sono stati trovati sulla porta: la donna ha presentato denuncia

Parole chiave: maltrattamenti catania


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Venticinque milioni di euro subito, più altri 30 ogni sei mesi di ritardo nella messa a norma di oltre 100 centri urbani o aree sprovvisti di reti o sistemi di trattamento delle acque reflue. Costano care le acque fognarie all’Italia, per la seconda volta dal 2012. La Corte di giustizia Ue ha imposto una maxi-multa fortettaria facendo notare che a distanza di anni dalla prima sentenza, il numero degli agglomerati non conformi si è ridotto da 109 a 74, ma è comunque grande il ritardo nel seguire le disposizioni dell’Unione Europea, che si applicano dal 31 dicembre 2000. Una multa attesa, secondo diversi studi degli scorsi anni, che davano per “improbabile” l’adeguamento.

Inoltre l’Italia è già stata condannata dalla Corte per la gestione inadeguata delle acque di scarico urbane e ha in corso due procedura di infrazione per lo stesso motivo, una delle quali ha portato a una prima sentenza nel 2014. Per questi motivi i giudici hanno stabilito che il nostro Paese dovrà versare nel bilancio dell’Ue, oltre alla maxi-multa, altri 30 milioni per ogni semestre di ritardo nell’applicazione delle misure necessarie per conformarsi alla sentenza di sei anni fa.

Recentemente, l’Italia ha subito anche tre deferimenti per il mancato abbattimento degli ulivi affetti da Xylella, la ripetuta violazione dei limiti di Pm10 nell’aria e l’assenza di un programma nazionale sulla gestione dei rifiuti radioattivi. Sulla batterio della Xylella, che ha duramente attaccato gli ulivi secolari delle province di LecceBrindisi Taranto, i Commissari Ue erano stati molto chiari: “La lotta al batterio è stata un fallimento. Abbattete gli alberi malati”. Per quanto riguarda lo smog, la decisione della Commissione si riferisce alla ripetuta violazione dei limiti Ue per il particolato Pm10 sul quale il ministro Gian Luca Galletti aveva dato ampie rassicurazioni, venendo smentito dal commissario europeo Karmenu Vella.

Sul fronte dei rifiuti radioattivi, la Commissione ritiene che non sia stata assicurata la piena conformità alla direttiva in materia. Gli stati membri dell’Unione, infatti, erano tenuti a notificare i programmi nazionali di gestione del combustibile nucleare esaurito entro il 23 agosto del 2015. Un modo per garantire ai cittadini la gestione responsabile e sicura dei rifiuti radioattivi. Ma l’Italia non ha mai notificato, né presentato, questo programma.

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