Bisognerà scegliere tra un’infinità di progetti, abbiamo già superato quota 500 in carrozza, per 700 miliardi e più. La scelta sarà certo politica, ma definire alcuni criteri gioverebbe alla trasparenza, anche per evitare che questa scelta sia “troppo politica” (vedi alle voci “soldi agli amici” o “compriamo dei voti”).
Per le infrastrutture di trasporto certo c’è una strada maestra nota come “arbitrio del principe”, cioè si fanno grandi elenchi (noti come “lista della spesa”, o “shopping list” che fa più fino) e non si danno spiegazioni, né prima né dopo. Per primo arrivò gloriosamente Berlusconi, con la famosa lavagna da Vespa delle 19 Grandi Opere. Ma il messaggio era forte e chiaro e fu seguito dal ministro Delrio: 133 miliardi di opere chiamate questa volta “strategiche” (chiamarle grandi opere pareva brutto), senza un numero, neanche previsioni di traffico. Tutto in piena continuità metodologica con Berlusconi.
Poi ci fu la gloriosa parentesi dei 5 Stelle: si valuta tutto con l’analisi costi-benefici. Durò 4 mesi, ai primi NO politicamente sgraditi si tornò precipitosamente all’”arbitrio del principe”. E Giuseppe Conte ha continuato con l’Alta Velocità al Sud e dappertutto, senza noiosi conti. La ministra in carica, per chiarire il concetto e renderlo interpartitico, ha anche aggiunto giubilante: “Altro che analisi costi-benefici!”
Ma questo approccio ha un serio inconveniente: i governi cambiano, e così le scelte. L’Italia è piena di opere non finite, o che sono costate il triplo perché andate avanti a singhiozzo secondo i prìncipi di turno al potere (che non hanno a che vedere con i “princìpi”, ma molto di più con i collegi elettorali, o anche con cose bruttissime delle quali poi si occupa la magistratura). Questo procedere a singhiozzo purtroppo non dispiace ai costruttori, che non chiudono i cantieri e poi, come è giusto, fatturano regolarmente tutto.
Oggi però sembrano prevalere gli obiettivi ambientali, e allora usiamo quelli! Ehm, no, potrebbe venire in mente che la cosa più semplice e redditizia sia portare la benzina a 10€ al litro, o proibire di viaggiare ai questi o a quelli. Ma altro che gilet gialli, ne arriverebbero di tutti i colori. Poi i macchinari di cantiere, e il cemento e il ferro inquinano molto, bisogna far tutto in mattoni e a mano, un bel problema.
Ma perché non far scegliere al popolo senza inutili mediazioni (la democrazia diretta è anche di moda)? Macché, verrebbe fuori l’Alta Velocità Biella-Frosinone, o il ponte per la Sardegna (uno attraverso l’Adriatico e un tunnel Trapani-Tunisi sono stati proposti per davvero).
Un altro obiettivo centrale e drammatico è l’occupazione: macché, torniamo a far tutto a mano come sopra, non funziona, ci vogliono poi anni.
E i vincoli alla spesa pubblica? Secondo molti non è affatto vero che ci pagherà tutto l’Europa, finita la festa del Recovery Fund ci troveremo ancora un fior di debito pubblico da gestirci. Allora facciamo solo i progetti che rendono soldi allo Stato. Macché, si fanno solo strade (per la benzina) e autostrade (benzina + pedaggi), neanche uno straccio di ferrovia, e a molti maligni potrebbe anche venire in mente di chiudere ferrovie deserte che ci costano un patrimonio ogni anno.
Ma basta con queste rozzezze: l’analisi costi-benefici è stata attaccata e distrutta perché troppo semplice, ci sono complicatissimi effetti indotti di cui tener conto, e miracolosi moltiplicatori che per ogni Euro speso ne fanno venir fuori almeno altri tre. Per calcolare il tutto, ci sono fantastici modelli (per esempio quelli noti come CGE, statici, dinamici, ma anche vie di mezzo). Perfetto: tre anni tra raccolta dati, costruzione e calibrazione dei modelli (uno per progetto), e il gioco è fatto.
O forse è meglio la “giustizia territoriale”: perché alcuni devono avere ferrovie veloci e altri no? E gli aeroporti poi? Ma in fondo anche i porti, che sono grandi fattori di sviluppo. Ah già, ma in certi posti non c’è il mare, o ci sono montagne da spianare per fare l’aeroporto, o una linea ferroviaria, anche non a grande velocità, che costa 50 milioni al kilometro porterebbe duecento persone al giorno, che costa meno portarli a gratis in elicottero.
Forse si stava meglio quando si stava peggio, anche perché la famigerata analisi costi-benefici continua pervicacemente ad essere la più usata al mondo, quando si vuol misurare qualcosa. E quei famigerati conti, rifatti oggi, dovrebbero ridurre di molto le previsioni di traffico, che già erano largamente insufficienti un anno fa a giustificare le opere…
L'articolo Recovery plan, come scegliere i nuovi progetti? Non certo con la ‘semplice’ analisi costi-benefici proviene da Il Fatto Quotidiano.
from Il Fatto Quotidiano https://ift.tt/3jIjE0c
via IFTTT https://ift.tt/eA8V8J
Post A Comment:
0 comments so far,add yours