Le conseguenze della guerra sono anche nel carrello della spesa. I rincari sono in tutto il settore alimentare, ma il caso del burro è senza dubbio fuori media essendo arrivato a costare oltre il 100% in più rispetto ad ottobre scorso. Il problema non è solo per il panetto acquistato dalla famiglia al supermercato, la preoccupazione maggiore per questo prodotto di base è per l’industria che nei protocolli Dop ne prevede quantità precise incerti prodotti e non sostituibile con altro. (GUERRA IN UCRAINA: LO SPECIALE - GLI AGGIORNAMENTI IN DIRETTA - IL RACCONTO DEGLI INVIATI)
"Momento travagliato"
"E' ancora un momento molto travagliato” spiega Giuseppe de Paoli, presidente dell’azienda monoprodotto “Burro De Paoli” che fornisce circa un terzo di tutto il burro prodotto in Italia “stiamo veramente soffrendo terribilmente perché non ci vengono riconosciuti in maniera adeguata tutti i costi che stiamo subendo per la trasformazione del prodotto. Noi siamo manufatturieri, compriamo le materie prime, le trasformiamo e le vendiamo alla grande distribuzione."
I rincari
Il costo del burro, secondo le quotazioni all’ingrosso, è passato dai 3.41 euro al kilo di gennaio 2022 ai 6.86 di maggio, con un aumento del 101.2%. La polvere di latte intero ha avuto un rincaro dell’86,3%, il formaggio Edam del 50.3%.
Le ragioni degli aumenti stanno all’origine della filiera. Metalli, energia, componenti dei fertilizzanti, sono più che triplicati.
Dall’inizio dell’anno, ad esempio, lo stagno è aumentato del 96,1%, il gas naturale del 342.9%, il petrolio del 92.9%, il grano registra un + 71.2% il mais +48.5%.
“Finora” spiega Paolo Zanetti, presidente di Assolatte “l’industria ha mitigato questi aumenti e non abbiamo trasferito tutto questo alla grande distribuzione, così come anche la grande distribuzione non ha trasferito tutto questo al consumatore. Però ad un certo punto è necessario, se non in percentuali così alte, trasferire questi aumenti altrimenti le aziende non sopravvivono, le aziende chiudono”.
Dieci euro al chilo per il burro
Colpa del costo dei mangimi importati dall’ucraina, ma anche dell’energia e dei rincari di tutta la filiera del confezionamento e del trasposto, senza contare il green deal europeo che ha ridotto il numero di capi di bestiame per ettaro soprattutto nel nord Europa. Di conseguenza meno latte e più costoso. Che è passato da0,38euro/libro dell’anno scorso a 0.48 euro/litro di oggi. I conti sono presto fatto. Sul mercato europeo un chilo di burro costa al produttore circa 7 euro al chilo. Questo significa che per il consumatore finale sfiora i 10 euro al chilo.
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