In questi giorni da prigionieri del Coronavirus, vissuti un po’ come in Groundhog Day (Ricomincio da capo) – il film di Harold Ramis, laddove Bill Murray si svegliava e viveva ogni giorno allo stesso modo del precedente – è possibile, se non altro, godere di un osservatorio privilegiato, non disturbato dagli impegni quotidiani routinari, sui comportamenti delle persone. Non vale, ovviamente, per le migliaia di operatori sanitari (e non) che quotidianamente rischiano (e spesso perdono) la vita per continuare a fare il proprio dovere. E neppure per le migliaia di malati, di parenti e amici dei malati che muoiono, che certo non hanno il tempo, la voglia né la possibilità di dedicarsi ad analisi sociologiche o pseudo tali.
Il resto del mondo, però, procede. E quello che accade fra chi ha la fortuna di non ammalarsi lo vediamo ogni giorno. Nel bene e nel male. Più nel bene, per la verità: prolificano le attività solidali, ci si aiuta al meglio possibile, le onlus che già prima operavano sul territorio hanno intensificato le proprie attività come favorire chi non può stare in casa perché la casa non ce l’ha, migliorare i rapporti di vicinato, darsi reciprocamente una mano. E tutto questo lo si nota soprattutto nei piccoli comuni.
Mi ha colpito, un esempio fra i tanti, il sindaco Roberto Molinaro di Cosseria, poco più di mille abitanti in Val Bormida, nel savonese, che ha acquistato 1300 mascherine e le ha consegnate porta a porta a tutti cittadini, girando a piedi tutto il paese e lasciandole davanti ai portoni. Un po’ ovunque, però (fino a pochi giorni fa le mascherine in farmacia non si trovavano), la gente s’è ingegnata: a Rapallo, un altro esempio di relativa microrealtà amministrativa dove il sindaco Carlo Bagnasco ha giustamente deliberato il divieto di uscire senza mascherina, anticipando il provvedimento della Regione Lombardia, ho visto protezioni realizzate con i sacchetti della spesa, della spazzatura, con gli assorbenti, con i Kleenex, con pezzi di vecchi ombrelli, il tutto fissato con elastici di fortuna.
Nei piccoli centri evidentemente la gente reagisce meglio che nelle grandi città, dove viene fuori spesso il peggio che è in noi. Trovo, ad esempio, orribile, la nuova pratica del “man watching” ovvero starsene sul balcone o alla finestra ad osservare i tragressori (a volte pure col binocolo) per denunciarli alle autorità, oltre ad urlare loro quanto di peggio si può. Scatenando botta e risposta di violenza inaudita.
Se i trasgressori fossero reali trasgressori si potrebbero anche comprendere, ma non giustificare a mio parere, tali pratiche spionistiche. Ma il fatto è che, altrettanto spesso, c’è chi utilizza lo spionaggio per saldare conti personali, come quell’energumeno che a Teramo ha sfasciato a sprangate l’auto di una signora che lo aveva redarguito. Liti di vicinato che duravano da anni e che il Corona ha fatto esplodere. Casi del genere si sprecano.
Il sindaco di Delia, piccolo Comune siciliano in provincia di Caltanissetta, Gianfilippo Bancheri, in un video divenuto virale persino in Argentina, ha rimproverato con ragione e pesantemente i propri cittadini che fanno venire la parrucchiera a casa, chi è andato in auto a Caltanissetta per comprare le sole crocchette che il proprio cane dal delicato intestino può mangiare, chi va ogni giorno a far rifornimento dal benzinaio manco avesse un tir, si improvvisa podista, fa barbecue in campagna, fa feste in un condominio con i cugini per realizzare il cartellone con su scritto: andrà tutto bene. Ma se fate così – conclude Bancheri – come pensate che possa andare tutto bene?
Sono solo esempi fra i tanti. Per non dire ciò che avviene in rete. Non posso trattenermi dal riportare un esemplificativo post tratto dal profilo Facebook Pancine, mamme e & bimbi, inesauribile fonte di stronzate. Scrive una mammina-pancina:
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