Ogni anno, in questo periodo, migliaia di agnelli a un mese di vita vengono macellati in occasione della Pasqua. E ogni anno le persone si dimostrano sempre più sensibili all’argomento, scegliendo di non mangiare un animale, ucciso ancora cucciolo per una triste tradizione. Inoltre nell’ultima decade (secondo i dati Istat), si è registrato un calo vertiginoso nella vendita di carne di agnello in tutta Italia, chiaro segno che un cambiamento culturale nel nostro paese è possibile.

Rimane tuttavia ancora molto da fare per cercare di concretizzare un cambio di direzione, per questo il nostro impegno come associazione è quello di documentare il più possibile le condizioni di questi animali cercando di arrivare a quante più persone.

Da qualche giorno è uscita la nostra ultima inchiesta che svela un sistema diffuso di illegalità e maltrattamenti nella produzione di carne di agnello. L’indagine è stata girata in Sardegna, siamo stati in venti allevamenti e in un grande macello nella regione con il più alto numero di ovini allevati in Italia: circa 3 milioni, la metà del totale. Quello che più sconvolge guardando il video sono le scioccanti ammissioni degli allevatori che affermano di uccidere gli agnelli maschi appena nati, nei periodi di basso consumo.

Le pecore, come tutti i mammiferi, per produrre latte devono necessariamente partorire, motivo per cui la filiera ovo-caprina, così come quella legata al latte vaccino, indirizza le femmine alla produzione di latte, da cui l’allevamento trae il maggior profitto, e i maschi all’industria della carne. Ma allevare agnelli maschi al di fuori delle festività, in cui il loro consumo è per tradizione maggiore, risulta antieconomico e controproducente. Per questo, quando il mercato non è in grado di assorbire l’offerta, in diversi allevamenti gli agnelli maschi vengono uccisi appena nati. Un reato, per quanto abbiamo documentato, parecchio diffuso.

A riprova di questo abbiamo riscontrato inoltre una evidente incompatibilità tra alcuni dati relativi alla produzione e la macellazione degli agnelli. Nel 2019 infatti, anno in cui è stata realizzata l’indagine, secondo la Banca Dati Nazionale in Sardegna sono state allevate circa 3 milioni di pecore, ma per l’Istat, gli agnelli macellati sono stati 548.000. Considerando che una pecora partorisce in media un agnello all’anno e che di questi solo la metà è femmina, va da sé che gli agnelli maschi dovrebbero essere, per difetto, almeno più di un milione. Quindi i dati non rispecchiano la realtà e la domanda rimane aperta: che fine fanno gli agnelli maschi?

Ma non è tutto. Alcune testimonianze documentano truffe relative alla certificazione di indicazione geografica protetta, IGP. La denominazione ‘Agnello di Sardegna’ dovrebbe essere riservata esclusivamente agli animali nati nella regione, identificati da una specifica marca auricolare e allevati secondo un preciso disciplinare. Eppure diversi allevatori hanno affermato quanto sia facile etichettare come IGP anche agnelli importati dall’estero, eludendo i controlli tramite contraffazioni e operazioni fraudolente.

Un’altra illegalità riportata dalle nostre immagini è la pesatura per sollevamento, una pratica usata ancora da molti. La pesatura avviene prima del trasporto degli agnelli verso il macello e consiste nel legare gli animali per le zampe e sollevarli per ottenerne il peso, durante questa operazione i cuccioli rimangono appesi per diversi minuti, provando forti dolori e stress. Un altro aspetto, spesso neppure preso in considerazione, riguarda il momento della separazione dei cuccioli dalle madri. Un allevatore afferma che le pecore, una volta che gli agnelli vengono portati via, continuano a belare e lamentarsi a lungo in cerca dei figli. Questo perché le pecore, come molti animali, sono etologicamente premurose, sensibili e molto legate ai propri cuccioli.

Oltre agli allevamenti siamo riusciti a entrare all’interno di un macello in provincia di Sassari, qui abbiamo filmato gravissime negligenze da parte degli operatori, nonostante la presenza sul posto dei veterinari. Per legge agli animali vanno evitati, per quanto possibile, dolori e ansie, ma in questo macello avviene tutt’altro. Gli agnellini impauriti attendono il loro turno assistendo all’uccisione dei loro simili e, in molti casi, l’operatore addetto è costretto a ripetere la procedura di stordimento perché il tempo tra la scarica elettrica e la iugulazione è troppo lungo e nel frattempo gli animali si sono risvegliati. Nelle nostre immagini abbiamo anche documentato un momento ancora peggiore per questi sensibili animali: alcuni agnellini rimangono 50 secondi in attesa di essere uccisi e alla fine, senza un secondo stordimento, vengono iugulati ancora coscienti.

Davanti a simili crudeltà e illegalità diffuse non solo abbiamo denunciato i responsabili, ma anche coinvolto l’Azienda per la Tutela della Salute – ATS Sardegna, per per chiedere chiarimenti soprattutto sull’incompatibilità dei dati delle macellazioni e quindi sulla sorte di migliaia di agnelli.

Non è la prima volta che Essere Animali diffonde indagini che mostrano l’uccisione degli agnelli in alcuni macelli italiani, tra irregolarità e stordimenti inefficaci. Ma anche quando abbiamo visitato macelli che rispettavano le leggi, l’uccisione di un animale di poco più di un mese di vita, terrorizzato a causa della separazione dalla madre, è stato uno spettacolo straziante. Per questo, anche quest’anno rilanciamo la campagna #IoNonLoMangio, per invitare le persone a scegliere una Pasqua senza crudeltà.

L'articolo Agnelli macellati per Pasqua, la nostra inchiesta choc in Sardegna vi convincerà a non mangiarli proviene da Il Fatto Quotidiano.



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