In un raid americano contro una zona vicina all’aeroporto di Baghdad sono rimasti uccisi il generale iraniano Qassem Soleimani e il numero 2 della milizia paramilitare sciita Hashd Shaabi, Abu Mahdi al-Mohandes. Ad annunciarlo è stato un portavoce della stessa milizia. Per il Pentagono l’uccisione di Soleimani è stata “un’azione difensiva”. Il ministro degli Esteri di Teheran, Javad Zarif, lo ha definito “un atto di terrorismo internazionale”.
L’uccisione del generale iraniano rappresenta un duro colpo per la leadership di Teheran in Medio Oriente e rischia di dar vita a “dure ritorsioni”, come promesso dalla Guida Suprema, l’ayatollah Ali Khamenei, e a scontri militari nell’area tra forze Usa e le milizie sciite pro-Iran. Soleimani era infatti il generale delle Forze Quds, forze speciali delle Guardie della Rivoluzione Islamica, ed è lui il deus ex machina delle strategie militari iraniane in Medio Oriente, presente in prima persona nei teatri più caldi, dalla Siria all’Iraq, per dirigere le operazioni delle milizie del governo di Hassan Rohani facenti parte della coalizione della Mezzaluna sciita, appoggiata in Siria anche dalla Russia.
L’attacco, fanno sapere dal Pentagono, è stato ordinato direttamente dal presidente Donald Trump e vuol essere un deterrente per futuri piani di attacco iraniani: “Gli Stati Uniti continueranno ad assumere le azioni necessarie per proteggere la nostra gente e i nostri interessi ovunque nel mondo”, fanno sapere dal Dipartimento della Difesa Usa, spiegando che uno degli obiettivi di Soleimani era quello di uccidere diplomatici americani nell’area.
L'articolo Iraq, ucciso in un raid aereo Usa il generale iraniano Soleimani. Azione ordinata da Trump. Ayatollah Khamenei: “Dure ritorsioni” proviene da Il Fatto Quotidiano.
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