di Livia Soriente

Totò si rivolterebbe nella tomba…

In Italia le bare devono essere costruite con tavole di legno massiccio, di spessore non inferiore a 2,5 cm (D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285). Legno molto pregiato, che non è obbligatorio provenire da foreste certificate. Ogni anno ne vengono utilizzate circa 630.000. Considerando le sole cremazioni (183.000 nel 2018) si parla di circa 36.000 tonnellate di legname, equivalenti ad una superficie boschiva pari a 348 campi da calcio.

Viviamo tutta la vita fra mobili Ikea ma per gli ultimi due giorni no, massello massiccio, top quality!

E poi, giusto il tempo di un ossequio, lo bruciamo nei crematori, producendo circa 30.000 tonnellate di CO2. Quella stessa odiata CO2 che a parole cerchiamo in tutti i modi di contenere, quella che ci sta soffocando: noi, gli orsi polari e compagnia bella. Un avvocato direbbe: “Classico caso di danno emergente e lucro cessante”. Contemporaneamente perdiamo capacità di assorbimento di CO2 abbattendo gli alberi, e re-immettiamo in ambiente tutta quella stoccata nel legno. Geniale!

Sti ppagliacciate ‘e ffanno sulo ‘e vive:
nuje simmo serie… appartenimmo à morte!
(Toto’ La Livella)

E’ proprio necessario utilizzare per le bare il legno massiccio? No, lo dimostra il fatto che Paesi come Uk, Irlanda, Germania, Olanda, Usa, Canada, Australia da anni ammettono la produzione e la commercializzazione di manufatti in svariati materiali ecosostenibili alternativi. Il più diffuso fra questi è la cellulosa, ma vengono utilizzati anche legni di recupero, bambù, alghe, vimini, lana pressata e altro.

In Italia un’azienda potrebbe avventurarsi nella richiesta di un’autorizzazione speciale per realizzare manufatti alternativi ma:
1. La complessità, i costi di investimento, le tempistiche delle richieste di autorizzazione fanno sì che praticamente nessun’azienda si avventuri in questo ginepraio;
2. L’ostilità culturale e gli interessi di categoria si oppongono alle novità.

In realtà il mercato funerario sta vivendo una crisi profonda: il numero delle agenzie di pompe funebri è aumentato a dismisura, la concorrenza è sempre maggiore, i margini sempre più risicati, la produzione delocalizzata. Probabilmente innovare sarebbe una parte della soluzione.

Ascoltare quella parte di popolazione sempre più attenta alle tematiche ambientali, desiderosa di essere coerente fino in fondo con uno stile di vita etico, potrebbe rivoluzionare almeno in parte un settore ingessato, che nonostante i numeri non gode di ottima salute. Certo la politica deve fare la sua parte: se esistono delle alternative funzionali ed ecologiche rispetto alla bara in legno queste vanno sostenute, promosse e divulgate. Gli iter autorizzativi semplificati.

E invece, udite udite, rischiamo di andare indietro di 30 anni, mentre il mondo è avanti di 20!

La Camera sta lavorando su una nuova proposta di legge che vieta categoricamente, espressamente, l’uso di materiali alternativi al legno massiccio (progetto di legge A.C. 1143, art. 14).
Io avrei solo una domanda, perché? Non sarà mica che si vogliono salvaguardare interessi di parte? Una idea me la sono fatta leggendo un’audizione al Senato di Federlegno/Assocofani…
L’impatto ambientale delle bare in legno è spaventoso: deforestazione, commercio illegale, enormi emissioni di CO2 in territorio urbano e periurbano, produzione di fumi contenenti metalli pesanti. Tutte cose che il Decreto Salva Clima appena approvato e la relativa DIRCEE 21/05/2008 deplorano.

Ho lanciato una petizione su Change.org che si prefigge di chiedere alla Commissione Affari sociali di tenere conto di tutto questo, proprio adesso che stanno affrontando l’iter di revisione della attuale legge. “Il clima è un poco nelle mie mani” (Anton Cechov, zio Vania).

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L'articolo Passiamo la vita tra mobili Ikea ma poi la bara? In legno massiccio, top quality! proviene da Il Fatto Quotidiano.



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