novembre 2018

Entro venerdì prossimo, 7 dicembre, tutti i contribuenti ad oggi non in regola con gli ultimi pagamenti (luglio, settembre e ottobre) dovranno regolarizzarli approfittando della rottamazione bis, oppure non potranno accedere alla rottamazione ter appena approvata in Senato con il decreto fiscale e che dovrebbe avere l’ok definitivo dalla Camera senza modifiche: sarà in Aula il 12 dicembre.

Secondo quanto stabilisce il decreto legge attualmente in fase di conversione, chi non è riuscito a pagare, in tutto o in parte, una o più rate della “rottamazione bis” in scadenza a luglio, settembre e ottobre, può regolarizzare la propria situazione effettuando i pagamenti entro il 7 dicembre 2018 e usufruire direttamente dei benefici previsti dalla nuova definizione agevolata, la cosiddetta rottamazione-ter. Il versamento delle rate dovute consente infatti l’automatico differimento degli eventuali successivi pagamenti delle somme residue “rottamate” (in scadenza a novembre 2018 e febbraio 2019) che saranno ripartiti in 5 anni a partire dal 31 luglio 2019. Per i contribuenti che hanno aderito alla definizione agevolata, la legge prevede il vantaggio di pagare il solo importo residuo delle somme dovute senza corrispondere le sanzioni e gli interessi di mora. Per le multe stradali, invece, non si pagano gli interessi di mora e le maggiorazioni previste dalla legge.

Ad oggi sono interessate dalla nuova opportunità di pagare le rate scadute più di 400mila domande di adesione, corrispondenti a 345mila contribuenti. Il Lazio guida la classifica delle regioni con quasi 58mila contribuenti chiamati alla cassa entro il 7 dicembre, seguito da Campania (45mila) e Lombardia (40mila). Il saldo delle tre rate – puntualizza l’Agenzia delle Entrate – costituisce il requisito indispensabile per accedere ai benefici della nuova edizione della definizione agevolata delle cartelle per i carichi affidati all’Agente della riscossione dal primo gennaio 2000 al 31 dicembre 2017. In caso di omesso, insufficiente o tardivo versamento entro il termine del 7 dicembre 2018 delle rate della “rottamazione-bis” in scadenza nei mesi di luglio, settembre e ottobre 2018, per gli stessi carichi non si potrà più accedere alla “rottamazione ter” e Agenzia delle entrate-Riscossione, come stabilito dalla legge, dovrà riprendere le procedure di riscossione.

DOVE E COME SI PAGA
La “rottamazione bis” ha visto un’ampia platea di contribuenti interessati: complessivamente più di 950mila domande di adesione da circa 840mila contribuenti (ogni contribuente poteva presentare più domande). Per effettuare il pagamento delle rate non è necessario presentare alcuna istanza, ma è sufficiente effettuare il versamento, senza oneri aggiuntivi, utilizzando i bollettini Rav con le scadenze di luglio, settembre e ottobre ricevuti insieme con la “Comunicazione delle somme dovute” inviata da Agenzia delle entrate-Riscossione, la cui copia può essere richiesta online sul sito https://ift.tt/2u7DauP. È possibile pagare alla propria banca, agli sportelli bancomat abilitati ai servizi di pagamento Cbill, con il proprio internet banking, agli uffici postali, nei tabaccai aderenti a Banca 5 SpA e tramite i circuiti Sisal e Lottomatica, sul portale di Agenzia delle entrate-Riscossione e con l’App Equiclick tramite la piattaforma PagoPa oppure direttamente agli sportelli. Infine è possibile pagare i tributi indicati nelle cartelle di pagamento tramite compensazione con i crediti commerciali vantati nei confronti della Pubblica amministrazione.

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La popolazione italiana diventa più giovane. Sì, perché da oggi si diventerà “anziani” solo dopo i 75 anni. A stravolgere la “linea della vita”, che prima fissava l’età della vecchiaia a 65 anni, il Congresso nazionale della Società italiana di gerontologia e geriatria che si è tenuto a Roma. Motivo? Le aspettative di vita che, secondo diversi studi, sono aumentate anche di 20 anni.

“Un 65enne di oggi ha la forma fisica e cognitiva di un 40-45enne di 30 anni fa. E un 75enne quella di un individuo che aveva 55 anni nel 1980”, ha spiegato Niccolò Marchionni, professore ordinario dell’Università di Firenze e direttore del dipartimento cardiovascolare dell’Ospedale Careggi. “Alziamo l’asticella ad una soglia adatta alle attuali aspettative di vita nei Paesi con sviluppo avanzato”, ha continuato, evidenziando come una larga parte di popolazione tra i 60 e i 75 anni è in “ottima forma e priva di malattie”. Il motivo, continua il professore, è “l’effetto ritardato dello sviluppo di patologie e dell’età di morte”.

Il concetto di anzianità quindi diventa più dinamico e tiene conto dell’evidenza scientifica secondo cui si è “anziani quando si ha un’aspettativa di vita di dieci anni”. Una realtà “sotto gli occhi di tutti”, secondo Marchionni che ha evidenziato: “Una persona che ha 65 anni ai giorni nostri non si riesce proprio più a percepirla come ‘anziana’”.

Ad avallare la scelta anche le ultime indagini statistiche secondo cui oggi, in media, una donna in Italia vive fino agli 85 anni e un uomo fino a 82-83. Ma non solo. Anche un recente rapporto di Ipsos, dal titolo Generazione 55 special, sottolinea questo gap rispetto al passato e definisce un nuovo modello di over 55 sempre più indipendente, social e legato agli amici. Secondo l’indagine 9 su 10 ultra 55enni affermano di essere in buone condizioni fisiche e un terzo dice di fare esercizio fisico. A cambiare rispetto al passato, oltre alla longevità, anche l’utilizzo della tecnologia. Il 75%, infatti, si collega a internet tramite lo smartphone, e quasi tutti utilizzano i social media. In particolare il 67% sceglie Facebook, il 22% Twitter e solo il 18% Instagram.

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Nella vicenda umana di Silvia Romano, cooperatrice sequestrata in Kenya, emerge come un gran numero di commentatori, su questo e altri blog, ritengano sbagliato che la collettività si debba accollare l’onere economico di eventuali riscatti o interventi per liberarla. Si afferma che lei sarebbe stata poco avveduta nel recarsi in territori ostili in cui il controllo delle autorità è scarso. Insomma si richiama il senso della responsabilità individuale e il concetto di “Chi sbaglia paghi!”.

Sono particolarmente colpito dalla vicenda anche perché mi immedesimo nel vissuto emotivo dei genitori. Mio figlio, giovane dentista, si è recato durante lo scorso anno in Guatemala per aiutare con cure odontoiatriche la popolazione di villaggi sperduti in quel paese. Mi ha raccontato che un giorno sono stati fermati da un gruppo di persone incappucciate coi mitra che però, fortunatamente, erano una pattuglia del villaggio.

Quale è il limite per i quale si definisce un intervento umanitario sconsiderato? E quindi da scoraggiare o vietare?

Inoltre se ci addentriamo in questi ragionamenti dobbiamo chiederci, come ha fatto il sistema sanitario britannico, se sia opportuno fare un trapianto di fegato a chi continua a bere? Però poi per estensione  se è giusto curare un diabetico che continua a mangiare zuccheri in eccesso o un ipercolesterolemico che si abbuffa? Se entriamo nel tema della responsabilità individuale dobbiamo aiutare chi va a fare una escursione in alta montagna e si mette in pericolo? O chi pratica attività rischiose?  E come si definisce questa rischiosità? Ad esempio se faccio un incidente  mentre superavo i limiti di velocità? O se mi sono rotto una gamba a sciare andando troppo forte?

Capiamo che il limite è molto difficile da definire. Nel caso della giovane Silvia Romano il concetto evocato da molti si può riassumere nell’affermazione: “Non con i miei soldi!”.  Il suo adoperarsi per aiutare persone che si trovano in stato di grande indigenza e difficoltà in Kenya viene vissuto come una colpa anche se lo slogan in Italia è “Aiutiamoli a casa loro!”.

Personalmente sono convinto che tutti noi esseri umani sbagliamo, siamo imperfetti, a volte ci buttiamo in avventure avventate ma non per questo dobbiamo essere abbandonati.  Proprio perché ho sottolineato che tutti incorrono in errori la necessità di soccorso nel tempo potrà capitare ad ognuno di noi. Chiudersi in una sorta di egoismo esistenziale è un grave errore che butta al macero secoli di civilizzazione.

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Alla Milan GamesWeek in area Indie abbiamo incontrato Paolo Bragonzi, fondatore di Indie Construction studio formato quattro anni fa che attualmente lavora su due giochi, Bacterica, un interessante puzzle game ispirato al cubo di Rubik e Roll prix, una versione digitale della vecchia gara di biglie.

Lo studio nasce attorno alla figura di Paolo che ha una lunga carriera nello sviluppo, e che insegna in una scuola di Milano; gli stessi studenti hanno collaborato alla produzione di Roll Prix e portare lo sviluppo al termine.

(video di Fabio Abati)

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Prima di comprare un nuovo accessorio hi-tech riflettete attentamente sui rischi che potrebbe comportare per la vostra privacy? Qualcuno lo fa, altri ci hanno proprio rinunciato, pur di beneficiare di servizi gratuiti e delle comodità tecnologiche. Se vi sembra incredibile, sappiate che è quanto emerso dalle risposte di un gruppo di consumatori interpellati nell’ambito di uno studio statunitense. L’argomento d’indagine sono gli smart speaker, gli altoparlanti intelligenti come Google Home o Amazon Echo. Dispositivi che, per svolgere il proprio compito, devono necessariamente stare in allerta e “ascoltare” tutto quello che succede attorno a loro. Come ha sottolineato uno degli autori dello studio in un’intervista al sito Motherboard, “è un dato di fatto che con uno smart speaker stai mettendo un microfono live nella tua casa e nei tuoi spazi intimi, ed è un software che decide se registrare solo una parola chiave o per tutto il tempo”.

Per capire fino a che punto i consumatori siano consapevoli di quanto appena affermato, e in quale misura siano disposti a tollerarlo, i ricercatori Josephine Lau, Benjamin Zimmerman e Florian Schaub della School of Information dell’Università del Michigan hanno deciso di intervistare un campione rappresentativo di consumatori dotati o meno di smart speaker. Come da copione, chi appartiene alla seconda categoria ha detto di non comprendere l’utilità degli altoparlanti intelligenti o di non fidarsi di chi li produce. Chi li ha acquistati è decisamente meno preoccupato per la tutela della propria privacy.

Fin qui nulla di stupefacente, se non fosse che quando i possessori di smart speaker hanno argomentato i motivi per cui li usano, hanno manifestato una palese incomprensione dei rischi per la privacy che questi oggetti comportano. Ancora peggio, la maggior parte di loro non è nemmeno conscio di avere sotto mano strumenti per controllare la propria privacy, o è troppo pigro per usarli. Parliamo, per esempio, del pulsante “mute” che interrompe l’ascolto e la registrazione da parte dell’accessorio. O della funzione che serve per consultare i registri delle attività e cancellare ciò che non si vuol mettere a disposizione.

È vero che per i più la privacy è un concetto vago e astratto, e che i benefici dei tanti servizi che si usano quotidianamente sono tangibili. È vero anche che, ormai, siamo assuefatti a dover cedere pezzetti della nostra privacy, pur di avere in cambio un servizio gratuito. Del resto, ce lo siamo sentiti dire fino alla nausea che “quando è gratis, il prezzo siamo noi“. Però non ci arrendiamo così facilmente. Non si arrivi a dichiarare, come ha fatto uno dei partecipanti a questo studio: “credo che la battaglia tra privacy e vantaggi sia stata vinta da questi ultimi e a me sta bene così, perché vivo in un mondo in cui i servizi sono ciò che rende la mia vita un po’ più semplice e questo è positivo”. Diamoci la possibilità di valutare di volta in volta a che cosa stiamo rinunciando. Informiamoci bene. Poi ognuno è libero di decidere quello che vuole, ma consapevolmente.

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“Non chiedo scusa a Silvio Berlusconi“. Maurizio Martina risponde così alle parole di Matteo Renzi che in una diretta Facebook aveva invitato “la sinistra” a scusarsi con il leader di Forza Italia perché “faceva leggi ad personam” ma “rispetto a Matteo Salvini era un pischello“. L’ex segretario ad interim del Partito democratico e neo-candidato alle primarie parla a Radio Capital e avverte il suo ex premier: “Capisco il ragionamento di questa provocazione, cioè che è meglio una destra istituzionale che una destra nazionalista e populista. Non riabiliterei però scelte e persone che hanno fatto male in questi anni all’Italia”.

Anche se lui dice di stare fuori dalle dinamiche del partito, Renzi torna sempre al centro del dibattito in vista del Congresso. Tra le voci di un appoggio, per ora rimasto implicito, a Marco Minniti unito a una strategia per battere Nicola Zingaretti e quelle di un possibile nuovo movimento politico che nasca dai comitati civici “Ritorno al futuro“, l’ex premier continua ad agitare la corsa verso la segreteria. Martina per ora si smarca: “Nella storia del centrosinistra le divisioni non hanno mai portato a buone cose, non credo che Renzi voglia fare un nuovo partito”. “Il tema – dice – è quello di cambiare il Pd, rinnovarlo e aprirlo. È abbastanza surreale che del Congresso si discuta solo di percentuali. Per me il confronto deve essere sulle idee”. “In ogni caso siamo lo stesso partito un minuto dopo siamo al lavoro insieme. Viva la libertà del confronto”, aggiunge il candidato.

Poi torna sulla provocazione lanciata da Renzi: “C’è gravità assoluta in quello che stanno facendo Di Maio e Salvini, ma non faccio paragoni con le situazioni precedenti”, spiega Martina. “Non riabilito le politiche di Silvio Berlusconi – aggiunge – I problemi che abbiamo davanti sono figli della destra di questi anni e dei guasti che hanno prodotto. Dopodiché capisco che sia meglio una destra istituzionale che una destra nazionalista e populista. Non riabiliterei però scelte e persone che hanno fatto male in questi anni all’Italia”, conclude riferendosi implicitamente alle leggi ad personam di Berlusconi.

L'articolo Pd, Martina: “Renzi? Io non chiedo scusa a Berlusconi e non riabilito le sue scelte” proviene da Il Fatto Quotidiano.



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In un capannone della zona industriale intorno a Milano la tecnologia incontra l’arte: la danza di Roberto Bolle. Siamo nel quartier generale di Event Management – azienda leader nelle automazioni e nella realizzazione e programmazione di robot per la comunicazione e lo spettacolo – dove Roberto Bolle sta preparando uno dei passi a due che presenterà nella prossima attesissima edizione di Danza Con Me, il programma televisivo che – dopo aver vinto il Rose D’Or l’anno scorso come miglior programma di entertainment europeo – torna in prima serata su Rai1 il 1° gennaio del 2019.

Da sempre convinto che la sua arte millenaria possa e debba dialogare con il presente anche attraverso la modernità, Bolle è appassionato di tecnologia e già nella passata edizione aveva dato spazio alla sperimentazione utilizzando per la prima volta in tv tecniche innovative. Quest’anno si è spinto oltre, immaginando un passo a  due con la macchina. Un esperimento non privo di rischio dovendo avere a che fare con un braccio meccanico di oltre una tonnellata e mezzo, programmata dagli esperti di Event Management per interagire e financo danzare con l’Étoile, senza schiacciarla.

Quelle in video sono le immagini “rubate” durante il primo giorno di prova, il primo incontro.  Come si evince, la tensione è solo degli addetti ai lavori: Bolle gioca con il robot come se lo avesse sempre fatto e la macchina sembra ricambiarlo con una tenerezza infinita. “Quando Roberto Bolle è venuto da noi e ci ha detto che voleva danzare con i nostri robot – dichiara Daniele Parazzoli, ceo di Event Management – gli abbiamo spiegato che alle macchine non ci si avvicina, non le si tocca, ci si sta alla larga. Per tutta risposta ci ha detto ‘io voglio ballare con loro’. Una vera e propria sfida. L’abbiamo accettata e il risultato che sta prendendo vita in questi giorni è incredibile”. Cristina Redini, responsabile del Comparto creativo e tecnologico di Danza con Me spiega: “La programmazione tecnologica è qui la vera sfida: programmare la macchina per farle realizzare movimenti sottili, delicati e fini che interagiscano con Roberto Bolle. Questo non era mai stato fatto. Il risultato è che siamo riusciti a dare anima ed emozione ad un braccio meccanico che solitamente sposta attrezzi e che oggi è diventato partner di una performance artistica di altissimo livello”.

L'articolo Roberto Bolle danza con un robot, l’incontro col braccio meccanico è incredibilmente umano. Le prove segretissime per il nuovo programma proviene da Il Fatto Quotidiano.



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La Lombardia si conferma la regione regina del latte made in Italy, con una produzione che supera il 40% del totale nazionale arrivando ad assestarsi attorno al 43%.

Sono oltre 4 mila le imprese collegate alla produzione e alla distribuzione specializzata del prodotto latte in Lombardia, su un totale nazionale di 41 mila (dati Camera di commercio sulle imprese).

Nell’ultimo anno il settore tiene bene a livello regionale (-0,8%) rispetto al dato italiano (-2,5%): in particolare, cresce a Bergamo (+5%), resta stabile a Brescia, Como e Milano.

In forte aumento gli agenti del settore, oggi 297 in Lombardia (+30% in cinque anni) su quasi 2 mila in Italia (+23%). Prime per numero di imprese le province di Brescia e Mantova, con oltre 800 attività, seguite da Sondrio con oltre 700, Cremona, Milano e Bergamo con quasi 500.

Sono quasi 7 mila, invece, gli addetti operanti in Lombardia nei settori specializzati legati al latte su un totale nazionale di 55 mila: prime Mantova e Brescia con oltre mille, poi Sondrio e Milano con circa novecento, Cremona con oltre 800, Bergamo con circa 700.

A livello di produzione in tonnellate e di consegna del latte, divisa per provincia, è la seguente (dato clal.it relativo al mese di maggio 2018 per singola zona): Bergamo 37.271; Brescia 128.991; Como 3.708; Cremona 117.461; Lecco 2.383; Lodi 42.790; Mantova 88.695; Milano 28.268; Monza e della Brianza 1.243; Pavia 11.762; Sondrio 4.993; Varese 4.013

Alcune piccole curiosità interessanti sul latte e sulle sue valenze nutrizionali:

  • La denominazione del prodotto “latte” si riferisce solo a quello di vacca, cioè il cosiddetto latte vaccino, e la “panna” è solo quella ottenuta dal latte.
  • Infatti tutte le denominazioni dei prodotti lattiero-caseari (come latte, formaggio, yogurt, kefir, burro, crema di latte o panna, ecc) sono protette dalla normativa comunitaria, quindi in tutta Europa è vietato utilizzare in etichetta denominazioni come “latte di soia” o “panna vegetale”.
    Il latte andrebbe bevuto a ogni età, e non solo durante il periodo della crescita, perché fornisce in modo facilmente assimilabile le proteine e le vitamine necessarie per molti processi fondamentali dell’organismo.
  • La qualità del latte è determinata dal tipo di alimentazione delle mucche da cui proviene, dalla quantità di grasso presente nel latte, dal livello di igiene delle stalle e degli stabilimenti di imbottigliamento, dal rispetto della catena del freddo durante le fasi di lavorazione e di trasporto.
  • Non è necessario né raccomandabile far bollire il latte fresco (pastorizzato) prima di consumarlo. Se correttamente conservato, infatti, il latte è un alimento sicuro e quindi pronto da bere. Al contrario il latte crudo va sempre fatto bollire, posto rapidamente in frigorifero e consumato entro 3 giorni per limitare il rischio di gravi tossinfezioni.
  • Il latte è un’alternativa efficace agli sport drink perché fornisce acqua, proteine, zuccheri, vitamine ed elettroliti che favoriscono il recupero dopo l’attività fisica, migliorano il tono muscolare e aiutano a ridurre il grasso.
  • Il latte è un alimento a bassa “densità energetica” e con elevata “densità nutrizionale” perché fornisce un elevato numero di nutrienti e poche calorie, a differenza di altri tipi di spuntini che generalmente hanno alta “densità energetica” e bassa “densità nutrizionale”.
  • Conoscere la zona di origine del latte è un’informazione utile al consumatore: permette di capire il percorso fatto prima di arrivare nei frigoriferi dei negozi.
  • La scienza ha confermato che l’abitudine di bere un bicchiere di latte caldo prima di dormire aiuta a riposare meglio. Le ricerche hanno infatti rivelato che i peptidi derivanti dalla digestione del latte svolgono anche un’azione rilassante e tranquillizzante. Al triptofano, amminoacido presente nella frazione proteica del latte, è riconosciuta anche la capacità di rilassare e favorire una tranquilla notte di sonno. Non per nulla è il precursore della serotonina, l’ormone del piacere e dell’appagamento.
  • La pastorizzazione si chiama così in onore del suo inventore, il chimico e biologo Louis Pasteur, che dapprima elaborò dei nuovi ed efficaci sistemi di eliminazione dei microrganismi dannosi presenti nel vino e nella birra, e poi estese i risultati delle sue ricerche al trattamento del latte.
  • L’assorbimento del calcio risulta migliore quando viene assunto non a stomaco vuoto ma nel corso dei pasti.

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È durata pochi minuti la prima udienza del processo per riciclaggio che vede imputati, tra gli altri, anche l’ex presidente della Camera, Gianfranco Fini, la sua compagna Elisabetta Tulliani e il fratello di quest’ultima Giancarlo Tulliani.

I giudici della IV sezione penale hanno stralciato la posizione dell’imprenditore Francesco Corallo, considerato come il “re delle slot”, accogliendo alcune eccezioni presentate dai difensori relative alla mancata notifica dell’udienza preliminare. Il tribunale ha quindi rinviato gli atti al gup che dovrà nuovamente pronunciarsi sull’eventuale rinvio a giudizio.

I giudici, che hanno aggiornato il processo al prossimo 12 febbraio, hanno respinto le richieste dello stesso Fini e degli altri imputati che chiedevano di trasmettere gli atti al gup anche per le loro posizioni per non scinderle rispetto a quella di Corallo che, a loro dire, rappresenta una figura centrale nella vicenda. Al centro del processo, che vede imputate dieci persone, anche l’operazione di compravendita di un appartamento a Montecarlo, lasciato in eredità dalla contessa Annamaria Colleoni ad Alleanza Nazionale. La Procura contesta, a vario titolo, i reati di associazione a delinquere finalizzata al peculato, riciclaggio e evasione fiscale.

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La Procura di Milano ha chiesto l’ergastolo con l’isolamento diurno per Alessandro Garlaschi, il tranviere imputato di omicidio per aver ucciso con 85 coltellate Jessica Valentina Faoro, la ragazza di 19 anni che aveva ospitato a casa sua, in via Broschi, in cambio di piccoli lavori domestici. La richiesta del carcere a vita è stata avanzata da pm Cristiana Roveda nel processo con rito abbreviato. L’imputato non si è presentato in aula davanti al gup Alessandra Cecchelli
L’uomo è imputato nel processo con rito abbreviato (che consente lo sconto di un terzo della pena) di omicidio aggravato dalla crudeltà e dai futili motivi, oltre che di vilipendio di cadavere per aver bruciato una parte del corpo della giovane.

La parte civile ha chiesto oltre 700mila euro tra risarcimento e provvisionale.Il Comune ha proposto, col suo avvocato Maria Rosa Sala, un risarcimento di 10mila euro da investire in progetti dedicato a contrastare la violenza sulle donne, mentre Annamaria Natella, la madre della ragazza, tramite l’avvocato Eliana Capizzi 500mila euro e il fratello della giovane, da poco 18enne, al giudice la richiesta 200mila euro di provvisionale. Stefano Faoro, il papà di Jessica, anche lui costituitosi parte civile, sul piano dei risarcimenti si è rimesso alla decisione del giudice. Il difensore di Garlaschi, Francesca Santini, prima di avanzare la richiesta di assoluzione sostenendo che il suo assistito è incapace di intendere volere e quindi non è imputabile, ha voluto rimarcare che “troppe persone hanno visto e non hanno fatto nulle”, riferendosi a presunte omissioni dei servizi sociali e di tutti coloro che non hanno raccolto i segnali di allarme lanciati da Jessica o non l’hanno aiutata pur conoscendo la sua storia. La difesa in subordine ha chiesto di riconoscere il vizio parziale di mente o di escludere la recidiva contestata per un caso stalking nei confronti di un’altra donna e al contempo considerare le aggravanti equivalenti alle attenuanti per contenere la pena nei minimi edittali. Si ritorna in aula il prossimo 14 dicembre, giorno in cui potrebbe arrivare la sentenza.

Questa mattina una decina di amiche e familiari di Jessica hanno formato n presidio davanti al Tribunale di Milano per chiedere “giustizia”. “Abbiamo bisogno di aiuto per inserirci nella società, almeno fino a quando non riusciamo a mantenerci da sole. Jessica è stata abbandonata dalle istituzioni – ha concluso una ragazza – ha provato a chiedere aiuto, ma le hanno sbattuto le porte in faccia“.

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“Questo governo ha provato in questi medi la strada del dialogo con l’Egitto che deve darci risposte sull’omicidio di Giulio Regeni. Noi ci aspettiamo delle risposte che devono arrivare in questo periodo e che ancora non stanno arrivando”. Lo ha detto il vicepremier Luigi Di Maio a margine di un evento dedicato ai giovani al Mise. “Abbiamo provato una strada, ma se questa strada non porta a segnali dall’Egitto trarremo le nostre conseguenze”, ha aggiunto.

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Turbata libertà degli incanti, corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio. La Guardia di finanza di Catania, su ordine del gip di Catania, ha eseguito un’ordinanza di arresti domiciliari nei confronti di Francesco Barone, 64enne, dirigente dell’area tecnica del Comune di Linguaglossa (Catania), Francesco Augusto Russo Morosoli, 41 anni, rappresentante legale della Russo Morosoli Invest spa, e due dirigenti della società di 46 e 58 anni. Per l’accusa le gare pubbliche indette per l’affidamento del servizio di trasporto turistico sul versante nord dell’Etna (pista rotabile di Piano Provenzana) dal 2016 al 2018 e per l’affidamento in concessione di un immobile di proprietà del Comune di Linguaglossa di Monte Conca, avvenuto nel 2018, sarebbero state truccate.

Morosoli deve rispondere anche di estorsione ai danni di dipendenti dell’emittente televisiva Ultima Tv e di sottrazione fraudolenta di beni al pagamento delle imposte. Ai domiciliari anche il sindaco di Bronte, Graziano Calanna, di 47 anni, per istigazione alla corruzione, in relazione alla richiesta di utilità indebite per procedere all’affidamento, a un’impresa privata, della gestione della manutenzione e sfruttamento dell’energia elettrica prodotta dall’acquedotto comunale di Bronte. È stata inoltre disposta la misura interdittiva della sospensione dagli uffici pubblici nei confronti di un funzionario dell’Ente Parco dell’Etna, per corruzione connessa alla rivelazione di segreti del proprio ufficio, e nei confronti di un appartenente alla polizia, per concorso in turbata libertà degli incanti connesso all’immobile di Monte Conca.

Dalle indagini, svolte dalle Fiamme Giallo di Riposto (Catania), è emersa una “sistematica indebita interferenza”, sostengono gli inquirenti, nel regolare svolgimento delle procedure di gara a evidenza pubblica gestite dal Comune di Linguaglossa dal 2016 al 2018 e “rapporti privilegiati” tra il gruppo Russo Morosoli e il funzionario Francesco Barone, nonché la promessa e/o dazione di utilità in favore di pubblici ufficiali, Barone e Distefano, nel quadro di “una gestione monopolistica del settore da oltre 20 anni” delle escursioni nei versanti nord e sud dell’Etna da parte delle aziende riconducibili a Russo Morosoli, Star srl e Funivia dell’Etna spa (oggi Russo Morosoli Invest spa). Durante le indagini sarebbe anche emerso che il sindaco di Bronte, Graziano Calanna, aveva chiesto a un’azienda interessata all’affidamento della gestione della manutenzione e sfruttamento dell’energia elettrica prodotta dall’acquedotto comunale di prevedere nel piano dei pagamenti di spesa, da far approvare al Comune, un aumento del valore di 20mila euro del costo del collaudo, per ottenere per sé la somma. La situazione non si era poi realizzata perché l’imprenditore non aveva dato seguito alla richiesta. Secondo quanto ricostruito dagli agenti, la società Russo Morosoli Invest spa, per evitare il pignoramento di somme dovute per debiti tributari pregressi e già accertati dall’amministrazione finanziaria, ha compiuto operazioni distrattive di liquidità per 690mila euro. Per questo motivo il gip ha anche disposto nei confronti della società e del legale rappresentante, Francesco Augusto Russo Morosoli, il sequestro preventivo di beni e valori per la medesima cifra. È inoltre stato disposto il sequestro delle azioni della società e nominato un amministratore giudiziario. Intanto il prefetto di Catania, Claudio Sammartino, ha sospeso dalla carica Calanna.

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Con un bisturi il medico tagliava pagine di preziosi testi moderni. Testi di storia dell’arte o dell’architettura o ancora di numismatica, molti dei quali rari o introvabili. Prendeva volumi in prestito oppure entrava nelle sale di consultazione delle biblioteche e quindi sezionava le parti migliori da collezionare. I religiosi della biblioteca dell’Istituto internazionale Don Bosco a Torino lo avevano colto sul fatto. Poi, nel corso di una perquisizione avvenuta il 5 febbraio 2013, i carabinieri del nucleo Tutela patrimonio culturale hanno scoperto cartellette, raccoglitori e albi con centinaia di pagine sottratte altrove. Per questo un medico 63enne di Savigliano (Cuneo), è finito a processo per furto aggravato. Ora il giudice Melania Eugenia Cafiero ha accolto la richiesta di patteggiamento presentata dall’avvocato del medico, Vladimiro Bertinetti: 18 mesi di reclusione, pena sospesa, una multa di soli 450 euro e il pagamento delle spese legali al Comune di Savigliano, l’unico ente che si è costituito parte civile nel processo. La lista delle parti offese è lunga e comprende 14 biblioteche: si va da quelle di alcuni Comuni della provincia di Cuneo, fino alla Biblioteca nazionale universitaria, quella del seminario vescovile, la biblioteca d’arte della Galleria d’arte moderna e quella Reale, tutte a Torino, fino alla Sormani e alla Centrale di Milano.

All’alba del 5 febbraio 2013 i carabinieri si erano presentati a casa del medico-sezionatore. Davanti ai militari, il medico aveva subito ammesso le sue responsabilità e li aveva accompagnati nella soffitta dove ha rivelato la sua ricca collezione contenuta in 54 tra raccoglitori e scatole. In due cartellette, ad esempio, teneva “quattro plichi di fogli del 1700” provenienti dall’opera “Ercolano” sottratti alla Biblioteca Reale di Torino e a quella Civica. All’Istituto internazionale “Don Bosco” aveva asportato da alcuni volumi preziosi degli anni Settanta decine e decine di miniature e xilografie. Raccolto tutto quel materiale, i carabinieri si sono messi al lavoro con alcuni dipendenti delle biblioteche per capire l’origine esatta di quelle pagine recuperate e proseguire l’indagine: “Anche il mio cliente ha contribuito ed è andato al nucleo dei carabinieri per aiutare a ricollocare le pagine nei volumi delle biblioteche”, aggiunge l’avvocato Bertinetti. “Due dipendenti ed io abbiamo passato alcuni mesi nella sede del Tpc per visionare tutto il materiale – spiega la funzionaria della Biblioteca nazionale universitaria Franca Porticelli, responsabile della sicurezza – Abbiamo avuto un danno dal valore inestimabile. Questo signore non solo saccheggiava pagine e pagine di libri, ma poi le incollava su altri fogli danneggiandole ulteriormente”. Più di un milione di euro è il danno stimato dall’istituzione universitaria.

“Il mio cliente ha sempre avuto una grande passione per i libri che è diventata un’ossessione – spiega il difensore -. Per anni ha frequentato le biblioteche limitandosi ad ammirare quelle pagine”. Poi un giorno ha deciso di possederle. Adesso però arriverà il conto da pagare: il Comune di Savigliano e altri due enti torinesi hanno inviato le loro richieste di risarcimento danni.

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Nell’ultima puntata di Uomini e Donne, la tronista Teresa Langella si è lasciata andare a un lungo sfogo in cui si è scagliata contro i suoi corteggiatori, in particolare Andrea Del Corso. Ex corteggiatrice ed ex tentatrice di Temptation Island, Teresa è un fiume in piena: “Non fare questi giochi con me, li so fare anch’io se voglio, fidati, li so fare, ne ho visti di uomini che si comportano come te, questo vo’ fa’ scem’ a me” ha urlato ad Andrea. Poi, con una teatralità simile a quella di Nilufar, ha aggiunto: “Andatevene a ff***, Maria ti chiedo una gentilezza, con tutto il cuore di farmi scendere persone normali, normali. Stanno troppo a pensare alla luce rossa che quando si accende li abbaglia e non capiscono più un c***o“, ha concluso con tanto di standing ovation del pubblico in studio.

L’ex tentatore che a Temptation Island andrea infatti, ha avuto un flirt con Martina Sebastiani (la fidanzata passata alla storia del trash televisivo per “Andr…cioè Gianmarco”), poi è sceso a corteggiare Mara Fasone che però ha abbandonato alle prime voci sulla presenza attiva di un ex fidanzato e infine è rimasto per Teresa. Un comportamento che ha fatto infuriare Teresa.

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“Che Roberto Fico non fosse d’accordo con il decreto sicurezza lo sapevamo e apprezzo molto il fatto che da Presidente della Camera abbia aspettato l’approvazione definitiva per poi dichiarare la sua contrarietà pubblicamente. Così fa un presidente della Camera che non è d’accordo ma rispetta la volontà del Parlamento”. Queste le parole del ministro dello Sviluppo economico, Luigi Di Maio, al termine di un evento al Mise.

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Napoli merita di nuovo gli onori della cronaca per un’altra vicenda non proprio edificante e che, vista da lontano, può sembrare difficile da comprendere, come del resto accade a molte delle vicende di questa “strana” e straordinaria città che è Napoli. Grande bellezza e grande decadimento. Una cartolina mozzafiato se guardata da lontano, un complicato groviglio se guardato da vicino. A volte il groviglio si fa farsa, equivoco, mezza verità e mezza bugia, come in questa storia di ordinaria napoletanità.

Più ci penso e più questa vicenda mi ricorda certe scene della Corte borbonica di Napoli prima dell’avvento della rivoluzione del 1799 così come descritte ne Il resto di niente, il bellissimo romanzo storico di Enzo Striano sulla vita di Eleonora Pimentel Fonseca. I fatti sono raccontati in diverse notizie di stampa e quindi qua li riassumo rapidamente, ma si possono trovare facilmente tutti i dettagli con una veloce googolata.

Rimessi a posto i conti dell’Anm, l’azienda comunale dei trasporti, il sindaco, Luigi De Magistris, annuncia un allungamento degli orari notturni nel week end di metropolitana e funicolare. Per i lavoratori c’è anche un piccolo straordinario (circa 4 euro all’ora), ma inferiore a quello solitamente concesso ai lavoratori in questi casi di prolungamento dell’orario (15 euro all’ora). Anche per il capodanno è previsto un turno straordinario alle stesse condizioni economiche. I sindacati, abituati dal sindaco in questi anni a ottenere tutto quello che volevano, di fronte a un’offerta così poco allettante dal punto di vista economico e alla indisponibilità del sindaco ad addivenire a più miti consigli, hanno interrotto le trattative avviate per chiedere uno straordinario più cospicuo.

Dopo qualche ora, con una strana coincidenza, i lavoratori del turno pomeridiano – guarda caso poco prima dell’ora di pranzo, quando ormai era quasi impossibile trovare sostituti – hanno annunciato di essere in malattia inviando i loro certificati medici. Così il Comune, di fronte all’indisponibilità degli altri lavoratori a coprire il turno pomeridiano, è stato costretto a interrompere il servizio. Il contratto di lavoro prevede, infatti, che la disponibilità a sostituire un collega malato sia concessa dal lavoratore non di turno solo su base volontaria e quindi, nulla ha potuto il Comune per obbligare gli altri lavoratori a sostituire quelli in malattia. L’episodio si ripete da un po’ con una strana regolarità: certificati prima dell’ora di pranzo e indisponibilità alla sostituzione da parte degli altri lavoratori.

Risultato: per tre giorni, in un momento in cui comincia a sentirsi l’aria del Natale e il turismo comincia a riprendere fiato, la funicolare di Napoli resta bloccata per tre pomeriggi. Napoli è anche la città dei presepi e di via San Gregorio Armeno che in questo periodo rinasce ogni anno. A quel punto, il sindaco dà in escandescenze e annuncia una “linea durissima” verso i lavoratori che si sono dichiarati malati, se si scoprisse che non lo sono.

Fin qui i fatti, ma cosa ci dicono questi fatti. Innanzitutto, il sindaco ha ragione ad arrabbiarsi per le strane coincidenze che accadono fra i lavoratori della Funicolare di Napoli. In realtà, si tratta probabilmente di un malcostume al quale, del resto, la città non è nuova. Anzi , si tratterebbe della punta di un iceberg. Pare che in tutti gli uffici pubblici della città sia molto frequente trovare la saracinesca abbassata, ad esempio, in occasione di partite importanti del Napoli, anche quando sono giocate durante giornate o orari lavorativi. Forza Napoli sempre, recita il tifoso e di fronte alla chiusura dell’ufficio pubblico per motivazioni così importanti come la necessità di guardare la partita non sa arrabbiarsi. Il Napoli viene prima di tutto.

Se volete, quella dei lavoratori che si danno malati per non fare il turno di notte è l’altra faccia della stessa medaglia che spinge gli utenti che prendono i mezzi pubblici a non pagare il biglietto poiché è giusto così, visto che non gli piace il servizio offerto. Ne abbiamo parlato qualche giorno fa su queste colonne. È una strana forma di “protesta” di fronte alla quale il grande economista tedesco, Albert O. Hirschman, autore di un fortunato libro (Lealtà, defezione e protesta), forse resterebbe un tantinello interdetto, ma chissà.

Di fronte a questi comportamenti, occorrerebbe davvero prendere la frusta. Al prossimo rinnovo andrebbe innanzitutto resa obbligatoria la sostituzione dei turnisti in caso di malattia. Si capisce, poi, che non è facile di fronte a certificati medici controfirmati da professionisti obiettare ai lavoratori malati, ma non dovrebbe essere difficile verificare le condizioni effettive di salute di questi lavoratori e verificare se si è trattato davvero di una strana coincidenza oppure di un comportamento truffaldino e impenitente nei confronti della collettività. Come abbiamo detto nel nostro precedente editoriale, la carota piace di più se offerta con un bel bastone in mano. Inoltre, i lavoratori scontano anche un comportamento quanto meno ondivago da parte del sindaco che nei mesi scorsi tendeva a usare solo la carezza e ora sembra arrabbiato più che per il gesto in se, per la scarsa riconoscenza dimostrata da lavoratori e sindacati nei confronti delle sue richieste. Finora, i sindacati dell’Anm gli avevano risparmiato scioperi e altre difficoltà proprio per la politica delle carezze continue da parte del sindaco che ha accettato supinamente ogni richiesta dei sindacati. Si rischia di non fare paura e di avere una minaccia poco credibile, se si prende la frusta dopo aver usato a lungo solo la carezza.

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Il Ministro degli Esteri Moavero Milanesi, parlando a margine della cerimonia del premio Invest your talent, ha invitato “tutti a leggere il testo del Global Compact“.  Per il titolare della Farnesina, “la lettura del Global compact può far capire il suo contenuto se non ci si limita ai titoli e se si tralascia il nome in inglese. Se si entra nel contenuto si capirà che ha tanti aspetti positivi“.  Poi Moavero giudica comunque positivo che “il Parlamento che rappresenta i cittadini si esprima così si avrà un dibattito parlamentare e mi sembra una delle espressioni più positive di democrazia – e aggiunge – non mi sono sentito scavalcare dal ministro Salvini anche perché trattandosi di temi che riguardano i migranti è una tipica competenza condivisa tra i ministeri dell’Interno e degli Esteri. Credo che la decisione presa, vale a dirsi di rimettersi a un dibattito parlamentare come indicazioni per il Governo, sia una decisione positiva”

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Nuovo sciopero dei dipendenti della Piaggio Aerospace dopo che giovedì l’azienda ha annunciato un ritardo nel pagamento degli stipendi di novembre. Gli operai questa mattina alle 6 si sono riuniti in picchetto davanti ai cancelli dello stabilimento della società a Villanova Albenga, in provincia di Savona, per poi avanzare in corteo verso la Aurelia Bis. Durante la manifestazione i lavoratori hanno lanciato fumogeni gialloverdi, una provocazione verso il governo M5s-Lega, colpevole, secondo loro, di non aver sbloccato una commessa sui droni da 766milioni di euro, messa in cantiere dall’ex ministra della Difesa, Roberta Pinotti. Davanti allo stallo, il fondo Mubadala development di Abu Dhabi ha deciso di non investire più nella società rilevata nel 2014 e lo scorso 22 novembre ha chiesto l’amministrazione straordinaria. “Lunedì, massimo martedì mattina, avremo il nome del nuovo commissario e pagheremo gli stipendi“, ha detto il ministro dello Sviluppo Luigi Di Maio a margine di un evento al MiSe. “So che i lavoratori hanno già avuto tanta pazienza – ha aggiunto – ma gli chiedo di aspettare altri pochi giorni e di fidarsi di noi”.

Gli oltre 1000 operai, però, hanno protestato non solo per il ritardo nel pagamento, ma soprattutto per le modalità con cui questo è stato comunicato: un semplice messaggio dell’azienda arrivato giovedì 29 novembre attorno alle 14, orario in cui i manager erano attesi nella sede savonese di Unione Industriali per incontrarsi con i sindacati. Un meeting che non è mai avvenuto, reso inutile dal comunicato. I vertici si sono riuniti in un’altra stanza, senza incontrare i rappresentanti dei lavoratori.

“I dirigenti non ci hanno neppure detto se ci sono i soldi in cassa – ha commentato giovedì il segretario genovese della Fiom, Bruno Manganaro – È una situazione vergognosa che si è creata grazie all’atteggiamento del Governo che tira a sorte i commissari e lascia i lavoratori senza stipendio”. “Gravissimo il mancato pagamento degli stipendi ai lavoratori di Piaggio Aerospace. Il governo si attivi immediatamente con tutti gli strumenti a sua disposizione per costringere gli attuali manager dell’azienda a pagare senza ritardi e si attivi per nominare nelle prossime ore il Commissario”, gli ha fatto eco il presidente della regione Liguria, Giovanni Toti. Il governatore ha fatto riferimento alla decisione presa il 27 novembre, quando il ministero dell’Economia ha avviato la selezione dell’organo commissariale, che sarà formato da uno o tre componenti, scelti a sorteggio, tra quanti avranno dato disponibilità. Il tutto avverrà all’inizio della prossima settimana, stando a quanto ha promesso Di Maio, insieme al pagamento degli stipendi.

Il gruppo ha 1117 dipendenti tra Villanova d’Albenga e Genova e 618,8 milioni di euro di debiti, in base all’elenco creditori aggiornato al 30 settembre. Il primo incontro al ministero dell’Economia sulla vertenza è stato fissato per venerdì prossimo, 7 dicembre, mentre i sindacati e le rappresentanze aziendali hanno chiesto a più riprese di anticipare l’appuntamento.

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Laura Boldrini ha diffuso sul suo profilo Facebook un video girato dietro gli studi di Sky Tg 24, in cui l’ex presidente della Camera ferma Matto Salvini (entrambi erano ospiti ma in due trasmissioni diverse), per chiedergli di cancellare alcuni insulti scritti dai suoi follower sotto la foto delle tre ragazze alla manifestazione di Milano del 16 novembre. “Come può un Ministro dell’Interno esporre alla gogna mediatica tre ragazze minorenni, scatenando contro di loro i peggiori istinti della rete?”  dice Boldrini. Il ministro dell’Interno però non si dimostra molto disponibile: “Hai visto il cartello che avevano queste qui in mano? Avevano scritto ‘C’è posto per te in Piazzale Loreto”. “Mi dissocio – replica Boldrini – non è condivisibile, ma non lo sono nemmeno quei messaggi”. Dopo la diffusione del video sui social è stata lanciata la campagna #CancellaQuelPost

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L’Egitto ci ha assicurato “risposte efficaci” che “devono arrivare in questo periodo”, altrimenti “trarremo le conseguenze”. Luigi Di Maio lancia un ultimatum al Cairo sul caso di Giulio Regeni, dopo l’ennesima mancata collaborazione per fare chiarezza sull’omicidio del ricercatore italiano, e minaccia uno stop ai rapporti con lo Stato nord-africano ad ampio spettro. E che rischia di coinvolgere anche l’Eni, che negli ultimi anni ha importanti interessi in Egitto dopo la scoperta dei giacimenti Zohr e Noor.

“Questo governo ha provato in questi mesi la strada del dialogo con l’Egitto che deve darci delle risposte sull’omicidio di Giulio Regeni. Noi ci aspettiamo delle risposte non solo dalle nostre procure, che ringrazio per il lavoro che stanno facendo, ma anche da uno Stato che ci ha assicurato risposte efficaci”, ha spiegato Di Maio sottolineando “che devono arrivare in questo periodo” e che ancora non stanno arrivando.

“Lo abbiamo sempre detto – ha spiegato Di Maio – Abbiamo provato una strada ma se questa strada non porta a segnali dall’Egitto sull’individuazione del responsabile della morte di Giulio Regeni trarremo le conseguenze”. Conseguenze che dice il vicepremier “non riguardano solo” la questione del blocco dell’export delle armi verso l’Egitto (aumentato da quando è in carica il governo Lega-M5s, come raccontato da Ilfattoquotidiano.it). Senza risposte “si compromettono tutti i rapporti”, ha specificato dando seguito anche a quanto fatto dal presidente della Camera, Roberto Fico, che giovedì ha interrotto i rapporti con il Parlamento egiziano dopo l’ennesimo rifiuto di collaborazione da parte degli inquirenti del Cairo.

“Tutto quello che si fa come aziende in Egitto riguarda il libero mercato, ma è chiaro ed evidente che in un quadro di relazioni che riguardano anche l’economia tutto risentirà delle mancate risposte sull’omicidio di Giulio Regeni”, conclude Di Maio, rispondendo ad una domanda specifica se le conseguenze potrebbero anche riguardare la presenza dell’Eni in Egitto.

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X Factor si avvicina alla sua fase conclusiva e, via via che la competizione fra i concorrenti si fa più dura, il lavoro dei giudici si fa sempre più complicato e le loro scelte non sempre sono condivise. Ne sa qualcosa Manuel Agnelli, finito nel mirino del difensore del Chievo Verona Fabrizio Cacciatore. Il calciatore infatti, si è lasciato andare ad un duro sfogo su Instagram in cui ha attaccato Agnelli: “Sei la persona più falsa della musica, sei un pagliaccio! Sei un finto puoi girare solo la famiglia Adams“, gli ha detto. Al momento il giudice non gli ha risposto.

 

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Presunti abusi nei terreni del padre di Di Maio, fascicolo in Procura

Attesi gli accertamenti sui quattro manufatti - adibiti a deposito - trovati in un terreno di cui Antonio Di Maio è comproprietario. Si tratta di piccole opere che fanno parte delle aree sequestrate ieri dai vigili urbani  e che sarebbero state realizzate senza permesso

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Movimento 5 stelle e Lega vivevano “in una bolla speculativa“. Ma adesso, dopo lo scontro con la Commissione europea – che “non è stata troppo severa” – “stiamo arrivando allo ‘Tsipras moment‘”, come in Europa chiamano la fase in cui un populista accetta di cambiare strada per salvare il proprio Paese. Questo è il Mario Monti pensiero sullo scontro tra Roma e Bruxelles sulla manovra, raccontato in una lunga intervista al Corriere della Sera. Così l’ex premier ha spiegato il motivo per cui mercoledì, da senatore, ha dato il suo voto di sostegno alla dichiarazione del ministro dell’Economia, Giovanni Tria, sul “parziale riorientamento della manovra”. Ora che la maggioranza si è potuta “confrontare con la realtà“, Monti ha voluto mandare un segnale di non di “accondiscendenza, ma di esigente disponibilità ad assecondare un ripensamento”.

“Non credo si possa dire che l’Europa sia stata troppo severa con l’Italia”, dice al Corriere l’ex premier Monti. “Né sono convinto che la Commissione veda di buon occhio un indebolimento” del nostro Paese. Monti è convinto che Cinquestelle e Lega “non avessero mai avuto momenti di confronto con la realtà oggettiva, con la realtà internazionale”. Quindi “vivevano nell’equivalente politico di una bolla speculativa” da cui, secondo il senatore, sono usciti dopo “l’impatto con la Commissione europea”, la prima “vera occasione di scoperta della realtà, per politici che avevano in testa solo una propria versione di essa tutta costruita per demonizzare il passato”.

Non solo l’impatto con Bruxelles, ma anche “la scoperta che fuori dall’Italia non si pensa affatto che dopo le Europee di maggio questa Europa sia morta“, secondo Monti ha contribuito a far cambiare rotta al governo. L’ex premier è infatti convinto che “stiamo arrivando allo ‘Tsipras moment'”, con la differenza che il ‘Salvini-Di Maio moment‘ è “più diluito nel tempo”. “Tsipras cambiò idea in pochi giorni – spiega Monti – perché capiva che i greci non volevano uscire dall’euro. In Italia invece Di Maio e Salvini, specialmente il secondo, hanno cercato di eccitare gli animi in chiave antieuropea praticamente dal primo giorno, fino alla settimana scorsa”.  Ma Monti ribadisce che la maggioranza sta capendo “che la realtà è diversa da come la si immaginava. E che bisogna tenerne conto“.

Secondo l’analisi del senatore hanno pesato, soprattutto in chiave Carroccio, le preoccupazioni degli imprenditori del Nord“, dove “ha creato scontento l’incapacità della Lega di risolvere problemi creati dai 5 Stelle, per esempio sulle infrastrutture, e il mettersi contro l’Europa”. Non per questo, però, Monti ritiene che sia Matteo Salvini il più disponibile al compresso: “Ai miei occhi Salvini ha in sé due vene di pericolosità che i 5 Stelle non hanno: l’avversione all’Europa e una sorprendente capacità di impartire agli italiani un corso quotidiano di diseducazione civica. Non è poco”, ha spiegato a Federico Fubini sul Corsera.

Monti, tornando sullo scontro tra Roma e Bruxelles, ha sottolineato come la “Commissione Ue nel far rispettare il Patto di stabilità si è auto-inflitta un problema“, ricordando anche come Pierre Moscovici era “ministro dell’economia di Parigi in anni in cui la Francia è stato il Paese più pigro nelle politiche di risanamento”. “Come guardiano del Patto di stabilità ha voluto interpretare politicamente il ruolo della Commissione anche dove bisognerebbe cercare di essere più asettici“, lo ha criticato Monti. Poi però ha specificato che non ritiene le mosse di Bruxelles troppo severe e che ” se il governo propone di allargare l’irrealismo e l’irresponsabilità di bilancio, ciò giustifica che si cerchi di fermarlo”. Infine, la difesa dell’operato del suo governo di fronte alle critiche di chi oggi è maggioranza: “Non ammettono che gli italiani con le proprie forze hanno superato una crisi durissima. Ma questi partiti non potranno mai diventare un governo efficace se, una per una, non si modificheranno in loro queste convinzioni. Come dico, si sono imprigionati in una bolla che ha fatto perdere loro il contatto con la realtà”, conclude Monti.

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Sono trenta le persone che questa mattina sono state raggiunte da misure restrittive eseguite da parte di Polizia e Carabinieri in una importante operazione antimafia a Foggia. Sono tutti presunti componenti dei clan mafiosi Moretti-Pellegrino-Lanza e Sinesi-Francavilla. Una decina i pregiudicati che si trovano già in carcere. I reati contestati sono, a vario titolo, di associazione di stampo mafioso, estorsioni e tentato omicidio. Dagli atti emergono anche presunte pressioni che sarebbero state esercitate negli anni scorsi su dirigenti, ex dirigenti ed ex allenatore del Foggia Calcio per l’ingaggio di un calciatore

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Alessandro Maria Montresor, il bambino di 19 mesi affetto da una malattia genetica rarissima in cerca di un donatore di midollo, è arrivato a Roma. Dopo la corsa contro il tempo per trovare qualcuno compatibile, finita però senza un nulla di fatto, l’ospedale pediatrico Bambino Gesù, uno dei migliori centri oncoematologici, ha deciso di tentare un’ultima strada: un trapianto da genitori. Così il piccolo, nato a Londra da italiani, è stato trasferito dal Great Ormond Street, dove era tenuto in vita da una terapia sperimentale, al presidio della Capitale.

La donazione, detta trapianto aploidentico per la sua compatibilità solo al 50%, verrà effettuata verosimilmente a “metà dicembre“, dopo numerosi screening. “Il bambino verrà sottoposto a una serie di esami ematochimici (principalmente indagini microbiologiche) e strumentali, necessari prima di procedere con il trapianto – si legge in una nota dell’ospedale – Parallelamente, i genitori del piccolo effettueranno esami di screening al fine di valutarne l’eleggibilità alla donazione di cellule staminali emopoietiche”. Il trattamento, però, non è esente da rischi, principalmente, spiega ancora il comunicato stampa, di tipo infettivo, tossico e immunologico. È possibile che lo staff del professor Franco Locatelli, come scrive il Corriere della Sera, userà una particolare tecnica che, in pratica, cerca di ridurre a zero il rischio di rigetto delle cellule: le staminali pericolose verrebbero trattate per evitare di essere riconosciute come ‘estranee’.

Ora, scrive ancora il Bambino Gesù, la famiglia chiede un “periodo di tranquillità“, ringraziando tutti coloro che hanno sostenuto la campagna di donazione. A presentarsi in Italia ai numerosi gazebo preparati dall’Admo, l’Associazione donatori midollo osseo, sono stati oltre 13mila. Tra di loro, però, non era stato trovato nessuno che andasse bene. Solo una persona, già iscritta nel registro donatori, non italiana, era risultata al 90% compatibile, ma si era resa disponibile solo da gennaio. Le tempistiche, avevano scritto allora i genitori di Alex sulla pagina Facebook nata per lanciare la ‘gara di solidarietà’, non erano però giuste per la malattia del bimbo.

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Chi stamperà le tessere ricaricabili è l’ultimo dei problemi del reddito di cittadinanza. Il progetto continua a restare fumoso nei suoi tratti fondamentali ma si emergono già alcune serie questioni cui i Cinque Stelle dovrebbero porre rimedio finché sono ancora in tempo.

Secondo il Sole 24 Ore, nelle prime bozze del decreto legge sul reddito sono previsti incentivi per le imprese che assumono disoccupati di lunga durata, sopra i 24 mesi, pari a sei mensilità, tre mensilità per tutte le altre assunzioni.

Per non fare il bis di quanto visto negli anni renziani – incentivi a pioggia – bisogna assicurarsi che questi soldi vadano soltanto per assunzioni aggiuntive rispetto agli organici attuali. Oppure si cade nel solito rischio di trasformare l’incentivo in un mero sussidio: l’impresa non riconferma un contratto a termine (magari proprio per i nuovi vincoli del decreto Dignità) e assume il disoccupato beneficiario del reddito di cittadinanza. Zero nuova occupazione, ma risparmia. E per le mansioni a basso valore aggiunto, in cui la formazione acquisita vale poco, tutto il guadagno è per l’impresa mentre l’occupazione non aumenta. Da dove arriveranno questi soldi? Se dai 7,1 miliardi previsti per il reddito di cittadinanza (e non si vede da dove altro potrebbero arrivare, visto che nuovi stanziamenti sono esclusi), la platea dei beneficiari potenziali del sussidio si restringerebbe di molto.

Ora, il fatto che il numero di italiani che riceverà il reddito di cittadinanza possa essere, soprattutto all’inizio, molto limitato non è una tragedia. L’importante è che siano quelli giusti, cioè i più poveri. Secondo i calcoli dell’Alleanza contro la povertà, per sollevare le famiglie dalla povertà assoluto – l’incapacità di acquistare un paniere di beni e servizi essenziali – basta alzare l’importo medio mensile dell’attuale Reddito di inclusione (quello del governo Gentiloni) da 206 a 396 euro al mese. Per un single significa passare da 150 a 316 euro, per un nucleo di quattro persone da 263 a 454. “Il principio guida è l’adeguatezza: nessuno deve più restare privo delle risorse necessarie a raggiungere una condizione di vita minimamente accettabile, cioè ad uscire dalla povertà assoluta”, scrive l’Alleanza nel documento presentato al governo. 

Il reddito di cittadinanza versione Cinque Stelle rischia invece di essere troppo generoso ma poco mirato. Secondo la stima del Sole 24 Ore, per una famiglia con due genitori disoccupati, due figli a carico e con la casa in affitto arriva a 18mila euro annui. Una cifra assurda, che in molte zone d’Italia non è neppure confrontabile con i redditi da lavoro medi del territorio.

Questo genere di storture derivano dal fatto che tutto l’impianto è pensato per sostenere i disoccupati, non i poveri. Che a volte sono anche disoccupati, ma per conseguenza degli stessi fattori che li hanno resi poveri (dipendenze, traumi, solitudini, problemi sanitari o psichici) e che quindi non si salvano soltanto facendo loro l’offerta di un impiego.

Ossessionati dalla richiesta di vincoli e paletti che arriva dagli scettici (soprattutto al Nord), i Cinque Stelle hanno impostato il loro reddito di cittadinanza tutto sui centri per l’impiego e – ora – anche sulle agenzie del lavoro private, dimenticando completamente quelli che dovevano essere i primi beneficiari della misura, cioè i poveri. Fateci caso: in tv non avete mai sentito Luigi Di Maio o Laura Castelli parlare di assistenti sociali o sanitari. Perché dal loro orizzonte i poveri, che di quei servizi sono beneficiari a differenza dei disoccupati, sono scomparsi. Finora, con il Rei, sono stati gli assistenti sociali i primi a prendere in carico le famiglie che fanno domanda per il sussidio. E in cambio della carota dell’assegno mensile, riescono a mettere sotto controllo la situazione dei figli minori, a verificare le condizioni di vita in casa, a identificare eventuali situazioni di disagio. Tutte cose impossibili anche nell’ipotesi che il sistema di ricerca del lavoro e formazione funzioni perfettamente fin dal primo giorno. La app Ms Works dello Stato americano del Mississippi che è il modello di ispirazione dei Cinque Stelle aiuta a trovare il lavoro più compatibile con le proprie caratteristiche. Ma se il disoccupato è anche alcolizzato o se la disoccupata ha un familiare a carico che non sa a chi lasciare, la app miracolosa non risolverà i suoi problemi.

Il sottosegretario all’Economia M5s Laura Castelli, a Otto e Mezzo, non ha saputo rispondere alla domanda di Lilli Gruber: “State stampando le tessere per il reddito di cittadinanza?”. Ma la vera questione a cui lei, Di Maio e tutti gli altri dovrebbero affrontare è: “Che fine hanno fatto i poveri nel vostro reddito di cittadinanza?”.

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Mercatini di Natale 2018, i più belli d'Italia

Come ogni anno, anche in queste festività natalizie si rinnova l’appuntamento tra bancarelle e prodotti tipici. Originari dell’Europa del Nord, in particolare Germania e Alsazia, i mercatini sono presenti in tutte le Regioni: ecco quelli imperdibili

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Sergio Mattarella è intervenuto nel dibattito sul Global Migration Compact: “L’Italia è stata lasciata sovente sola – ha premesso a Verona il Presidente della Repubblica – ha chiesto e chiede con governi di diverso orientamento che l’Unione europea assuma in maniera concreta nella sua dimensione continentale questo fenomeno, che non va ignorato ma affrontato”. Per questo motivo “ogni occasione, ogni sede, ogni strumento, ogni documento che richiami alla responsabilità comune di tutti gli Stati e della comunità internazionale, e che eviti di immaginare che faccia carico solo su alcuni Paesi, è prezioso”, ha concluso, con un chiaro riferimento al documento dell’Onu sulla gestione dei flussi migratori che, come spiegato il 21 settembre alla Camera dal ministro degli Estero Enzo Moavero Moavero, recepisce “principi di responsabilità condivisa” nella gestione dei flussi migratori.

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“È chiaro che l’ho letto. Io leggo i provvedimenti”. Dopo le sue critiche al decreto Sicurezza, passato in via definitiva dopo l’approvazione alla Camera, e la replica del ministro Salvini (“Ma l’ha letto?”, ndr), il presidente della Camera Roberto Fico è tornato sul caso a margine di un convegno all’ Accademia dei Lincei, per rivendicare come le sue critiche al provvedimento siano di merito. Ma non solo. Fico ha poi mandato la sua solidarietà al capo politico dei 5 Stelle e vicepremier, Luigi Di Maio, dopo il caso che ha coinvolto il padre (con gli operai in nero assunti nell’azienda di famiglia, ndr): “Contro Di Maio in questo momento un fango incredibile. Quando leggo sia articoli di stampa o ascolto qualsiasi trasmissione non c’è mai niente che fa riferimento a una colpa di Luigi, niente che fa riferimento a una sua colpa né passata né nelle sue vesti di ministro. Questo non è modo di fare perché non è più politica, sono attacchi personali ingiustificati, che nella nostra società fanno solo male, non hanno alcun senso”, ha concluso il presidente della Camera.

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La Regione Lazio da circa sette anni ha un dirigente dell’area “Relazioni con l’Unione europea” in una sede di 300 metri quadri a Bruxelles, da quattro anni con un solo dipendente con funzioni esecutive. Il fortunato si chiama Claude Scheiber, dirigente peraltro reclutato dall’esterno “senza un’adeguata ricerca preventiva di professionalità interne ma soprattutto in barba a leggi nazionali e regionali sul contenimento della spesa”, sottolinea la consigliera regionale 5 Stelle, Valentina Corrado, che ha presentato un’interrogazione sulla vicenda chiedendo al presidente Nicola Zingaretti e alla giunta di centrosinistra la dismissione dell’immobile a Bruxelles e l’annullamento d’ufficio dell’oneroso incarico dirigenziale di Scheiber che da quattro anni “dirige praticamente se stesso, visto che ha un solo impiegato, in un immobile gigantesco”, sottolinea Roberta Bernardeschi, segretaria regionale della Fedirets DirerLazio, sindacato dei dirigenti regionali, che ha presentato un esposto alla Corte dei Conti sulla vicenda.

Ma cosa fa Scheiber a Bruxelles? “Coordina”. Stando al sito dirigenziale regionale, infatti, “cura il coordinamento delle strutture regionali per la programmazione strategica ed individua le linee guida prioritarie nelle attività europee“. Ma anche “coordina le relazioni istituzionali con le organizzazioni internazionali con sede in Europa, non afferenti all’Ue, d’interesse della Regione Lazio”. Poi “offre supporto alle strutture regionali competenti per garantire il flusso delle informazioni inerenti le norme e i provvedimenti europei”. Ancora, “promuove e coordina le strutture regionali per la partecipazione della Regione alle reti europee ed ai network tematici“. Scheiber, infine, “coordina le strutture regionali per la partecipazione a iniziative europee finalizzate all’individuazione di strumenti finanziari ad-hoc per il rilancio socioeconomico della Regione” e, ancora, “coordina e gestisce le relazioni istituzionali con l’Istituto Europeo della Pubblica Amministrazione (Eipa)”.

La riduzione ad un solo impiegato nell’area da lui diretta è stata decisa nel 2014 dalla stessa Regione Lazio con una determinazione del direttore dell’area Bilancio di concerto con il direttore Risorse Umane. Tale deliberazione “ridefiniva – si legge nell’interrogazione – il contingente di personale dell’area Relazioni con l’Unione europea, sede di Bruxelles, in un’unica unità”. La riduzione “di personale – prosegue l’interpellanza – veniva espressamente giustificata dall’esigenza di realizzare contenimenti di spesa dell’amministrazione, anche in materia di personale, nonché dalla constatazione che la funzionalità e l’efficienza della struttura regionale con sede a Bruxelles poteva essere assicurata con un contingente di personale pari a una unità”.

Un’azione di riduzione della spesa che però si è dimenticata per strada il dirigente Scheiber. “Un particolare – sottolinea Bernardeschi – non di poco conto. La Regione con questo atto ha ammesso la necessità di una riduzione dei costi ma nel contempo ha confermato l’incarico a Scheiber prima nel 2013 per due anni e poi nel 2015 per altri tre anni”. “Un incarico che tra stipendio e indennità di servizio estero costa ai cittadini quasi 190mila euro lordi annui“, prosegue la segretaria regionale della Fedirets DirerLazio. Inoltre, bisogna sommare a questa cifra “i circa 14mila euro lordi percepiti nel 2011 come indennità iniziale di sistemazione e il 35% di 45mila euro che corrisponde al premio massimo possibile previsto per i risultati raggiunti ogni anno”.

“Nell’esposto presentato alla Corte dei conti – continua Bernardeschi – abbiamo segnalato anche questo aspetto, sottolineando che nel bando e nello schema di contratto allegato non vengono indicate le indennità di servizio estero e non viene indicata se la sede di lavoro sia a Bruxelles o a Roma”. Il FattoQuotidiano.it ha chiesto chiarimenti sulla vicenda alla Regione Lazio, anche per capire nello specifico il costo complessivo dell’incarico dal 2011 ad oggi, ma non ha ottenuto alcuna risposta. Attende un responso la consigliera regionale Corrado che chiede l’annullamento d’ufficio del provvedimento con il quale è stato reiterato nel 2015 l’incarico a Scheiber.

“Questo ulteriore rinnovo – evidenzia – dopo che la stessa Regione un anno prima aveva ridotto il personale di stanza a Bruxelles, rappresenta quello che ormai può definirsi un vero e proprio marchio di fabbrica dell’amministrazione Zingaretti in materia di nomine”. “Purtroppo questo è l’ennesimo caso in cui un dirigente viene individuato e scelto tra figure esterne all’organico regionale, senza che al riguardo vengano addotte motivazioni adeguate, specifiche e palesi circa l’effettiva assenza di analoghe professionalità interne”, accusa l’esponente M5s. “Un aspetto che, oltre a rappresentare un paradosso anche in termini di contenimento della spesa pubblica regionale, è in aperto contrasto con il Piano di razionalizzazione delle sedi regionali adottato dalla giunta nel 2014. Un’operazione scriteriata che consente l’operatività di una struttura di proprietà della Regione, con una superficie di circa 300 metri quadri e dal valore di circa 5,6 milioni di euro, per sole due unità di personale”, conclude Corrado.

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