Caro Giuseppe Recchi (ex vice presidente Telecom) ti scrivo,
ho appreso delle tue dimissioni e dopo il nostro ultimo pourparler non mi sono meravigliata. Poco prima dello scrollone al vertice Tim, ci siamo incontrati a Roma al matrimonio di un’amica comune. Ci conosciamo da un bel po’, diciamo vent’anni, forse di più. Parlammo per venti minuti del mio caso (vedi la prima e la seconda puntata). Una marea di condivisioni, non ero l’unica a essere stata bidonata. Non mostrarti alcuno stupore, anzi mi dicesti di contattare il tuo ufficio, per amici e conoscenti avevi creato una sorta di “corsia preferenziale per risolvere casi analoghi”. Queste furono le tue parole. Tra amici e conoscenti eravamo tremila. Rimasi sbalordita. Ti chiesi: “E quelli che non sono amici, che non hanno santi protettori, a chi si rivolgono”. Allargasti le braccia. Un gesto più eloquente di tante parole. Come dire: cosa ci posso fare?
Intanto continuavo a ricevere ingiunzioni di pagamento di qualche centinaia di euro e perfino un paio di telefonate minacciose da call center Telecom dislocati in Romania per non pagare tasse in Italia. Il motivo di tanto accanimento (il loro) era un servizio da me richiesto e mai ottenuto: la “smart” fibra ottica al posto della giurassica Adsl. Non c’è stato il tempo di rivolgermi a te come mi avevi gentilmente invitato a fare, ti dimettevi poco dopo. Il mio avvocato Ilaria Barbierato ha cercato di contattare i legali Telecom, l’ultima raccomandata è stata spedita il 25 marzo. Nessuna risposta. La strategia del silenzio produce sempre buoni risultati, il consumatore sfinito e truffato alla fine lascia perdere.
Da circa un anno per evitare “prelievi” non giustificati ogni mese ricarico il minimo, 12 euro. Un euro qua, un euro là il mio credito si esauriva sempre prima della scadenza. Prendere una nave diventa poi una pacchia per la Telecom. Mentre la nave va (ho preso la Palermo-Napoli e la Napoli-Panarea) la navigazione on line, appioppata di default, mi esaurisce sempre il credito. Vuoi polemizzare per pochi euro. Ma no, tiriamo a campà. Ma se proviamo a moltiplicare a quanti utenti vengono sottratti due euro qua, due euro là dalle ricariche, ecco che la cifra non è più irrisoria.
Provai a chiedere delucidazioni anche ad Antonio Martusciello, commissario Agcom, su come fare per tutelare il consumatore dai furti “ legalizzati” delle compagnie telefoniche. Il passaggio da 30 a 28 giorni fu bollato come anticostituzionale. Le compagnie telefoniche furono multate. Ma la multa risultò di gran lunga inferiore del maltolto ai consumatori.
I consumatori, poveri fessi, non sono mai stati risarciti dell’illecito. Intanto il “prelievo” di soldi non autorizzati sulle ricariche prepagate continua. Premessa, ho un quasi primordiale iPhone, non navigo e mi consente a stento di telefonare e di mandare whatsapp. Il 6 giugno faccio una ricarica di 25 euro, così sono tranquilla fino al 6 agosto, mi dico. Invece il 27 giugno il credito è già esaurito.
Vado al centro Tim di piazza Oberdan a Milano, chiamano un call center e mi abbuffano di chiacchiere. Inutili. Intanto quelli della Telecom (oddio non è la sola) continuano a “vendere” il mio numero per scopi pubblicitari (presente quello che ha fatto Fb su larga scala cedendo i profili a terzi?) e ricevo via sms messaggi promozionali. Ma come vi permettete. Non rispettate neanche la nuova legge di tutela della privacy.
Io non ci sto più. La proposi il 4 gennaio, lo ribadisco adesso. Qui ci salva solo una class action contro Telecom.
La prima puntata: Fini: “La tecnologia è più pericolosa dell’Isis”. Storie di ordinaria cialtroneria
La seconda puntata: Telecom mi ha bidonata. Cara Befana, portami una class action nella calza
L'articolo Bidonata da Telecom (terza puntata). Class action contro la Tim. Caro Giuseppe Recchi (ex vice presidente) ti scrivo proviene da Il Fatto Quotidiano.
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