aprile 2018
Parlano i numeri

Stravince la Lega, tiene FI. In Friuli perdono i 5 Stelle

Regionali – Salvini ha il triplo dei voti di Forza Italia, che però non crolla e lo tiene legato alla coalizione. Schiaffo a M5S: flop sia rispetto alle Politiche che alle Regionali del 2013

Cattivi bidelli di

Ieri, forse per il meteo che volge al brutto, forse per il ricordo ancora fresco del bollito alla fiorentina che delira da Fazio, ci siamo svegliati un po’ giù di tono. Ma è stato un attimo. Poi, sul Corriere e su La Stampa, abbiamo trovato due fra i nostri editorialisti preferiti in un colpo solo, […]

Il dopo-Fazio…

Il reggente Martina chiederà la fiducia alla Direzione Pd

L’ex vice, Franceschini e soci danno il via al percorso per chiudere definitivamente l’èra Renzi

L’intervento

Il Pd deve discutere col M5S Anche l’Spd ci ha ripensato

Walter Tocci – Ha ragione Martina: se ci sarà intesa va sottoposta al voto degli iscritti come in Germania (che nessuno li sentiva ai tempi degli accordi con B.)

di
l’intervista

Gustavo Zagrebelsky: “Eversivo l’Aventino di Renzi. Nel proporzionale ci si allea”

Lo stallo – Il professore: “Per me i dem dovrebbero provare a fare un governo, anche breve su poche cose, con i 5Stelle. Così finiranno per distruggere il partito”

Commenti

Identikit

Essere Sgarbi, una condanna anche per lui

In una rubrichetta concessagli dal Giornale con gran misericordia, e che nessuno legge se non l’iracondo autore e Google Alert, quel che resta di Sgarbi ama ricordarci quanto lui sia bravo e gli altri sterco. Alla realtà si è da tempo sostituito un ameno mondo immaginario, quasi che al polemista stanco avesse fatto seguito un […]

Il peggio della diretta

Tabucchi, un rovescio contro gli scrittori-chef

Èsempre più raro vedere in Tv uno scrittore (ormai scrivono tutti), e questo è il maggior merito di Se di tutto resta un poco – Sulle tracce di Antonio Tabucchi trasmesso da La Effe dopo un breve passaggio in sala. A sei anni dalla morte, il lavoro di Diego Perucci s’interroga su quanto dello scrittore […]

Riforme, il mantra degli incapaci

I bambini quando non riescono in un gioco cambiano le regole: se non ce la fanno a superarla, abbassano l’asta del salto in alto. Succede più o meno questo alla nostra democrazia, che rischia di essere (di nuovo) vittima dell’inadeguatezza di una politica che alla prima difficoltà cerca di propinarci la solita scorciatoia: cambiare le […]

Politica

Natangelo

58 Giorni. Cronache dall’isola senza governo

Elezioni e primarie

Dal Friuli a Roma: tra i dem van bene solo gli anti-renziani

“Spero davvero che questi voti, per cui ringrazio i cittadini, siano un segnale che l’eretico del Pd non ero io. Altri hanno fatto le orecchie da mercante per troppi anni rispetto alle sconfitte che si sono susseguite”. Così Francesco Russo, ex senatore Pd e candidato dem alle Regionali del Friuli, per cui è risultato recordman […]

L’anticipazione

La multa che fece “sbroccare” il giovane Matteo

Il libro – Un delizioso racconto dell’ex sindaco di San Miniato: era il 2007 e c’è tutto l’ex premier

di

Cronaca

Controlli random

Giudica i candidati ma non ha i titoli: il Tar boccia l’Asn

Una sentenza del tardel Lazio ha evidenziato una falla che potrebbe avere conseguenze sui concorsi per l’Abilitazione scientifica nazionale (Asn). Intanto a essere finito sotto la lente del tribunale amministrativo è un caso specifico: il ricorso contro il ministero dell’Istruzione di alcuni aspiranti professori di Storia medievale, giudicati da un commissario senza i titoli scientifici […]

Sacchetti bio da casa: c’è l’ok, ma è inapplicabile

Assurdità – La circolare ministeriale: devono essere monouso Ma così i clienti li pagheranno di più e, senza tara, due volte

Istruzione

Vince il concorso ma in commissione c’è la “sua” prof

Il caso – Un osservatorio indipendente solleva dubbi sulla selezione per un posto di ricercatore in Filologia classica all’Università di Firenze

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Italia

La polemica

Caso Fico: domande giuste, ma alla persona sbagliata

Colf in nero – Le risposte del presidente della Camera non chiariscono tutto. “Le Iene” avrebbero però dovuto rivolgersi alla compagna

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Mondo

“Uomini in strada a battersi, l’ironia era al femminile”

Erano i ragazzi a lanciare i blocchi di pavé usando i coperchi dei cassonetti dell’immondizia come scudi. Le ragazze battevano a macchina i volantini. Eravamo solo due-tre nei Comité de grève degli studenti e a parlare nelle assemblee generali. Ma è lì che è nata la volontà di rimettere in discussione il monopolio maschile della […]

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Parigi 40 anni fa – La scintilla della rivoluzione – Maggio ’68

“I flic entrarono d’improvviso. Poi furono barricate”

Era già da alcuni giorni che occupavamo la Sorbona. Nel cortile erano attaccati i manifesti di Mao, Lenin, Stalin e Che Guevara. Gli studenti strillavano nelle assemblee. C’era chi ci viveva accampato giorno e notte. Tutte le sere si andava al meeting della piazza Denfert-Rochereau con Daniel Cohn Bendit che saliva sulla statua e nel […]

di
Afghanistan – Due esplosioni a distanza di mezzora

Doppio kamikaze per uccidere di più: strage di reporter a Kabul e di bimbi a Kandahar

Decine di vittimeper gli attentati in Afghanistan. Prima un doppio attacco kamikaze, rivendicato dall’Isis, ha ucciso a Kabul almeno 25 persone: tra loro almeno 8 giornalisti e fotoreporter; la seconda delle due esplosioni ha preso di mira proprio i reporter che erano accorsi sul posto dopo il primo attacco. Poco più tardi un altro attentato […]

Cultura

Masterizzati

Skavhellen, il norvegese con gusto americano

Cantante e compositore norvegese, Jarle Skavhellen fa il suo ingresso nel mondo cantautorale con The Ghost in Your Smile, un album composto da dieci brani folk, caratterizzati da una diversità nei testi che si accompagna alla compattezza della sezione musicale. Certo, va detto che tutto nella musica di Skavhellen mantiene un certo approccio naïf, quasi […]

Janelle Monáe

Il girl power non è mai stato così affascinante

Terzo attesissimo album per l’artista, ultima collaborazione di Prince

Primo maggio

Non solo musica, a Taranto (anche) per chiudere l’Ilva

Dopo un anno di stop, sul palco pugliese si ricomincia a suonare, ma anche a parlare di ambiente, lavoro e diritti negati

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“Ricevere la diagnosi di SLA è devastante”. Adele Ferrara, affetta da Sclerosi laterale amiotrofica, conosciuta anche come malattia di Lou Gehrig, è pure presidente dell’Associazione italiana sclerosi laterale amiotrofica (AISLA) di Napoli. E, intervistata da ilfattoquotidiano.it, racconta la sua storia: “Si tratta di una malattia brutale, improvvisa, del tutto imprevedibile che genera tanto buio intorno a te, paura, smarrimento e sconforto. Intanto però la vita continua, nonostante quella che io definisco ‘Stronza lentamente armata’ (che riprende l’acronimo SLA della patologia neurodegenerativa progressiva del motoneurone, ndr). Nel momento più difficile scatta la scelta decisiva: invece di consegnarsi alla malattia e ad un destino ineluttabile, si possono trovare dentro di noi motivi per combattere e tentare un nuovo modo di vivere”. Quest’anno AISLA compie 35 anni – la onlus è nata a Veruno in provincia di Novara – ed è dalla sua fondazione al fianco delle persone con SLA e dei loro familiari. A raccontare a ilfatto.it scopo e storia di questa onlus è Massimo Mauro: “Trovo eccezionale la forza delle persone che, colpite dalla malattia, scelgono di non mollare ma di darsi da fare anche per gli altri. Sono molti che decidono di sostenere e aiutare gli altri malati. Noi contiamo sul sostegno di oltre 2.200 soci e 290 volontari, tra cui moltissimi con SLA e credo che siano persone grandi e speciali e per loro vorrei esprimere tutta la mia stima e gratitudine”.

Nel 2017 hanno sostenuto questa associazione 20.209 italiani con il 5×1000, “dimostrando fiducia e generosità per dare una spinta sempre maggiore all’assistenza e alla ricerca scientifica” contro una patologia la cui cura ancora non esiste e che colpisce soprattutto gli uomini. Nel 90% dei casi la causa della SLA non è nota e circa un malato su dieci ha ereditato la malattia dai genitori. La diagnosi, spiega l’associazione, si basa sull’osservazione di segni e sintomi presentati dal paziente e su alcuni esami diagnostici eseguiti per escludere altre possibili cause. Di solito il morbo di Lou Gehrig inizia a manifestarsi intorno ai 60 anni e, nei casi ereditati, circa una decina di anni prima. La sopravvivenza media dall’esordio al decesso può variare dai tre ai cinque anni, anche se quasi il 10 per cento sopravvive più di dieci anni, mentre il 5% raggiunge o supera i 20 anni dalla diagnosi. Ogni anno il 21 giugno si celebra la Giornata mondiale contro la Sla per sensibilizzare i cittadini su una patologia che conta 6mila casi solo in Italia.

“Non siamo soli: intorno a noi c’è un esercito di malati che ha bisogno di aiuto, di tutto il nostro impegno e, allora, pensiamo a come uscire dal guscio e dare una mano”, spiega Adele. “La nostra malattia – aggiunge – può abbandonare la zona buia per farsi luce e noi possiamo essere utili ad altri compagni di avventura che non hanno le nostre stesse possibilità di farsi valere. La nostra vita diventa preziosa proprio nella relazione con gli altri malati. Questo – sostiene Adele – è lo spirito di un’associazione come AISLA: persone che aiutano persone. Più dono me stessa e più resisto, e il cuore ha la sua rivincita. Ho deciso di seguire il cuore con coraggio. Non è forse questa la migliore terapia?”.

Solo nell’ultimo anno AISLA ha aiutato gratuitamente oltre 2.600 persone con SLA in tutta Italia con diversi servizi, che vanno dalla consulenza medica, legale e amministrativa a tutta una serie di interventi di assistenza domiciliare portati avanti dai quasi trecento volontari presenti in 19 regioni. “Come organizzazione nata su impulso dei pazienti – ha detto Massimo Mauro – abbiamo sostenuto la ricerca scientifica su questa patologia attraverso AriSla, la Fondazione di ricerca per la Sla, unico organismo a livello italiano ed europeo a dedicarsi esclusivamente alla ricerca sulla malattia progressiva del motoneurone che ha già sostenuto 68 progetti e 260 ricercatori per un investimento complessivo di 11,4 milioni di euro”. Dal 2008 a oggi AISLA ha inoltre organizzato e curato 145 corsi di formazione sulla SLA per 4.336 tra medici e operatori sanitari. L’associazione ha destinato, solo nel 2017, 1,8 milioni di euro per l’assistenza personale, la ricerca e formazione, per un totale di cinque milioni di euro dall’anno della sua fondazione. “Abbiamo a cuore le persone con SLA – aggiunge il presidente Mauro – e vogliamo lavorare per garantire loro la migliore qualità di vita possibile, con un’assistenza sempre più adeguata e personalizzata, oltre che l’accesso alle sperimentazioni cliniche più promettenti. Per questo stiamo sviluppando il primo registro nazionale sulla SLA in Italia che potrà facilitare la presa in carico di tutti i pazienti e il loro coinvolgimento diretto negli studi clinici”.

L'articolo Sla, “la vita continua nonostante la Stronza lentamente armata. E da malati troviamo forza d’aiutare gli altri malati” proviene da Il Fatto Quotidiano.



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“L’Iran ha mentito sul nucleare” e ha “intensificato gli sforzi” per nascondere la natura del programma dopo aver firmato l’accordo del 2015, “un’intesa basata sulla menzogna”. Il premier israeliano Benyamin Netanyahu ha attaccato Teheran nell’atteso discorso annunciato in giornata e “condiviso con gli Stati Uniti”.

I servizi segreti di Israele sono riusciti ad ottenere “55 mila file relativi di progetti nucleari che includono fotografie che li incriminano, progetti e altri documenti”, ha spiegato Netanyahu, definendo la scoperta “uno dei maggiori successi di intelligence che Israele abbia mai conseguito”.

Secondo il leader del Likud, l’Iran progetta di dotarsi di almeno cinque ordigni nucleari analoghi a quelli di Hiroshima e “i suoi missili possono colpire a migliaia di chilometri”, ha avvertito mostrando video, foto e mappe “incriminanti”. Un programma, ha aggiunto, che “l’Iran nasconde da anni alla comunità internazionale“.

Gli Stati Uniti hanno garantito l’autenticità dell’archivio segreto ottenuto da Israele, ha proseguito Netanyahu, annunciando che i documenti verranno mostrati all’agenzia Onu per l’energia atomica e ad altri Paesi.

L'articolo Nucleare Iran, Netanyahu contro Teheran: “Ha mentito. Vuole costruire 5 atomiche come quelle di Hiroshima” proviene da Il Fatto Quotidiano.



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L’astensione è sempre considerata un problema della democrazia. Ma spesso ha le sue ragioni. Se davvero i quattro partiti principali che da quasi due mesi negoziano su chi deve andare al governo ci costringeranno a tornare al voto, non potranno poi lamentarsi se in pochi faranno lo sforzo di andare di nuovo al seggio dopo lo spettacolo indecoroso di queste settimane.

Il 4 marzo ha votato il 73 per cento degli aventi diritto, l’affluenza più bassa della storia repubblicana. Nel 2017 al secondo turno delle elezioni amministrative si è registrato soltanto il 46 per cento. Ci sarebbe poco da stupirsi a osservare un risultato analogo per le elezioni-bis di inizio estate o d’autunno.

L’elettore avrà tutte le ragioni per stare a casa in questo spareggio dopo le “primarie della nazione”, come Mario Monti aveva definito le elezioni del 4 marzo, intuendo che avrebbero prodotto poco di definitivo.

Alcune premesse della competizione democratica, quelle che spingono all’esercizio del diritto di voto, sono infatti saltate. Di solito i partiti gareggiano per governare. In un sistema proporzionale cercano di ottenere la fetta maggiore di consenso per aggiudicarsi una fetta altrettanto grande di poltrone e potere.

A parte Forza Italia, nessuno dei partiti principali segue questo schema: sono più interessati a proteggere l’entità del proprio consenso che a trasformarlo in azioni di governo. Il Pd ha deciso che deve stare all’opposizione perché così hanno deciso i suoi elettori (anche se quel 18,7 per cento che ha votato Pd non tifava certo per questo esito, ma col voto ha dato un segnale di approvazione, sono gli altri elettori che, cambiando preferenze, hanno espresso la loro critica). I Cinquestelle preferiscono tornare alle urne piuttosto che trattare col nemico di sempre, Silvio Berlusconi, anche se così facendo rinunciano alla possibilità di applicare alcune delle loro proposte.

La Lega ha trattato a nome del centrodestra soltanto con i Cinquestelle, ma non col Pd, perché Matteo Salvini teme di rimanere stritolato da un’intesa tra Berlusconi e Matteo Renzi più che di rimanere all’opposizione. Un pericolo che Salvini avverte tuttora, se si dovesse andare verso un “governo istituzionale” guidato magari dal leghista Giancarlo Giorgetti e sostenuto da Forza Italia, Pd e di malavoglia alla stessa Lega, con i Cinquestelle a riempire le piazze contro l’ennesimo accordo “di palazzo”.

Tutti i leader, Luigi Di Maio incluso, hanno scambiato il mezzo (avere consenso ed essere alti nei sondaggi) con il fine (governare per fare le cose promesse o anche soltanto per mandare avanti il Paese).

L’altra premessa della democrazia che è saltata riguarda le alleanze. In un sistema proporzionale multipolare, per costruire una maggioranza servono accordi sulle poltrone e sui programmi. Nessun partito – neanche i Cinquestelle – è stato serio su questo. Nessuna proposta formale. Nessun voto tra gli iscritti sul mandato a trattare e sul possibile compromesso da sottoporre ai partner. Non c’è alcun metodo. I Cinquestelle, che sono stati i protagonisti di questa fase, hanno elaborato un assurdo programma di governo “minimo” che indicava su cosa il Movimento era d’accordo sia con il Pd che con la Lega senza invece fare una proposta esplicita a Salvini sui temi cari ai leghisti (pensioni, immigrazione, Europa) o al Pd su lavoro, sociale, conti pubblici e imprese.

E ora, cari leader, come pensate di fare l’eventuale campagna elettorale bis? Ricominciando con gli insulti, le scaramucce e le promesse miliardarie senza coperture come da inizio anno? Annunciando alleanze pre-elettorali? Cambiando qualche faccia o etichetta?

Nessuno si salverà in questo disastro. La Lega ha scoperto di non potersi separare da Berlusconi e Forza Italia e l’indispensabile Berlusconi potrebbe ora recuperare un po’ di voti persi a favore di Salvini che si è messo in attesa (aspetta e spera) per diventare lui il capo unico delle destre. Chi ha votato i Cinquestelle sperando nel cambiamento ha scoperto che la buona volontà non basta e che la strategia di Di Maio, ad oggi, ha fallito. I pochi che ancora votano Pd scoprono di appoggiare un partito in cui un iscritto senza incarichi formali – Matteo Renzi – può decidere dalle poltrone di un talk show come usare i loro voti, troppo impegnato ad assecondare i propri capricci per occuparsi della reputazione di becchino della sinistra italiana che la cronaca gli sta regalando.

Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha costretto i partiti a prendersi le loro responsabilità, non ha offerto soluzioni costruite al Quirinale. E i partiti non stanno trovando alcun accordo. Ma non saranno gli elettori a toglierli dal pantano.

Anche dopo nuove elezioni – con una legge elettorale proporzionale – serviranno accordi su poltrone e programmi. Chi pensa di poter rinviare il problema a un domani sempre lontano, così da non pagare il prezzo politico che ogni scelta netta comporta, rischia di essere annichilito da elettori estenuati e sempre meno tolleranti.

L'articolo Elezioni secondo turno, può vincere soltanto l’astensione proviene da Il Fatto Quotidiano.



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Pd e Forza Italia come parassiti, la “sinistra frou frou” che si sente superiore e l’entusiasmo di Luigi Di Maio considerato dagli altri “bramosia di potere”. Chiuso il fronte con il Pd-M5s, torna a parlare anche Beppe Grillo. Che esce dal silenzio con un post sul blog personale che difende le scelte del Capo politico dei 5 stelle e attacca i partiti tradizionali. “L’entusiasmo di Luigi viene propagandato come fosse bramosia di potere e la sinistra frou frou gioca la carta di un’improbabile supremazia intellettuale, ridicola, figlia di accordi con quello che hanno sempre chiamato Caimano. E’ la perfezione del parassita: cerca nutrimento dalle stesse forze che lo hanno sconfitto. Il Pd e FI in agiscono con una sincronia perfetta: quando si tratta di sopravvivere tramite il camuffamento sono efficientissimi”.

In queste settimane il garante M5s è in giro per il suo tour come comico e ha evitato di esporsi direttamente sulle trattative portate avanti dai 5 stelle. Oggi, poco dopo l’annuncio di Di Maio che chiede il ritorno al voto, ha deciso di esporsi nuovamente spiegando, dal suo punto di vista, la necessità di cercare un’intesa, almeno tentare, con le altre forze politiche: “E’ una cosa che dobbiamo al Paese, il tentativo di incontrarci su dei temi con questi personaggi, escludendo quelli assolutamente impossibili. Il Pd e l’accozzaglia che attende il cedimento strutturale del suo garante, Berlusconi, credono davvero che vogliamo allearci con loro? Oppure sono i media, ed è la gente a crederlo? Ma non è quello che pensiamo noi, confondere un accordo su dei temi con un’alleanza è come confondere un contratto d’affetto con l’amicizia“. Ma ha aggiunto: “Non sta certo a noi far dimenticare agli italiani quello che è stato fatto al paese negli ultimi 25 anni, non troveranno mai nel nostro entusiasmo il pretesto per continuare a nausearci. La democrazia non è un fenomeno che dura il tempo di una tornata elettorale: loro sperano che la gente lo dimentichi, noi non lo faremo”. Quindi per Grillo siamo di fronte a uno “stallo apparente”: “Il 4 marzo un terzo degli elettori ha visto nel Movimento la speranza concreta che il Paese potesse cambiare; il ribaltamento delle proporzioni nel centrodestra e la nanizzazione del Pd sono stati gli altri due segnali inequivocabili. Stiamo vivendo uno stallo soltanto apparente, è soltanto il lavorio dei vecchi partiti che tentano di rigenerarsi sfruttando l’onda provocata dalla nostra energia, la stessa che li ha suonati come campane. Questa è la logica evolutiva dei parassiti: utilizzare l’entusiasmo del nuovo per far sopravvivere il vecchio”.

Ma la colpa per Grillo è ancora degli altri partiti: “Come prendere una batosta storica e continuare a fare le maestrine sfruttando l’energia di chi ti ha appena sconfitto”, si legge ancora. “Tempo di elezioni, il 4 marzo si stava avvicinando e ci vedevano arrivare, terrorizzati per la tenuta del loro scenario di cartapesta minacciato dall’arrivo del primo soffio di vento del cambiamento. La finta sinistra e la finta destra, unite dall’istinto di sopravvivenza, hanno piazzato una legge elettorale che funziona come un colpo di stato alla rovescia: soffocare la democrazia con la democrazia. Lo hanno fatto pochi istanti prima di andare a nascondersi”.

Per Grillo gli altri partiti sono parassiti di lusso: “C’è chi potrebbe immaginare che i nostri parassiti di lusso stiano cercando di essere resuscitati proprio dalla nostra energia”, continua. “Ma non potrà mai essere così: perché si tratta di gente che vive di pura ambizione, qualcosa che spinge a fare la scalata senza sapere perché, a voler diventare un pezzo grosso senza un’idea di quello che si vorrà fare davvero una volta raggiunto l’obiettivo. Ma non avendo null’altro che l’ambizione dipingono gli altri per come sentono se stessi: per questa ragione vengono accecati da paure come quella di Salvini, oppure una costruzione paranoidea della realtà come nel caso di Berlusconi. Parla di tradimenti, complotti e altre smanie della malafede, come un eroe tragico shakespeariano. Lui è responsabile delle cose soltanto quando vanno bene, questo è il suo spietato concetto di affidabilità istituzionale verso tutti. Intanto, più raffinato, il Pd ha la persona giusta per dire quella cosa in quel dato momento…loro non cambiano idea, ma cambiano la persona che dirà l’idea. Una forma di selezione naturale agita da e sui portatori di idee”.

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La Regione Lazio ha reintegrato Pompeo Savarino alla direzione Controllo e Vigilanza e come responsabile dell’Anticorruzione. Il 21 marzo era stato rimosso da Nicola Zingaretti in persona, due giorni dopo essersi rifiutato di firmare il provvedimento di nomina di un commissario, reo di aver dichiarato il falso, in un ente vigilato dalla Regione Lazio.

L’Anac stessa (l’Autorità nazionale anticorruzione, ndr) aveva censurato la decisione del presidente della Regione ma non aveva ottenuto seguito al suo sollecito per il reintegro. Ora il Tar del Lazio sembra aver messo la parola fine, almeno per il momento, al braccio di ferro tra Zingaretti e il presidente dell’Anac Raffaele Cantone. Il presidente della prima sezione ha accolto il ricorso presentato da Savarino chiedendo la sospensione della revoca e la Regione non ha potuto far altro che reintegrarlo, in attesa che la camera di consiglio del Tar si pronunci il prossimo 29 maggio. Anac e Tar sembrano dare ragione a Valentina Corrado, consigliere regionale 5 Stelle, che ha presentato un’interrogazione sulla vicenda 20 giorni fa, evidenziando l’illegittimità delle delibere di Zingaretti che revocavano la direzione “attività di controllo e vigilanza” assegnata a Savarino e indicavano come nuovo responsabile anticorruzione Andrea Tardiola, già segretario generale di Giunta. “C’è una illegittimità al cubo qui – sottolinea la Corrado – perché Zingaretti ha revocato l’incarico a Savarino con una delibera in assenza della Giunta, che si doveva ancora formare dopo le elezioni e ha anche nominato come sostituto all’anticorruzione Tardiola, che essendo segretario generale della Giunta è in conflitto di interesse visto che il responsabile Anticorruzione dovrebbe essere una figura indipendente senza ruoli apicali in Regione. Tardiola incarnava il classico esempio del controllore e del controllato in un’unica persona”.

“Anche il Tar, dopo l’Anac – sottolinea Roberta Bernardeschi del sindacato dei dirigenti regionali Direr Sidirs – censura l’operato di Zingaretti. Riteniamo che il segnale sia chiaro e forte affinché vengano sospese tutte le iniziative di riposizionamento della dirigenza interna ed esterna con criteri fantasiosi ed arbitrari per aprire finalmente un confronto su criteri di funzionalità e legalità sia per l’assetto organizzativo che per gli incarichi dirigenziali a partire da quelli di vertice”.

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Hashtag24, italiani promossi o bocciati in inglese?

In studio con Riccardo Bocca la scrittrice Michela Murgia, il presidente dell'Accademia della Crusca Claudio Marazzini e John Peter Sloan, autore e insegnante d'inglese



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Lavoravano ogni giorno per informare i cittadini. E per raccontare l’Afghanistan con una penna, una macchina fotografica o una telecamera. Anche quando, nei momenti peggiori del conflitto, tutti gli altri avevano smesso di farlo. “Quando guardo indietro, la fuga dei talebani dagli americani nel 2001 è stata una grande speranza. Ma oggi questa speranza è scomparsa“, scriveva nell’ottobre del 2016 Shah Marai, il fotografo dell’Agence France Presse (Afp) che ha perso la vita insieme ad altri otto giornalisti negli attacchi terroristici del 30 aprile, quelli “messi in atto per colpire la stampa”. Oltre a lui, secondo il portavoce della polizia locale sono rimasti uccisi anche Yar Mohammad Tokhi, da 12 anni cameraman di ToloNews, il giornalista Ghazi Rasooli e l’operatore di 1Tv Nowroz Ali Rajabi, Saleem Talash e Ali Saleemi di Mashal Tv. A loro si aggiungono i reporter di Azadi Radio, emittente legata a Radio Free Europe-Radio Liberty, Abdullah HananzaiMahram Durani e Sabawoon Kakar. Ma non solo. Perché nella provincia afghana di Khost è stato ucciso a colpi di pistola un altro giornalista, Ahmad Shah, che da oltre un anno lavorava per la Bbc.

Shah Marai, vent’anni di scatti su Kabul  – “I talebani odiavano i giornalisti e dovevo tenere un basso profilo”, racconta Marai in un post ripubblicato da Afp per commemorare la sua morte. “Lavoravo con una piccola reflex che dovevo nascondere in una sciarpa avvolta intorno alla mano”. Il reporter ha iniziato a documentare l’Afghanistan nel 1998, quando “era proibito fotografare tutti gli esseri viventi, sia uomini che animali”, perché “era contro la loro concezione dell’Islam“. Poi è iniziata la guerra. “L’11 settembre ho visto sulla Bbc gli aerei incastrarsi nelle Torri gemelle“, racconta. “Senza immaginare nemmeno per un secondo le possibili ripercussioni sull’Afghanistan”. Ma le bombe sono arrivate presto. “Il 7 ottobre sono iniziati i bombardamenti su Kandahar. Stavo telefonando a Islamabad quando ho sentito gli aerei su Kabul: le prime bombe sono cadute sull’aeroporto. Non sono andato a letto, né potevo uscire di casa”. E all’improvviso, nel giro di poche settimane, la città è stata liberata. “Le strade erano piene di gente, la gente usciva, tornava a vivere”, continua il fotografo. “E poi… nel 2004 i talebani sono tornati. A Kabul sono iniziati gli attacchi. Ovviamente la città è cambiata dal 2001, nei negozi c’è tutto. Ma non c’è speranza. Ogni mattina, quando arrivo in ufficio, ogni notte, quando arrivo a casa, penso all’autobomba o al kamikaze che potrebbe uscire dalla folla. Non vedo una via d’uscita”. Marai, 48 anni, lascia una moglie e sei figli, tra cui una bambina appena nata. Il suo coraggio e il suo lavoro sono stati ricordati anche da Emergency, per aver fotografato le vittime del conflitto e per aver mostrato la realtà della guerra.

Sabawoon Kakar e quella notizia che ha fatto il giro del mondo – Aveva raccontato una storia poi ripresa in tutto il mondo, Sabawoon Kakar. A fine marzo una giovane madre 25enne si è presentata all’università di Kabul con l’ultima delle sue tre figlie, ancora neonata, attaccata al collo. Ha partecipato agli esami d’ingresso dell’ateneo ed è riuscita a passarli. La vicenda, raccontata dal corrispondente a Kabul per Radio Free Europe-Radio Liberty e dalla collega Farangis Najibullah, è diventata virale ed è finita sui tutti i principali giornali del mondo occidentale. Grazie ai due giornalisti e alle foto scattate da Yahya Erfan, l’associazione britannica Afghan Youth ha lanciato una raccolta fondi – il cui traguardo è stato già superato – per finanziare gli studi della giovane mamma.

Ahmad Shah, da un anno a lavoro per la Bbc – “Era un giornalista rispettato e popolare”, sono invece le parole utilizzate dal direttore di Bbc World service Jamie Angus per ricordare Shah. “È una perdita devastante e mando le mie più sincere condoglianze ai familiari e agli amici di Ahmad Shah e all’intero team afghano di Bbc News. Faremo tutto quello che possiamo per supportare la famiglia in questo momento di difficoltà”, ha aggiunto. Il reporter, in servizio per l’emittente inglese da oltre un anno, lascia una moglie sposata solo sei mesi fa.

L'articolo Kabul, le storie dei cronisti uccisi. Shah Marai: “I talebani odiavano i giornalisti, era proibito fotografare gli esseri viventi” proviene da Il Fatto Quotidiano.



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Collocabile tra gli estremi rappresentati dal Ritorno a casa Gori e quello dei morti viventi, tra il dialettale e l’orrido, la molto annunciata e non particolarmente attesa rentrée di Matteo Renzi, – ospite del talk show liofilizzato di Fabio Fazio – induceva nello spettatore una qualche punta di tristezza. Un po’ come l’ennesima partita d’addio del celebre calciatore, in cui l’appannamento degli scatti e la silhouette appesantita del festeggiato fanno subito capire che forse sarebbe stato meglio anticipare tale ritiro da un bel pezzo.

Del resto, il primo segnale che il tempo è ormai irrimediabilmente passato lo forniva il barometro impersonificato dall’espressione del conduttore, freddina e sulle sue; quando in altri tempi – fedele al cliché dell’animatore da villaggio vacanze – Fazio avrebbe emesso soddisfazione di poter accogliere un tipo che sino al dicembre 2016 campeggiava quale indiscusso protagonista della scena politica nazionale. Ma che da allora ha perso tocco e smalto; per poi proseguire nel declino, fino ad arrivare all’estrema batosta del marzo 2018, che lo ha declassato al rango di fastidioso “rieccolo”. Un po’ come quei cantanti toscani di cui si sono perse le tracce (che ne so, Nada, Don Backy, Pupo), il cui improvviso riapparire procura solamente imbarazzo.

Per di più il ritorno del Renzi risultava preparato davvero male, in quanto l’intera sceneggiatura che avrebbe sciorinato a Che tempo che fa era stata maldestramente anticipata, tra stecche e stonature, dal gruppo di spalla (detto anche “apri concerto”) composto da due antipatici naturali quali Matteo Orfini e Andrea Marcucci; ultime raffiche del renzismo e vocalist a disco rotto: “chi ha vinto faccia vedere se è capace a governare”, “i programmi sono incompatibili” e via andando. Una serie di solenni baggianate, visto che – come ormai avevano fatto notare numerosi critici politico-musicali – in un sistema proporzionale quale il Rosatellum non si ragiona più secondo la logica maggioritaria, bensì in quella combinatoria; l’alibi programmatico fa ridere, visto l’uso esclusivamente cerimoniale della retorica contenutistica in un sistema politico fondato sulla presa per i fondelli dell’elettorato, quale il nostro. Specie in bocca a chi nel recente passato ha fatto governi con cronici menefreghisti tematici quali Silvio Berlusconi e Denis Verdini.

Dunque uno spartito prevedibile e sostanzialmente risaputo. Di certo incapace di apportare un qualche contributo al dibattito pubblico e favorire il superamento dell’attuale stallo. Ma, a differenza delle “vecchie glorie” della musica e dello sport, c’è un aspetto che tiene ancora in gioco l’avvizzito quarantenne di Rignano sull’Arno: la rendita di posizione derivante dall’aver avvelenato i pozzi del dibattito interno al Partito democratio, operazione realizzata intasando di yes-man/woman gli organigrammi del partito. A quale scopo? Di fatto l’incontinenza verbale renziana ha fatto trapelare la risposta, non adeguatamente individuata e sceverata da un conduttore a circolazione sanguigna basata sul rosolio: Renzi vuole proseguire nell’opera devastatrice minando il quadro politico esterno; osteggiando le ipotesi che potrebbero determinare un minimo di governabilità nel nostro sistema politico, a fronte di un vero e proprio deragliamento in atto dell’intero quadro economico e sociale. Disegno da pervicace egocentrico: dopo “l’après moi le déluge!” del pasticcione che si credeva Luigi XV, ora siamo al fumetto hollywoodiano “Rambo Due, la vendetta”.

Questo l’inquietante messaggio tra le righe: la frenesia permanente di voler ritornare in pista. Inquietante soprattutto per quanto riguarda il buon senso politico di chi lo lancia e persegue. Non ancora resosi conto che gli italiani sono stufi di un invecchiato ragazzotto; intenzionato da sempre a prenderli in giro, puntando tutto su un blairismo che solo dalle sue parti qualcuno ritiene ancora una ricetta vincente.

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“Aggiungi cavalli e andrai forte in rettilineo, togli peso e andrai forte ovunque”: lo diceva Colin Chapman, fondatore della Lotus. Un concetto che piace molto agli ingegneri giapponesi della Suzuki: per l’ultima edizione della Swift Sport, il modello più frizzante della loro compatta di taglia urbana, i tecnici hanno puntato soprattutto sul contenimento della massa.

Così la terza generazione di Swift Sport, che nel frattempo è diventata più bassa e più larga, fa fermare l’ago della bilancia a 975 Kg, 80 in meno del modello precedente. La potenza, invece rimane invariata, a quota 140 Cv: tuttavia il vecchio quattro cilindri 1.6 aspirato ha lasciato spazio al nuovo 1.4 turbo a iniezione diretta, che vanta una coppia di 230 Nm, 70 in più che in passato. Ne risulta un rapporto peso/coppia motrice di 4.2 kg/ Nm, tra i migliori della categoria (il modello precedente si fermava a 6.2 kg/ Nm). Inoltre il motore è più amico dell’ambiente: le emissioni di CO2 sono passate da 147 a 125 g/km, mentre il consumo medio dichiarato secondo ciclo Nedc è di 5,6 litri/100 km.

Esteticamente la Swift Sport si distingue per i paraurti esclusivi, per lo spoiler anteriore e quello sul tetto, le minigonne, uno pseudo estrattore di coda e le ruote da 17 pollici in alluminio lucidato bicolore. Ai guidatori più corsaioli piacerà anche il doppio terminale di scarico e gli interni con sedili sportivi dedicati (l’infotainment, compatibile con smartphone, sfrutta un touchscreen da 7 pollici”). Mentre chi bada alla tecnica apprezzerà la piattaforma costruttiva “Heartect”, più rigida grazie a un aumento dei punti di saldatura.

All’interno il colpo d’occhio non delude in termini di design e funzionalità; tuttavia i materiali usati per plancia e portiere sono migliorabili. Il posto guida è comodo e ampiamente regolabile e su strada la Swift Sport diverte senza impensierire grazie all’equilibrato bilanciamento fra motore e telaio. Il passo si è allungato di 20 mm, mentre le carreggiate sono 40 mm più larghe, sia all’anteriore sia al posteriore: ciò, complice una carrozzeria più bassa di 15 mm, rende l’auto più stabile e piantata a terra quando si va di fretta (all’avantreno c’è un MacPherson, mentre al retrotreno una barra di torsione).

La tenuta di strada è elevata e le reazioni sempre sincere, anche guidando “da asini”. Il suo asso nella manica, come detto, è la leggerezza complessiva, che non affatica mai freni – che, però, hanno un morso iniziale fin troppo aggressivo – e gomme: l’assetto tiene il corpo vettura abbastanza fermo in curva pur senza compromettere il comfort complessivo. Buona la taratura dello sterzo, pesante il giusto e abbastanza preciso, forse un filo lasco al centro. Piacevole pure il cambio manuale a 6 marce. Il motore ha coppia da vendere e si comporta bene ai bassi e medi regimi, ma perde grinta nella parte alta del contagiri, dove invece ci si aspetterebbe più determinazione. Le performance, però, non deludono: 0-100 all’ora coperto in 8,1 secondi e 210 orari di velocità massima.

Davvero completa la dotazione di sicurezza di serie: comprende il sistema di frenata automatica di emergenza con riconoscimento dei pedoni, il dispositivo che corregge automaticamente la traiettoria dell’auto se si superano le linee di corsia, il monitoraggio dello stato psicofisico del conducente (funziona con l’analisi dei suoi comportamenti di guida) e l’Adaptive Cruise Control. Non mancano, inoltre, i fari full Led, la retrocamera e il climatizzatore automatico. Prezzo? 21.190 euro: ma fino al 31 maggio sarà possibile acquistare Swift Sport al prezzo promozionale di 18.150 euro.

Suzuki Swift Sport – LA SCHEDA

Il modello: è l’edizione più potente dell’utilitaria giapponese, spinta da un 4 cilindri turbo da 140 CV

Dimensioni: lunghezza 3,89 metri, larghezza 1,73 metri, altezza 1,49 metri

Motore benzina: 1.4 turbo da 140 CV

Velocità massima: 210 km/h

Consumi medi ciclo Nedc: 5,6 litri/100 km

Emissioni CO2: 125 g/km

Prezzi: a partire da 21.190 euro

Ci piace: guidabilità, costi di gestione contenuti, dotazione di sicurezza molto completa

Non ci piace: materiali interni migliorabili

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Genova, il video del salvataggio del macchinista dal treno deragliato

Il macchinista, che in questo filmato viene estratto dal convoglio grazie all'intervento dei Vigili del fuoco, ha detto di avere avuto un mancamento e di non avere fatto in tempo a frenare. La Procura ha aperto un'inchiesta



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È la partita che potrebbe aver deciso il campionato a favore della Juventus, dopo lo scivolone del Napoli a Firenze. Ma è anche l’eterna sfida tra due grandi del calcio italiano, con un passato a dir poco burrascoso fatto non solo di campo ma anche di tribunali, con tanto di scudetti revocati. Per questo le polemiche scatenate dall’arbitraggio di Orsato nel match di San Siro tra Inter e Juventus, vinto 3 a 2 in rimonta dalla squadra di Allegri, fanno ancora più rumore e non sembrano fermarsi.

“Alcune cose non cambiano mai” – L’Inter protesta (in ritardo) e fa un velato riferimento a storiche questioni extracalcistiche: “Alcune cose non cambiano mai”, ha detto l’ad nerazzuro Alessandro Antonello, cavalcando l’altra polemica di sabato notte, quella nata dai video circolati in rete in cui si vede l’allenatore della Juventus Allegri scambiare una battuta con il quarto uomo Paolo Tagliavento in zona mista e quello dello stesso arbitro durante la partita al momento di segnalare il recupero. “Adesso nel recupero vinciamo”, è stato interpretato erroneamente sul web il labiale di Tagliavento. La Procura federale ha acquisito e visionato la immagini per correttezza ma non ha aperto alcuna indagine, come invece riportato da alcune testate.

Furia Inter – “Rabbia smaltita? Assolutamente no”. Ha aspettato 38 ore l’ad dei nerazzurri prima di commentare, ma il messaggio è ancora più duro dell’iniziale reazione della società, affidata al figlio del proprietario, il 26enne Steven Zhang, che aveva preferito glissare: “Non parliamo dell’arbitro, siamo l’Inter”. Ma la tifoseria, fin da sabato notte, aveva lamentato l’assenza del del club in una vicenda di cui sta parlando tutta l’Italia del calcio. E allora la dirigenza ha deciso di tornare sui fatti di sabato sera: “Il mister ha chiesto alla squadra di essere ferocissima in campo e i ragazzi lo sono stati. Sono successe cose inaccettabili e inspiegabili, non siamo arrabbiati ma arrabbiatissimi“, ha detto Antonello in un’intervista a Inter Tv. “Meritiamo rispetto, il club merita rispetto così come i nostri tifosi. Quello che è successo – ha aggiunto – è sotto gli occhi di tutti, è stato visto da 80mila persone allo stadio, da 170 paesi collegati e 700 milioni di persone. Sicuramente non è stato uno spot positivo per il calcio italiano. Anzi, forse è stata una eurofiguraccia“. Poi quella che sembra una stoccata ai bianconeri: “Abbiamo rivisto tutti gli episodi e non riusciamo a spiegarci come mai nel corso della stessa partita siano stati usati due pesi e due misure – ha concluso – Nel mondo del calcio molte cose stanno cambiando ma sembra che alcune di queste rimangano invariate. Noi comunque siamo orgogliosi della nostra storia”.

L’attacco di De Magistris – Se la partita di San Siro rende nervosa l’Inter, che ora vede quasi impossibile raggiungere il quarto posto utile per la Champions, i tre punti della Juve scatenano anche il Napoli, sconfitto 3-0 dalla Fiorentina. Con tre partite da giocare e un solo appuntamento difficile per i bianconeri, quello all’Olimpico con la Roma, i partenopei sentono di aver perso il treno scudetto. E ad entrare nella polemiche sull’arbitraggio di Orsato in Inter-Juve è il sindaco in prima persona: “Sono orgogliosamente napoletano sempre, nella gioia e nel dolore, con i nostri difetti ed i nostri pregi. La nostra Città e il popolo napoletano sono stanchi delle ingiustizie. Ci riprenderemo tutto quello che ci avete levato, conquisteremo quello che ci spetta. Nulla di più di ciò di cui abbiamo diritto”, ha scritto su Facebook Luigi De Magistris.

“Sete di giustizia” – Poi un attacco diretto alla Juventus: “La differenza tra noi e quelli che usurpano i nostri diritti  è che noi comunque viviamo perché amiamo ed abbiamo un cuore grande e profonda umanità loro invece si sentono forti e potenti rubando, con furti di Stato o di Calcio”, ha scritto il sindaco. “Il maltolto ce lo riprenderemo tutto, senza lamentele e senza cappello in mano, con la schiena dritta e con la lotta. La nostra dignità non ha prezzo, la nostra sete di giustizia è vasta e profonda. Uniti si vince, abbattendo i palazzi dei poteri corrotti, conquistando i nostri traguardi. W Napoli”, ha concluso.

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Stop ai finanziamenti per l’Istituto superiore di giornalismo, via libera a quelli per i giornalisti minacciati. L’Assemblea regionale siciliana ha approvato un emendamento di Claudio Fava che sposta 200mila euro previsti in finanziaria per il risanamento dell’Istituto superiore di giornalismo a un fondo per i cronisti che hanno subito minacce e danneggiamenti dalla mafia.

Duecentomila euro non saranno più sprecati per finanziare un istituto – cosiddetto – di giornalismo, (l’unico in Italia che non forma giornalisti, non permette l’iscrizione all’Albo e non è riconosciuto dall’Ordine dei giornalisti) ma verranno utilizzati per un fondo ad hoc per i giornalisti vittime di minacce e danneggiamenti da parte della criminalità mafiosa. Un riconoscimento doveroso ai tanti operatori dell’informazione che giornalmente rischiano per cercare e raccontare la verità con le loro inchieste e il loro lavoro”, è il commento di Fava, figlio di Pippo, giornalista ucciso da Cosa nostra nel 1984. L’ok all’emendamento è arrivato a voto segreto nonostante il parere contrario del governo.

Nel frattempo l’aula continua la discussione per l’approvazione a ogni della legge finanziaria visto che oggi, 30 aprile, scade l’esercizio provvisorio. Il presidente dell’Ars, Gianfranco Miccichè, prosegue spedito e dai banchi del M5s si sollevano le proteste. “C’è una conduzione d’Aula che non funziona – dice la capogruppo Valentina Zafarana – non è possibile che non si possa chiedere cosa stiamo votando o chiarimenti sugli emendamenti presentati. A questo non ci stiamo, se vuole che andiamo via dall’Aula”. “Entro oggi la legge dice che deve essere varata la finanziaria, viceversa questa Assemblea verrà sciolta e siccome e io sono il presidente farò di tutto perché non avvenga”, ribatte Micciché.  La seduta è ripresa alle ore 16 con il voto degli emendamenti al comma 1 del maxi emendamento presentato dalla commissione Bilancio. Il comma 1 contiene 58 articoli del testo originario della finanziaria. Gli emendamenti presentati, quasi tutti del M5s, sono per la maggior parte soppressivi.

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Tra accuse sballate al suo successore Paolo Gentiloni (“il Paese dal 4 dicembre del 2016 è bloccato”) e proposte di nuove riforme costituzionali già clamorosamente bocciate dalla maggioranza degli italiani, Matteo Renzi una cosa giusta da Fabio Fazio l’ha detta: il presidente della CameraRoberto Fico, deve davvero spiegare la questione della colf (per lui “un’amica”) che lavora nella casa napoletana divisa da molti anni con la sua fidanzata.

Le versioni diametralmente opposte offerte alle telecamere de Le Iene dalla ragazza (“ho un contratto regolare”) e da Fico meritano un chiarimento. Non solo perché chi ricopre cariche istituzionali tanto importanti ha il dovere di dare sempre il buon esempio e di non mentire (se mai Fico lo ha fatto), ma anche perché è facile prevedere che, in assenza di una parola definitiva, questa storia nei prossimi giorni finirà per provocare l’intervento dell‘Ispettorato del lavoro e delle autorità previdenziali.

Fingere che tutto verrà dimenticato non è giusto e sopratutto non serve: perché senza rapide decisioni la questione della presunta colf in nero diventerà un vulnus per la credibilità di Fico e finirà per provocare un grave danno al suo Movimento.

Certo, lo sappiamo. La vicenda, anche se fosse definitivamente accertata, è di per sé minima. Gli italiani che hanno colf prive di contratto regolare sono centinaia di migliaia. A spingerli a non regolarizzare a volte sono le stesse collaboratrici domestiche e molto più spesso norme farraginose a cui si aggiungono costi sproporzionati. Ma Fico milita in una forza politica che da sempre sostiene di combattere ogni irregolarità ed abuso. E che sopratutto ha fatto della trasparenza uno dei suoi principi fondanti. Se non si arriverà a un punto definitivo, questa storia verrà rinfacciata dagli avversari ai pentastellati in ogni dibattito pubblico e finirà per provocare loro una grave perdita di consensi.

I cinque stelle da pochi mesi hanno un nuovo statuto che ha introdotto il collegio dei probiviri. A essi spetta il compito di accertare come stanno le cose, marcando la differenza rispetto a chi spesso chiude non un occhio, ma due, davanti a comportamenti eventualmente censurabili dei suoi esponenti più importanti.
Va detto però che la questione, oltre che spinosa dal punto di vista etico-politico, è umanamente molto delicata. Selvaggia Lucarelli su twitter ha spiegato che la compagna di Fico, proprietaria della casa, sta guarendo da una lunga e grave malattia (le Iene ne erano al corrente), mentre il presidente della Camera non ha residenza a Napoli, ma a Roma, dove ha assunto regolarmente una colf. Ma al di là di tutto il problema resta. E per risolverlo non basta ricordare che Le Iene hanno come editore il leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi, o che qualche anno fa i vertici di Mediaset impedirono al programma di mandare in onda un servizio sulle note spese di Renzi. Per chi fa politica e vuole essere il nuovo, la via maestra è invece una sola: la verità, qualunque essa sia, senza preoccuparsi delle sue conseguenze.

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Non sono riusciti a raggiungere il rifugio perché sorpresi da una bufera di neve. Un imprevisto che è costato la vita a 4 escursionisti e altri 5 lottano tra la vita e la morte. I nove facevano parte di un gruppo di 14 persone di nazionalità italiana, francese e tedesca che si trovava sull’Haute Route Chamonix-Zermatt, nelle Alpi Svizzere.

Gli sciatori avrebbero dovuto raggiungere il rifugio a 3157 metri di quota fra la Pigne d’Arolla e il Monte Collon. L’operazione di salvataggio è partita dopo un allarme lanciato verso le 6.30 di lunedì dal responsabile della capanna Vignettes, obiettivo del gruppo.

Impegnati sette gli elicotteri di Air Glaciers, Air Zermatt e Rega, oltre a diversi medici e guide. Ma quando i soccorsi sono arrivati in quota uno è stato trovato morto. Altri tre escursionisti sono deceduti in ospedale e cinque sono in condizioni gravissime nelle strutture mediche del Canton Vallese, Berna e Losanna. Gli altri soffrono di leggera ipotermia ma non sono in pericolo.

 

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A guastare la festa del Primo Maggio agli studenti del liceo “Garibaldi” di Napoli ci si è messa l’alternanza scuola-lavoro. La classe quarta del classico avrebbe dovuto presentarsi alle nove al Pio Monte della Misericordia come programmato ma i ragazzi hanno alzato la voce attraverso una protesta via Facebook e fatto cancellare la data. Un passo indietro concordato tra la fondazione che gestisce il monumento e il liceo che avevano programmato questo appuntamento perché la scuola partecipa da sempre al “Maggio dei monumenti” e domani l’afflusso dei turisti sarebbe stato numeroso.

Peccato che nessuno abbia pensato che gli studenti non ne volevano proprio sapere di rinunciare ai principi e ai diritti: “Non è una festa qualsiasi; l’alternanza nel giorno della festa del lavoro sarebbe stata inopportuna – spiega Simona, che si fa portavoce degli altri compagni -. Non vogliamo far passare il messaggio che ce l’abbiamo con l’ente o con la scuola ma con l’istituzione dell’alternanza. Per noi queste ore sono una grandissima perdita di tempo: io ho scelto un liceo perché voglio studiare greco e latino, voglio studiare non lavorare. Vogliamo mettere in primo piano il nostro sapere perché sia utile domani al nostro lavoro”.

Un passo indietro che è arrivato dopo le proteste pubblicate sulla pagina Facebook del Collettivo autonomo studentesco Garibaldi attraverso dei video dove i ragazzi hanno usato parole pesanti: “Avremmo preferito fare vacanza o andare con i nostri genitori e invece verremo sfruttati e verremo mandati a fare le guide senza essere pagati”. E ancora: “Andremo a fare la guida. I nostri professori hanno dovuto trovare degli escamotage per farci fare la pausa pranzo e farci uscire ad un orario decente. Le condizioni dei mezzi di trasporto sono devastanti e le persone che devono recarsi dalla provincia al centro della città sono molto svantaggiate”.

Voci che non sono rimaste inascoltate. A schierarsi con i ragazzi sono state anche le organizzazioni sindacali. Francesco Sinopoli, segretario nazionale della Flc Cgil è rimasto attonito di fronte alla notizia: “Un episodio che per fortuna è rientrato. Resta il fatto che l’alternanza scuola-lavoro dopo che sono state definite questo numero enorme di ore da adempiere, è diventata solo una procedura burocratica. È sconcertante pensare che all’interno del progetto formativo si è pensato di programmare un’esperienza di scuola alternanza lavoro il Primo Maggio quando si dovrebbero insegnare ai ragazzi i diritti”.

Dello stesso parere Lena Gissi, della Cisl Scuola: “L’alternanza per come è stata impostata ha di buono solo l’idea. Non è necessario che i ragazzi vadano a farla proprio il Primo Maggio ma devono sapere che quest’esperienza è basata su dei diritti da rispettare. Poco interessa che il 1 maggio sia il giorno di maggiore affluenza dei turisti. Stiamo lottando contro i supermercati che aprono e viene programmata l’alternanza nel giorno della festa dei lavoratori?”.

Nei giorni scorsi a sostegno degli studenti del classico si erano schierati anche altri ragazzi che avevano organizzato una protesta proprio davanti al Pio Monte della Misericordia. Una vittoria per Simona e i suoi compagni che domani non andranno a “lavorare”. “E’ stata sospesa l’attività. I nostri docenti ci sono venuti incontro riorganizzando l’attività in modo da non farci perdere il monte ore necessario. La scuola in accordo con il Pio Monte ha sospeso l’iniziativa. Sono state accolte le nostre richieste. Abbiamo trovato una soluzione con l’ente e con la scuola, non c’è stata alcuna costrizione”.

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La migrazione è sicuramente uno dei temi più complessi che caratterizza il nostro presente, è anche una delle questioni più trattate nei media che ci restituiscono immagini difficili da dimenticare. Disastri naturali, conflitti e necessità economica spingono milioni di persone al movimento imponendosi nell’agenda politica di diversi Paesi.

La migrazione ha una forte caratterizzazione femminile che non può essere trascurata; affrontare un fenomeno come questo senza un approccio di genere non solo lascia indietro milioni di donne e ragazze che già versano in una condizione di difficoltà ma impedisce anche l’opportunità di empowerment individuale e sociale che lo spostamento potrebbe portare con sé.

Dal 9 al 13 aprile si è svolta a New York la 51° sessione della Commissione per la popolazione e lo sviluppo, presso la sede delle Nazioni Unite. La Commissione ha il compito di esaminare i progressi compiuti dopo l’adozione del Programma d’azione della Conferenza internazionale sulla popolazione e lo sviluppo (Icpd) del 1994, che ha stabilito l’importanza della salute sessuale e riproduttiva e dei diritti al benessere delle persone, delle comunità e Paesi.

Il tema della Commissione di quest’anno è stato Città sostenibili, mobilità umana e migrazione internazionale. Si stima infatti che un miliardo di persone nel mondo siano migranti: ovvero una ogni sette persone. La Commissione si è conclusa con un documento finale un po’ debole a causa della posizione degli Stati Uniti, la cui visione tende a ridurre la portata del valore della salute sessuale e riproduttiva. Un’importanza invece riconosciuta nella dichiarazione dalla delegazione tunisina che a nome di 35 Paesi ne riafferma la centralità.

Ma mentre i politici tentano di capire come questi movimenti di massa influenzino società, economie, sicurezza e sostenibilità, i bisogni specifici delle donne e delle ragazze si stanno perdendo nelle maglie della complessità della questione. Il Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione (Unfpa) ha individuato – in un articolo uscito nei giorni scorsi – cinque punti fondamentali che richiamano l’attenzione internazionale all’obiettivo numero cinque dell’Agenda 2030: la parità di genere e l’empowerment femminile come obiettivo specifico da raggiungere per l’intero pianeta ma anche come trasversale se si vuole avere davvero un mondo che si avvii, nei prossimi anni, verso uno sviluppo sostenibile.

I cinque punti fondamentali individuati da Unfpa forniscono un quadro della situazione:

1. quasi la metà dei migranti sono donne e ragazze. Queste ultime migrano sempre più da sole o come capofamiglia;
2. le donne migranti sono esposte a gravi rischi, tra cui lo sfruttamento sessuale, la tratta e la violenza;
3. le donne migranti affrontano una doppia discriminazione: come donne e come migranti;
4. le donne non smettono di rimanere incinte quando sono in movimento;
5. donne e ragazze migranti hanno maggiori probabilità di affrontare problemi di salute, sia in transito che nei Paesi di arrivo;

Servono impegni concreti in favore della parità di genere, della salute, dei diritti sessuali e riproduttivi di donne e ragazze in tutto il mondo, in un’ottica di cambiamento strutturale e non più solo come questione emergenziale.

Si tratta non solo di una vision ma del rispetto di patti e strumenti approvati largamente a livello internazionale come il Programma di azione del Cairo e l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile.

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In queste settimane il M5s ha dimostrato una grande maturità politica. A differenza dello tsunami di illazioni e offese che ci è giunto in questi anni dai mass media che ci descrivevano come inadeguati e immaturi. Una legge elettorale votata da tutte le forze politiche (escluso noi), ci ha “costretto” a tentare di trovare un accordo con coloro che sono la ragione per cui siamo nati. Con competenza, impegno e umiltà, pur di fare il benessere degli italiani, abbiamo superato questo ancestrale disagio e manifestato la volontà a stipulare un contratto con chi tenesse a cuore il bene comune.

Ci abbiamo provato con la Lega, chiedendo di tener fuori il vetusto pregiudicato Silvio Berlusconi, ma evidentemente Matteo Salvini, nonostante l’ennesima infamante condanna a Marcello Dell’Utri, preferisce (o vi è costretto) restare legato con l’ex-cavaliere. Ora, dopo giorni di dichiarazioni a cui non seguivano fatti, stiamo dialogando con il Partito Democratico.

In tanti mi hanno scritto o fermato per strada chiedendo la mia posizione. Sarà demodée e magari errata, ma eccola: reputo entrambe queste forze politiche distanti per incoerenza e programma dalla mia visione del mondo e credo anche di quella di buona parte degli attivisti, simpatizzanti ed elettori del M5s. Se erro mi correggerete. Del resto sono un portavoce. Io sono favorevole a puntare a trovare un dialogo e a stipulare un contratto per il bene dell’Italia che è superiore a ogni logica di bottega, ma con certi politici di professione anche un contratto temo sarebbe come mescolare un buon whisky d’annata con mezzo litro d’acqua.

Paradossalmente, sull’ennesima aggressione alla Siria da parte di Francia e Usa ho apprezzato di più la posizione della Lega rispetto a quella del Pd espressione di un atlantismo succube e sempre obbediente. Ma la Lega, che da più di 20 anni è legata a Berlusconi, è credibile come la laurea conseguita a Tirana da “Il trota”, figlio di quel senatur che ho visto ancora aggirarsi tra gli scranni di Palazzo Madama. La Lega è un partito che ha edificato il proprio consenso iniettando nelle vene degli italiani paure e non consapevolezza, come fatto da noi sin dalla nascita.

Da oramai due mesi stiamo proponendo in maniera responsabile un accordo sui temi e i tempi. Ci abbiamo tentato, forse anche troppo, conoscendo coloro a cui ci siamo rivolti. Auspico davvero che per il bene di tutti/e noi che si possa trovare ancora una sintesi positiva, ma, e questa è la mia personalissima posizione, dico che il tempo è scaduto. I partiti hanno palesato la loro vera natura, il centrodestra non è riuscito a depurarsi dal berlusconismo e il Pd dal renzismo.

Ma sul serio si può ipotizzare di elemosinare voti da un soggetto che voleva eliminare il Senato e poi si è fatto eleggere senatore? Uno che ha architettato un fallimentare e, secondo me, antidemocratico referendum costituzionale ? Matteo Renzi è il serial killer di ciò che restava della sinistra: da tempo affermo che il suo obiettivo è distruggere definitivamente il Pd e creare un suo partito stile quello di Macron, ma anche questo egoistico progetto è destinato a fallire.

Davvero per il M5s è immaginabile o ipotizzabile un nostro governo, un governo riformista con Matteo Renzi o Maria Elena Boschi come ministro? E se ci venisse imposto Gennaro Migliore come sottosegretario? E su la Tav? Gli F35? Il ponte sullo stretto? Le trivelle in mare? Gli inceneritori? La buona scuola? Il Jobs Act? La riforma del sistema bancario? È possibile davvero una sintesi di cambiamento? A mio avviso si andrebbe al voto in uno, due anni con Pd e Lega rinforzati e noi con le gambe rotte.

Non possiamo tradire coloro che, dopo anni, hanno intravisto nel M5s l’unica alternativa all’astensione dinanzi a una classe politica al servizio dei potentati economici finanziari e non dei cittadini.

Come affermo da diversi giorni, ora che abbiamo i numeri eliminiamo alla Camera i vitalizi e torniamo il prima possibile alle elezioni. Ora che abbiamo i numeri eliminiamo alla Camera i vitalizi e torniamo il prima possibile alle elezioni. Auspicabilmente con una legge elettorale migliore. Spieghiamo bene agli italiani che ci abbiamo provato a stipulare un contratto serio che non tenesse in considerazione le poltrone ma i temi, purtroppo i partiti non l’hanno voluto firmare. Il Paese necessita di mutamenti strutturali e non cosmetici, sono sicuro ne usciremmo con un mandato di straordinaria fiducia. Viviamo il tempo della società liquida come indicato dal grande sociologo Zygmunt Bauman, anche l’elettorato è liquido e, se perseveriamo, rischiamo davvero di depauperare considerevolmente la fiducia che ci è stata data. Rischiamo di passare come coloro che anelano potere e non una svolta democratica.

I colleghi che ho conosciuto in questi mesi sono davvero persone di grande qualità umana e tutti desideriamo donarci per garantire un nuovo inizio all’Italia. Non possiamo bruciare la nostra coerenza e credibilità e quello che abbiamo piantato in più di 10 anni di lotte, speranze e sacrifici fatti da migliaia di attivisti. Questi partiti sono espressione di un’idea di società che sta deflagrando perché in essa, al centro è situata il dio denaro e non l’uomo. La nostra deve essere prima di tutto una rivoluzione culturale e poi politica. I tanti che ci hanno votato, in noi vedono questo mutamento culturale. Noi siamo l’alternativa. Noi siamo oltre. A riveder le stelle.

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Lo sciopero degli operai blocca lo stabilimento Ilva di Taranto. “Registriamo la fermata totale delle acciaierie”, hanno annunciato i coordinatori di fabbrica e le rappresentante di Fim, Fiom e Uilm commentando lo sciopero di 24 ore che si svolge da lunedì mattina per richiamare l’attenzione sulle problematiche della sicurezza legate ai mancati interventi di manutenzione. Anche se è scontro con l’azienda sulla percentuale di adesione, ferma al 34,8% nel primo turno, secondo Ilva, e invece tra il 70 e l’80 per cento ad avviso dei sindacati calcolando i lavoratori in cassa integrazione e coloro che hanno usufruito di ferie o hanno presentato il certificato di malattia. E al di là di numeri, sostengono, “l’obiettivo di fermare la produzione nelle acciaierie nella giornata dello sciopero”.

Traguardo raggiunto, insomma, e “messaggio chiaro ad Ilva in amministrazione straordinaria e Am InvestCo“. Occupazione, sicurezza, ambiente e salute, spiegano, “sono i temi che il sindacato unitariamente sta affrontando con responsabilità e deve essere chiaro che la stessa Mittal deve rivedere il proprio piano, condizione necessaria per riaprire la trattativa, per la salvaguardia dei livelli occupazionali dei lavoratori anche dell’indotto”. Il 2 maggio si terrà un consiglio di fabbrica unitario con le Rsu e “saranno decise e programmate – concludono le organizzazioni sindacali – assemblee con i lavoratori e nuove iniziative di mobilitazione“.

Da mesi, dice il segretario provinciale della Fim Cisl Taranto-Brindisi, Valerio D’Alò, “denunciamo l’assenza totale di manutenzioni ordinarie e straordinarie” e “non possiamo continuare a lavorare in queste condizioni”. Per D’Alò, “oggi è il giorno in cui la misura è colma sul serio: i lavoratori non possono più aspettare e il sindacato nemmeno. Sono state proclamate queste 24 ore di sciopero proprio perché il segnale che vogliamo dare è che gli impianti, chiunque li debba gestire, questi deve garantire la sicurezza di chi lavora dentro e di chi è fuori in città”.

Eppure il momento è critico, perché la trattativa tra i sindacati e AmInvestco, la cordata di Mittal, Gruppo Marcegaglia e Banca Intesa che si è aggiudicata l’Ilva, è a un punto morto. Il governo ha deciso di sospendere il tavolo perché gli acquirenti – per la seconda volta – sono tornati a parlare, con “una tattica negoziale fessa” secondo il ministro Carlo Calenda, di 8.500 occupati nel 2023. Cioè 1.500 in meno rispetto agli impegni presi in fase di contrattazione privata e oltre 5mila in meno rispetto alla forza lavoro attuale, che i sindacati vogliono che venga mantenuta.

Per poter proseguire la trattativa, è la posizione unitaria dei rappresentanti dei lavori, è necessario che ArcelorMittal modifichi radicalmente l’impostazione sui numeri. “Quello che loro hanno stabilito col governo (cioè i 10mila riassunti, ndr) per noi può rappresentare soltanto un punto di partenza su cui trattare – aggiunge D’Alò – Noi chiediamo la copertura per tutti i 14mila dipendenti del gruppo e che nessuno perda il posto di lavoro. Copertura che può passare anche dalle uscite volontarie incentivate. È importante quindi che il governo prenda i suoi impegni su quello che dobbiamo fare”.

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