In un blog venire allo scoperto con un’esperienza personale deve essere un’eccezione che nasce da un’emergenza, dal desiderio di porre l’attenzione su qualcosa che coinvolge non solo noi stessi, ma l’intera collettività. In questi giorni, con i fatti di Haiti (che riguardano Oxfam Gran Bretagna e che riporta a uno scenario del 2011 debitamente denunciato) mi sono sentita spesso rivolgere la domanda: “Continuerai a fare l’ambasciatrice per Oxfam Italia?”.  La mia risposta è sempre questa: “Sì, con più fermezza e convinzione di prima”.

Perché questa volta non metto la mia faccia e il mio nome per raccogliere fondi, ma per ribadire che in questi anni ho potuto constatare di persona la serietà, la dedizione, la trasparenza di questa grande organizzazione umanitaria. Che con le sue 22 affiliate opera in 90 paesi del mondo portando soccorso immediato nelle emergenze, lottando per e al fianco di 20 milioni di persone povere e vulnerabili. Nel mio viaggio in Tanzania del 2016 ho visto coi miei occhi i meravigliosi progetti (finanziati e realizzati) a favore delle donne, che sono il vero motore del cambiamento nei paesi in via di sviluppo. Nei miei tre anni da ambasciatrice Oxfam ho visto operatori lavorare 16 ore al giorno, dirigenti viaggiare in seconda classe e prendere mezzi pubblici per risparmiare sul taxi, ho visto soprattutto onestà e spirito di sacrificio, come in tante famiglie per bene.

Io di questa famiglia mi sento orgogliosamente parte e vorrei ricordare che Oxfam Italia, per ogni euro raccolto, manda 79 centesimi “direttamente sul campo”. In questo modo sono state aiutate 35.000 persone che altrimenti si sarebbero trovate in enormi difficoltà. Denunciare i comportamenti aberranti (ma anche solo scorretti) è un dovere, come quello di aprire un dialogo all’interno delle organizzazioni su ciò che ancora non funziona nel mondo dell’umanitario. Ma diventare il “Weinstein delle Ong”, senza nessun distinguo, è un danno d’immagine insensato oltre che gravissimo. Un danno d’immagine che andrà a colpire come sempre gli ultimi della terra, perché le centinaia di migliaia di euro mancanti, significheranno troppi progetti e aiuti concreti in meno.

Vi chiedo solo di riflettere su questo, e di non fare di tutta l’erba un fascio, per 7 casi su 60.000 tra operatori, volontari e stagisti nel mondo. Soprattutto, spero che gli errori altrui non diventino una scusa per commettere l’errore primario: quello di un sensazionalismo e di un giustizialismo a oltranza che giustificano ogni egoismo. Io come ambasciatrice Oxfam mi sento di dover difendere in primo luogo il valore dell’altruismo e della solidarietà. Allego anche alcuni link, che possono fare ulteriore chiarezza. Grazie per chi avrà voglia di leggerli, con spirito critico e onestà.

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L'articolo Oxfam, perché mi sento ancora orgogliosamente parte di questa famiglia proviene da Il Fatto Quotidiano.



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