Se un paziente riferisce al telefono di avere dei sintomi gravi, la guardia medica non può rifiutarsi di procedere con la visita a domicilio. A ribadirlo è stata la Corte di Cassazione che, come racconta Il Messaggero, ha confermato la condanna a quattro mesi di reclusione e all’interdizione dalla professione per lo stesso periodo per una dottoressa bolognese di guardia che, durante una chiamata d’emergenza, si è limitata a dare consigli telefonici e non ha verificato di persona le condizioni del paziente. L’uomo lamentava un forte bruciore allo sterno, con irradiazione di dolore sulle braccia e sulle dita delle mani: la diagnosi telefonica era stata di gastroenterite, ma poi il paziente è morto per un infarto. La dottoressa è finita a processo per omicidio colposo: è stata assolta da questo reato ma condannata per rifiuto di atti d’ufficio. La Cassazione, appunto, ha confermato la sentenza. Il caso di Bologna riguarda la Guardia medica, un servizio attivo quando non è disponibile il medico di famiglia, ma ha riportato sotto i riflettori tutta l’assistenza sanitaria di base: la questione della possibilità delle visite a domicilio e in generale della disponibilità dei medici di base, infatti, è un tema molto ampio e complesso. Anche di questo si è parlato a Numeri, l’approfondimento di Sky TG24 andato in onda il 2 aprile.



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