Dal 2000 a oggi, l’Eurolega ha un uomo al comando. Si chiama Jordi Bertomeu, avvocato, classe 1959. Il nome ne tradisce le origini (è nato a Barcellona), e dopo essere stato per molti anni segretario generale e poi vice presidente della ACB (la lega spagnola di pallacanestro) è stato designato come presidente e amministratore delegato di quella che è a tutti gli effetti la prima lega sportiva “privata” a livello europeo. Appena terminata la ventunesima stagione della propria storia con la Final Four di Colonia (trasmessa in 140 Paesi e anche su TikTok in USA e Canada, prima lega di basket al mondo su questa piattaforma), Bertomeu ha avuto un lungo colloquio con la stampa e di argomenti sul piatto ce ne sono stati molti, non tutti (o non solo) connessi esclusivamente al parquet: pandemia e sostenibilità, ristrutturazione del sistema sportivo, un inevitabile cenno a quanto accaduto nel calcio con la rivoluzione fallita della Superlega, una competizione che in tanti hanno visto come una replica del modello già attuato dai “colleghi” cestisti molti anni prima.
“Super League? Non si è discusso nel merito” – Dalla nascita del G14 del calcio, Bertomeu ha avuto frequenti incontri con club di altissimo livello “anche perché -ricorda – della nostra Lega fanno parte dei club molti importanti anche in ambito calcistico”. Su tutti Real Madrid, Barcellona, Bayern Monaco, ma non solo loro. “Quello sulla SuperLega è un dibattito che si ripropone periodicamente, anche se non è detto che qualcosa che funziona per noi vada bene anche per loro. Una sostanziale differenza, ad esempio, è il potenziale economico, di interesse e distribuzione di molti campionati nazionali, rispetto al basket”, prosegue Bertomeu. “Quello che ho trovato interessante, però, è che il dibattito si è chiuso senza entrare minimamente nel merito: le istituzioni sportive hanno parlato solamente di tradizioni e valori universali, ma ci sarebbero tante domande da fare alle stesse persone che li hanno sbandierati, se pensiamo soprattutto agli ultimi dieci anni. Io penso che un dibattito serio su questi argomenti si debba affrontare. Il mondo cambia, l’industria dell’intrattenimento cambia, l’unica cosa che sembra non si possa cambiare è un sistema sportivo nato nel secondo dopoguerra”.
Il confronto con la Fiba, l’Uefa del basket – Di sicuro non si può dire che l’Eurolega e Bertomeu, a questo tipo di dibattiti non siano abituati, e sono discorsi che si sono inaspriti in modo particolare dalla nascita della Basketball Champions League (organizzata dalla FIBA, l’equivalente dell’Uefa nel calcio): “Un progetto nato con l’intento di sostituire l’Eurolega, ma che i nostri club hanno rifiutato. Nel 2014 abbiamo presentato un progetto per definire una piramide che avesse un senso, insieme alle leghe nazionali”. Ovvero: “Licenze permanenti per i club fondatori di ECA (Euroleague Commercial Asseets), accesso all’Eurocup dai campionati nazionali, perché l’Eurolega è sempre più esigente sia in termini di qualità sul campo che di struttura organizzativa dei club. L’Eurocup era un filtro ideale”. La nascita della Basketball Champions League, dice Bertomeu, è “assolutamente legittima” ma “ha modificato questo paradigma, così come è legittimo che questa competizione offra contratti pluriennali ai club andando ad aggredire lo stesso mercato dell’Eurocup. È la concorrenza”. C’è un perno al quale l’Eurolega non intende rinunciare: “Quello che noi non vogliamo è l’instabilità: la pandemia ci ha dato incertezze a ogni livello, per questo l’Eurocup sarà rimodellata sul sistema delle licenze per garantire maggiore serenità di programmazione a tutti i club che ne faranno parte, garantendo comunque un numero di accessi attraverso la qualificazione sportiva”.
Il nuovo progetto e il mercato italiano – I club di Eurocup saranno 20 in tutto nella prossima stagione (16 con licenza triennale, per l’Italia ci saranno Virtus Bologna, Venezia e Trento), mentre l’Eurolega si appresta ad accogliere in via permanente tra le sue 18 formazioni l’ASVEL Villeurbanne (periferia di Lione, club in mano all’ex stella dei San Antonio Spurs Tony Parker) e Bayern Monaco, che ha rifiutato il progetto privato nel calcio, mentre l’Alba Berlino avrà una licenza pluriennale. “Fatto questo”, spiega Bertomeu, “ci concentreremo su altri club da coinvolgere: l’Italia sarà sempre un mercato importantissimo per noi ed esiste una candidata molto forte per una licenza che non ho bisogno di ricordare (la Virtus Bologna, ndr), così come la Russia rappresenta per noi un bacino molto importante”. Non casuale, in questo senso, la wild card assegnata per la stagione 2020-21 allo Zenit San Pietroburgo, che potrebbe essere confermata anche per la prossima stagione.
“La qualità non va a braccetto con la quantità” – Tutto questo sembra stonare con l’annoso dibattito sul “merito sportivo” che tanto piace a una certa retorica. Poi ci sono i conti, e se il piatto piange il romanticismo si trasforma in tragedia. In alcuni casi succede anche ad altissimo livello (è lo stesso Bertomeu a ricordare la crisi attuale dei russi del Khimki o i molti club che dal 2000 a oggi sono spariti dall’Eurolega, se non scomparsi del tutto), e allora eccola la parola nuova che fino a un anno e mezzo fa si fingeva non esistesse: sostenibilità. In questo senso l’Eurolega è lontana dalla perfezione, ma se c’è una possibilità di porre rimedio a questo è agire, appunto, da “lega”. Chiusa o quasi, quando necessario. “La qualità non va spesso a braccetto con la quantità, e il concetto di lega chiusa è presente da molto prima che nascesse l’Eurolega, negli intendimenti dei club. Noi non lo siamo mai stati, le modalità di accesso sono cambiate tante volte”, sottolinea Bertomeu.
Le “regole comuni” per migliorare il business – Oggi chi entra a far parte dell’Eurolega deve avere determinati requisiti perché, spiega, “altrimenti danneggia tutto il sistema” che “invece vogliamo assolutamente proteggere”. Su questo, assicura, tutti i club “sono concordi: servono delle regole comuni per migliorare il nostro business”. Il che, aggiunge, “non significa solamente trovare nuove risorse, perché non è soltanto trovando più soldi che i problemi si risolvono”. “Spendere il 70% di un budget sul monte ingaggi dei giocatori, ad esempio, è oramai impensabile. Abbiamo già un regolamento sul fair play finanziario ma vogliamo ulteriormente migliorarlo, così come siamo costantemente in contatto con il sindacato dei giocatori (Euroleague Players Association) per migliorare le condizioni di lavoro nella lega più competitiva d’Europa, ragionando anche su un contratto collettivo non solo per regolamentare gli stipendi ma anche il ruolo dei procuratori”.
L’impatto della pandemia: “Coltivare nuove idee” – Possibile? Utopia? Nel mondo globalizzato forse se ne può parlare, anche se si tratta di mettere insieme – ad esempio – stakeholder che rispondono a regimi fiscali molto diversi tra di loro. Ma un tentativo va fatto, se l’obiettivo è la stabilità oltre a una sostenibilità reale e non solamente dichiarata. Per farlo, naturalmente, ci sarà bisogno di ritrovare il pubblico: la Final Four di Colonia, per fare un esempio, è costata attorno a 6 milioni di euro e la mancanza di incassi non può permettere di compensare. “L’impatto della pandemia è stato enorme a vari livelli di intensità: oggi servono risposte urgenti a domande che due anni fa nessuno pensava di farsi, a partire dalla costruzione di un budget senza sapere quando e se il pubblico potrà tornare”, fa notare Bertomeu. “Sicuramente ci aspettiamo che dalla prossima stagione ci sarà, ovviamente non subito con il massimo della capienza, e dal nostro punto di vista lavoriamo con il conforto dei numeri – spiega – Nessuno, nel basket europeo, produce i nostri numeri per bacino di utenza, incassi e qualità delle partite. Continueremo ad avere idee, di quelle siamo pieni”.
L'articolo Bertomeu racconta l’Euroleague: “La sfida è la sostenibilità: norme comuni e controllo costi. Superlega? Dibattito mai entrato nel merito” proviene da Il Fatto Quotidiano.
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