“Non abbiamo aiuto da parte dell’Asp né dell’Usca. Nessuno viene per la spazzatura, nessuno ha mai chiesto se stiamo bene: siamo completamente abbandonati. Si può vivere con una sanità del genere?”, lo sfogo di Miriam, dipendente di uno dei parrucchieri più noti di Messina, risale al 2 gennaio, esattamente 11 giorni dopo essere risultata positiva al test rapido. È stata lei, in prima persona, a mettersi a cercare le signore a cui aveva asciugato i capelli negli ultimi giorni, cercando in qualche modo di risalire alla loro identità: “Ricordavo di avere asciugato i capelli ad una giornalista riccia, così ho chiesto a un’altra signora se la conosceva, per fortuna sono riuscita a rintracciarne qualcuna”, racconta Miriam. Il contact tracing svolto in prima persona e da nessun altro, un episodio tutt’altro che isolato. Anzi, si inserisce in un contesto esemplare che è quello dell’Asp di Messina, sottoposta ad ispezione lo scorso dicembre. Un’ispezione messa nero su bianco che ha certificato come l’azienda ospedaliera pubblica avesse perso completamente la gestione della pandemia, mentre i contagi si moltiplicavano: il 9 dicembre sono stati registrati 38 contagi, mentre il 16 gennaio se ne contavano 434.

Una storia forse da manuale, di come la gestione istituzionale della pandemia sia saltata, lasciando correre il virus. D’altronde, la sintesi di questa débâcle la fornisce un documento firmato da Mariagrazia Furnari, commissaria ad acta nominata a metà dicembre dall’assessore regionale alla Salute, Ruggero Razza. Furnari scrive alla Regione: “Nel periodo intercorrente tra il 22 dicembre del 2020 e il 5 gennaio del 2021 sono stati ‘caricati’ sulla piattaforma Iss 3129 nuovi positivi riferiti al distretto di Messina recuperando il ritardo accumulato”. Non uno, non due, ma 3129 persone contagiate non risultavano nei dati, tra queste anche Miriam, risultata positiva il 22 dicembre. Solo uno degli aspetti carenti della gestione della pandemia nella provincia della città dello Stretto, una vera e propria disfatta, certificata anche da una commissione d’inchiesta che ha comunicato i risultati a fine dicembre all’assessorato regionale, ora resi pubblici, dopo l’avvio della procedura di revoca e contestuale sospensione del dirigente generale dell’Asp di Messina, Paolo La Paglia, a febbraio.

Nel frattempo, inevitabilmente, la città dello Stretto ha raggiunto il picco di contagi ed è entrata a gennaio in un lockdown simile a quello di marzo, aggravato infatti, nelle misure dall’ordinanza del sindaco, Cateno De Luca. E il risultato dell’inchiesta sulla gestione della pandemia da parte dell’Asp di Messina, messa nero su bianco nella relazione della commissione d’inchiesta che si è insediata lo scorso 17 dicembre, sembra dargli ragione: tracciamento saltato, dati non caricati, affidamenti a laboratori privati per i tamponi pur avendo risorse pubbliche e con relativo ingolfamento. Un fuoco di fila che ha portato alla sospensione da parte dell’assessorato regionale alla Salute del dirigente generale dell’Asp, Paolo La Paglia. Un esito chiesto a gran voce in più occasioni dal sindaco di Messina, Cateno De Luca. La prima lo scorso marzo, quando il primo cittadino aveva denunciato in una delle sue roboanti dirette Fb uno dei più vistosi ritardi della struttura sanitaria: 1400 mail non lette. E infatti nella relazione dei commissari si leggerà quasi un anno dopo: “Sulla base di quanto riferito, il personale afferente al Dipartimento di Prevenzione non riusciva a smaltire le segnalazioni che pervenivano attraverso la casella di posta elettronica”. A novembre, il sindaco chiede nuovamente le dimissioni di La Paglia: “Perché non erano stati attivati i 50 posti letto di terapia intensiva. Nel tavolo tecnico da me convocato del 23 ottobre emerse che solo 12 posti letto di terapia intensiva Covid erano stati attivati al policlinico” spiega De Luca. Che adesso affonda il coltello: “C’erano tutte le evidenze per sospenderlo già ad ottobre”.

L’iter per la sospensione e contestuale revoca di La Paglia è iniziato invece a dicembre – così riferiscono dall’assessorato – poi ci sono voluti i tempi tecnici fino alla delibera firmata da Razza il 19 febbraio, dieci giorni fa. Un uomo di fiducia di Musumeci, silurato solo dopo le evidenze portate dall’ispezione della commissione d’inchiesta inviata dalla Regione e i necessari tempi tecnici. Le “responsabilità”, però, di una cattiva gestione della pandemia, secondo La Paglia, sono “riconducibili ad altri organi dell’amministrazione”. Ma quali sono queste responsabilità nello specifico? Il fuoco di fila della commissione d’inchiesta voluta da Razza e composta anche da membri del Cts regionale (Salvatore Scondotto, Francesca Di Guadio, Giuseppe Murolo, Roberto Virzì, Stefano Campo), inizia dai dati sui contagi: “Nonostante i continui e reiterati solleciti da parte dell’Assessorato (videoconferenze e telefonate ripetute), l’Asp di Messina non registra i dati sulla piattaforma”, risultando “l’azienda con i peggiori risultati a livello regionale”, e così contribuendo “negativamente alla rappresentazione del quadro epidemiologico locale esponendo gli amministratori regionali ad assumere decisioni, sulle misure di contenimento e mitigazione della trasmissione del virus, basate su dati fuorvianti”. Non solo, secondo gli accertamenti degli ispettori inviati dalla Regione, l’Asp di Messina inseriva i dati della pandemia con ritardo, soprattutto nel fine settimana, per carenza di personale: “Il sistema di sorveglianza Iss è stato alimentato sempre con grave ritardo per l’esiguo numero di personale (3 persone oltre il dr. Cariolo) con orario di servizio dal lunedì al venerdì”. Se non si riusciva a smaltire le mail poi figuriamoci la gestione dei database: “Risulta che non è stato utilizzato alcun software per la gestione del contact tracing… non è stato organizzato e strutturato un database per indagine epidemiologica e scheda contatti”.

Ma la lista delle inadempienze è lunga e in un punto evoca l’ipotesi di danno erariale: “Pur potendo richiedere all’assessorato e alla Protezione civile, e ricevere, gratuitamente e in tempi rapidi strumentazione e reattivi (un milione fornito dalla Regione, ndr)” si è scelto di rivolgersi a due elaboratori privati, con conseguente dispendio di risorse e ritardo nella gestione dei contagi: “Ha affidato il soddisfacimento del suo fabbisogno sostanzialmente agli esterni ed ai laboratori privati. Tale affidamento, oltre a comportare un enorme dispendio di risorse, ha di fatto reso l’Asp incapace di controllare i suoi flussi”. Non solo, uno dei laboratori privati non passa due verifiche di qualità, di cui “l’Asp non risulta essersi accorta”.

Per non parlare dei posti letto, così largamente dibattuti lo scorso novembre, quando fu resa nota la “spinta” vocale del dirigente della Regione che in un audio invocava il caricamento dei posti letto Covid, spinta che non pare abbia avuto alcun effetto a Messina: “Si è constatato che su 51 rilevazioni estrapolate dal flusso, 19 volte (il 37%) non sono stati caricati i dati dei posti letto disponibili”. Mentre lo scorso novembre la procura di Barcellona Pozzo di Gotto ha aperto un’inchiesta – ancora contro ignoti – sulla mancata attivazione dei posti letto Covid, in quella occasione il dg La Paglia aveva lamentato: “Le carenze di personale riguardano tutti i presidi ospedalieri dell’Asp di Messina, dove mancano ad oggi 25 anestesisti”. Bene, i commissari sottolineano che l’azienda avrebbe potuto fare più assunzioni e non a caso mettono a confronto le assunzioni fatte da Messina e Catania: “Alla fine del mese di ottobre 2020, dai dati del monitoraggio, risultano solamente n. 87 assunzioni a totale di cui 13 medici, n. 35 infermieri e 39 altro personale. A titolo esemplificativo, al mese di ottobre 2020, l’Asp di Catania ha assunto a totale n. 401 unità di personale per fronteggiare l’epidemia di cui n. 158 dirigenti medici, n. 136 infermieri e n. 107 altro personale, così come l’Asp di Palermo ha effettuato n. 225 assunzioni, con n. 40 medici, 100 infermieri e n. 85 altro personale”.

Tutto questo si traduceva nelle lunghe attese, come quella lamentata dalla parrucchiera messinese che raccontava pure come nessuno venisse a prendere i rifiuti: “La mancanza di un efficace sistematico sistema informatizzato di raccolta dati sui tamponi, verosimilmente, rende difficoltosa la produzione di elenchi aggiornati di utenze per la raccolta dei rifiuti di tipo A. La criticità del sottodimensionamento del servizio è stata rappresentata anche dallo stesso personale intervistato dell’Asp che dichiara anche di avere ricevuto molteplici reclami”. Le conclusioni, dopo una simile disamina, sono presto fatte: “Emerge l’inadeguatezza dell’organizzazione nel suo complesso, ad incidere con successo sui risultati dei processi organizzativi interni e nell’individuare risposte efficaci, tempestive e funzionali alle nuove esigenze legate all’epidemia Covid 19”. E per il sindaco non ci sono dubbi: “Ho dovuto applicare misure restrittive perché la gestione della pandemia era saltata a causa dell’inefficienza dell’Asp”.

L'articolo Il buco nero della gestione dell’epidemia a Messina: dai positivi non registrati ai test fatti dai privati. “Misure decise su dati fuorvianti” proviene da Il Fatto Quotidiano.



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