Tra le 1246 pagine dell’Agreement sul post Brexit tra l’Unione Europea e la Gran Bretagna un solo rigo è dedicato all’enclave di Gibilterra. “Questo Accordo”, si legge nelle previsioni finali, “non si applicherà a Gibilterra e non avrà effetti in quel territorio”.

Il promontorio dove, secondo la mitologia, Ercole, figlio di Zeus, fissò le colonne che segnavano il limite estremo delle terre conosciute, è trattato alla stessa stregua di altri territori britannici d’oltremare, quali Bermuda, Falkland, Anguilla o le isole Cayman.

Gibilterra in effetti condivide con alcuni isolotti, persi per lo più nel mezzo degli oceani, lo status di British overseas territories; presenta però condizioni ben diverse, è geograficamente parte della Spagna, avverte e vive le pulsazioni dell’Europa, vede ogni giorno 12 mila transfrontalieri attraversare i propri confini dalle località andaluse per lavorare nel recinto della colonia. Non fu un caso che, nel referendum del 2016 sulla Brexit, i 30mila residenti del promontorio si espressero in massa (oltre il 95%) per il “remain”.

Così dal 1 gennaio la linea di 15 chilometri che segna questa lingua di terra sarà frontiera esterna dell’Unione Europea, un paese terzo con obbligo di esibire il passaporto per accedervi. Qualche precauzione, tuttavia, era stata presa per tempo: l’esecutivo di Gibilterra, in base ad un accordo con la Spagna fondato su condizioni di reciprocità, agevolerà i trasferimenti dei transfrontalieri per non pregiudicarne i diritti. Nelle ultime settimane oltre 5000 transfrontalizos andalusi si sono registrati su frontierworkers.egov.gi, piattaforma del governo locale operativa dal 1 dicembre.

Fabian Picardo, premier dell’esecutivo che ha giurisdizione su questa rocca d’oltremare, si augura che una Gran Bretagna forte possa chiudere presto con la Ue e con la Spagna un trattato specifico sull’enclave. Sarà quella l’occasione per rivedere lo status di questa striscia di appena sei chilometri quadrati che de facto è un paradiso fiscale capace di assicurare finanza offshore e riciclaggio. Una base ideale per 55 mila imprese che hanno fissato qui la residenza fiscale, in un istmo privo di controlli valutari, con burocrazia leggera e con tassazione particolarmente agevolata. Privilegi che generano un appetibile reddito procapite di 38 mila sterline annue; nella vicina regione andalusa il reddito medio è fermo ad appena 18 mila euro.

Ma l’incertezza dell’oggi non è buona alleata dell’economia. Prova ad approfittarne la concorrenza che viene da altre enclave, come se l’unica possibilità concreta di sviluppo, o di sostentamento, dei territori con status peculiari, sospesi tra caratteristiche naturali della geografia e retaggi politici, sia quello di creare sistemi paralleli, al limite della legalità.

Ora è Ceuta, enclave spagnola – insieme a Melilla – in terra di Maghreb, che si propone di attrarre investimenti in uscita da Gibilterra. Lo prevede espressamente un Piano commissionato per circa 80mila euro ad una società internazionale di consulenza dall’amministrazione della città autonoma affacciata sulle coste africane. Un’alternativa al Peñon britannico per la logistica, i servizi finanziari e assicurativi e per l’industria del gioco d’azzardo on-line. Certo l’intero programma si fonda su previsioni che potrebbero presentare sorprese: se il libero scambio tra Gibilterra e la Ue seguisse i criteri stabiliti dall’Accordo-quadro voluto dall’Unione e Boris Johnson, allora il progetto diretto a creare un centro economico alternativo si sgonfierebbe prima ancora del suo avvio.

Sarà per scongiurare ogni velleità di Ceuta e Melilla che l’Agreement configura un rapporto diretto tra la Gran Bretagna e le due enclave autonome. L’accordo prevede che i prodotti provenienti da Ceuta e Melilla debbono recare attestazioni di origine degli avamposti spagnoli nel nord dell’Africa. Quasi a voler meglio controllare commerci e attività.

Nei prossimi mesi si saprà di più sul destino della Rocca, se ad esempio sarà integrata, come paventa il premier Picardo, nel trattato di Schengen, generando in tal caso un paradosso grottesco, con i britannici che dovranno mostrare il passaporto per entrare nella loro terra d’oltremare mentre gli spagnoli potrebbero accedervi liberamente. Picardo ha dichiarato che risuona forte il ticchettio dell’orologio come sottofondo per l’accordo sul Campo di Gibilterra. Che per ora rimane in un limbo giuridico: del resto fu oltre quelle ‘colonne d’Ercole’ che Dante collocò il Purgatorio.

L'articolo Brexit, Gibilterra non godrà dell’accordo: ora altri territori potrebbero approfittarne proviene da Il Fatto Quotidiano.



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