Un cavillo legislativo, una norma che si presta a troppe interpretazioni. E che ha aperto un lungo contenzioso tra due consorzi, con il rischio di mettere in ginocchio decine di aziende. Molte delle quali considerate un fiore all’occhiello del Made in Italy, di quel tessuto di pmi spesso lodato. Così almeno 2mila persone, tra addetti e lavoratori dell’indotto, potrebbero perdere l’occupazione. La vicenda riguarda le imprese produttrici del film protettivo e adesivo, che spesso viene applicato sugli elettrodomestici o altri prodotti. Ed è l’emblema di come la burocrazia o una legislazione opaca possa frenare l’economia. La storia è quella di un distretto collocato nel Centro-Nord Italia, tra Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna, con una forte vocazione all’export: oltre il 70% della produzione finisce all’estero.

Ma qual è il problema che vede in prima linea il ministero dell’Ambiente nel tentativo di trovare una soluzione? C’è un nodo che appare un tecnicismo, ma ha ricadute pratiche sulla vita delle imprese. I produttori di film protettivo e adesivo hanno sempre versato il contributo per la gestione dei prodotti nel fine vita, introdotto dal decreto Ronchi del 1997, al Polieco, il Consorzio nazionale per il riciclaggio di rifiuti di beni in polietilene. Dopo vari anni in cui tutto è filato liscio, però, è arrivato l’intoppo. Il Conai, il Consorzio nazionale imballaggi, ha presentato il conto: secondo l’interpretazione normativa, infatti, il contributo spetterebbe al Conai e non a Polieco. Il film protettivo andrebbe considerato imballaggio e non un prodotto in polietilene. Dopo un’iniziale fase di confronto, non c’è stato un accordo, soprattutto perché nessuno tra Polieco e Conai ha voluto rinunciare. Di mezzo ci sono finite le imprese: dal Conai sono partite le lettere per riscuotere le somme.

Stando a quanto appreso da ilfattoquotidiano.it il totale che le aziende dovrebbero versare, in caso di condanna, ammonta a circa 40 milioni di euro. Il comparto, nel suo complesso, movimenta 200 milioni. La richiesta è pari al 20 per cento dell’intera produzione. Il punto è che le aziende hanno pagato quel contributo, come riportato dai documenti ufficiali. “Occorre osservare che tali imprese hanno sempre applicato e riversato al consorzio Polieco il contributo ambientale, nel convincimento, tuttora sostenuto dallo stesso Polieco, che non si tratti di imballaggi, e, pertanto, non possono essere considerati inadempienti”, sottolinea un’interrogazione presentata alla Camera dalla deputata della Lega Simona Bordonali. “In altri Paesi dell’Ue – aggiunge la parlamentare – il film protettivo adesivo non è considerato imballaggio e non è ad esso assimilabile e non rientra nell’elenco di imballaggi della direttiva europea”. Il sottosegretario all’Ambiente, Roberto Morassut, ha confermato l‘impegno del governo su questo versante. Del resto la vicenda si trascina da oltre dieci anni.

“Il Ministero ha rilevato che per ragioni di opportunità tecnica sarebbe adeguato procedere mediante la definizione delle esclusioni ovvero anche attraverso l’inserimento di criteri chiari, basati sulle caratteristiche intrinseche dei prodotti in polietilene, secondo un approccio basato sul ciclo di vita del prodotto (durevolezza, riparabilità, riutilizzabilità, riciclabilità, presenza di sostanze pericolose)”, ha risposto al quesito sollevato da Bordonali. C’è quindi tutta la volontà di chiudere la faccenda. Tuttavia, per arrivare a una soluzione servono degli “interventi del legislatore sull’impianto normativo previsto in materia”. La convocazione di un tavolo tecnico da parte del ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, non può essere risolutivo. Perché nel frattempo le cause con la richiesta economica vanno avanti.

Le aziende, attraverso Confapi e Unionchimica hanno chiesto di cancellare il debito, chiedendo chiaramente a chi versare i nuovi contributi. “La posizione ufficiale di Conai in materia è di totale allineamento alla risposta del Ministero e di apertura propositiva al confronto. La questione resta tuttavia aperta”, spiegano a ilfattoquotidiano.it dal Consorzio nazionale imballaggi. Quindi “c’è piena volontà di trovare una soluzione. Lo dimostra anche il fatto che durante gli incontri intercorsi tra il Consorzio e le aziende produttrici di film protettivo ed adesivo, intervenute tramite le associazioni Confapi e Unionchimica, sono state fatte contro-proposte, che sono state purtroppo rifiutate”. Nel dettaglio sul tavolo erano state messe iniziative per cancellare le sanzioni: ipotesi che ha trovato contrari gli imprenditori. “Alle imprese non cambia nulla se versano a uno o all’altro Consorzio – spiegano da Confapi – ma la questione è che se davvero i contenziosi dovessero arrivare a sentenza, le aziende dovrebbero chiudere. Perché le cifre richieste non sono sostenibili. E a quel punto la questione del contributo non si porrà più, ma ci saranno migliaia di addetti senza più un lavoro e un settore regalato alla concorrenza estera”.

foto dal sito Polieco

L'articolo Così un cavillo legale affossa i produttori di pellicole adesive. “2mila occupati a rischio in un distretto che esporta 70% della produzione” proviene da Il Fatto Quotidiano.



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