La ripartenza del 18 maggio, l’ultimo passo verso l’uscita dal lockdown, è stata decisa dal governo, ma nella notte tra sabato e domenica è bloccata dalle Regioni. Un paradosso, apparentemente: proprio i governatori avevano fatto pressione, giorno dopo giorno, settimana dopo settimana, per velocizzare l’allentamento delle misure. Paradosso nel paradosso: a frenare sono in particolare le Regioni a guida centrodestra e ancora più precisamente quelle con presidenti leghisti, dall’umbra Donatella Tesei al sardo Christian Solinas, dal veneto Luca Zaia al giuliano Massimiliano Fedriga, dal trentino Maurizio Fugatti fino al lombardo Attilio Fontana, che guida il territorio che soffre – ancora oggi – la grandissima parte dei contagi da coronavirus che attualmente si contano in tutta Italia. Così quello che sembrava una formalità procedurale – l’approvazione del decreto legge sulle riaperture e il conseguente Dpcm che doveva stare dentro i relativi contorni – è diventato un nuovo corpo a corpo tra il governo e le Regioni, tra il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e il ministro per gli Affari Regionali Francesco Boccia da una parte e i governatori dall’altra. Poche ore dopo la conferenza stampa del capo del governo da Palazzo Chigi, intorno all’ora di cena di sabato, le Regioni hanno chiesto un altro incontro, cominciato intorno all’una di notte. Una prima riformulazione del testo, presentata poco prima delle 2, è stata ulteriormente respinta dalle Regioni.

Qual è l’oggetto del contendere? Ufficialmente questo, a sentire i presidenti leghisti: “Il governo – hanno dichiarato Fedriga, Zaia, Fontana, Tesei, Fugatti e Solinas in una nota congiunta – la smetta di continuare a mettere in discussione le competenze delle Regioni. Ricordiamo che proprio grazie alle Regioni nel momento di massima allerta si è provveduto a mettere in campo misure di contenimento efficaci e, sempre grazie alle Regioni, è possibile da lunedì prevedere le riaperture con linee guida attuabili. Se c’è qualcuno o qualcosa da mettere in discussione in questo momento è sicuramente l’operato del Governo non delle Regioni”. Un comunicato dai chiarissimi toni polemici di carattere politico, quasi di rivendicazione, da cui è difficile capire la contestazione sotto il profilo tecnico. Cosa di preciso le Regioni contestano del nuovo Dpcm che allenterà le restrizioni e riaprirà praticamente tutte le attività in tutte le Regioni, senza distinzioni?

Da una parte ci sarebbe una questione di metodo: nel Dpcm di Conte non sono assorbite – sostengono – le linee guida determinate a fatica nelle riunioni con l’esecutivo durante la giornata di venerdì. Dall’altra ci sarebbe una questione di merito: “Non c’è il richiamo alle linee guida delle Regioni (quelle che le categorie economiche vogliono), chiama in causa non meglio precisate linee guida nazionali, inibisce alcune facoltà di deroga regionali. Così rischiamo il caos” spiega Giovanni Toti, presidente della Liguria e vicepresidente della Conferenza delle Regioni. Non solo: nel decreto del presidente del Consiglio si parla dell’eventuale decisione – in caso di nuovo aumento dei contagi – di nuove restrizioni da prendere “di concerto” tra la Regione e il governo di Roma. Una situazione non determinata al dettaglio che preoccuperebbe alcuni governatori, anche sotto il profilo della responsabilità penale, nonostante com’è noto i governatori abbiano un’ampia delega (e proporzionato budget di bilancio) per le questioni sanitarie.

“Così non ci sono le condizioni per riaprire da lunedì”, dice un governatore all’AdnKronos, rimanendo però anonimo. Il risultato è che le Regioni sarebbero pronte a non firmare, anche se al momento il presidente della Conferenza delle Regioni Stefano Bonaccini non ha ancora rilasciato dichiarazioni.

Lo ha fatto invece il suo vice, il governatore della Liguria Giovanni Toti, attraverso facebook: “Le linee guida per la riapertura delle attività commerciali, concordate con le categorie, devono essere chiaramente recepite. Serve un’assunzione di responsabilità e coraggio. Sennò troppi pareri tecnici e troppi cavilli affonderanno l’Italia definitivamente. Noi non ci stiamo!”.

Dice un altro governatore, anche lui anonimo, sempre alle agenzie di stampa: “Il Dpcm è molto deludente. Non recepisce l’accordo politico raggiunto ieri. Le Regioni così non esprimono un parere positivo e rischia di saltare tutto. La posizione delle Regioni è unanime”. Al momento a parlare sono state solo le Regioni a guida centrodestra. Eppure Bonaccini poco prima in diretta su Rai2 a Petrolio – a sera inoltrata, ben dopo la conferenza di Conte – aveva detto: “Vorrei che ogni tanto anche i mezzi di informazione si basassero sui fatti e mi aspetterei soprattutto in questi momenti che le criticità potessero essere superate con l’unità di intenti e non ci fossero invece divisioni politiche o territoriali”.

Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte durante la conferenza stampa aveva usato solo parole in positivo per descrivere il rapporto con gli enti locali: “In questa fase – aveva detto – sarà importante il dialogo con Anci, Upi, tutti gli enti locali: dovranno anche loro assumersi responsabilità. Abbiamo attuato flussi di informazione per tenerci sempre informati e intervenire su casi e luoghi circoscritti. Le regioni collaboreranno con noi per far rispettare tutte le misure di sicurezza: le abbiamo coinvolte nell’elaborazione di linee guida e insieme vigileremo“. Direttive che però secondo le Regioni non sono state recepite nel Dpcm. Certo, Conte aveva tradotto così la necessità di un’assunzione di responsabilità da parte di tutte le istituzioni: “Riapriranno le attività commerciali a patto che le Regioni accertino che la curva epidemiologica sia sotto controllo”.

Un braccio di ferro che Conte, sollecitato dai cronisti, sembrava aver preconizzato nel suo punto stampa di sabato sera: “Dobbiamo intenderci con i presidenti delle Regioni: qui non c’è nessuno scarico di responsabilità, qui non si gioca con l’emergenza. Noi abbiamo predisposto un piano articolato”. “Quello dello Stato-Regioni è un grande tema – aveva aggiunto il capo del governo – Sicuramente quando usciremo dall’emergenza dovremo fare una riflessione, perché è chiaro che un assetto ordinamentale come questo denuncia delle farraginosità. Immaginate se non ci fosse una leale collaborazione, se non ci fosse stata la disponibilità di andare oltre le polemiche. È chiaro che è un assetto che deve registrare qualche correzione”. Risuonano ancora le parole del presidente della Repubblica Sergio Mattarella che più volte, durante queste settimane, ha fatto appello alla collaborazione “tra le istituzioni e nelle istituzioni”.

L'articolo Coronavirus, le Regioni bloccano Conte sulle riaperture del 18 maggio. “Linee guida concordate non recepite nel decreto”. Vertice nella notte proviene da Il Fatto Quotidiano.



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