Aspiranti leader cercasi: Fondirigenti, il Fondo per la formazione manageriale di Confindustria e Federmanager, lancia un concorso per selezionare i 100 dirigenti di domani, “D20 Leader”. Un percorso di sei mesi di formazione completamente gratuito, in cui i ragazzi possano acquisire le capacità necessarie per dare, un domani, una spinta innovativa alle imprese italiane. “Il nostro mestiere è formare classe dirigente – spiega Costanza Patti, direttore generale di Fondirigenti – vogliamo restituire ciò che abbiamo imparato in questi vent’anni a giovani in gamba, che abbiano voglia di impegnarsi”. Il progetto è anche un modo per fermare l’emorragia di giovani talenti all’estero. Una perdita di capitale umano che, secondo il Centro Studi Confindustria, ci costa 14 miliardi di euro ogni anno, ovvero un punto di Pil.

Il progetto è unico nel suo genere: investire due milioni euro per dare a cento ragazzi tra i 20 e i 29 anni “l’occasione di incontrare aziende, personaggi, storie che aiutino a capire le grandi questioni di domani: sostenibilità, immigrazione, Europa“. “D20 Leader” è articolato in due edizioni da 50 partecipanti ciascuno, ed è aperto a giovani italiani o regolarmente soggiornanti in Italia. Per candidarsi c’è tempo fino all’8 luglio.

Requisiti: frequentare o aver già conseguito un corso di laurea (triennale o specialistica), un master o un dottorato di ricerca e una buona conoscenza della lingua inglese. Il corso è aperto anche ai diplomati degli istituti tecnici ITS, ma è incompatibile con altri stage o rapporti di lavoro, subordinati o autonomi che siano, per tutta la sua durata. “Abbiamo aperto le selezioni a tutti i campi, Medicina, Arte, Scienze – precisa il direttore -. In un’azienda non c’è bisogno solo di ingegneri, ma anche di bravi psicologi del lavoro: è molto più complicato gestire le persone che le macchine”. Ci sarà una duplice selezione: la prima online, in cui si valuterà il curriculum e a ogni candidato verrà sottoposto ai un questionario, una video intervista e un test psicoattitudinale per valutarne motivazioni, aspirazioni ed esperienze. Superata la prima fase ci sarà un incontro diretto: attraverso sessioni di gruppo o colloqui individuali si valutano le capacità di relazione dei candidati, la personalità, le attitudini, insomma, le cosiddette soft skills, che si aggiungono ai titoli e alle competenze.

I cento selezionati parteciperanno gratuitamente alle diverse fasi in cui è articolato il percorso di formazione: la prima “fase residenziale” fornisce una comune base di conoscenze sulle competenze necessarie. “Come si costruisce una legge, ad esempio, come si gestisce una negoziazione, ma anche come parlare a un pubblico in modo efficace”, precisa Patti. Ma questa fase serve anche per creare legami fra i partecipanti e fare rete. Poi si analizzeranno le strategie delle più importanti organizzazioni nazionali e internazionali in una fase di “study tour” e infine, i ragazzi potranno cimentarsi in progetti innovativi nel momento centrale del percorso, il “project work” e sperimentare quanto appreso sul campo in un periodo in azienda.

Questo progetto è anche un modo per scongiurare la fuga di cervelli all’estero, creando delle opportunità qui in Italia: un fenomeno difficile da censire con precisione, ma che al Paese costa moltissimo in termini di capitale umano. L’esperienza formativa all’estero è importante, ma la bilancia degli arrivi e delle partenze, in Italia, pende pericolosamente a favore delle seconde. Secondo il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco negli ultimi dieci anni l’emigrazione dei giovani dal nostro Paese si è quintuplicata; quella dei laureati in particolare è raddoppiata. “Il problema – conclude Patti – è la mancanza di occasioni reali per i ragazzi. Eppure nelle nostre aziende c’è fame di giovani in gamba”.

L'articolo “Il nostro progetto per non fare emigrare i manager di domani. Le nostre aziende hanno bisogno di loro” proviene da Il Fatto Quotidiano.



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