Sul regionalismo differenziato, per quanto riguarda la sanità, la mia tesi già illustrata nei precedenti post è semplice: nonostante le improbabili rassicurazioni della ministra Giulia Grillo sulla sua innocuità nei confronti della tenuta del Servizio sanitario nazionale e sulla garanzia di solidarietà nei confronti del Sud, il regionalismo differenziato è una proposta di legge fondata interamente sulla malafede e sull’incompetenza, che pregiudica la tenuta del sistema pubblico e i suoi valori fondamentali. Tre esempi:
1. Quando la ministra della Salute ci dice che sul regionalismo differenziato non ci sono problemi di sorta, due sono le cose:
a. o il ministro a sua volta è vittima della malafede dei suoi alleati di governo, cioè è a sua volta ingannata;
b. o il ministro è in malafede, cioè mente sapendo di mentire.
Nel primo caso si pone un grave problema di incompetenza, nel senso che se la nostra ministra non sa discernere il grano dall’olio allora abbiamo una ministra che non è in grado di rappresentare la sanità e le sue ragioni. Nel secondo caso si pone un grave problema di onestà politica: nel senso che se la ministra, per dare corso al regionalismo differenziato e quindi rispettare il contratto di governo, pensa di poter tradire impunemente il suo mandato politico, allora abbiamo il suo è un comportamento incosciente del danno che potrebbe provocare.
2. Quando il presidente della Conferenza delle Regioni e delle province autonome Stefano Bonaccini dice che “l’unità nazionale è sacra. Il principio di sussidiarietà e di solidarietà tra le Regioni più forti e quelle più deboli del Paese è sacro”, egli è evidentemente in malafede. Se egli fosse in buona fede:
a. non si sarebbe accodato alla Lega per chiedere il regionalismo differenziato (ricordo al presidente che differenziare è il contrario di rendere uguali);
b. non si sarebbe opposto come Regione in questi anni alla battaglia del Sud per introdurre nel criterio di riparto l’indice di deprivazione; quindi si sarebbe prodigato per un riparto più equo. Si sarebbe sentito quantomeno imbarazzato a intascare – a spese del Sud – a saldo più di 357 milioni di mobilità sanitaria (2017), sapendo bene che senza il Sud i suoi bilanci andrebbero in rosso e che per questo la sua Regione non ha alcun interesse a superare le diseguaglianze storiche del Paese.
3. Quando il Pd alla vigilia di un congresso quasi di rifondazione non dice una sola parola sul regionalismo differenziato e nessun candidato alla segreteria parla del rischio di perdere il Ssn, è perché il Pd come partito nazionale è totalmente subalterno alla svolta secessionista dell’Emilia Romagna. Un partito nazionale si trova così alla mercé di una regione controriformatrice, che chiede:
a. mani libere sui fondi sanitari per attuare finalmente il sistema multipilastro;
b. la libertà di sostituire per ragioni di risparmio le professioni più costose con professioni meno costose;
c. autarchia, non autonomia, financo su alcune funzioni regolatorie in tema di farmaci.
La subalternità all’Emilia Romagna distrugge la possibilità politica per il Pd di ripensare le politiche sbagliate del passato e di mettersi alla testa di un’opposizione politica fondata davvero sui sacri valori dell’unità nazionale.
Riassumiamo: il Pd è all’opposizione del governo giallo-verde, ma sul regionalismo differenziato – cioè sul far morire il Ssn – sostiene totalmente il governo. Ma se per distruggere il Ssn Lega, M5S e Pd si sono alleati, allora vuol dire che la politica è da una parte e la sanità e la società sono dall’altra. Che fare, tanto contro la malafede quanto contro l’incompetenza?
Dal mondo della scuola, altra materia – oltre la sanità – oggetto di secessione, è partita in questi giorni una petizione contro il regionalismo differenziato rivolta al Presidente della Repubblica e ai Presidenti del Senato e della Camera dei deputati, con la quale si denuncia a chiare lettere che “siamo di fronte a uno stravolgimento delle basi giuridiche su cui è sorta la Repubblica italiana. Una materia di tale portata non può e non deve essere risolta nei colloqui fra una rappresentante del governo e uno della Regione interessata (oltretutto, dello stesso partito e della medesima regione). Tutti i cittadini italiani hanno il diritto di essere coinvolti nella decisione, che riguarda tutti, sia attraverso i propri rappresentanti parlamentari sia attraverso un grande dibattito pubblico, in cui porre in luce e discutere obiettivi, contenuti e conseguenze di tali proposte. Solo così i cittadini possono valutare e decidere”.
Aderisco pubblicamente a questa petizione e propongo a mia volta una petizione della sanità fondata su un solo punto: “La sanità in tutte le sue rappresentanze chiede a tutti i responsabili delle istituzioni della Repubblica che in tema di regionalismo differenziato si apra un grande dibattito pubblico per agire pienamente la democrazia, nel rispetto totale dello spirito costituzionale”. La mala fides, esattamente come l’incompetenza, uccide la democrazia e la politica. Senza la democrazia, la politica e le necessarie competenze, si torna alle barbarie.
L'articolo Il regionalismo differenziato mette in pericolo il Ssn. Ma tutta la politica è d’accordo proviene da Il Fatto Quotidiano.
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