giugno 2018

Strage via D'Amelio, giudici: investigatori dietro grave depistaggio

"Uno dei più gravi depistaggi della storia giudiziaria italiana" con protagonisti uomini delle istituzioni: così la Corte di Assise di Caltanissetta sulle motivazioni della sentenza del processo sull'attentato al giudice Paolo Borsellino



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Open Arms verso Barcellona. Solo una nave Ong in zona

Soccorsi – L’imbarcazione catalana salva altri 59 migranti, tra cui siriani e palestinesi, in acque libiche: “Da Tripoli non rispondono”. A Malta soltanto Seawatch3

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La storia – Nel cuore del potere

Lady Marta e la foto “sbagliata”: ultima guerra di donne in casa B.

La neo-deputata Fascina è la nuova prediletta. Il depistaggio dello scatto tra Silvio e la Pascale

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Il governo

Prescrizione, stop dopo il primo grado. Riforma in autunno

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Pubblicità progresso, cosa c’è dietro gli spot e le gaffe “omofobe”

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Commenti

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  “In ginocchio ve lo prego, un piccolo frammento, perché io dirò quello che è successo perché io lo so”. Angela Donato implora i killer del figlio di restituirgli qualcosa su cui possa piangere e pregare. Cose Nostre. 28 giugno. Raiuno   Chi frequenta le redazioni dei giornali conosce gli sbuffi di malcelata sopportazione che, […]

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Antichi culti: Cottarelli, Monti e il nonno che era un flipper

È bella questa iniziativa dei maggiori giornali italiani di dare spazio a religioni quasi dimenticate, culti arcaici che rischiavamo di dimenticare. Ieri, ad esempio, s’è parlato di una famiglia dei “Taglia-oggi-che-cresci-domani”, tribù di cui abbiamo già avuto modo di occuparci: il gruppo di lavoro di Carlo Cottarelli alla Cattolica ci ha infatti fatto sapere – […]

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La tentazione di Scafarto: diventare assessore

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Messi le prende da Mbappè. Cavani passeggia su CR-7

L’Argentina cede alla Francia, il Portogallo perde 2 a 1 con l’Uruguay. I due campioni non illuminano e le due squadre vengono eliminate già agli ottavi

L'articolo In Edicola sul Fatto Quotidiano del 1 luglio: Libia, 500mila pronti a partire. Fico: “Non chiuderei porti a Ong” proviene da Il Fatto Quotidiano.



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Accordo a Livorno sui braccialetti della discordia. I sindacati li avevano bollati come un odioso strumento  di controllo dei lavoratori sul “modello Amazon”, parlando anche di “misure inaccettabili” che ledono la loro “dignità”. Dopo due mesi e un mare di polemiche hanno però accettato il loro utilizzo al polso degli spazzini livornesi con un accordo siglato ai primi di giugno che il fattoquotidiano.it pubblica in esclusiva (scarica copia del documento) e che potrebbe chiudere la vicenda come aprirne di nuove, magari in altre municipalità.

Era emersa ad aprile la questione dei dispositivi messi al polso ai dipendenti della Avr, l’azienda che si occupa della raccolta dei rifiuti a Livorno, era finita sulle prime pagine dei giornali di tutta Italia perché apparentemente molto simile a quella che a febbraio scorso aveva creato molto imbarazzo ad Amazon, la multinazionale delle spedizioni in grado di brevettare un braccialetto per monitorare le mansioni dei propri dipendenti. La notizia che la stessa prassi era stata riprodotta anche nella piccola azienda livornese era stata pubblicata due mesi fa dal Tirreno provocando l’ira dei sindacati – in primis il settore Funzione Pubblica della Cgil – che avevano attaccato duramente l’amministrazione del grillino Filippo Nogarin e invitato l’azienda a rimuovere i braccialetti. Lo scorso 11 giugno le stesse associazioni di categoria hanno però firmato un accordo con l’azienda (SCARICA) in cui accettano l’installazione e l’utilizzo dei deplorati apparecchi, mettendo però nero su bianco “l’assenza di una qualsiasi forma di controllo a distanza” e alcune garanzie che ad aprile non erano state esplicitate come il “totale anonimato dei lavoratori” e il divieto di cedere i dati a soggetti terzi.

Ad aprile gli spazzini di Avr, piccola impresa di quaranta dipendenti che si era aggiudicata l’appalto per i servizi di pulizia stradale, erano stati dotati di braccialetti in grado di comunicare con un secondo dispositivo posto su tutti i cestini della città. L’obiettivo era quello di monitorare che il loro svuotamento venisse fatto regolarmente attraverso un funzionamento molto semplice: azionato volontariamente dall’operatore, il braccialetto permette di decifrare un codice Rfid presente sul sacchetto della spazzatura registrando così alcune informazioni come la sua geolocalizzazione e i suoi dati di riconoscimento. In ogni caso, aveva garantito l’azienda, “il dispositivo non può essere attivato da remoto ma solo volontariamente dall’operatore”. Questo non era bastato ai sindacati che avevano subito accusato l’azienda di utilizzare lo stesso “stile di Amazon”: “la nostra città ha sempre garantito la dignità dei lavoratori che adesso rischia d’essere calpestata con queste trovate hi-tech” aveva detto in quell’occasione il segretario della Funzione pubblica Cgil livornese Giovanni Golino minacciando anche lo “stato di agitazione” a tutela dei lavoratori.

Il Sindaco Nogarin si era difeso parlando di “gigantesca fake news” e rifiutando ogni paragone con i braccialetti di Amazon perché “improprio, vergognoso e volto a gettare discredito sulla mia amministrazione”, anche perché l’apparecchio era già in uso da un anno a Lucca “senza alcuna protesta dei sindacati”. Le associazioni di categoria avevano anche denunciato la mancanza di un “accordo sindacale” sull’introduzione dei dispositivi che alla fine è arrivato. Dopo le polemiche scoppiate ad aprile il consiglio comunale si era mosso con le audizioni di tutti i soggetti interessati nella vicenda ed è stato anche questo percorso istituzionale ad aprire la strada all’accordo tra sindacati e azienda.

Così l’11 giugno scorso le parti hanno firmato un documento condiviso di una ventina di pagine in cui viene messo nero su bianco l’utilizzo volontario degli apparecchi ma sottolineando l’assenza di una qualsiasi forma di controllo grazie al fatto che i dati registrati potranno essere scaricati in azienda solo a fine turno e che “non potranno mai essere acquisiti durante lo svolgimento della prestazione lavorativa”. Inoltre nell’accordo viene prescritto l’uso del braccialetto dotato di tecnologia Gps per un solo turno a settimana e vengono anche formalizzate delle garanzie che ad aprile non erano state esplicitate in mancanza di un accordo sindacale: in primo luogo “il dispositivo verrà assegnato al singolo operatore in modo del tutto anonimo e, comunque, non riconducibile al medesimo”, inoltre i dati registrati dal dispositivo “verranno acquisiti direttamente dall’azienda, gestiti in apposito server custodito all’interno della stessa” e non potranno essere “ceduti, gestiti, analizzati da soggetti terzi”. Infine viene precisato che la certificazione della vuotatura dei cestini non potrà mai essere utilizzata per “fini disciplinari”. L’accordo tra sindacati e azienda prevede anche il ritiro dei braccialetti a favore di altri strumenti per la lettura dei cestini (come i palmari o i telefoni cellulari) da individuare entro il 15 luglio e l’assunzione di altri 19 operatori, di cui 15 con contratto a tempo determinato.

Esulta la Funzione Pubblica della Cgil livornese perché “grazie al sindacato sono stati sventati i braccialetti in stile Amazon”: “L’unica fake news era quella raccontata a aprile che assicurava l’assenza del controllo a distanza – scrive la Cgil in una nota – grazie ai braccialetti tale controllo era invece possibile così come possibile era la trasmissione in tempo reale della posizione dei lavoratori. La verità è che grazie al sindacato la tecnologia entra nei servizi pubblici ma impedendo il controllo a distanza e negando il braccialetto ai lavoratori”.

Meno entusiasmo dalla parti del Municipio.  “Questi sono tutti diritti già esistenti da aprile – spiegano dal Comune di Livorno – la polemica era tutta intersindacale”. Idem per il sindaco Nogarin secondo cui l’accordo “dimostra che avevamo ragione e che i braccialetti non avevano alcuna finalità di controllo nei confronti dei lavoratori dell’azienda – dice Nogarin al fattoquotidiano.it – è stata una polemica strumentalizzata dai sindacati: francamente mi è dispiaciuto molto perché avevano dipinto l’amministrazione come un’attentatrice dei diritti dei lavoratori, per i quali noi ci battiamo da sempre”. Di “clamore mediatico basato sul nulla” parla il capogruppo del M5S in consiglio comunale Marco Galigani : “Avr nelle diverse audizioni ci ha spiegato nel dettaglio il funzionamento del braccialetto rassicurandoci sul rispetto delle garanzie dei lavoratori – spiega – così alla fine il risultato è stato raggiunto”.

 

L'articolo Livorno, accordo su braccialetti elettronici “Esclusa qualsiasi forma di controllo” Esultano i sindacati, Nogarin li smorza proviene da Il Fatto Quotidiano.



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Sembravano turisti, ma appena sono riusciti a entrare nell’orologeria Audemars Piguet di via Monte Napoleone, nel quadrilatero della moda di Milano, tre uomini si sono rivelati rapinatori. Uno dei tre ha tirato fuori una pistola – non si sa se vera o giocattolo – e, dopo averla puntata al collo di un dipendente – ha fatto aprire le teceh: sono stati così depredati 17 orologi i quali hanno un valore che potrebbe arrivare a un milione e 300 mila euro. I malviventi, pare con accento dell’est Europa, si sono velocemente allontanati tra i numerosi turisti senza seminare eccessivo panico per raggiungere tre biciclette che avevano parcheggiato in una via vicina e far perdere, per ora, le proprie tracce.

Sembra che le telecamere di videosorveglianza li abbiano ripresi fino a Piazza San Babila, ma gli investigatori sperano di ottenere elementi ancor più significativi anche da quelle interne all’orologeria e dalle tracce biologiche che ha lasciato il terzetto. Il modus operandi fa pensare agli agenti della Mobile che si tratti di persone che gravitano intorno a gente già conosciuta per colpi eseguiti con modalità simili, anche se talvolta più violente, ai danni di altre gioiellerie della zona. Una delle ultime quella ai danni dei fratelli Eleuteri, in via Sant’Andrea, poco distante da Audemars Piguet. Immagini delle telecamere e impronte digitali, incrociate con i dati dell’Interpol, portarono nel tempo alla cattura di tutta la banda entrata in azione circa due anni fa. In quel caso i componenti della banda erano serbi.

L'articolo Milano, colpo grosso in via Monte Napoleone e fuga in bici per tre rapinatori proviene da Il Fatto Quotidiano.



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Francia Argentina 4 a 3. Un risultato che sembra dire tutto. Noi siamo invece in grado di rivelarvi un retroscena del primo ottavo di finale di Russia 2018 rimasto sotto silenzio per via della censura di stato russa. Le frasi che seguono sono le richieste che l’allenatore dell’Albiceleste, Jorge Sampaoli, ha rivolto durante il match perduto con i francesi, al suo vice allenatore, regolarmente in campo, Lionel Messi. Le frasi sono state raccolte da un microfono nascosto nella panciera di Sampaoli.

Al minuto uno Sampaoli chiede a Messi: “Posso fingere di passeggiare nervosamente su e giù ai lati del campo per mostrare di essere teso e concentrato al punto giusto?”. Permesso accordato.

Al minuto tre e quaranta secondi chiede il permesso di togliersi la giacca e si scusa per avere erroneamente indossato la maglietta della Germania che ha vinto ad Italia 90 contro l’Argentina di Maradona. Imprecazioni.

Al minuto sette e ventotto secondi Sampaoli chiede a Messi se Tagliafico ha fatto fallo o se è simulazione. Risponde Tagliafico imprecando.

Al minuto dodici e quarantaquattro chiede a Messi se può gufare contro Griezmann. Permesso accordato imprecando. Al minuto sedici Sampaoli chiede a Messi dove ha messo le chiavi della sua Skoda familiare perché dalla tribuna un paio di tizi dicono sia rimasta in doppia fila fuori dalla stadio e che i temibili poliziotti russi sono lì con il libretto delle multe in mano. “Sono nel taschino della mia giacca, e quando la ripieghi guai a spiegazzarla come tuo solito”.

Al minuto venti il ct argentino chiede a Messi: “Posso mettere Aguero?”. Nessuna risposta.

Al minuto ventinove chiede a Messi se può tatuarsi la madonna del rosario sulla natica sinistra perché porta bene. Permesso accordato.

Al minuto 36 Sampaoli ordina un Montenegro per sé e un caffè lungo per Messi e chiede: “Quanto zucchero?”. Uno, grazie.

Al minuto 44 dopo che Di Maria ha segnato il momentaneo pareggio chiede a Messi se può sostituirlo. Imprecazioni.

Al primo minuto della ripresa Sampaoli chiede a Messi se ha un po’ esagerato nel prepartita dicendo che l’Argentina avrebbe giocato “con il coltello tra i denti”. Versi incomprensibili.

Al 50esimo chiede a Messi cosa significhi la frase dei commentatori Mediaset: “A livello emotivo è un’altra cosa. Ed è quello che sta succedendo sugli spalti”. Scrollata di spalle.

Al 57esimo chiede a Messi: “ma chi cazzo è quell’accidente di giocatore con la maglia blu che inizia con la P, finisce con la A, e in mezzo ha una G e una B, e che gioca da dio?”. “Secondo te? Caniggia? Pumpido?”

Al 64esimo chiede se può esultare al gol di Mbappé. Permesso non accordato.

Al 66esimo chiede se oltre a Fazio può mettere in campo la Littizetto e Nino Frassica. Messi scuote la testa.

Al 75esimo chiede se può avere il numero di telefono della escort con cui Messi è stato la sera prima. Numero non pervenuto. L’arbitro iraniano però si accosta e bofonchia qualche cifra a Sampaoli.

Al 79esimo Sampaoli chiede a Messi se in Francia si usa il congiuntivo. Breve consulto con Mascherano: “Forse”.

All’83esimo chiede a Messi se può mettere Aguero. “È già in campo, Jorge…”.

All’86esimo chiede a Messi se gradisce del seitan perché il manzo per cena è finito. Imprecazioni.

Al 90esimo chiede a Messi di rivedere al VAR se Maradona colpì il pallone con la mano nella partita Argentina-Inghilterra di Messico ’86, visto che “a Russia 2018 si può rivedere ogni episodio da ventiquattro angolazioni diverse”.

L'articolo Mondiale 2018 / Matrioska – Retroscena del primo ottavo di finale (grazie a un microfono nella panciera di Sampaoli) proviene da Il Fatto Quotidiano.



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Rapinata gioielleria in via Montenapoleone a Milano. FOTO

Tre malviventi hanno effettuato il colpo nello store-orologeria Audemars Piguet, nel pieno centro del capoluogo lombardo . I banditi sono poi fuggiti a piedi e in bici con un bottino di 17 orologi del valore complessivo di 1 milione di euro



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“Sono qui per testimoniare il mio sostegno e quello del governo. So che in una parte dell’esecutivo non c’è la stessa sensibilità ma l’Italia non tornerà indietro, non si perderanno i diritti conquistati”. Così il sottosegretario alle Pari opportunità, Vincenzo Spadafora, che ha partecipato al Pompei Pride. “Nel contratto di governo non ci sono questioni riguardanti il mondo Lgbt, ma convocherò prestissimo le associazioni di settore per avviare un percorso di ascolto e confronto”.

L'articolo Gay Pride, il sottosegretario Spadafora: “Nessun passo indietro sui diritti civili. Necessario dialogare con tutti” proviene da Il Fatto Quotidiano.



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“Può essere ancora il Mondiale di Leo Messi”. Nonostante un inizio complicato Diego Armando Maradona era ancora convinto che l’Argentina e la sua stella Lionel Messi potessero  recitare un ruolo da protagonisti in questa Coppa del Mondo. E invece no. La Francia ha battuto l’Albiceleste per 4-3 e si è qualificata per i quarti di finale della Coppa del Mondo, in Russia. La reti al 13′ su rigore Griezmann, al 40′ Di Maria, al 47′ Mercado, al 57′ Pavard, al 63′ e 67′ Mbappe, al 92′ Aguero.

Parlando in una intervista esclusiva a Marca, il Pibe de Oro aveva parlato dell’ottavo di finale fra la squadra da lui capitanata e allenata in due fasi della sua lunga carriera e la Francia che cosidera “una delle candidate al titolo”. “Il Mondiale sta iniziando adesso, ora non si può più speculare. Io punto ancora sull’ Argentina ma rispetto molto la Francia”. Il ct dell’Argentina Jorge Sampaoli per la partita degli ottavi di finale aveva ancora puntato sul fenomeno del Barcellona che però sembra sempre mancare l’appuntamento con la Coppa del Mondo.

A Kazan non sono mancate le emozioni e la partita è stata vibrante. Sotto per un rigore di Griezmann, l’Argentina ha reagito coi gol di Di Maria e Mercado. Poi però i blues hanno replicato grazie alle reti di Pavard e alla doppietta dell’attaccante del Psg. Inutile la rete di Aguero nel recupero.

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Una nuova testimonianza arricchisce le pagine dei coming out delle star. In un’intervista rilasciata alla rivista Porter, l’attrice Tessa Thompson ha parlato della propria sessualità, dichiarando pubblicamente di essere attratta sia dagli uomini che dalle donne. La star di Westworld e Thor: Ragnarok ha detto di essere cresciuta in una famiglia “libera” dove “puoi essere tutto ciò che vuoi essere. Voglio che tutti abbiano quella libertà e quel sostegno che ho dai miei cari, ma molte persone non ce l’hanno ancora. Quindi ho la responsabilità di dire in un pubblico che questa sono io”.

La Thompson ha anche parlato del suo rapporto con la cantante Janelle Monáe: da tempo si parla di una relazione tra le due donne, che si conoscono dal 2015 e, dopo una pausa nel 2016, sono tornate a essere legate ancora più di prima, con la cantante che ha anche voluto Tessa in vari videoclip. “Janelle e io siamo molto riservate – ha detto la Thompson – e stiamo entrambe cercando di conciliare il desiderio di mantenere quel tipo di privacy con la volontà di utilizzare la nostra influenza per diffondere un messaggio positivo”.

Anche se non ha confermato direttamente la relazione con la cantante, l’attrice ha dichiarato i propri sentimenti: “Ci amiamo profondamente, siamo così vicine, vibriamo sulla stessa frequenza”. In ogni caso, la Thompson non è disturbata dai gossip sul suo conto: “Se le persone vogliono parlare e speculare su ciò che siamo, va bene, non mi disturba“.

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Finalmente! Quando il gioco si fa duro i duri cominciano a giocare. Gli ottavi di questo Russia 2018 sono incroci spietati, un setaccio ingiusto perché la sorte, o meglio il pilotaggio Fifa dei gironi giustificato dagli algidi algoritmi che stabiliscono il ranking delle squadre (vi invito a leggere le 28 pagine fitte fitte del sistema matematico adottato per calcolare le gerarchie: un pastrocchio che non tiene conto dell’anima del calcio, cioè la tradizione, i titoli, l’importanza dei campionati, etc) ha subito messo di fronte le Nazioni più forti ma soltanto da una parte del tabellone, quella che è cominciata oggi.

Infatti, già la partita tra la Francia e l’Argentina che si sta giocando mentre scrivo questo blog poteva essere tranquillamente una finale e nessuno se ne sarebbe scandalizzato. I russi, padroni di casa, affrontano la Spagna domani: sulla carta, e secondo i bookmakers che radiografano il calcio reale meglio di chiunque altro, non c’è partita, ma dipartita: quella della Russia. Però la Roja non si è ancora espressa al livello dei suoi valori, e Sergio Ramos, il suo capitano, l’abbiamo visto, più che ammirato, muoversi con una certa febbrilità. Due pareggi (quello spettacolare contro Ronaldo, piuttosto che contro il Portogallo; quello avventuroso e fortunato contro il Marocco), una vittoria striminzita e strappata coi denti, contro il coriaceo Iran, che forse meritava il premio dell’ottavo.

Dell’Argentina sappiamo tutto, e il contrario di tutto. Mi fa pena la figura del cittì Jorge Sampaoli che può consolarsi del milione e 750mila euro con cui viene lautamente pagato per dirigere Messi e una compagnia di anarchici e vanitosi calciatori, più attenti a mettersi in luce per ragioni di mercato, che non a mettere in luce un buon gioco di squadra. “Zurdo”, così lo chiamano i suoi, è privo di carisma. E’ spesso delegittimato dalle interferenze di Maradona che non tollera chi osi di intaccarne la memoria e le imprese. Una sera, quando Repubblica aveva cominciato a distribuire un’edizione “panino” insieme al Clarin di Buenos Aires ed il sottoscritto era stato mandato a lavorare in Argentina, venni invitato a cena dall’allora direttore del giornale, un ex Montonero (così mi avevano detto gli amici di Baires: i montoneros erano dei guerriglieri giustizialisti che volevano un socialismo “nazionale”) che abitava in una villettina.

Entrammo con l’auto nel salotto. Letteralmente: il garage non era separato dal resto della casa. Cenammo, poi, inevitabilmente continuammo la serata discutendo del più e del meno. Fino a quando non affrontammo il discorso Maradona: mi era toccato, in passato, di essere spedito a Buenos Aires in fretta e furia perché il campione era stato ricoverato in gravissime condizioni all’ospedale, per un’overdose. La tossicodipendenza di Diego era notoria. Da noi, non è mai stato un buon biglietto da visita.

In Argentina, invece, il vizio di Maradona – che poi andò a curarsi a Cuba, dal suo grande amico Fidel Castro che gli fornì le migliori cure, in una clinica dell’Avana – non ne aveva intaccato la grandezza sportiva e il carisma. Anzi, gli aveva dato una dimensione più umana. Diego Armando “è uno di noi, un campione del popolo argentino che ha lottato per l’Argentina dei poveri, degli esclusi: ma lo sai che aiuta con generose donazioni i più deboli della nostra società, una società sempre più ingiusta, dove i ricchi sono sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri?”, mi disse con orgoglio il direttore del Clarin che incominciava ad irritarsi perché un giornalista italiano stava mettendo in discussione il lato oscuro del più grande calciatore di tutti i tempi, “altro che Pelé!”.

Appena gli ricordai che era stato squalificato proprio per assunzione di sostanze stupefacenti, lui sbottò: “Ma come vi permettete voi di criticarlo, voi che a Napoli l’avete rovinato inducendolo a drogarsi per rubargli i soldi che guadagnava col suo talento!”. E mi congedò bruscamente. Maradona, insomma, è intoccabile. Sampaoli, invece, è toccabilissimo. Intanto, gli si affibbiano colpe surreali: non è di Buenos Aires, e questo passi; non è stato un giocatore professionista, e già qui si fa del razzismo pedatorio; soprattutto, non conta nulla sui grandi media argentini che gli riproverano d’aver detto una volta: “Sì, sono kirchnerista”, ossia aveva votato per Cristina Fernandez de Kirchner, presidentessa dell’Argentina dal 2007 al 2015, moglie dell’ex presidente Nestor Kirchner, eletta come leader del Fronte per la Vittoria, partito del peronismo di sinistra e sostenuta da Concertacion Plural, una coalizione di centro-sinistra.

Sampaoli non ha mai nascosto le sue preferenze politiche di centro-sinistra, cosa che rivendicò anche quando divenne cittì dell’Albiceleste. La principale emittente del Grupo Clarin, Radio Mitre, non lo perdonò e cominciò a denigrarlo. Lui scosse le spalle e continuò dritto per la sua strada politica. Anzi, quando si trattava di motivare i giocatori della nazionale, non esitava a utilizzare discorsi di Peron ed Evita per coinvolgerli emotivamente. E quando andò in Spagna con la nazionale, disse che sentiva come le sue idee fossero vicine a quelle di Podemos, il partito di sinistra populista guidato da Pablo Iglesias: “Me vinculo con la gente, con quien lo necesita”, rispose ai giornalisti di Siviglia. Cito l’originale, che non ha bisogno d’essere tradotto.

Tutto ciò l’ho scoperto leggendo quel che ha scritto il giornalista Pablo Pavan (lavora per Radio 2 e Espn) nella biografia autorizzata “No Escucho y Sigo” (“Non ascolto e continuo”, Librofutbol, 2015) dedicata al suo vicino, nella cittadina di Casilda (provincia di Santa Fe): “Conosco Zurdo da una vita, abitiamo a mezzo isolato l’uno dall’altro; lo conosco da quando, adolescente, avvisava amici e parenti che stavano per arrivare le Ford Falcon verdi, le auto preferite dei miliziani al soldo di Videla, al tempo della dittatura, usate per sequestrare la gente e farla sparire; lo conosco da quando giocava e poi si mise ad allenare l’Alumni di Casilda”. Pavan stesso ha giocato nell’Alumni: “Avevo sei anni, lui dirigeva la Primavera…”.

Una vita da mediano medianissimo, quella di Jorge Sampaoli. Cominciata dai campetti di quartiere, proseguita a Rosario, sino a guidare il Cile che nel 2015 conquistò la Copa America e poi al Siviglia, che guidò dal 2016 al 2017. Dunque, un discreto curriculum da allenatore. Chissà, pensarono i dirigenti della federazione argentina, uno che non potrà pretendere più di tanto, a proposito delle scelte tattiche e sui nomi della formazione: “Arrivò – racconta Pavan – in un momento di grande confusione. Pochi risultati positivi, guerra tra dirigenti, la frustrazione delle finali perse, la Coppa del Mondo del 2014 contro la Germania, quelle di Copa America del 2015 e del 2016.

Del passato grigio e anonimo di Sampaoli si rammenta un episodio. Successe nel 2001. Quando l’arbitro lo espelle e lui si arrampica su di un albero e continua ad urlare le sue consegne ai suoi giocatori. E‘ il trampolino di lancio. Passa alla squadra B dei Newell’s Old Boys, una delle due grandi squadre di Rosario. Dove giocò Marcelo Bielsa, il “Loco”. Il Pazzo. Di cui era pazzo Sampaoli. Il quale, coi primi guadagni, va in Spagna ed in Italia per apprendere le novità tecniche e per studiare i metodi d’allenamento: “Lasciai Castilda come un Cristoforo Colombo del calcio”, confidò a Pavan, “volevo conquistare il calcio mondiale. Sono partito senza niente, non avevo nemmeno gli abiti”.

La gloria lo raggiunge, ma dall’altra parte delle Ande. Vince tutto con l’Universidad de Chile, una delle squadre più popolari di Santiago. Gli affidano la nazionale cilena. Arriva in finale di Copa America. E chi si ritrova, come avversario? L’Argentina. La patria ingrata. Vince. Ma non convince gli argentini: nessun club bussa alla sua porta. Così emigra in Andalusia. Lo vuole il Siviglia. Si sente un eterno esule.

L’estate del 2017, la svolta. L’Argentina annaspa. Edgardo Bauza, il cittì, viene allontanato. La prima scelta della federazione argentina sarebbe Diego Simeone, che allena l’Atletico Madrid: “No grazie”, risponde Diego. Marcelo Bielsa, il Loco, è la seconda scelta: “No grazie”, risponde Marcelo, che non vuole essere triturato da Maradona e dai suoi fantasmi. Alla fine, si opta per l’impetuoso Sampaoli: “Sapevo che sarebbe stata dura, ma allenare l’Argentina era il mio sogno. Era un’occasione unica. Forse non mi si sarebbe mai più presentata”.

Il resto è noto. Salvo, lui che noto non è alla maggior parte dei suoi connazionali. Da peronista convinto, si rimbocca le maniche. Dice, tanto per far capire di che pasta è fatto: “Io non pianifico niente. Tutto sta dentro la mia testa ed esce quando deve uscire. Il calcio non si studia. Si sente e si vive”. Belle parole. Poetiche. Ma poco vere: lui è andato in Europa a studiarlo, il calcio. Comunque, lo irridono. Compaiono per strada cartelli che sfottono la sua biografia: “Prima costava 275 pesos (cioè 9 euro), oggi la trovate a 3 pesos”. Poco per volta, Sampaoli scopre di stare sulle palle a tantissimi. Lo mettono in croce per le sue idee progressiste, “sono della scuola bielsista”, afferma Jorge, sfoggia un vistoso tatuaggio, quello dei Redondos (vecchio gruppo rock argentino molto popolare), l’accusano d’essere arrogante. Capace di dire ad un poliziotto d’essere “un coglione che guadagna appena cento pesos al mese”, ma questa è una testimonianza di Diego Murzi, sociologo argentino che oggi è sugli spalti dell’arena di Kazan per tifare l’Albiceleste ed è membro dell’ong Salvemos al Futbol (Salviamo il calcio lotta contro la violenza dentro e attorno agli stadi).

Dulcis in fundo, la recentissima accusa d’aver aggredito sessualmente una cuoca della selezione argentina, poco prima della trasferta russa. Lui sdegnosamente smentisce le calunnie. Sa che fanno parte del gioco. Non solo del calcio.

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Nel giorno in cui in tutto il mondo si celebra il Gay Pride, da Pompei arriva una rassicurazione per il mondo Lgtb. “Sono qui per testimoniare il mio sostegno e quello del Governo. So che in una parte del Governo non c’è la stessa sensibilità ma l’Italia non tornerà indietro, non si perderanno i diritti conquistati” dice il sottosegretario alle Pari opportunità Vincenzo Spadafora (M5s), che partecipa al Pompei Pride. “Nel contratto di governo non ci sono questioni riguardanti il mondo Lgbt, ma convocherò prestissimo le associazioni di settore per avviare un percorso di ascolto e confronto“.

A poco più di venti chilometri dalla città che ospita il santuario mariano arriva però la notizia che il primo cittadino di San Giorgio a Cremano Giorgio Zinno (Pd), che due anni fa si è unito civilmente al suo compagno, ha ricevuto una busta contenente due proiettili inesplosi e un foglio di carta con su scritto “gay di m… dimettiti o facciamo del male a te e alla tua famiglia”. “Ad indagine in corso non è opportuno entrare nei dettagli di quanto accaduto – dice il primo cittadino – i miei concittadini devono comunque sapere che io non farò passi indietro sulla strada della legalità. Esprimo fiducia negli inquirenti e ringrazio quanti mi stanno mostrando solidarietà in queste ore”. Sull’episodio indagano i carabinieri.

Intanto a Milano decine di migliaia di persone stanno sfilando. In piazza Oberdan l’evento finale con Drusilla Foer, sul palco insieme a Fabio Marelli. Ci sarà anche Jo Squillo, mentre gli ospiti principali della giornata saranno Benji& Fede. Dal palco parlerà anche il sindaco Giuseppe Sala, dopo aver sfilato per una parte del corteo. Il corteo con carri, bandiere arcobaleno e palloncini è aperto dallo striscione con la scritta #civilimanonabbastanza. Questo il tema scelto per l’edizione 2018 del Pride. Le associazioni del Coordinamento Arcobaleno di Milano scendono in piazza, spiegano, “per denunciare come ancora oggi viviamo in un contesto sociale, politico e culturale in cui, spesso, alcune parti della società ci appaiono costantemente attive a promuovere odio e divisioni“. Tra i partner della festa c’è anche Coca Cola, che per l’occasione ha realizzato una lattina in edizione limitata con la scritta ‘Love’ in sostituzione del logo. Netflix ha invece sponsorizzato la decorazione con i colori dell’arcobaleno della fermata della metropolitana di Porta Venezia.

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Meghan Markle scivola, di nuovo, sull’etichetta reale, il rigido protocollo di regole che i membri della Royal Family devono rispettare. A una cerimonia ufficiale con la regina Elisabetta, a Buckingham Palace, la duchessa di Sussex ha tentato di prendere la mano del marito. Il principe Harry, con una certa abilità, ha “recuperato” la situazione battendosi le mani.

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Un altro addio ai vertici de Il Sole 24 Ore. Dopo le dimissioni dell’amministratore delegato Franco Moscetti dello scorso 12 giugno, anche il presidente del gruppo di viale Monte Rosa, Giorgio Fossa, ha lasciato il posto. La notizia è arrivata nella tarda serata di venerdì, con una nota nella quale si spiega che il manager ha “rassegnato le proprie dimissioni alle ore 18.37” del 29 giugno. “Con la presente – si legge nella nota – mio malgrado e in considerazione della situazione creatasi, mi trovo costretto a rassegnare le dimissioni, dalla carica di presidente del consiglio di amministrazione di questa società, con effetto immediato. Mi spiace interrompere il cammino intrapreso in un momento ancora delicato della vita del Gruppo, ma sono convinto che il processo di rinnovamento, avviato nei 19 mesi trascorsi dalla mia nomina, abbia già mostrato il suo positivo effetto, così che, chi mi succederà, potrà proseguire sulla strada avviata, senza rallentare il positivo lavoro finora realizzato”.

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“Tutte leggende metropolitane” quelle sull’assenza delle coperture per il decreto dignità, il provvedimento annunciato dal ministro del Lavoro Luigi Di Maio la cui approvazione è slittata di alcuni giorni perché, come spiegato dallo stesso leader M5s, mancano “alcune bollinature. Rispetto alla bozza circolata alcuni giorni fa, però, il testo sta perdendo pezzi: Di Maio, intervenendo dal palco del Festival del Lavoro a Milano, ha spiegato che non ci sarà il tetto ai contratti di somministrazione a tempo indeterminato (la prima versione prevedeva che fossero conteggiati nel limite del 20% previsto per contingentare le assunzioni a termine). Questo tema, così come la eventuale reintroduzione di strumenti simili ai voucher aboliti dal governo Gentiloni, “dev’essere oggetto del dibattito parlamentare, non si può intervenire con un decreto”, ha detto il vicepremier. Per questo “demandiamo al Parlamento tutta questa materia”.

di Marion Didier e Carmen La Gatta

Per quanto riguarda i voucher ci sono, per Di Maio, “tante questioni che si possono affrontare facendo prima di tutto un confronto con i diretti interessati e capendo dove ci sono gli abusi e dove invece sono utili”. E “per quanto riguarda pure gli abusi della somministrazione c’è tutto il tema della sequenza” tra contratti a tempo determinato e contratti di somministrazione, “a cui dovremmo trovare delle soluzioni”. Ma “io le soluzioni le vorrei trovare insieme a quelli che ci lavorano ogni giorno”.

Dalla bozza iniziale erano già state stralciate le nuove norme relative alle aziende delle consegne di cibo a domicilio: il ministro ha concordato con i gruppi del settore l’avvio di un tavolo per arrivare a un contratto nazionale dei fattorini. Secondo diversi quotidiani, poi, è ancora in forse l’inserimento nel testo finale del promesso addio allo spesometro e allo split payment, misure che garantiscano allo Stato rilevanti entrate erariali. Ed è in fase di revisione la parte sulle multe per le aziende che delocalizzano: penalizzare chi sposta la produzione in un altro Paese Ue rischia di essere incompatibile con i trattati.

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Da almeno nove mesi ha attirato l’attenzione degli scienziato che studiano l’universo. Un’attenzione così grande che il misterioso visitatore interstellare ha avuto immediatamente un nome, Oumuamua, e un volto. E c’è stata anche l’ipotesi che arrivasse da un altro sistema planetario ein particolare da un mondo con due soli. L’intruso del Sistema Solare in realtà non sarebbe un asteroide, ma una cometa. La spiegazione della natura di Oumuamua è di un gruppo di ricercatori coordinati, dall’italiano Marco Micheli del Neo Coordination Centre dell’Esa (Agenzia spaziale europea). Lo studio è stato pubblicato su Nature.

Visto per la prima volta lo scorso 19 ottobre dall’osservatorio Haleakala delle Hawaii Oumuamua (che significa messaggero nella lingua delle isole Usa) è stato all’inizio classificato come una cometa per la sua traiettoria, poi come un asteroide, visto che sembrava privo della coda e del materiale tipico delle comete, e infine come il primo di una nuova classe di oggetti, gli oggetti interstellari.

Adesso, attraverso una deduzione indiretta, i ricercatori sono tornati a confermare la prima ipotesi, su cui propendevano anche altri gruppi di studio, come quello del Consiglio Nazionale delle Ricerche francese (Cnrs) e dell’Università di Bordeaux, che lo scorso marzo avevano pubblicato uno studio in tal senso. “Abbiamo misurato la posizione e traiettoria dell’oggetto, scoprendo che era leggermente diversa da quella che avrebbe dovuto avere se ci fosse stata solo la forza di gravità del Sole e dei pianeti a muoverlo”, spiega all’Ansa Micheli. Questa piccola deviazione è stata analizzata da vari punti di vista, e alla fine l’unica “motivazione che funziona è che questo oggetto sia una cometa che emette una piccola quantità di gas, che lo spinge nella direzione opposta. Probabilmente si tratta di una cometa poco attiva, di cui non si vede la coda”, continua. A differenza dunque delle comete del Sistema Solare, ‘Oumuamua è “un po’ più piccola della media – conclude Micheli – mentre la sua accelerazione è confrontabile con quella delle comete cui siamo abituati”.

L’abstract su Nature

Crediti: Eso/M. Kornmesser

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Marc Marquez partirà dalla pole position nel Gran Premio d’Olanda della MotoGp. Lo spagnolo ha conquistato la sua prima pole in carriera ad Assen con il tempo record di 1.32.791, precedendo l’altra Honda dell’inglese Cal Crutchlow di appena 41 millesimi. Terzo tempo per Valentino Rossi, con il ‘Dottore’ a 59 millesimi da Marquez e seguito da Andrea Dovizioso: il forlivese, su Ducati ufficiale, ha chiuso a soli 0.079 dal leader della classifica generale e partirà quarto.

Segue al quinto posto lo spagnolo Alex Rins su Suzuki, passato dalla Q1, a 0.142. Sesto tempo per Maverick Vinales su Yamaha a 0.193, settimo Alexis Espargaro su Aprilia a 0.238. Completano la top ten il francese Johann Zarco su Yamaha, ottavo a 0.281, Andrea Iannone su Suzuki a 0.329 nono e Jorge Lorenzo decimo con la Ducati a 0.376.

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Salvini? Racconta bugie, perché gli sbarchi stanno continuando. L’Italia fortunatamente ha una Costituzione, deve rispettare dei trattati internazionali e la convenzione dei diritti dell’uomo. Quindi, continuano ad arrivare navi della Marina Militare Italiana e della nostra Guardia Costiera che portano i migranti“. Sono le parole pronunciate a Otto e Mezzo (La7) dal direttore de Il Fatto Quotidiano, Marco Travaglio, che aggiunge: ” E sarebbe semplicemente una bugia dire che abbiamo chiuso i porti, perché non è vero. I migranti continuano ad arrivare. Si è data semplicemente una frenata alle ong, perché creavano un problema nella loro assoluta buona fede. Ma erano diventate le autrici della nostra politica estera. E la politica estera non la possono fare le ong, ma il governo, con equilibrio, tenendo insieme tutto e cercando di continuare anche ad alzare un po’ la voce in Europa, purché naturalmente si garantisca il rispetto dei diritti umani e non solo in Libia, ma anche in Italia“. Travaglio puntualizza: “Non credo che gli italiani siano diventati razzisti. Penso che ci sia purtroppo tanta disinformazione. Quando qualcuno osa dire che le ong non possono fare la politica estera e la politica frontaliera dell’Europa, perché sono delle entità benefiche e benemerite ma private, non dice che le ong vanno arrestate o scacciate dal Mediterraneo. Dice che devono rispondere a delle regole. E in questo protocollo finale del vertice Ue c’è scritto che le ong non devono avvicinarsi alle acque territoriali libiche, perché altrimenti non riusciamo ad arrestare gli scafisti. Lo scopo principale della politica europea deve essere quello della lotta senza quartiere ai trafficanti di esseri umani. Se sbarcano e annegano” – continua – “non è colpa dell’Italia, ma è colpa dei trafficanti che li depredano e li caricano su bagnarole sempre più fatiscenti, tanto più se sanno che a poca distanza c’è una nave del’ong che non li salva, ma li rileva semplicemente. Tutti dicono: ‘Accogliamoli’. Benissimo. Ma possiamo continuare a dire che l’unica prospettiva che diamo a questi disperati è quella di farli arrivare in Italia e poi rinchiuderli in una gabbia per due anni per valutare i loro documenti? E’ possibile che non ci occupiamo mai di quello che succede un minuto dopo che hanno messo piede sul suolo italiano?”.

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Limbani, un cucciolo di scimpanzé accudito alla Zoological Wildlife Foundation di Miami, è nato con una malattia polmonare e la mamma naturale lo ha abbandonato. Una coppia, Tania e Jorge, si è presa cura di lui. Ogni volta che Limbani li vede, impazzisce di gioia. Nel video, pubblicato dall’associazione, si vede il piccolo scimpanzé sputare ciò che aveva appena bevuto dall’eccitazione per poi saltare in braccio all’uomo.

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“Benvenuti. È il capitano che parla. Siamo diretti in Spagna“. Con l’annuncio a bordo del comandante Marco Martinez finisce l’attesa per la nave della ong spagnola Open Arms, che attraccherà in Spagna dopo il no dell’Italia. L’imbarcazione ha salvato 59 migranti nel Mediterraneo: 50 uomini, cinque donne e quattro minorenni. Una vicenda che scatena lo scontro a distanza tra Salvini e il suo omologo maltese Michael Farrugia. Il responsabile del Viminale, che ieri ha vietato l’attracco alla nave poi formalizzato dal ministro delle Infrastrutture Toninelli, questa mattina ha scritto che la nave si trovava “in acque Sar della Libia, porto più vicino Malta, associazione e bandiera della Spagna: si scordino di arrivare in un porto italiano. Stop alla mafia del traffico di esseri umani: meno persone partono, meno persone muoiono”.

Ma a smentire Salvini è intervenuto il suo omologo maltese Michael Farrugia, che su twitter ha scritto: “La prego, smetta di dare notizie false per cercare di coinvolgere Malta in una disputa senza una ragione valida”. Nello stesso tweet Farrugia ha anche pubblicato “una mappa” che mostra come la nave della ong sia più vicina a Lampedusa, “perché tutti vedano: questi sono fatti, non opinioni”. Il portavoce del governo di La Valletta rilancia il tweet e scrive “Basta con le bugie Matteo Salvini“, aggiungendo che “il governo pubblica una mappa che mostra la posizione di Open Arms in relazione ai porti più vicini e dimostra che è Lampedusa il porto più vicino”.

“L’Open Arms avrebbe potuto salvarli, ma è stato ignorato dalle autorità libiche e italiane” – È quanto scrive su Twitter Javi Lopez, uno dei quattro europarlamentari a bordo di Astral, una delle due navi della Ong catalana, postando un video in cui Oscar Camps, fondatore dell’organizzazione umanitaria, accusa i due paesi per le operazioni di soccorso di ieri in cui un barcone è naufragato e 100 persone, tra cui 3 bimbi, sono morti. Un’accusa ribadita anche da Riccardo Gatti, il comandante della Astral, postato da Eleonora Forenza su Fb. “Abbiamo sentito un messaggio radio tra un aereo militare e i guardacosta libici riguardo ad una imbarcazione da soccorrere, però nessuno ci ha dato un’indicazione ufficiale – ha detto Gatti – Dopo circa un’ora e mezza è arrivato un messaggio di testo sui dispositivi di bordo da parte della radio di Malta, un messaggio riguardante un’imbarcazione con circa 100 persone a bordo e pensiamo sia la stessa. Abbiamo chiamato Roma chiedendo se c’era bisogno che andassimo a soccorrere e ci hanno detto che era già stata intercettata da una motovedetta della guardia costiera libica. Di lì a poco abbiamo saputo di morti e dispersi”.

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Due ragazze di 17 anni, Gaia Maria Perasso e Gaia Fiorentini, sono scomparse mentre erano in vacanza con i genitori di una di loro a Marina d’Altidona, lungo la costa in provincia di Fermo. I familiari hanno fatto denuncia al commissariato marchigiano dopo che venerdì sera le due amiche, originarie di Fidenza, in provincia di Parma, non hanno fatto ritorno al camping dove si trovavano.

A comunicarlo è la Prefettura di Fermo che, su richiesta dei genitori, ha divulgato le foto delle giovani per facilitare le ricerche. “Chiunque le riconosca – è l’appello della Prefettura – è pregato di contattare immediatamente la Polizia di Stato o i Carabinieri tramite il 113 o il 112″. Le due ragazze si trovavano in vacanza nel Fermano da un paio di giorni. La Prefettura ha attivato il protocollo nazionale per la ricerca delle minorenni, mentre i genitori hanno aperto un profilo Facebook per raccogliere notizie utili a ritrovare le due 17enni.

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“Ovunque ci sia stata una forma di proibizionismo chi ne ha guadagnato sono state sempre e solo realtà illecite. Vuole davvero essere ricordato come il ministro che ha spinto i giocatori italiani nelle mani di operatori sconosciuti senza regolari concessioni, quindi non controllabili?”. E’ un passaggio della lettera aperta -pubblicata sabato su diversi quotidiani – indirizzata al vicepremier e ministro dello Sviluppo economico Luigi Di Maio e firmata da Niklas Lindahl, direttore per l’Italia della società svedese dei casinò online Leogaming. Il riferimento è alle bozze del decreto dignità, atteso in consiglio dei ministri la prossima settimana, che prevede il divieto totale di spot sul gioco d’azzardo e sponsorizzazioni da parte di gruppi del settore. Il leader M5s ha risposto su Facebook sottolineando: “Quello che viene vietato è la pubblicità a un prodotto o servizio, non il prodotto in sé. La logica che viene applicata è quella che ha portato al divieto della pubblicità sulle sigarette. Non è stata vietata la vendita, ma la sua sponsorizzazione e la strategia ha funzionato”.

“Lei sostiene che con il divieto alla pubblicità si favorirebbero le attività illegali, io penso il contrario”, scrive il vicepremier. “Penso che meno pubblicità al gioco d’azzardo legale farà diminuire anche il ricorso a quello illegale. La martellante pubblicità sul gioco d’azzardo, anche utilizzando testimonial ultra famosi, ha come effetto un generale aumento del desiderio di giocare d’azzardo, causando anche un indiretto aumento delle giocate “non autorizzate””. “Il fenomeno principale che voglio debellare con questa norma è l’azzardopatia”, prosegue la lettera. “Se è vero che le entrate fiscali derivanti dal gioco valgono svariati miliardi, è anche vero che i costi sociali dell’azzardopatia in Italia sono quasi altrettanti. E’ un gioco quasi a somma zero per lo Stato che incassa da una parte i soldi che poi deve spendere dall’altra. I malati d’azzardo in Italia sono circa un milione. Un milione di famiglie in cui la serenità e la tranquillità economica non esistono più. E io come ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali devo pensare innanzitutto ai cittadini, alla loro salute e alla loro qualità di vita. Tra il profitto di una società e la felicità di una famiglia, non esito un attimo a scegliere la seconda”.

Nella sua missiva Lindahl esprime “forte preoccupazione” sostenendo che non sono i divieti a sconfiggere la ludopatia e propone l’istituzione di un tavolo di confronto che ‘possa trovare soluzioni alternative ad un divieto totale raggiungendo insieme l’obiettivo di proteggere i consumatori senza distruggere il mercato ed un’economia di grande rilevanza per il Paese”. La lettera afferma che il divieto danneggerebbe i consumatori, lo Stato a causa di una “drammatica diminuzione delle entrate erariali provenienti dal nostro settore quantificabili in circa 10 miliardi” e “tutto il comparto dei giochi a distanza” con conseguenze negative per “le migliaia di persone che lavorano in questo settore”.

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Milano, rapina in una gioielleria di via Montenapoleone

Secondo le prime ricostruzioni, tre malviventi sarebbero entrati in azione nel Quadrilatero della moda del capoluogo lombardo. Obiettivo del colpo il negozio Audemars Piguet. I banditi sarebbero poi fuggiti in sella a delle biciclette



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di Aurora Di Benedetto

Tutti in queste settimane ci chiediamo quali saranno i primi provvedimenti adottati dal nuovo governo in tema di istruzione.

La scuola è un campo minato per ogni esecutivo, infatti una parte considerevole del consenso del precedente governo è stata persa in conseguenza della legge sulla Buona Scuola. Ma è davvero necessaria una riforma così radicale affinché si possa avere un sistema di istruzione che dia garanzie di qualità? Non potrebbe bastare richiamare i docenti e tutti i lavoratori della scuola a quello che già oggi è un loro obbligo imprescindibile: realizzare l’idea di scuola delineata nelle Indicazioni nazionali, documento di ampio respiro pedagogico conosciuto forse solo dagli addetti ai lavori?

Esso scatta una fotografia della società attuale ed in relazione ad essa definisce le sfide che la scuola deve affrontare. Ad esempio le Indicazioni rilevano che viviamo in una società complessa, in continuo mutamento, i ragazzi fanno molteplici esperienze anche al di fuori della scuola. Stanti tali premesse, la scuola deve fornire all’alunno gli strumenti per dominare la complessità e non rimaner disorientato di fronte al cambiamento. La scuola deve accogliere le esperienze frammentarie e casuali compiute dagli alunni e dare ad esse un orizzonte di senso. Questo è solo l’inizio, ne consiglio la lettura e vi rimando al documento.

Per realizzare la scuola delle Indicazioni qualsiasi riforma o provvedimento legislativo può fare poco se gli insegnanti e tutti coloro che gravitano intorno alla scuola non fanno propria quella idea di scuola cercando ogni giorno di concretizzarla nelle aule con i ragazzi. Esiste una scuola nella periferia sud di Milano, quartiere Barona, che riesce ad essere un’eccellenza nonostante tutto, riesce a concretizzare quell’idea di scuola nonostante le difficoltà. Si tratta dell’Istituto comprensivo Ilaria Alpi.

Non è una scuola ricca. Come tutte le scuole ha subito i tagli che si sono susseguiti nel tempo: tagli di risorse, tagli di personale. E’ una scuola grande, tra le più grandi di Milano, quindi presenta numerose difficoltà di gestione. Gli edifici sono vetusti e quindi necessitano di continui e importanti interventi di ristrutturazione. E’ una scuola con un alto tasso di stranieri e di bambini diversamente abili. Avrebbe quindi tutte le caratteristiche per essere la tipica scuola di confine che stenta ad andare avanti  se non a sopravvivere ed invece no, è un’eccellenza riconosciuta.  Perché? Perché la differenza in una scuola la fa chi ci lavora, in primis la dirigenza.

L’Ilaria Alpi ha una dirigente scolastica di grande esperienza e competenza, una leader naturale che preferisce convincere invece che ordinare, una per cui la condivisione e la collaborazione sono parole d’ordine. Micaela Francisetti è una che domina col suo carattere il ruolo che ricopre, che per lei non significa potere, ma responsabilità. E’ una motivatrice, una che riconosce le qualità e i talenti dei suoi insegnanti, li riconosce e li impiega per realizzare il suo progetto di una scuola inclusiva, di una scuola che metta al centro la persona e  consideri le diversità come una ricchezza.

È una scuola che brulica di iniziative volte a migliorare sempre di più l’offerta formativa, coinvolgendo  le famiglie e approfittando delle opportunità offerte dal territorio.
Questo esempio ci fa comprendere che una scuola migliore, una scuola di alta qualità è possibile realizzarla, iniziamo a lavorare, non aspettiamo la riforma miracolosa perché nessuna riforma potrà cambiare ciò che noi non ci impegniamo a cambiare.

Il blog Utente Sostenitore ospita i post scritti dai lettori che hanno deciso di contribuire alla crescita de ilfattoquotidiano.it, sottoscrivendo l’abbonamento Sostenitore e diventando membri del Fatto social club. Tra i post inviati Peter Gomez e la redazione selezioneranno quelli ritenuti più interessanti. Questo blog nasce da un’idea dei lettori, continuate a renderlo il vostro spazio. Se vuoi partecipare sottoscrivi un abbonamento volontario. Potrai così anche seguire in diretta streaming la riunione di redazione, mandandoci in tempo reale suggerimenti, notizie e idee, sceglierai le inchieste che verranno realizzate dai nostri giornalisti e avrai accesso all’intero archivio cartaceo.

L'articolo Scuola, per migliorarla non servono riforme. La differenza la fa chi ci lavora proviene da Il Fatto Quotidiano.



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Un uomo e un donna di 69 anni sono stati trovati morti nella loro casa a Impruneta (Firenze). Su entrambi corpi sono stati rilevati segni di arma da punta e da taglio. L’ipotesi è che la coppia sia stata uccisa da uno dei figli dell’uomo che avrebbe problemi psichici. A fare la scoperta è stato un altro figlio dell’uomo che, non ricevendo risposte, è andato a casa del padre, trovandolo morto così come la donna che conviveva con lui. Il decesso risalirebbe alla notte scorsa, stando ai primi accertamenti. Il presunto assassino, 43 anni, potrebbe essersi allontanato in auto l’uomo, sembra infatti che manchi una macchina in uso alla famiglia.

Intanto sul posto è arrivato il sostituto procuratore di Firenze Massimo Lastrucci, al lavoro nell’abitazione anche la scientifica dei carabinieri del capoluogo toscano. All’esterno della casa, in una palazzina circondata da altri stabili, si trova l’altro figlio del 69enne, che viveva altrove e che ha scoperto stamani, poco prima di mezzogiorno, i corpi del padre e della convivente. Osvaldo Capecchi, originario di Rossano Calabro (Cosenza) e la compagna di quest’ultimo, Patrizia Manetti, fiorentina.

L'articolo Firenze, coppia di anziani uccisa in casa: ricercato dai carabinieri uno dei figli proviene da Il Fatto Quotidiano.



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“Come sono cambiati i 5 Stelle con l’ingresso nei palazzi del potere? Al momento sono molto prudenti e troppo portati al compromesso, al contrario di Salvini che non si fa alcuno scrupolo”. Sono le parole del direttore de Il Fatto Quotidiano, Marco Travaglio, nel corso di Otto e Mezzo (La7). “Si pensi all’incredibile retromarcia del M5s su Nino Di Matteo” – spiega Travaglio- “Al ministero della Giustizia avevano promesso di mettere persone di rottura, come appunto Di Matteo a capo delle carceri. Stranamente questa cosa è evaporata, forse perché la presenza di Di Matteo spaventava qualcuno o della mafia o dello Stato o forse di entrambi i contraenti della nota trattativa”. E aggiunge: “Se i 5 stelle facessero altre norme norme popolari, che riscuotono consenso, che servono ai cittadini e che tagliano privilegi, come l’immunità parlamentare, largamente abusata e solo in parte eliminata, io non ci sputerei sopra. Se riuscissero a fare un po’ di reddito di cittadinanza, iniziando dal 2019, perché no? Siamo l’unico Paese che non ha una forma di reddito minimo per chi non lavora e cerca lavoro. Adesso lo sta sperimentando persino la Grecia, lasciandoci al rango di fanalino di coda dell’Europa sul piano delle politiche sociali. Possono fare cose sulla corruzione” – continua – “Ci sono tante cose che costano poco, sono popolari e al contempo molto giuste. E se fossero state fatte prima, non ci sarebbe stato il tracollo dei partiti che ci hanno governato in questi 25 anni. Non tutto ciò che è popolare è sbagliato”. A Lilli Gruber che gli chiede cosa si aspetta nei prossimi due mesi estivi, Travaglio risponde: “Mi aspetto un mare di chiacchiere. Spero che, visto che le prossime elezioni sono tra un anno, tutti i politici ci facciano grazia di quel grasso in eccesso che è la campagna elettorale e comincino a parlare solo per atti. E soprattutto ci dicano le cose una volta fatte, non prima. Giorgetti ha consigliato ai ministri di conservare una foto di Renzi e di ricordarsi di quanto è breve il consenso. A questo suggerimento, aggiungo un altro: seguano il consiglio di Conte, che parla abbastanza poco, lavorando in silenzio. Lo stile di dire le cose solo dopo che sono state realizzate potrebbe portare addirittura voti alla lunga”.

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Il “completo crollo dell’economia italiana” e un incremento del debito fino al 145,4% del pil, contro il 131,8% attuale. E’ quello che sarebbe successo senza la restrizione fiscale del 2012, ovvero le manovre di austerità varate dal governo Monti nel momento peggiore della crisi finanziaria. La stima è dell’Osservatorio sui conti pubblici italiani, fondato e diretto dall’ex commissario alla spending review Carlo Cottarelli presso l’Università Cattolica di Milano, che ha simulato l’evoluzione dell’indebitamento – il “macigno” che pesa sulla crescita italiana – in assenza di quegli interventi di emergenza adottati dopo che lo spread (differenziale di rendimento tra Btp e Bund) aveva sfondato quota 550 punti base. Ed è arrivato alla conclusione, non banale alla luce dei contenuti del contratto di governo Lega-M5s, che “non è possibile ridurre il rapporto tra debito pubblico e Pil attraverso manovre espansive“, ovvero aumenti di spesa e tagli di tasse. “In effetti, non esistono precedenti di paesi che abbiano ottenuto sensibili riduzioni del rapporto tra debito e Pil attraverso espansioni fiscali”.

Il rapporto tra debito pubblico e pil, calcola il rapporto, “sarebbe cresciuto più rapidamente di quanto osservato”, arrivando nel 2018 “a 142,1 per cento (circa 11 punti percentuali al di sopra di quanto attualmente previsto per il rapporto tra debito pubblico e Pil alla fine di quest’anno)”, valore minimo stimato valutando che le misure restrittive valessero 2,4 punti di pil, e addirittura al 145,4% del pil se si utilizza la stima di un impatto del 3,1% del pil contenuta nel Def del 2012.

In uno scenario del genere, prosegue il documento, sarebbe stato più difficile ottenere una riduzione dello spread: “l’azione della Banca centrale europea, che ne facilitò la riduzione a partire della seconda metà del 2012, non sarebbe probabilmente stata possibile in assenza di una stretta fiscale da parte dell’Italia e di altri paesi ad alto reddito. Questo perché in assenza di tale aggiustamento la Bce avrebbe potuto considerare tale riduzione non compatibile con l’esigenza di evitare il finanziamento a tassi di interesse bassi di posizioni fiscali insostenibili. Ma in assenza di una riduzione dei tassi di interesse, la dinamica del Pil sarebbe stata meno favorevole di quella riportata nella simulazione. La spesa per interessi sarebbe stata anche più elevata”.

Per questo motivo “il rapporto tra debito e Pil sarebbe cresciuto anche più rapidamente. La crisi si sarebbe approfondita andando probabilmente fuori controllo”. Tra le conclusioni del dossier, che contiene diverse simulazioni fatte utilizzando i moltiplicatori pubblicati dal ministero dell’Economia, emerge come “non è possibile ridurre il rapporto tra debito pubblico e Pil attraverso manovre espansive. In effetti, non esistono precedenti di paesi che abbiano ottenuto sensibili riduzioni del rapporto tra debito e Pil attraverso espansioni fiscali”.

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