E’ in corso un involontario esperimento di psicologia sociale, iniziato con un presunto scandalo in studi tossicologici sull’uomo. La storia comincia con una segnalazione del New York Times, ripresa ampiamente dalla stampa tedesca, secondo la quale nel 2014 era stato condotto un test contraffatto su alcune scimmie, finalizzato a valutare la tossicità dei gas di scarico. Lo scandalo stava nel fatto che la ditta produttrice dell’auto (Volkswagen, membro del consorzio EUGT) aveva utilizzato un’automobile truccata per produrre minori emissioni di scarico: le automobili effettivamente vendute al pubblico ne producevano in maggiori quantità. L’effettiva truffa industriale, rimbalzando tra un giornale e l’altro però passa in secondo piano: il pubblico si indigna di più per la sorte delle scimmie.
Poiché lo scandalo vende bene, i giornali indagano, e scoprono che nel 2016 il consorzio EUGT (oggi disciolto) formato a scopo di studio dalle più grandi case automobilistiche tedesche aveva finanziato uno studio sull’uomo finalizzato a valutare le soglie di tossicità di un gas contenuto negli scarichi delle auto, il diossido di azoto (NO2, anidride nitroso-nitrica). Lo studio, svolto presso l’Università di Aachen e pubblicato nel 2016, era stato approvato dal Comitato Etico ed i partecipanti avevano firmato un consenso informato. Come in tutti gli studi finalizzati a misurare le soglie di tossicità, la concentrazione del tossico nell’aria inspirata dai soggetti era bassa: lo scopo di questi studi è stabilire quali livelli di tossico siano tollerabili prima dell’apparizione dei sintomi. Ovviamente nessuno dei soggetti aveva lamentato danni.
A questo punto la notizia diventa una bomba: esperimenti sull’uomo, condotti coi gas, dai tedeschi! Angela Merkel si indigna e promette indagini; lo stesso fa il portavoce della commissione Ue, Margaritis Schinas, che auspica che “una azione urgente”. Nessuna delle due capisce un’acca di ricerca nella tossicologia e il coordinatore scientifico del disciolto consorzio EUGT, Helmut Greim, professore emerito di tossicologia, nel difendere gli esperimenti nota che chi parla “dovrebbe prima informarsi”. Ma naturalmente sia Angela Merkel che Margaritis Schinas si saranno informate benissimo con i rispettivi consulenti, non tanto sulle metodiche della ricerca tossicologica quanto sull’opportunità di esprimersi nel modo che garantisce loro di non perdere voti, e semmai di acquistarne. Lo stesso tipo di informazione, finalizzata a non perdere clienti, sarà stata cercata e ottenuta dall’amministratore delegato di Volkswagen, Matthias Mueller, che ha licenziato (immagino con una buonuscita più che adeguata) il “responsabile”, Thomas Steg.
Come stanno realmente le cose, al di là del polverone, potrebbe essere facilmente accertato da chiunque, anche digiuno di tossicologia (come il sottoscritto). Ovviamente non è credibile che l’Università di Aachen svolga studi sull’uomo senza rispettare le regole etiche, come non è credibile che studi non etici siano approvati dai revisori della rivista e pubblicati. La rivista sulla quale è stato pubblicato lo studio sui venticinque soggetti umani si chiama International Archives of Occupational and Environmental Health ed è pubblicata da Springer, un editore molto serio. Se uno va sul sito web scopre che viene pubblicato un fascicolo al mese e che nello stesso volume (89) e fascicolo (6) in cui appare lo studio incriminato ce n’è anche un altro, condotto in modo simile su 26 donne, volontarie, a cui era stata somministrata ammoniaca. Volendone cercare, ovviamente, ci sono moltissimi studi simili sulla stessa e su altre riviste: il metodo è infatti comune. Pochissimi altri studi di tossicologia, però, si prestano a montare uno scandalo: non hanno dietro i colossi dell’industria automobilistica, quindi mancano sia il colpevole occulto che gli interessi economici. Chi si indigna per uno studio finalizzato a scoprire le soglie di tossicità dell’ammoniaca usata nelle pulizie domestiche?
Un bello scandalo è utile a molti: i giornali vendono copie, i politici acquistano visibilità e la stesse case produttrici di automobili colgono l’occasione per dissociarsi dagli studi che commissionano. I ricercatori che hanno materialmente condotto lo studio restano presi nella trappola, ma di fatto non rischiano quasi nulla, a parte la pubblicità negativa: infatti il magistrato che indagherà richiederà perizie di specialisti sullo studio incriminato e queste dimostreranno che c’erano sia il parere del Comitato Etico che il consenso informato dei partecipanti, i quali potevano in qualunque momento ritirarsi dall’esperimento. La conclusione giudiziaria sarà un non luogo a procedere. Nessun danno a nessuno dunque? Non proprio: molti ricercatori si sono stancati di questo gioco al massacro nel quale vengono indicati come “i colpevoli” e riducono le loro attività di ricerca e docenza al minimo contrattuale (che è poco). Meno studi, sugli animali e sull’uomo significano ovviamente meno farmaci, meno vaccini, meno valutazioni precauzionali tossicologiche; e significano maggiore forza alle posizioni di quelli che “io non sono contrario, ma servono studi certi”.
L'articolo Test su scimmie e cavie umane, lo scandalo che serviva a politici e case automobilistiche proviene da Il Fatto Quotidiano.
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