Che prima o poi sarebbe accaduto lo sapevamo tutti. Che sarebbe accaduto ora in questi giorni era davvero imprevedibile. Solo chi conosce l’Iran e chi come me ha vissuto le proteste del 2009 sulla propria pelle dopo l’elezione per il secondo mandato di Ahmadinejad, anche se da lontano oggi vive questi giorni con gran dolore. Giorni di tensioni e di ricerca affannata di notizie. Notizie confuse, che arrivano in continuazione, ma che ancora non hanno una definizione certa.

E’ iniziato tutto qualche giorno fa a Mashad, città santa iraniana con delle manifestazioni contro il carovita. Ancora oggi non è chiaro come si siano originate le proteste che solitamente in Iran vengono bloccate quasi sul nascere con la repressione. Qualcuno dice addirittura che fossero organizzate dagli ultraconservatori contro il governo Rohani per indebolirlo. Gli ultraconservatori tra i tanti sbagli non hanno mai perdonato a Rohani il suo ‘servilismo’ nei confronti degli Stati Uniti per l’accordo nucleare.

E oggi con l’America di Trump in tanti dicono che i conservatori avevano ragione a dire “mai fidarsi degli Stati Uniti”. In entrambi i suoi mandati il Presidente Hassan Rohani aveva dichiarato che il principale obiettivo del suo programma era quello di riportare l’economia a livelli accettabili specie dopo anni di ingiuste sanzioni.

Sanzioni che avevano contribuito a generare il crollo del valore della moneta iraniana nei confronti delle valute straniere, sconvolgendo la vita quotidiana della popolazione, con un aumento dei prezzi di qualsiasi prodotto a livelli vertiginosi. A causa delle sanzioni oggi in Iran circa 15 milioni di persone vivono sotto la soglia di povertà, ovvero il 20% della popolazione. Le conseguenze di questa povertà sono visibili nella vita quotidiana. Ragazzi che abbandonano gli studi, la mendicità, la vita di molti senza domicilio fisso. La povertà ha spinto la popolazione alla prostituzione, al lavoro minorile per non parlare dell’uso della droga in continuo aumento tra i giovani proprio perché diventata l’alternativa a una vita di miseria e di restrizioni. Oggi la disoccupazione giovanile è superiore al 40% e sono aumentati i casi di furti e di rapine quasi inesistenti qualche anno fa.

Le proteste di questi giorni dunque pare siano iniziate proprio con il dissenso popolare verso l’economia del paese. Quello che sfugge però forse perché ancora troppo presto, è determinare se queste proteste siano davvero nate spontaneamente o se vi sia dietro qualche organizzazione. Alcuni hanno azzardato l’idea che ci possano essere gli Mko, i Mojahedin del popolo da sempre contrari al regime teocratico iraniano. Altri hanno suggerito vi sia un movimento per il ritorno dello Shah Reza Ciro Pahlavi in patria, il figlio di Mohammad Reza Pahlavi costretto all’esilio durante la rivoluzione islamica.

Di fatto a tre giorni dagli scontri nessun analista nemmeno il più esperto potrà essere in grado di spiegarci cosa stia accadendo e quale sarà il futuro prossimo dell’Iran. Per quanto sia nata come protesta contro il carovita si è ormai trasformata in una sollevazione per i diritti civili della popolazione. Diritti che sappiamo bene in Iran vengono calpestati quotidianamente. Quello che emerge dalle immagini che amici e conoscenti continuano a mandarmi notte e giorno dall’Iran è qualcosa che meno di una settimana fa sarebbe stato impossibile solo da pensare.

Davvero un Iran che non ti aspetti, veder bruciare in strada la bandiera iraniana o calpestare l’immagine della Guida Suprema Ali Khamenei è qualcosa di davvero inusuale in Iran. Nei video si sentono slogan contro il sistema teocratico, contro le scelte ad esempio del governo di intervenire in Siria. Uno dei primi slogan gridava proprio “non pensate alla Siria ma al vostro popolo”.

La differenza tra queste proteste e quelle del 2009 risiedono nella modalità ma più o meno le richieste sono le stesse. Allora era tutto concentrato nella capitale Teheran e mi ricordo ancora che la polizia sempre attenta all’abbigliamento islamico non controllava se eri coperta abbastanza ma se indossavi un nastro verde al polso simbolo del movimento ‘onda verde’ di cui ancora oggi i due sostenitori Mousavi e Karroubi sono agli arresti domiciliari.

Oggi come nel 2009 la polizia ha chiesto alla popolazione di non partecipare ai raduni di massa. Ma dal 2009 a oggi molte cose sono cambiate e la popolazione è più forte, non ha paura e vuole rivendicare i propri diritti. Per ora si parla di quattro vittime ma altri dicono otto. Il numero preciso non lo sapremo mai come non sapremo mai il numero degli arresti. Ancora oggi non sappiamo che fine abbiano fatto alcuni manifestanti scoparsi durante le proteste del 2009!

Quello che più preoccupa è l’immediato futuro di questo paese. Ed è così che possiamo azzardare due vie di uscita. Se le proteste dovessero continuare e davvero il popolo riuscisse ad ‘abbattere’ il regime iraniano, il quesito si pone per il ‘dopo regime’. Qualcuno gridava ‘vogliamo un governo laico’ e mi chiedo se vi siano al momento in Iran figure in grado di poter prendere il comando di un paese di 70 milioni di abitanti capace di risollevare l’economia e indirizzare il paese verso una vera democrazia. L’altra possibilità è nel fatto che se le proteste non avranno il successo sperato, quel ‘regime’ non avrà pietà per il suo popolo, così come non ne ha avuto in questi ultimi 40 anni. Inizieranno le repressioni, le velate aperture non saranno più concesse e continueranno gli arresti, le torture, i falsi processi per finire con le sentenze di morte.

E noi anche da fuori questo non dobbiamo e non possiamo assolutamente permetterlo.

L'articolo Iran, la rivolta che non ti aspetti. Quale futuro per il dopo-regime? proviene da Il Fatto Quotidiano.



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