Il Giro d’Italia quest’anno partirà da Gerusalemme, capitale dello Stato d’Israele.

Questa scelta è stata fatta oggetto – da parte di alcuni – di una vibrante protesta. Prima per il fatto in sé, perché il Giro d’Italia non dovrebbe, ad avviso dei contestatori, partire da Israele e poi perché bisognerebbe posporre alla indicazione della città di partenza un punto cardinale: Gerusalemme Ovest. Israele si è irrigidita, ottenendo l’abolizione di quell’ “Ovest”, forse memore di tutti gli accordi di pace fatti abortire da Arafat prima e da Abu Mazen dopo; anche quelli che prevedevano l’attribuzione della parte Ovest di Gerusalemme ad Israele e della parte Est ai Palestinesi.

La partenza di un giro inter-etnico e inter-religioso, in verità, potrebbe raffreddare gli animi e creare un clima migliore, ma tutto questo postulerebbe che si abbandonasse la religione dell’odio. Infatti, con un bel trattato di pace, gli israeliani ed i palestinesi potrebbero avere una loro capitale in Gerusalemme, senza necessariamente usare l’etichetta dei punti cardinali. Basterebbe mettere insieme (ci sono e come) gli israeliani e i palestinesi che convivono anche ora non solo in pace, ma addirittura in amicizia.

Tuttavia, fino ad ora prevalgono quelli, non importa quale sia il loro credo e il loro passaporto, che amano odiare, senza accorgersi che è un ossimoro. Anche in Italia c’è gente che ritiene che la pace sia propria solo di qualcuno, che la predica solo in forma di odio. La verità è che chi fa diventare un’occasione di armonia come il Giro ciclistico in un ulteriore motivo per far scorrere la bile non predica la pace.

Sarebbe bello invece poter immaginare Israele e Cisgiordania-Gaza in pace. Come inno potrebbero pure avere “Imagine” di John Lennon; invece, hanno la rabbia di Roger Waters. Molto meglio Lennon.

L'articolo Il Giro d’Italia parte da Israele, un’occasione di pace si trasforma in bile proviene da Il Fatto Quotidiano.



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