Ha sempre detto di non avere intascato tangenti. Di non essersi arricchito con la politica. Di possedere soltanto alcune migliaia di euro in banca. Adesso per l’ex assessore ai lavori pubblici della Regione Veneto, Renato Chisso, è arrivata una condanna severissima da parte della Corte dei Conti. Dovrà risarcire alla Regione 5 milioni 376mila euro, di cui 4 milioni 820 mila euro per danno all’immagine e 556mila euro per danno da disservizio per il coinvolgimento nell’inchiesta Mose. Una stangata, a cui probabilmente non riuscirà a far fronte, inferiore di poco meno di 400mila euro a quella che a febbraio ha colpito l’ex presidente della giunta regionale del Veneto, Giancarlo Galan, anche lui di Forza Italia.
Il collegio presieduto da Guido Carlino ha quantificato il danno partendo dalle tangenti che Chisso avrebbe percepito e che lo hanno indotto a patteggiare una pena di due anni e sei mesi di reclusione. “La corresponsione materiale delle somme al Chisso avveniva tramite vari soggetti, fra cui – secondo i richiami operati dalla Procura di Venezia – il suo segretario particolare Casarin, Claudia Minutillo (Amministratore Delegato di Adria Infrastrutture S.p.A., società appartenente al Gruppo Mantovani, già segretaria particolare del Presidente della Regione Galan), diversi esponenti del Consorzio Venezia Nuova e della consorziata Mantovani. In taluni casi personalmente dal presidente del Consorzio, Giovanni Mazzacurati, e dall’ingegnere Piergiorgio Baita della Mantovani”.
Questo è scritto nella sentenza che ricorda come la Regione abbia già accantonato, ai fini della confisca, “fondi corrispondenti all’importo mensile dell’assegno vitalizio (pari ad euro 5.723,39 lordi, destinati ad aumentare a 6.226,34 dal gennaio 2018) a far data dall’agosto 2015, all’importo dei contributi figurativi e conguaglio fiscale 2015 per euro 4.590,99 netti, nonché all’importo dell’assegno di fine mandato, pari a euro 88.947,70 lordi”.
Le tangenti incassate sono state quantificate in 2 milioni 410mila euro, risultato di una somma di 250mila euro annui percepiti dal 2005 al 2013, oltre a 160mila euro di una tantum. In base all’articolo 1 della Legge anticorruzione del 2012 va calcolato un danno d’immagine pari al doppio del denaro illecito percepito. Per questo la prima voce di risarcimento è di 4 milioni 820 mila euro.
A Chisso è stato invece concesso uno sconto nel risarcimento dei danni da disservizio. La Procura aveva chiesto che si applicasse il 60 per cento sulle retribuzioni lorde percepite come assessore, pari a 922mila euro. I giudici hanno invece corretto al ribasso la cifra di circa 400mila euro, perché hanno calcolato il 60 per cento “delle retribuzioni nette nel periodo dal 2005 al 2013, per complessivi 556 mila euro”. Come in tutte le condanne di questo genere, verranno calcolati gli interessi legali fino al pagamento dell’intera somma.
L'articolo Mose, ex assessore Chisso condannato a pagare 5 milioni di euro per danno di immagine e disservizio proviene da Il Fatto Quotidiano.
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