Ci sono ancora molti punti oscuri da chiarire sul giallo della morte di Alex Marangon, il 25enne di Marcon, nel Trevigiano, il cui corpo senza vita è stato ritrovato nel greto del fiume Piave il 4 luglio. E l'ipotesi dell'incidente ha lasciato spazio alla pista dell'omicidio volontario. Qualcuno tra i venti partecipanti della festa sciamanica all'abbazia di Vidor, in provincia di Treviso, sa cos'è successo quel sabato sera e che il barman non è morto per una caduta accidentale nel fiume ma per un'aggressione. E mentre le indagini si muovono in questa direzione, la madre ieri ha rivolto un appello a chi sa: "Hanno paura, hanno paura di parlare, però a questo punto faccio loro un appello affinché veramente venga fuori tutto e dicano qualcosa, perché non può finire così la faccenda. Bisogna che venga a galla tutto quanto per la giustizia e per Alex che non c è più", ha detto la donna, Sabrina Bosser, ai microfoni del Tg1.
Le costole rotte e l'arma del delitto che non si trova
Sul corpo del barman di Marcon, tramite l'autopsia, sono state trovate numerose costole rotte. Le fratture sono soprattutto sul lato sinistro del corpo e sono compatibili con dei colpi di bastone o, anche, di una pietra raccolta dal fiume. Al momento, però, la possibile arma del delitto non è ancora stata ritrovata e per questo i carabinieri hanno già in programma un nuovo sopralluogo più approfondito, in settimana, sia nell' Abbazia di Santa Bona dove si è tenuto il raduno new age, sia lungo tutto il tragitto del Piave fino a Ciano, dove è stato ritrovato il corpo, un punto a quattro chilometri di distanza dal punto in cui era stato visto vivo l'ultima volta. Verranno poi raccolte, di nuovo, le testimonianze di tutti i presenti: cinque di loro sono stati convocati già ieri nella caserma dell'Arma e altri lo saranno nei prossimi giorni. I carabinieri rileggono le testimonianze per scoprire se c'è qualche falla nei loro racconti, per giungere alla verità.
La preoccupazione confidata a un amico
Intanto è emerso che il 25enne aveva già partecipato a due incontri del rituale al centro dell'indagine sulla sua morte, ma stavolta era preoccupato: lo avrebbe confidato ad un suo amico, secondo quanto emerge da ambienti ambienti vicini alla famiglia. Il ragazzo avrebbe infatti manifestato "timori e preoccupazioni" in vista dell'appuntamento che poi gli è costato la vita, ma non è chiaro se questa circostanza sia già all'attenzione degli inquirenti che stanno ricostruendo le circostanze della sua morte, avvenuta per "cause violente e non accidentali" come spiegato dal procuratore di Treviso Marco Martani
Un buco di tre ore nella ricostruzione di quella notte
I carabinieri hanno, per ora, solo un quadro generale delle ultime ore di Alex che all'improvviso, intorno alle 3 di quel sabato sera, si sarebbe alzato in piedi nella sala del concerto gridando "no, no" e aggiungendo altre parole che non sono state ben comprese da chi gli stava accanto. Poi ha cominciato a correre verso l'esterno dell'abbazia, in direzione del bosco. Uno dei presenti l'ha seguito per raggiungerlo, ma l'avrebbe perso di vista rientrando nella sala poco dopo e avvertendo gli altri. A quel punto un gruppetto avrebbe deciso di andarlo a cercare mentre chi è rimasto nell'abbazia ha detto di ver sentito chiaramente gridare "Alex, Alex" e di aver scorto nel buio fasci di luce, forse prodotte dalle torce. Poi tutti sono rientrati dopo una ricerca senza esito e hanno avvisato l'organizzatore dell'evento e il proprietario dell'Abbazia che ha chiamato i carabinieri. Erano passate di poco le 6 e mezz'ora dopo i militari erano già sul posto ad avviare le indagini. Ed è su quel 'buco' di tre ore che gli inquirenti stanno cercando di fare luce.
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