Le immagini di Ilaria Salis in tribunale a Budapest, con le manette ai polsi e i piedi legati da ceppi di cuoio con lucchetti, sono state la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Il caso della maestra 39enne detenuta in Ungheria, accusata di aver aggredito due estremisti di destra, è diventato un caso politico, su cui la premier Giorgia Meloni per ora ha mantenuto il silenzio in pubblico. Però, dato il loro imminente incontro al Consiglio straordinario a Bruxelles del 1° febbraio, ha sentito il suo omologo Viktor Orbán, con cui – finora – i rapporti erano stati ottimi, seppur “nel pieno rispetto dell'indipendenza e dell'autonomia della magistratura ungherese”, ha fatto sapere Palazzo Chigi. Adesso le minoranze chiedono che la premier si presenti alle Camere per un’informativa sul caso. I toni rispetto a Meloni per ora li ha alzati di più il presidente del Senato Ignazio La Russa, secondo cui l'imputazione di Salis (che rischia fino a 24 anni di carcere) è “eccessiva" e secondo cui “è giusto intervenire” per il fatto che l’Ungheria non ha rispettato le norme che vietano “che venga esibito il detenuto con le manette e in condizioni di umiliazione” (ILARIA SALIS, CHI È E COSA HA FATTO).



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