Non mostri, non soggetti malati: “solo” uomini violenti, incapaci di accettare che la persona che dicono di amare possa essere libera, libera anche di non volerli più. Come avevano deciso Giulia Cecchettin, Noemi Durini, e molte altre vittime di femminicidio. Sono “figli sani di una cultura patriarcale, della cultura della stupro”, ha detto a chiare lettere nei giorni scorsi dalla villetta di Vigonovo, Elena Cecchettin, sorella di Giulia, diventata volto della lotta alla violenza di genere. L’ennesimo femminicidio ha fatto esplodere unanime la rabbia delle donne, che unite da un grido di dolore diventato insopportabile e impossibile da silenziare, si sono riunite nelle piazze per pretendere che questa strage sia fermata. Elena Cecchettin si è rivolta ai maschi della sua età, quei maschi come Filippo Turetta, che di segnali allarmanti di possesso e controllo ne aveva mostrati, ma che siamo troppi abituati a minimizzare perché quelli come lui in fondo sono “bravi ragazzi”. "Fatevi un esame di coscienza”, è stato l’appello di Elena, “poi imparate da questo episodio e iniziate a controllare, a richiamare anche gli altri vostri amici, perché da voi deve partire questo. Perché noi donne possiamo imparare a difenderci, ma finché gli uomini non fanno un esame di coscienza non andremo da nessuna parte”.



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