“È successo anche a me”: oltre un migliaio di messaggi, ognuno contenente diverse storie di molestie e abusi sul posto di lavoro, hanno gridato tutti la stessa cosa. Il #MeToo nato nelle scorse settimane nel mondo delle agenzie pubblicitarie scoppiato con il caso We Are Social (ma c’è molto di più), non accenna a fermarsi. E non vuole rimanere un grido anonimo destinato a sfumare, ma trasformarsi in un’azione collettiva concreta. Facendo nomi e cognomi.

Tania Loschi: “Un migliaio di messaggi sul mio profilo”

“Quando mi sono esposta in prima persona per raccontare delle molestie che avevo subito, sapevo che il problema era strutturale nel nostro settore, quello dell’advertising, ma non immaginavo avesse queste dimensioni”, racconta a Sky TG24 la pubblicitaria Tania Loschi: si aspettava di ricevere supporto e solidarietà da magari ex colleghe, ma non la mole di testimonianze che hanno invaso la sua posta su Instagram. “Mi sono piovuti addosso centinaia di messaggi che raccontavano la cultura tossica del mondo delle agenzie pubblicitarie e delle scuole di comunicazione: ed è assurdo pensare che le persone che insegnano in queste accademie siano le stesse che molestano, quindi gli stessi predatori”. Racconta che molte donne le hanno scritto di sentirsi “finalmente sicure nel raccontarlo a qualcuno”, ma come persona singola non disponeva degli strumenti per gestire i passi successivi: “Per questo abbiamo deciso di istituire Re:B”.



from Sky Tg24 https://ift.tt/SfZAvmt
via IFTTT https://ift.tt/zWktTeJ
Share To:

Unknown

Post A Comment:

0 comments so far,add yours