Gian Marco Griffi, autore di Ferrovie del Messico (Laurana, 2022), in Messico non c’è mai stato. Se ci fosse stato forse non avrebbe scritto il romanzo considerato la rivelazione dell’anno, perché è stato fondamentale nell'atto creativo quello che chiama il fattore "salgariano", lo scrivere di una terra di cui non si sa nulla. "Avevo bisogno di ignoto, di parlare anche di cose che non conoscevo", spiega. Così la sua storia ambientata nel '44 nella Repubblica Sociale e in particolare ad Asti, un posto che conosce bene perché come il protagonista Cesco Magetti è nato e cresciuto lì, fa incursione in America centrale, ma anche a Berlino, ma anche alle isole Samoa. Viaggia nello spazio, salta elasticamente da un anno all'altro e lambisce con ironia i campi della conoscenza più inaspettati. C'è l'odontoiatria - Cesco è perseguitato da un terribile mal di denti, il birdwatching, la botanica, una molteplicità di mondi che non si possono elencare tutti. E una storia d'amore che si regge su una figura femminile fuori dall'ordinario. Di Tilde si innamora, inevitabilmente, anche il lettore, come della Violante di Calvino o della Pisana di Nievo. Ferrovie del Messico sembra sia stato scritto in un'altra epoca: mentre scorrono le pagine - scorrono come scorre l'acqua di un fiume perché è un libro fluviale - ci si rende conto che dalla letteratura contemporanea possiamo ancora pretendere di impressionarci, stupirci e spiazzarci come sanno fare solo i classici. Abbiamo incontrato Griffi a Torricella Peligna (Chieti), in occasione del Festival John Fante.

 



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