Immersa nei i boschi di Zeist, la sede della KNVB (la Federcalcio olandese) è introdotta da un giardino nel quale sono posizionate le statue dei grandi del calcio arancione. Undici giocatori scelti da Johan Cruijff nell’ambito dell’iniziativa Oranje-elftal van de Eeuw (la Squadra olandese del Secolo) lanciata dal quotidiano De Telegraaf e che, oltre al citato Cruijff, includono Edwin van der Sar, Ruud Gullit, Marco van Basten, Frank Rijkaard, Ruud Krol, Johan Neeskens, Wim van Hanegem, Faas Wilkes, Abe Lenstra e Piet Keizer. A questi è stato affiancato l’allenatore del secolo, ovvero Rinus Michels. Anni dopo, in occasione del 125esimo anniversario della KNVB, un sondaggio aperto a tutti, lanciato dalla stessa Federazione, su quale avrebbe dovuto essere la statua da affiancare a quelle già presenti, ha visto la vittoria di Dennis Bergkamp. In tempi recenti, il numero dei manufatti è incrementato di un’ulteriore unità, introducendo nell’olimpo arancione Sarina Wiegman, l’attuale commissario tecnico della nazionale olandese femminile.
La scelta della Wiegman va oltre il valore meramente simbolico nel quale calcio maschile e femminile assumono pari dignità, ma è una logica conseguenza di un movimento che nei Paesi Bassi è cresciuto in maniera sensibile. Nessuna disciplina sportiva in Olanda nel biennio 2017-19 vanta un incremento percentuale come il calcio femminile, sia in termini di praticanti, sia di spettatori, sia di sponsorizzazioni. La principale forza di traino del movimento è rappresentato dalle Oranje Leeuwinnen (Leonesse), questo il soprannome della nazionale, che sotto la guida della Wiegman ha raggiunto risultati mai nemmeno sfiorati nelle gestione precedenti: campionessa d’Europa nel 2017, vice-campionesse del Mondo nel 2019 (sconfitte in finale dagli Stati Uniti) alla seconda partecipazione in assoluto alla fase finale del Mondiale, prima partecipazione ai Giochi Olimpici.
L’11 aprile 2001 l’allora c.t. della nazionale olandese maschile Louis van Gaal fu invitato a Hoogeveen per assistere a una partita delle Leeuwinnen, nella quale si sarebbe festeggiata la 100esima partita in nazionale della Wiegman. Van Gaal aveva da poco redatto un Masterplan sullo sviluppo e sulle prospettive del calcio nei Paesi Bassi, con diverse pagine dedicate al calcio femminile. Le olandesi persero il match 3-0 contro la Danimarca. A fine gare Van Gaal chiese alla Wiegman, ormai agli sgoccioli di una carriera all’insegna della vita da mediana, che cosa avrebbe fatto una volta chiusa l’attività agonistica. “Diventerò allenatrice”, fu la risposta. “Non per farne una professione, ma per contribuire con le mie idee a far crescere il movimento”.
La Wiegman ha fatto di più: ha cambiato il movimento, portandolo a una dimensione mai conosciuta prima. Ovviamente non ha costruito da zero, beneficiando del lavoro pionieristico fatto anno prima da Vera Pauw, ma da quando nel 2017 si è seduta sulla panchina della nazionale femminile, ha trasformato le potenzialità in realtà, assemblando il talento delle proprie giocatrici (alcune, come Lieke Martens e Vivianne Miedema, di altissimo spessore internazionale) in un contesto tattico solido e strutturato in cui la squadra viene sempre prima del singolo. Un approccio sistemico alla Van Gaal, con il quale condivide anche lo stesso piglio nell’affrontare i big dello spogliatoio quando non si conformano alle direttive. Soprattutto, però, il successo della Wiegman è l’aver creato delle icone femminili in uno sport tipicamente maschile. “Sapere che ragazzine e ragazzini”, ha dichiarato, “hanno nelle loro camere il poster di Lieke Martens accanto a quello di Memphis Depay, e che indicano le nostre giocatrici come modelli da imitare, rappresenta un successo che va oltre quello puramente sportivo”.
Quando nel 2017 le Oranje Leeuwinnen si laurearono campionesse d’Europa, nello staff della Wiegman c’era Foppe de Haan, il tecnico che tra il 2006 e il 2007 condusse l’Olanda maschile under-21 ai suoi primi, e finora unici, successi nell’Europeo di categoria. Dopo quel successo le strade dei due si sono divise, ma anche senza la presenza di personaggi così importanti il rendimento dell’Olanda femminile non ha rilevato cedimenti, confermando la Wiegman – che accanto all’attività di allenatrice ha sempre conservato quella di insegnante – quale tecnico capace di attingere da più fonti per poi rielaborarle in uno stile proprio. I Giochi olimpici di Tokyo rappresentano la chiusura del cerchio, nonostante la sconfitta ai quarti di finale ancora contro gli Stati Uniti (ai calci di rigore). Da settembre inizierà una nuova era per tutti, in primis proprio per la Wiegman, che si trasferirà in Inghilterra per sostituire Phil Neville (già rimpiazzato in questi mesi da un traghettatore) quale c.t. della nazionale femminile, attesa nel 2022 da un campionato Europeo da disputare in casa.
L’Olanda rimane il paese in Europa dove le distanze tra calcio maschile e femminile sono, fatte le debite proporzioni, più ridotte. Dalla prossima stagione le società amatoriali potranno tesserare della calciatrici (è il primo stato al mondo ad aver introdotto questa regola) e, dal momento che la Coppa d’Olanda è una competizione aperta a squadre di qualsiasi livello, oltretutto con sorteggio integrale puro, potrebbe capitare che l’Ajax, il Psv Eindhoven o il Feyenoord si trovino di fronte una squadra mista. E poi c’è Sarina Wiegman, la donna che si è meritata, ottenendola, una statua per meriti sportivi accanto ai miti che hanno fatto conoscere il proprio paese in ogni parte del mondo.
L'articolo Sarina Wiegman e la sua statua vicino a Johan Cruijff: la ct che ha rivoluzionato il calcio femminile e portato l’Olanda a Tokyo proviene da Il Fatto Quotidiano.
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