di Paolo Di Falco e Marta De Vivo
È passato già un anno da quel 20 febbraio destinato a cambiare per sempre la nostra vita: all’apparenza sembrava un giorno come gli altri, ma all’ospedale di Codogno arrivò il risultato del tampone fatto a Mattia Maestri, ricercatore di una multinazionale con base a Casalpusterlengo, che risultò positivo al Covid19 trasformandosi immediatamente nel paziente 1. A lui ne seguirono molti altri fino ad arrivare al giorno odierno con un bilancio spaventoso: 97.000 morti e ben 2,87 milioni di casi totali. Da allora sono diverse le parole che sono entrate nel nostro lessico quotidiano come: dpcm, assembramenti, quarantena…
Guardando a quei giorni sembra sia passato un tempo infinito eppure sono passati solamente 12 mesi, durante i quali dagli allegri balconi di maggio, da quel “andrà tutto bene” sventolato in più occasioni, siamo arrivati di fronte alla famigerata “terza ondata”. Il vaccino, che un anno fa sembrava un miraggio lontano, è arrivato ma la distribuzione procede a rilento, colpevoli anche i ritardi delle multinazionali farmaceutiche, e così ci ritroviamo di nuovo in bilico.
Questo primo anno di pandemia ha avuto un peso abbastanza rilevante per tutti i ragazzi come noi che, da un giorno all’altro, abbiamo fatto delle rinunce inimmaginabili: c’è chi ha rinunciato alla sua gioventù e chi alla sua adolescenza. I pomeriggi all’aria aperta sono mutati in un confinamento all’interno delle quattro mura domestiche, che sono risultate troppo limitate e di conseguenza, tutte le giornate sono diventate monotone: uguali e indistinguibili l’una dall’altra. I sacrifici erano e continuano ad essere legittimi, data la situazione pandemica, ma troppe volte si sorvola e si guarda con troppa leggerezza alla “generazione post Covid”, a quella generazione che tutt’oggi non è riuscita a metabolizzare cos’è successo.
Una generazione che ha trovato l’unica consolazione nel mondo dei social dove, almeno, la vita sembrava scorrere come prima. Non è un mistero che negli ultimi 12 mesi gli utenti dei social network sono aumentati di ben 4 milioni e che tutte le piattaforme social, nessuna esclusa, hanno visto un incremento dei loro utenti attivi. Il boom di utenti ha coinvolto anche piattaforme social che erano in leggero declino prima della pandemia da Coronavirus, come Twitter. Da una parte i social, ma dall’altra i grandi protagonisti, partner virtuali delle nostre lunghe e noiose “serate pandemiche”, sono state le piattaforme che offrono serie tv, film, partite.
Adesso dobbiamo anche cominciare a programmare un futuro post Covid, pensare al Recovery Fund, spartire le risorse e lavorare ad un progetto di ricostruzione del nostro Paese e dell’intera Unione Europea: per fare questo occorre una grande organizzazione e coesione tra i partiti. Inoltre dovremo lavorare alla campagna di vaccinazione cercando di immunizzare una buona fetta di popolazione per uscire finalmente da questo incubo: serviranno strutture e dosi a sufficienza per poter vaccinare tutti e, in questo senso, l’operato del nostro nuovo Governo Draghi sarà fondamentale.
Il futuro dell’Unione Europea dovrà essere green, tecnologico e all’avanguardia, ma dovremo lavorare sodo per costruirlo e per rimanere al passo con i tempi in modo da non restare indietro rispetto alle grandi potenze come Cina e America. L’occasione di costruire un’Unione più forte è adesso e dobbiamo sfruttarla. Come diceva uno dei nostri padri fondatori, Alcide De Gasperi: “Un politico guarda alle prossime elezioni. Uno statista guarda alle prossime generazioni”. In questa frase si racchiude quello che dovrebbe essere il pensiero comune in un momento complesso come quello attuale.
Dobbiamo riflettere su quello che sarà il nostro domani e sulle decisioni che prenderemo su questioni cruciali quali: opportunità per i giovani, allargamento degli accordi internazionali, diritti umani e la ricostruzione delle basi per un futuro migliore. Per riuscire a risollevare il nostro Paese e tutti i Paesi membri bisognerebbe dare più spazio ai giovani, creare opportunità, connessioni e sinergia. Solo tramite uno sforzo collettivo per dare prospettive a noi ragazzi sarà possibile un futuro. Per dirlo ancora con De Gasperi: “È necessario guardare alle future generazioni”. Proprio perché saremo noi il Futuro, saremo noi un domani a guidare l’Unione, saremo noi la prossima classe dirigente e, proprio per questo ora più che mai, dovremo lavorare per essere attrattivi e competitivi agli occhi dei più giovani.
L'articolo Mai come ora bisognerebbe dare più spazio alle nuove generazioni proviene da Il Fatto Quotidiano.
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