Fuori controllo. In preda a un furore antiscolastico immotivato e assurdo, che va contro ogni buon senso ma soprattutto contro le stesse decisioni del governo prese a livello nazionale. Così appaiono le ultimissime decisioni dei due governatori – Michele Emiliano e Vincenzo De Luca – di un partito che si definisce “democratico”. Chiusura delle scuole di ogni ordine e grado – di ogni ordine e grado, cioè a partire nidi! – fino a che la campagna vaccinale non si sia conclusa. Una scelta, ripeto, che nessuno al governo, ma neanche dal Comitato Tecnico Scientifico, ha chiesto loro di fare, almeno finora. E tutto questo con la Puglia in zona gialla da lunedì e arancione la Campania. Nessuna zona rossa, dunque, dove comunque altrove le scuole restano aperte fino almeno fino alle medie.
Oggi tutti i giornali parlano di allarme contagi a scuola e di possibili chiusure. Ma per ora le indicazioni restano quelle dell’ultimo Governo Conte: scuole aperte fino alle medie, appunto, Dad in caso di zona rossa per le superiori – anche se le ultimi disposizioni sono andate verso la riapertura al 50% o 75% anche di queste. E, dunque, quello che si sta svolgendo soprattutto in Campania e in Puglia, nell’indifferenza generale, è l’ennesima violazione del diritto allo studio. Centinaia di migliaia di neonati, bambini, ragazzi e genitori sono vittime di diktat imposti da parte di due persone animate da una vera e propria ossessione contro la scuola: non saprei come definirla altrimenti.
Forse, anzi sicuramente, non è chiaro a queste due persone cosa significhi chiudere le scuole. Significa bambini piccolissimi che non apprendono a parlare, a socializzare, che accumulano ritardi enormi sul piano cognitivo e linguistico. Significa bambini più grandi e adolescenti stremati da un anno di pandemia e costretti a vivere chiusi nelle loro camere, senza quella socialità fondamentale per non cadere in depressione o, peggio, per evitare di perdere il contatto con la realtà. Significa disabili che regrediscono forse in maniera irreversibile. Significa genitori letteralmente allo stremo, che lavorano da casa in condizioni indicibili, senza aiuti esterni come i nonni, che si trovano anche loro chiusi in casa da mesi e mesi, dove il rischio è l’aumento della violenza domestica, oltre che di malattia sia fisiche che psicologiche. Ma tutto questo, ad Emiliano e De Luca, non interessa.
In queste settimane veramente tremende per le famiglie soprattutto campane e pugliesi, solo i giudici hanno saputo restituire un minimo di giustizia e verità. Numerose volte, infatti, i Tar hanno accolto i ricorsi dei genitori, rigettando la chiusura delle scuole perché, appunto, palesemente immotivata. Adesso però i governatori hanno trovato una nuova “scusa”: ovvero legare chiusura e campagna vaccinale. Pertanto le scuole saranno chiuse fino a che gli insegnanti non saranno vaccinati, dunque a tempo indeterminato. Peccato che questa decisione non sia stata presa da nessuna altra parte. Peccato che non sia stata chiesta dal Cts. Da un punto di vista logico, è totalmente incoerente, perché allora con lo stesso ragionamento avremmo dovuto chiudere ospedali e tutto il resto fino a che gli operatori non fossero stati vaccinati. E così per tutte le altre attività.
Perché l’assurdità del collegamento non arriva? Semplice. Perché per loro la scuola in presenza non vale nulla. Nella loro totale e completa ignoranza della vasta letteratura scientifica in merito, credono che la Dad si identifichi alla didattica in presenza. Come se un bambino di due anni potesse apprendere dallo schermo. Come se degli adolescenti potessero imparare stando chiusi, per un anno, dentro una stanza. Roba da uscire pazzi o disperati. La cosa più grottesca di tutte è che ai disabili e ad alunni con esigenze speciali è possibile chedere la didattica in presenza. Come se i disabili potessero andare a scuola senza la propria classe. Come se i docenti potessero fare il doppio lavoro, impegnandosi nella didattica in presenza e a distanza.
Perché allora i genitori campani e pugliesi vengono lasciati da soli? Perché devono impegnarsi, lottare, fare ricorso ai tribunali nell’indifferenza generale – visto che ormai solo con i tribunali si ottiene ciò che spetterebbe per diritto? Una risposta ce l’ho e sta nel fatto che l’indifferenza verso la didattica in presenza è comune a molti governatori. Da sempre questi, tutti maschi, anziani, chissà perché sono ostili alla scuola in presenza! Semplice. Per loro è solo un focolaio di contagi, e chiudere le scuole non costa nulla né danneggia il Pil. Così, proprio di recente, hanno chiesto di trattare la scuola esattamente alla stregua di tutto il resto, come se la scuola non avesse un valore superiore, mentre nel frattempo chiedevano che si riaprissero i ristoranti di sera, contraddizione che solo la ministra Mariastella Gelmini ha notato.
Tutto qusto non è davvero più tollerabile e neanche la nuova emerganza varianti giustifica il comportamento di questi governatori. Chi si sta occupando di questa emergenza democratica vera e propria? Nessuno. Nicola Zingaretti, da leader del Partito Democratico, non ha speso mezza parola per le famiglie campane e pugliesi. Gli altri governatori nemmeno. Per ora il governo tace. Ma non è più ora del silenzio: il neo-ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi, che sembra tenere alla didattica in presenza, come ha da subito dichiarato, dovrebbe assolutamente esprimersi su questi casi. Intervenga in difesa di una gigantesca violazione del diritto allo studio e in favore di famiglie stremate. Imponga ai governatori di rispettare le regole comuni sulla scuola. Perché i tribunali non bastano.
Serve che le istituzioni fermino persone che usano il loro potere in maniera arbitraria, causando enormi sofferenze alle fasce più fragili della popolazione. Persone che agiscono senza tenere più conto di obiezioni forti e ragionevoli delle famiglie, che vengono anzi, come nel caso di De Luca, persino irrise quando sono costrette a ricorrere al Tar. Quanto sarà possibile continuare ad assistere a questo insopportabile spettacolo?
Infine, sulla possibile nuova chiusura delle scuole in caso di focolai crescenti, che Gianni Rezza dell’Istituto Superiore di Sanità ha definito una scelta “dolorosa ma necessaria”. Le Regioni hanno chiesto un parere al Cts, che sembra sì orientato a un inasprimento delle misure sulla scuola, ma unicamente in zona rossa. E ancora non è chiaro di quali scuole si parla (se cioè anche nidi, infanzia, primarie). Ovviamente nessuno – neanche i genitori – vuole correre rischi troppo elevati. Ma davvero l’unica soluzione è la chiusura? Davvero, almeno in questi giorni in cui l’allarme variabile è alto ma ancora relativamente sotto controllo, non si potrebbe pensare a un sistema di tamponi per gli alunni, da effettuare in maniera sistematica e costante? Dotare gli alunni di mascherine Ffp2? La chiusura non dovrebbe essere l’ultima spiaggia, dopo tutte le esternazioni dello stesso Cts sulle conseguenze psicologiche e non solo delle chiusure? Il problema sono forse i soldi per i tamponi e le mascherina protettive che non ci sono?
Sono certa che le famiglie si auto-tasserebbero. Lo hanno fatto per la carta igienica, i colori, gli arredi figuriamoci se non lo farebbero per consentire che i propri figli possano esercitare il loro sacrosanto diritto di scuola (non solo di “studio”). Se Mario Draghi ci tiene alle giovani generazioni, bisognerebbe partire, con urgenza, da qui.
L'articolo Forse a Emiliano e De Luca non è ancora chiaro cosa significhi chiudere le scuole proviene da Il Fatto Quotidiano.
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