Ho un’enorme, sincera ed irrefrenabile ammirazione per tutti gli studenti che in questi giorni hanno deciso di protestare facendo lezione al di fuori delle loro scuole superiori.
Mi commuove la loro voglia di scuola, il loro desiderio di farla tornare ad essere ciò che è sempre stata: una relazione tra generazioni, fatta dal vivo, corpo insieme a corpo, per far sì che crescano e diventino autonomi cittadini responsabili, capaci di amministrare questa sfortunata Repubblica in modo migliore di quanto è stato fatto sino ad adesso. Di realizzare davvero quel diritto che è scritto così chiaramente nella nostra Costituzione.
Non posso però fare a meno di notare la loro enorme e disarmante ingenuità nel chiedere, sic et simpliciter, di tornare a scuola, immaginando che la scuola sia un luogo sicuro. Perché non è così: non lo era prima della pandemia (basta dare un’occhiata alle statistiche che ci parlano di un patrimonio edilizio in buona parte deteriorato, insalubre, rischioso, in cui si fanno frequentare classi composte da un numero abnorme di allievi), non lo è stato durante la prima ondata e non lo è adesso.
Le discussioni che pretendono di stabilire se sia il caso o meno di riaprire le scuole rispetto all’andamento della curva dei contagi, o sulla base di un astratto ‘diritto allo studio’ per garantire il quale, in realtà, farisaicamente, nulla si fa, sono oziose e addirittura fuorvianti.
La scuola in Italia è un posto insicuro a prescindere: perché i locali sono clamorosamente inadeguati e spesso al di fuori di qualsiasi norma, perché manca il personale, decine di migliaia di addetti, perché le classi pollaio sono dov’erano anche prima, perché non esiste un piano trasporti dedicato che permetta di ridurre i rischi ad esso correlati e che sono altissimi e perché (non sembri di poco conto) la maggior parte delle lezioni a distanza si svolge su piattaforme giudicate illegali dalla Corte Europea di Giustizia, con la sentenza Schrems II, visto che non garantiscono alcuna privacy dei dati di allievi e insegnanti, come Google Meet, mentre in tutti questi mesi nulla è stato fatto dal Ministero per dotare le scuole di una piattaforma digitale autonoma e sicura. Sarebbe stato più facile di quanto si immagina. Perché in Italia il diritto allo studio, quello vero, senza oneri per i meritevoli e senza oneri per chiunque nella fascia dell’obbligo, non c’è mai stato. Figuriamoci ora.
Dunque, ragazzi cari, invece di fare lezione fuori dagli Istituti, prendendo inutilmente freddo nella nebbia, perché non fate altro, di politicamente più efficace? Negli anni Settanta, quando avevo la vostra età, noi le scuole le occupavamo e gli operai occupavano le fabbriche. Quanta democrazia e giustizia sono nate da tutto ciò!
Ma i tempi cambiano e noi siamo gli sconfitti, infine. Dunque non ci sarebbe ragione di chiedervi di imitarci. Inventate però voi, oggi, nuove forme di lotta, se esistono e se sapete immaginarle, qualcosa di ben più efficace e soprattutto chiaro di quanto state facendo e dicendo, seduti al freddo, a far lezione davanti alle vostre scuole.
Attribuite le colpe a chi vanno attribuite, analizzate con lucidità qual è – realmente – la situazione, non accontentatevi di slogan generici sul diritto allo studio, ma andate a fondo e scovate le contraddizioni e le truffe nascoste in tanti discorsi apparentemente democratici ed aperti. Altrimenti avete già perso. Cosa immaginate di ottenere così, oltre a qualche titoletto sui quotidiani e l’attenzione commossa di questo vecchio poeta e insegnante?
Smettete di prestarvi al gioco di chi vuole che tutto cambi soltanto perché tutto resti come prima, richiamate con forza e chiarezza noi adulti alle responsabilità che ci competono, date voi, per una volta tanto, una lezione: ai vostri insegnanti, ai vostri genitori, ai vostri ministri.
L'articolo Cari ragazzi, invece di fare lezione al freddo perché non fate altro? proviene da Il Fatto Quotidiano.
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