Mascherina a lezione e non solo; distanziamento di un metro in aula con un margine concesso del 10 per cento in meno o in più; prenotazioni per il posto e didattica a distanza per chi non può seguire in presenza. Sono queste le linee guida previste dal ministero dell’Università e della Ricerca. Oggi dal “Giffoni Film Festival” il ministro Gaetano Manfredi ha ribadito la volontà e l’impegno di dare avvio ad un anno accademico in sicurezza: “A settembre riprenderemo le lezioni in presenza e questo è il risultato di un lavoro organizzativo molto intenso. Avremo il riempimento al 50% delle aule con un’integrazione tra didattica a presenza e didattica a distanza. Ovviamente ci sarà distanziamento e utilizzo della mascherina in aula. Il nostro obiettivo è privilegiare le matricole perché vivono un momento di passaggio e devono avere la possibilità di capire come si frequenta un’università”. L’unico nodo ancora da sciogliere resta quello dell’intervento in caso di contagio di uno studente. Il ministero ha predisposto un documento che è stato condiviso con la Conferenza dei rettori ma ora attende l’approvazione del Comitato tecnico scientifico.

La cornice indicata da Roma è chiara. Il distanziamento tra uno studente e l’altro dovrà essere di un metro e la capienza delle aule andrà ridotta di almeno il 50 per cento indicando i posti dove sarà possibile sedersi. Non solo. Per seguire le lezioni bisognerà prenotare attraverso le app che gli atenei stanno mettendo a disposizione. La mascherina sarà obbligatoria per tutto il tempo di permanenza nell’università e solo il professore potrà abbassarla durante la spiegazione. “Per i più grandi – ha spiegato Manfredi – ci sarà maggiore didattica a distanza. Ovviamente abbiamo avuto grande attenzione per le tecnologie con il cablaggio di tutte le aule. Questo consentirà di seguire le lezioni anche a tutti gli studenti stranieri che per le limitazioni negli spostamenti non potranno essere in Italia”. Infine la febbre dovrà essere misurata a casa. Indicazioni che ogni ateneo sta applicando in piena autonomia com’è previsto dall’ordinamento.

La didattica a distanza divide i docenti – A manifestare qualche critica ora sono proprio i docenti che nei mesi scorsi avevano promosso un appello per chiedere lo stop della didattica online e il ritorno in aula. “Il ministro è arrivato tardi. Gli atenei da tempo – spiega Emilio Santoro, professore filosofia e sociologia del diritto all’Università di Firenze – si sono già organizzati. Ora bisogna capire se adegueranno le loro scelte alle disposizioni del ministero”. Santoro è particolarmente polemico sulla didattica a distanza: “Vedere su uno schermo la didattica in presenza è un insulto a quest’ultima. Si poteva fare molto di più: allungare gli orari di lezione fino alla sera alle 23; andare in università di sabato; usare la risorsa dei ricercatori”. Promossa, invece, la mascherina: “Se non si fanno test sierologici ogni quindici giorni la mascherina è necessaria. Bisogna distinguere la sicurezza dalla messa in scena della sicurezza”.

Alessandro Ferretti, docente di Torino è drastico: “Il gioco non vale la candela. Bisognava almeno per il primo semestre proseguire con la didattica a distanza evitando anche lo spostamento da regione in regione di migliaia di giovani”. Ottimista, invece, il professor Paolo Ferri in forza alla “Bicocca” di Milano: “Nel nostro ateneo si sono già organizzati. Si misura la febbre ad ogni persona che entra, ci sono turni per lezioni in modo da avere 30-40 studenti per aula, avvengono puntuali sanificazioni degli ambienti. Da noi il primo semestre sarà fatto in presenza per le matricole mentre gli altri ragazzi seguiranno da casa”.

Secondo gli studenti manca un progetto comune Infine la voce degli studenti. Enrico Gulluni, coordinatore nazionale dell’Unione degli Universitari, è insoddisfatto del lavoro del ministro Manfredi: “Non c’è una politica univoca, un progetto comune. Ogni ateneo fa di testa sua. Noi avevamo suggerito al ministero di fare un accordo con l’Associazione nazionale dei comuni per trovare spazi alternativi ma non si è fatto nulla di tutto ciò”. Sui test d’accesso ai corsi Manfredi ha pronta una soluzione: “Ci potranno essere dei casi particolari, cioè di studenti che non potranno partecipare per una disposizione dell’autorità sanitaria. Stiamo valutando la possibilità di trovare una data alternativa per consentire anche a loro di poter sostenere il test. È un aspetto giuridico molto complesso, però sicuramente abbiamo grande attenzione perché non vogliamo far perdere opportunità a nessuno”.

L'articolo Tra mascherine e aule riempite a metà l’Università italiana prova a ripartire. Dubbi (e qualche apprezzamento) dai docenti proviene da Il Fatto Quotidiano.



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