Lo sviluppo delle imprese di piccole dimensioni è strettamente correlato alla storia professionale dell’imprenditore e, molto spesso, dei membri della sua famiglia. La settimana scorsa abbiamo iniziato a discutere dei rischi insiti nella successione aziendale ma forse, per questione di spazio e di battute, non abbiamo fatto ben comprendere che la continuità aziendale è un problema che riguarda non solo la proprietà (i rappresentanti delle due generazioni che originano il cambio) ma anche altri attori che sono portatori di interessi esterni alla azienda che, è bene ricordarlo, nel momento del passaggio generazionale, esce quasi sempre profondamente mutata.
La successione imprenditoriale può essere infatti concepita anche come un processo di scambio e selezione di competenze tra i due protagonisti principali che, oltre a garantire il fisiologico alternarsi alla guida dell’azienda, permetta il mantenere o il variare di valori, metodi, procedure e tecniche manageriali (competenze critiche) coerenti con le esigenze proprie dell’impresa e soprattutto del mercato.
Se queste competenze critiche per l’efficace conduzione dell’azienda rimangono inalterate nel tempo ed è presumibile possano durare anche per il futuro, risulta chiaro che, da un lato, il percorso formativo del successore potrà ricalcare quello seguito a suo tempo dall’attuale imprenditore e, dall’altro, che la delega tra i due protagonisti potrà essere esclusivamente operativa cioè limitata allo svolgimento di attività in misura più o meno ampia a seconda dei casi. Differente e più complesso è il caso in cui il processo di successione non si deve limitare a concludere un avvicendamento fisiologico ai vertici dell’azienda, ma deve anche favorire la riformulazione del ruolo imprenditoriale richiesto dalle mutate condizioni aziendali. In presenza di nuove funzioni critiche, di emergenti strategie di evoluzione aziendale, di rapida crescita dell’azienda o al contrario, di involuzioni nel processo di sviluppo, l’imprenditore deve, oltre che percepire queste novità, sapervi adattare i modi e i tempi del proprio contributo all’azienda.
Parliamo degli eventuali manager dell’azienda che non siano membri del gruppo proprietario, tutti i collaboratori, i consulenti “tradizionali” (commercialisti, avvocati, consulenti del lavoro) dei protagonisti della successione, le loro famiglie e, all’esterno dell’azienda, tutti i portatori di interessi in azienda come le banche, i fornitori e i clienti e, sia pure in maniera molto indiretta, le associazioni industriali di appartenenza e gli enti locali.
In questo quadro occorre soffermarsi sul ruolo degli altri attori coinvolti. Chi sono? Escludendo le banche di cui abbiamo parlato tanto su queste colonne e che, tranne casi eccezionali, sono portatori dei soli propri interessi, è il caso di soffermarci sugli altri protagonisti.
Suddividerò l’analisi in due puntate, soffermandomi ora sugli attori legati all’ambito familiare e amicale il cui principale obiettivo è quello di garantire un clima favorevole alla successione.
Ciò non significa evidentemente evitare che, influenzati dalla morale cattolica della “famiglia del Mulino Bianco”, determinati e oggettivi conflitti si manifestino. Il ruolo positivo della famiglia e di eventuali amici coinvolti come esterni nel processo di successione, tranne alcune eccezioni, si svolge soprattutto nella sfera della mediazione interpersonale e della creazione di spazi di confronto. Soprattutto per i membri della famiglia che possiedano quote o azioni dell’azienda e che non sono coinvolti nella gestione, il momento della successione può rappresentare l’occasione traumatica di divisioni e contrapposizioni: anche per questo l’abitudine al confronto regolare nell’ambito di un consiglio di famiglia, scadenzato a cadenza anche annuale, può essere molto utile.
Infine, va ricordato che la famiglia per sua natura tende a smembrarsi e a creare nuovi nuclei; poiché non sempre per l’azienda è efficace seguire la stessa prospettiva si fondano, per esempio, piccoli “sottogruppi” familiari: questo fenomeno tende di per sé ad aumentare la complessità del processo successorio. E, quindi, a maggior ragione occorrono momenti di confronto (consiglio di famiglia) e forze di mediazione che sicuramente possono svolgere i familiari e gli amici.
Alla prossima per parlare degli attori extra-famiglia.
L'articolo Se l’impresa passa al figlio, il problema non è solo famigliare. Ecco quali attori sono coinvolti proviene da Il Fatto Quotidiano.
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