di Anna Maria Giannini*

Da giorni le cronache si occupano del Coronavirus (Covid 19) e tutti i canali mediatici e gli organi di informazione ci propongono a tempo pieno aggiornamenti sul numero di persone decedute e di contagiati, accanto a decaloghi per la prevenzione e comportamenti da tenere. Esperti di varie istituzioni si confrontano e il mondo della politica annuncia misure, provvedimenti, pratiche per limitare gli effetti del virus; nel frattempo gli ospedali attrezzano appositi percorsi e strutture di accoglienza e la Protezione civile prepara sistemi opportuni per fronteggiare effetti di epidemie e pandemie.

L’Italia è diventata di colpo un luogo percepito come poco sicuro, alcuni paesi raccomandano di rinviare viaggi se programmati, Milano appare deserta come non mai e le fotografie di alcune piazze sempre vive, affollate e piene di colori oggi mostrano il volto della paura. Paura: è una emozione il cui nome rimbalza più che mai in questi giorni. Che cosa vuol dire avere paura? Che cosa vuol dire “panico e sue conseguenze”? La psicologia è la scienza che più ha studiato questa emozione e i suoi effetti. In premessa va detto che la paura è una emozione negativa (che porta disagio) ma utile alla sopravvivenza: chi non la provasse non saprebbe mettersi in salvo dai rischi. E dunque è una condizione emotiva che caratterizza gli esseri umani e consente loro di adattarsi e di sopravvivere nell’ambiente. Ma così come può comparire di fronti ai rischi e consentire di mettersi in salvo, la paura può anche dare luogo a comportamenti più complessi e meno razionali.

Se la preoccupazione del contagio porta a seguire attentamente le istruzioni degli esperti e adottare comportamenti prudenti per mettere in salvo la propria vita e quella degli altri, stiamo parlando di una emozione capace di stimolare comportamenti congruenti e fortemente adattivi. Il problema nasce quando essa è dilagante e prende derive comportamentali disadattive: ne è un esempio il panico che porta l’individuo a reagire in modo da generalizzare ed allargare il campo dei potenziali rischi fino ad individuarli dove non esistono.

In una situazione in cui si ha accesso a un numero decisamente elevato di informazioni, chi ha problemi preesistenti di tensione ansiosa o di ipocondria (tendenza ad eccessiva preoccupazione per il proprio stato di salute) tende a cogliere e tenere in considerazione soprattutto quelle più allarmanti, perché incontrano quello stato generalizzato di ansia già attivo che facilmente si lega alla percezione del pericolo amplificandolo, rendendolo infinitamente più grave di quello che rappresenta. Il contagio dunque si presta a catalizzare ansia, tensione ansiosa, ipocondria, divenendo addirittura fonte di panico e scatenando comportamenti di difesa, talvolta di rabbia e aggressione o addirittura di “paralisi” e chiusura. Facile in questi casi proiettare proprio sulle informazioni più allarmanti le proprie convinzioni.

Per questa ragione gli organi di informazione hanno grande responsabilità. Negli studi di psicoterapia si impiegano metodi ben collaudati per interpretare ai pazienti in cura questi meccanismi; nelle sedi di prevenzione si dedica attenzione a spiegare ai genitori come parlare ai bambini rassicurandoli e facendoli sentire non in balia di qualcosa di terribile che accadrà da un momento all’altro, bensì comunicando loro che bravissimi medici sono a lavoro continuamente per prevenire, curare, trovare soluzioni e che si mettono in campo forze importanti per controllare la possibilità di contagio. E’ importante che i più piccoli percepiscano ciò che viene fatto, quanto è efficace, quanto li protegge. Devono sentire l’adulto come sicuro, non in balia del caos. Devono potersi fidare, sapere di essere tutelati. Non si deve mentire, ma rappresentare loro una realtà sotto controllo e in evoluzione; l’adulto deve trasmettere fiducia, speranza, costruttività.

Le istruzioni su come evitare il contagio diffuse dagli organi di stampa sono una base razionale e funzionale per offrire un aggancio al potere della razionalità sulla paura che prende derive irrazionali. Sapere che comportamenti corretti possono essere efficaci nella prevenzione non fa scomparire la paura per quella che oggettivamente è oggi una minaccia alla nostra salute, ma è utile a riportarla in quell’alveo di costruttività e adattività che la rende una emozione funzionale. Se abbiamo paura facciamo attenzione a lavarci le mani e ad usare le precauzioni indicate ma, al contempo, evitiamo la diffusione di quel panico generalizzato che ha portato ad assistere a condotte offensive, aggressioni a cittadini cinesi e assalti immotivati ai supermercati.

* Psicologa e psicoterapeuta

L'articolo Coronavirus, la paura è una emozione negativa ma utile alla sopravvivenza. Il rischio è se dilaga proviene da Il Fatto Quotidiano.



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