L’orizzonte è per martedì, al massimo mercoledì. Il presidente incaricato Giuseppe Conte viene descritto come determinato, sereno, consapevole del suo ruolo che lui interpreta sempre come quello di un garante. Entro metà settimana vorrebbe risalire al Quirinale per sciogliere la riserva. Tradotto: in questi cinque giorni deve chiudere lo schema della squadra dei ministri. Primo problema: i suoi vice, ammesso che ci saranno. Le opzioni sono ancora tre: un solo vice del Pd (come rivendicano i democratici che vedono in Conte un esponente M5s e non un garante); due vice e allora ci sarà Di Maio (ieri difeso di nuovo dai suoi capigruppo); nessun vice e un sottosegretario a Palazzo Chigi (che ancora una volta sarebbe a garanzia del Pd e in prima fila c’è Dario Franceschini). La trattativa non è affatto facile. Secondo problema: il commissario europeo da indicare alla presidente Ursula Von der Leyen il prima possibile.
Conte inaugura il percorso della sua seconda esperienza da capo di governo cambiando un po’ il vocabolario che ieri nel discorso all’uscita dal colloquio con il presidente della Repubblica somigliava parecchio a quello utilizzato nella stessa sede il giorno prima dal segretario del Pd Nicola Zingaretti. Vede le delegazioni dei gruppi parlamentari più piccoli e incassa i primi sì. Quelli mignon (come quello del valdostano Albert Laniece delle Autonomie o dell’unico senatore del Psi, Riccardo Nencini) e quelli determinanti come quello di Liberi e Uguali: “Siamo pronti a partecipare a un tavolo programmatico” dice il capogruppo alla Camera Federico Fornaro. A Leu potrebbe andare un ministero, magari quello all’Ambiente e magari con una donna, Rossella Muroni, ex presidente di Legambiente fino a quando non è stata eletta nel 2018. Tace, al momento, +Europa. E’ probabile che, come nel caso degli altoatesini Svp, in Parlamento al momento della fiducia esprimerà voto di astensione (che non vale più come voto contrario nemmeno al Senato).
Oggi toccherà alle delegazioni più importanti, M5s e Pd. Conte soprattutto ascolterà, come ha fatto ieri (sottolineatura in positivo anche della delegazione di Leu), e i temi sul tavolo si annunciano parecchi. Se ieri il capogruppo democratico alla Camera Graziano Delrio ha spalancato le porte sul fronte della revisione delle concessioni delle autostrade, la vicesegretaria Paola De Micheli (in predicato di occupare un posto da ministra con delega economica) ammetteva che qualche divergenza rimane e non su temi da poco. Gli esempi che ha fatto, infatti, sono stati il fisco (cioè come modulare il taglio del cuneo, se più ai lavoratori come vuole il Pd o in modo più equilibrato come vogliono i Cinquestelle) e la giustizia, non precisando però sotto quale aspetto. Piccole micce che il presidente incaricato Conte – che ha costruito la sua figura proprio sull’abilità della mediazione – è chiamato a spegnere nel più breve tempo possibile.
Il presidente incaricato vedrà anche le delegazioni dei tre partiti del centrodestra. Se la presenza di Silvio Berlusconi in quella di Forza Italia fino a ieri sera era ancora in forse, è certa l’assenza di Matteo Salvini in quella della Lega: il segretario non manderà nemmeno i suoi capigruppo, ma due sottosegretari uscenti (Lucia Borgonzoni e Claudio Durigon). La ripresa del duello è rimandata.
L'articolo Governo M5s-Pd, consultazioni di Conte: il premier riceve M5s e Pd. I temi sul tavolo: dalla questione dei vice al programma proviene da Il Fatto Quotidiano.
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