“Un bacione”, “Video choc!”, “Cotoletta e cachi per i bimbi”, “Prima gli italiani”, “Vi voglio bene amici”, “È finita la pacchia”. Immergersi in quella congerie debordante e straniante che è la pagina Facebook di Matteo Salvini è come tuffarsi in una padella sfrigolante di sugna e di benzina: si inizia con un post mellifluo quasi da Sandro Bondi , si continua con una foto di cibarie assortite, si prosegue con un filmato truce contro l’immigrazione clandestina, ci si imbatte in un meme incendiario sulla legittima difesa, si incrocia un selfie sorridente del “capitano” con il pollice sollevato, si incappa in un video di un’ora e passa su una ospitata tv del nostro, ci si intenerisce con una clip sul cagnolino che coccola un neonato, si guarda una infiammata diretta del leader della Lega contro i Centri Sociali-Soros-Saviano-Fazio-Boldrini-Bonino-Fornero. Poi la giornata social salviniana si riavvolge attorno al suo rocchetto e si conclude con un’altra foto del politico nella veste di gourmet del popolo.
È questo il collaudato canovaccio seguito da Matteo Salvini nella sua pagina Facebook. È in questa “contaminazione”, come la definisce il suo consigliere strategico Luca Morisi, che risiede il dilagante successo social del capo della Lega: campagna elettorale perenne, disintermediazione (nessun ufficio stampa o ghost writer: Salvini scrive di suo pugno i propri post, talora risponde ai commenti degli utenti e nei suoi live-video parla direttamente coi suoi fan, a tu per tu), costanza indefessa, look dimesso (basti vedere i disadorni interni domestici in cui si autoritrae o l’assenza di filtri-lifting alla Similaun nei suoi selfie), paratassi efficace e stringata, costante “call to action” (tutti i suoi post si concludono con una domanda rivolta ai seguaci, del tipo: “E voi cosa pensate?”), motti patriottardi ripetuti fino allo sfinimento, ping pong continuo tra slogan muscolari e frasi da Baci Perugina, inserti musicali (da Fabrizio De Andrè a Charles Aznavour), grande valorizzazione del formato video (dalle dirette Facebook alle partecipazioni televisive, in clip sapientemente selezionate e in filmati in versione integrale)
Sulla comunicazione social di Salvini si è scritto tantissimo: è noto che dietro ci sia la triade Ida Garibaldi – Luca Morisi – Andrea Paganella (questi ultimi soci fondatori della srl SistemaIntranet.com), ma, a differenza di quanto avviene in altre compagini politiche, nell’oliata macchina bellica salviniana non ci sono frotte di “Umpa Lumpa smanettoni”. Lo staff è sparutissimo e include una decina di persone. Il grande lavoro consiste nella valorizzazione dei consueti temi che titillano il ventre degli utenti di Facebook, nell’importanza affidata all’impatto multimediale e alla grafica e soprattutto nella community building (svariati sono gli oblò salviniani aperti su Facebook, dalla pagina ufficiale “Noi con Salvini” a gruppi di discussione come “Matteo Salvini Leader”, in grado di creare livelli altissimi di engagement).
La cannoniera comunicativa del “Salvini digitale” ovviamente non sarebbe così efficace senza l’empatia comunicativa del capo della Lega, la padronanza che possiede del medium e la sua costante presenza sul territorio: ed è proprio quest’ultima a essere stato il punto di forza della sua campagna elettorale alle politiche.
In questo primo blob è racchiusa una retrospettiva dei primi tre mesi del tour elettorale di Salvini, con l’aggiunta di una incursione del politico al mercato di Milano l’8 marzo scorso, per ringraziare il suo elettorato. Qui, però, tra tributi di affetto e abbracci dei suoi fan, il politico si imbatte in una signora contrariata che gli chiede: “Cosa ci fa lei qui tra persone perbene e normali? Fuori dai coglioni”. E quel piccolo bug nel suo consenso oceanico non viene preso molto bene dal futuro ministro dell’Interno.
Analizzando post e video di Salvini, si rimane impressionati dai milioni di visualizzazioni delle dirette Facebook: dalla tappa al mercato coperto di Tuscolano III, nel quartiere Quadraro di Roma, dove un venditore invita il leghista a non farsi gabbare da “quel paraculo di Berluska“, ai monologhi contro i poteri forti, “gli pseudo-giornalisti complici dei buonisti e degli affaristi”, “i telegiornali servi e di regime” e “i giornalistoni” avversi (menzione d’onore per Il Fatto Quotidiano).
Il ricco calderone di contributi social vanta naturalmente gli onnipresenti post gastronomici, con particolare predilezione per le marche di sugo e di pasta più economiche, per pizzoccheri, ravioli e tiramisù, tutti impiattati in spregio alle regole auree seguite dai food influencer. E altrettanto ricorsiva è la profusione di “bacioni” con tanto di schiocco fragoroso, mandati indiscriminatamente agli amati seguaci e alla vituperata fazione composta da “rosiconi”, “radical chic”, “sinistri”, Fazio, Lerner, Balotelli, Saviano, i 99 Posse, Boldrini, Saverio Tommasi.
Immancabile anche la citazione dei “bimbi”, per i quali Salvini non lesina l’espressione pubblica dei suoi teneri sentimenti da pater familias (“lo dico da papà” è ormai uno stilema irrinunciabile). Meno affettuosità , però, ha mostrato il 1 febbraio nel campo Rom di via Germagnano a Torino, dove alcuni bambini, da lui chiamati “piccole risorse”, subodorando l’impaccio del politico, lo hanno festosamente rassicurato: “Non avere paura, Salvini”. “No, no”, ha mormorato il leghista, che poi, infastidito dal capannello dei bimbi intorno a lui, li ha ammoniti con stizza.
Capitolo a parte merita la rivalità col M5s, almeno prima del contratto di governo: spicca, tra tutti i video del pantheon social salviniano, quello su Gedorem Andreatta, battezzato dal leghista “l’albergatore dei clandestini”, candidato inizialmente nei 5 Stelle per la Camera in Veneto e poi escluso per le polemiche per la sua attività di gestione di un hotel vicentino dove vengono ospitati i profughi.
Si continua con le critiche caustiche alle amministratrici di Roma e di Torino, Chiara Appendino e Virginia Raggi (“Fa male il nulla dei 5 Stelle. Dopo un anno e mezzo le città sono peggio di prima”), fino alle stoccate a Beppe Grillo per le posizioni sull’euro.
Grottesco l’effetto della reprimenda rivolta, in un video, al futuro “socio” Luigi Di Maio (da lui appellato come “Gigino” e “fenomeno”): “Lo dico da papà: come si fa a votare per uno che non vuole tutto quello che è privato? Ma stiamo scherzando? Per fortuna Di Maio non sarà mai presidente del Consiglio. (…) Chi come Di Maio cambia idea ogni quarto d’ora sulla scuola, sulle tasse, sull’euro, sul lavoro, sull’immigrazione…no. Io non do le chiavi del mio Paese in mano a gente che ha le idee quanto meno confuse“.
E a una signora che l’8 marzo a Milano gli chiede se è in cantiere un accordo col M5s, Salvini risponde smentendo categoricamente: “No, no, signora. No”.
Se si trattasse di una serie tv, questo blob potrebbe concludersi con un bel cliffhanger. Ma la storia è nota, il colpo di scena ci sarà tre mesi dopo e il secondo blob è inevitabilmente dietro l’angolo.
L'articolo Il 2018 di Salvini sui social prima del contratto di governo: dai ‘bacioni ai rosiconi’ ai moniti al M5s. Il blob proviene da Il Fatto Quotidiano.
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