La prima della fila è una signora di Vicenza: capelli grigi e occhi bassi. Impossibile stabilire l’età. È senza lavoro e senza un tetto, per questo in una serata d’inverno si presenta davanti all’ambulatorio mobile parcheggiato nel piazzale della stazione Centrale di Milano. Ha bisogno di fare la cosiddetta “visita d’idoneità alla vita in comunità”, una sorta di screening per escludere la presenza di malattie infettive e poter quindi accedere ai dormitori pubblici. Così mentre fuori piove, dentro la dottoressa si prende cura di lei. “Siamo nati nel 1999 e siamo su strada con il nostro camper dal 2001, una presenza costante, tutti i giorni” spiega Fausto Boioli, medico in pensione e presidente della onlus Medici volontari italiani che da vent’anni assiste senzatetto e migranti, regolari e non. Senza chiudere la porta a nessuno. La sua realtà rappresenta uno dei volti storici della Milano che accoglie, silenziosa e pragmatica. E che ora si prepara a far fronte agli effetti del decreto Salvini: “Creerà nuovi sbandati e la pressione sugli ambulatori aumenterà”. E così invece di trenta persone a sera, si rischia di averne almeno il doppio.
Eppure i numeri sono già consistenti: in tutte le strutture della onlus si fanno tra le 5mila e le 6mila visite all’anno. “Da noi arrivano coloro che non riescono ad accedere al sistema sanitario nazionale. Pensate ai senzatetto: per le emergenze vanno al Pronto soccorso, ma una volta usciti da lì sono abbandonati a se stessi”. Un mondo di mezzo, popolato da invisibili che ci sfiorano ai bordi delle strade, in metropolitana e nei parchi. Ci sfiorano ma non ci colpiscono. Nei medici di strada trovano invece un punto di riferimento, e nel camper, lo sanno, non si danno giudizi e non si fanno domande, se non quelle riguardanti lo stato di salute. In maggioranza sono stranieri: alcuni non hanno i documenti, ad altri invece manca la dimestichezza per orientarsi nella burocrazia sanitaria. Gli italiani sono il 15%. “Noi facciamo da tappabuchi. È difficile che il sistema sanitario riesca a entrare in tutte le pieghe dove c’è necessità di salute. Però queste pieghe dovrebbero ridursi, non allargarsi, come invece sta accadendo”
Figura storica della onlus è Rosamaria Vitale, medico e psicologa con alle spalle una vita di impegno nel sociale, comprese diverse esperienze in Africa e sulle navi nel Mediterraneo. Finito il lavoro all’ambulatorio mobile, con la sua auto si sposta verso il naviglio della Martesana, per portare medicine, coperte e sacchi a pelo ai migranti che dormono sotto un ponte e nella struttura poco distante. Quelli in strada sono una quindicina, anche se il numero varia ogni giorno a seconda degli arrivi. Sono pakistani, siriani e afghani, tutti partiti dalla Bosnia. Dopo giorni di cammino in mezzo alle foreste, sulla rotta balcanica, si sono fermati qui, in attesa di un letto. “Alcuni li abbiamo già accolti, alcune settimane fa erano 40-50 – spiega l’assessore alle Politiche sociali Pierfrancesco Majorino – Noi non vogliamo che dormano in strada, ma sono richiedenti asilo e vanno inseriti nel circuito dell’accoglienza. Abbiamo sollecitato questura e prefettura. La competenza non è nostra, ma del ministero dell’Interno”.
A Milano il piano freddo è partito da poche settimane, il “più imponente d’Italia” rivendica Majorino. A pieno regime raggiungerà la capienza massima di 2700 posti. “Ma ci sono circa 400 persone, gli irriducibili, che non vogliono entrare. Cercheremo di convincerli”. E all’orizzonte non si vede niente di buono. “Secondo le stime, Salvini e il suo decreto Sicurezza ci regaleranno altri 900 senzatetto, stranieri senza più il diritto all’accoglienza. Non sappiamo i tempi, ma certamente di fronte a questa situazione non ci gireremo dall’altra parte”
L'articolo Milano, una notte con i medici di strada: “Così arriviamo dove lo Stato non c’è più. Dl Salvini? Decine di pazienti in più” proviene da Il Fatto Quotidiano.
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